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Autore: Mary P_Stark    18/03/2016    4 recensioni
1803. Yorkshire. La guerra infuria, in Europa, e Napoleone Bonaparte non nasconde le sue mire nei confronti della ricca Inghilterra. Christofer Harford, figlio cadetto del Conte Spencer, viene costretto dal padre a maritarsi prima della partenza per la guerra. Le imposizioni non sono mai piaciute al rampollo di casa Spencer, che mal sopporta l'ordine, e finisce con il rendere vittima la dolce e docile Kathleen, sua moglie contro ogni aspettativa. Le privazioni della guerra e la morte prematura del conte Harford richiamano in patria un Christofer distrutto dal dolore, che si ritrova ad affrontare non solo la morte del conte, ma anche una donna che non riconosce essere sua moglie.
Perché la nuova Kathleen è forte, non si piega alle avversità e, soprattutto, sa tenere testa al marito come mai aveva fatto prima della sua partenza. Ma cosa l'ha cambiata tanto?
Christofer è deciso a scoprirlo, così come è deciso a redimersi dalle sue colpe come marito. Ma nubi oscure si addensano all'orizzonte, minando la possibilità dei due coniugi di conoscersi, di instaurare un vero rapporto.
Saprà, Christofer, difendere la moglie da questo pericolo ormai alle porte e, nel suo cuore, potrà trovare spazio anche per l'amore?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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9.
 
 
 
Forse, in fondo, aveva agito solo per puntiglio.

Forse, l'idea che sua moglie avesse svolto compiti che sarebbero spettati a lui, lo disturbava più di quanto volesse ammettere, a discapito dei complimenti che lui stesso aveva rivolto a Kathleen.

Forse, dopotutto, si era comportato solo da inguaribile testardo quale era sempre stato, come la sua stessa madre gli aveva ben ricordato.

Poco importava cosa lo avesse spinto a relegare la moglie in casa per prendere il suo posto, pur sapendo quanto la gamba fosse ancora ben lungi dall'essere guarita.

Ora si trovava lì, nell'ampio cortile sul retro di Green Manor, dove brulicavano uomini armati, cavalli e grandi risate colme di aspettativa.

Il freddo era consistente e, nonostante le brache di pesante velluto e il mantello di lana che indossava, la sua morsa si faceva ugualmente sentire.

Al suo fianco, già pronto per battere i sentieri, Zeus non sembrava rendersi conto della giornata gelida e, con uno zoccolo, tracciava profondi solchi nella neve smossa.

I suoi garresi erano stati sapientemente fasciati per sopportare freddo e storte improvvise, ma Christofer aveva idea che, anche senza, il possente andaluso non avrebbe battuto ciglio.

Lui, invece, avrebbe voluto trovarsi al caldo, di fronte al camino, a sorseggiare whisky e, magari, chiacchierando con la moglie.

Ma tant'era, quello era un compito che gli spettava, e la sola idea di sapere Kathleen là fuori, mentre lui si godeva gli agi della villa, lo irritava grandemente.

Non le avrebbe mai permesso di rischiare una seconda volta che le zanne di un lupo la deturpassero, o peggio.

Quando, però, la vide comparire nel cortile, abbigliata con le gramaglie e un pesante mantello scuro ornato di zibellino, perse di vista ciò a cui stava pensando e si limitò a fissarla.

La frescura di quel giorno le aveva arrossato le gote, rendendole accese e piene di vitalità.

I chiari capelli, raccolti in una trina di trecce appuntata sopra la nuca, erano ricoperti da una sottile cuffia di pizzo nero.

Gli uomini si inchinarono ossequiosi nel vederla, e tutti si levarono i pesanti colbacchi per omaggiarla, subito ricompensati dai suoi sorrisi educati e sinceri.

Christofer se ne compiacque.

Era evidente quando la moglie fosse ben voluta dalla sua gente.

Quando infine lo raggiunse, Kathleen accentuò il suo sorriso e, con una graziosa quanto scherzosa riverenza, mormorò: “Sua Signoria è pronto per la battuta di caccia? Non ha per caso pensato di rinunciarvi, piegandosi ai più miti consigli della moglie?”

“Per la verità, preferirei ritirarmi al caldo assieme alla mia zelante moglie, ma tant'è. I lupi hanno deciso diversamente, per me, perciò devo intervenire” replicò lui, con un ghigno.

Lei sollevò ironica le sopracciglia e, facendo spallucce, asserì: “Avreste potuto evitarvi una simile sfacchinata, se l'aveste lasciata fare a me.”

“Dovrete legarmi al letto, per evitarmi di salire in groppa a Zeus” ironizzò Christofer, sorridendole come per sfidarla.

Kathleen parve prendere in considerazione l'idea, ma lo stallone andaluso decise di mettersi in mezzo.

Avvicinatosi alla donna, le sfiorò una spalla con il muso, lanciando un brontolio sommesso e un nitrito.

Scoppiando in una risatina argentina che scaldò il cuore di Christofer, la giovane carezzò con la mano inguantata la fronte liscia dell'animale.

Suadente, poi, gli mormorò: “Sì, mio bel cavallo, mi sono accorta di te, tranquillo. Non ti avrei mai lasciato partire senza salutarti.”

L'andaluso parve soddisfatto.

Mentre la contessa era impegnata nel fargli dei teneri grattini sotto il mento e sul collo, il cavallo squadrò il padrone, quasi volendo ironizzare sulla sua fortuna.

Il conte ne rimase strabiliato.

Scoppiando a ridere, esalò: “Credo che il mio stallone mi stia debitamente prendendo in giro perché riceve più attenzioni di me.”

Kathleen fissò stupita entrambi, prima di notare lo scintillio nello sguardo del cavallo.

Coprendosi la bocca per ridere sommessamente e con maggiore compostezza, la contessa ammise: “Penso lo stia facendo sul serio.”

“E voi non volete rimediare in nessun modo?” la punzecchiò Christofer, ammiccando malizioso.

Facendo finta di nulla, lei replicò candidamente: “Volete vi gratti dietro le orecchie, o sul mento?”

Il conte storse il naso al solo pensiero ma, nello scorgere le labbra morbide e sorridenti della moglie, fu colto da un'idea improvvisa quanto piacevole.

Avvicinatosi di un passo a lei, che si fece subito guardinga, il marito asserì con malizia: “Non ci penso minimamente, ma potreste salutarmi con un bacio.”

“Come, prego?” esalò lei, facendo tanto d'occhi prima di guardarsi intorno con aria sconvolta.

Gli uomini presenti stavano facendo di tutto per non scrutarli con curiosità e William, accanto al suo roano, la fissava come in cerca di segnali che indicassero un suo eventuale stato di pericolo.

Scuotendo leggermente il capo all'indirizzo del fratello, che si tranquillizzò immediatamente, Kathleen tornò a rivolgersi al suo dispettoso marito, borbottando: “Non credete che sia quanto meno sconveniente propormi una cosa simile, di fronte a tutte queste persone?”

Ironico, lui replicò: “Se fossimo stati soli, me lo avreste concesso?”

Lei si accigliò e Christofer, divertito e sì, ammaliato da quel viso così affascinante e che, sempre più spesso, osservava con piacere, celiò: “Dovevo pur provarci, non pensate?”

“Uomini... pensate solo a una cosa” borbottò lei, afferrando a sorpresa le sue spalle con le esili mani per levarsi in punta di piedi.

Prima che il conte potesse anche solo comprendere le azioni della moglie, l'uomo si ritrovò a sfiorare le labbra morbide di Kathleen, leggere come le ali di una farfalla.

Un attimo dopo, lei si scostò e fuggì via in uno svolazzare di gonne, pizzo e velluto.

Christofer ne fu completamente tramortito, e rimase impalato come una statua mentre i risolini ghignanti degli uomini facevano da cornice al suo stupore.

Solo William non rise. Si limitò a scrutare la sorella correre in direzione delle cucine, il viso in fiamme e solcato da un sorrisino soddisfatto.

Avvicinatosi lentamente al conte, celiò: “Pare che oggi abbiate ricevuto il vostro portafortuna.”

Sbattendo le palpebre confuso, come riemergendo da un sogno a occhi aperti, Christofer guardò vagamente stupito William e ridacchiò. “Avete visto?”

“Sì” assentì il giovane, sorridendo lieto.

“Direi che è ...una buona cosa” balbettò a quel punto il conte, non sapendo se mettersi a ridere o esibirsi in un ballo sfrenato per la soddisfazione.

Kathleen lo aveva baciato di sua spontanea volontà!

Certo, era stato un tocco leggerissimo, niente più di uno sfiorarsi tra labbra, ma non aveva avuto paura.

Si era fidata a sufficienza di lui da avvicinarsi senza tremore alcuno.

Quando si rese però conto dei risolini dei suoi uomini, Christofer li fissò in cagnesco e ringhiò: “Scordatevelo, che la mia signora vi saluti allo stesso modo!”

Un coro di risate si levò tra i presenti e William, nell'aiutare a salire in sella il suo signore, sorrise lieto.

Forse, c'era una speranza per entrambi.
 
***

La gamba gli doleva, assestandogli stilettate improvvise e laceranti, ma se l'era aspettato.

Stare a cavallo per così tante ore, con un clima così rigido e su un terreno reso scivoloso dalla neve, non era certo una panacea per i suoi mali.

Ma aveva gradito ritrovarsi a stretto contatto con i suoi uomini, riappropriarsi di quel rapporto di salda amicizia da cui si era allontanato a causa della guerra.

Dopo le iniziali ritrosie, i cacciatori erano tornati a rivolgersi a lui come se non fosse il conte.

L’avevano trattato come una volta, come il giovane Christofer a cui loro avevano insegnato a seguire le tracce nei boschi, o a imbracciare un fucile da caccia.

Quel cameratismo gli era mancato.

Certo, con i suoi compagni di lotte aveva sputato sangue e sudato sette camicie, ma era ben diverso dal passare ore e ore con persone che, sostanzialmente, lo avevano visto crescere.

Quell'uscita, inoltre, gli era servita per conoscere meglio il fratellastro di Andrew e Kathleen.

William si era rivelato un uomo faceto e dalla battuta pronta, sorridente e affabile e, cosa che lo aveva colpito, dai modi di fare che riflettevano in parte le sue nobili origini.

Per quanto si desse da fare per nasconderlo, era indubbio quanto fosse innato, in lui, un portamento fiero e impostato.

Gli uomini parevano averlo notato, perché si rivolgevano sempre a William anteponendo al nome sempre la parola 'signore'.

Era come se sapessero, almeno inconsapevolmente, che in lui c'era qualcosa di diverso.

Fortunatamente per l'uomo, doveva assomigliare alla madre.

Se solo fosse rassomigliato al barone o ai figli, le chiacchiere si sarebbero sprecate, con il rischio di mettere in pericolo la sua stessa incolumità.

Non dubitava, visti i precedenti che, se il barone Barnes fosse mai venuto a conoscenza della verità, non avrebbe esitato a nascondere per sempre qualsiasi collegamento tra lui e William.

Il solo pensarci lo fece imprecare tra i denti.

“Problemi con la gamba, milord?” gli domandò premuroso il cognato.

Era buffo pensarlo, ma in fondo era così.

Di ritorno dalla battuta di caccia, che era servita per stanare i lupi, Christofer appariva stanco e provato, ma sul suo volto appariva una serenità che non provava da tempo.

Scuotendo il capo, il conte asserì: “Diciamo solo che Kathleen mi farà una lavata di capo, lo so già, ma ne è valsa la pena. Uscire è stato corroborante.”

“Un ritorno alle origini?” ipotizzò William.

“Esatto. Conosco questi uomini da quando sono nato e, con alcuni, ho giocato quando ero solo un ragazzino con le braghette corte e i denti storti” ridacchiò Christofer, lanciando un'occhiata divertita ad alcuni dei cacciatori che li precedevano lungo il sentiero. “La guerra mi ha portato a conoscere altre persone, con cui ho diviso sogni e incubi, ma qui è diverso. E' più... intenso. E' la mia gente, dopotutto.”

“E voi l'avete servita con coraggio, sia oggi che in guerra” convenne l'uomo, omaggiandolo di un cenno ossequioso del capo.

“Avrei preferito rimanere a casa e curarmi di Kathleen. Forse, avrei evitato di farla soffrire e di... beh, di permettere a mio padre di terrorizzarla a morte” replicò torvo Christofer, lanciando un'occhiata all'uomo al suo fianco. “Immagino sappiate che il nostro matrimonio è stato combinato.”

“Ne sono al corrente” rispose diplomaticamente William.

Il conte sorrise sardonico e, sollevando una spalla con noncuranza, ammise: “Non mi voglio nascondere dietro false ipocrisie, William. Ammetto senza remore di non aver trattato molto bene Kathleen, nelle poche settimane che siamo stati insieme, ma sono ben deciso a mutare questo stato di cose. Non è stato giusto per nessuno dei due ma, visto che siamo assieme, tanto vale vivere nel miglior modo possibile, no?”

“Mi sembra che Kathleen sia già passata sopra al vostro... pessimo comportamento” gli fece notare con diplomazia l'uomo, lanciandogli una strana occhiata.

Divertimento? Minaccia?

Christofer non ne fu del tutto certo.

“Ammetto che stamattina mi ha sorpreso. E' stato... piacevole” convenne il conte, lasciandosi andare a un sorriso soddisfatto.

“Spero non abbiate intenzione di forzarle la mano, ora.”

“Non le salterò addosso, se è questo che temete. Ormai comincio a capire come ragiona Kathleen, e fin dove posso spingermi” replicò il conte, annuendo.

“Kathleen è fortunata ad avere voi. Non tutti i mariti sarebbero stati disposti ad aspettare, ad accettare un no come risposta” asserì William, regalandogli un sorriso orgoglioso.

Christofer si schernì, ribattendo: “Oh, non sono un santo! E' difficile non pensare a Kathleen in... in un certo modo. Ma ho promesso ad Andrew che l'avrei protetta, che l'avrei trattata con cortesia e gentilezza, ed è quello che voglio fare.”

“Per lui?”

“Per me. Per Kathleen.”

La risposta parve soddisfare William, che annuì convinto. Ma non lo fermò dal domandargli: “Il vostro nervosismo, quindi?”

Ridacchiando, Christofer mugugnò: “Cielo! In questo, somigliate davvero a Kathleen. Non vi sfugge niente.”

L'uomo sollevò un sopracciglio con candida insistenza, e il conte non poté che ammettere: “Pensavo a voi e vostro padre. A quello che potrebbe farvi se scoprisse la verità, e mi sono infuriato.”

“E perché, di grazia?” esalò lui, sinceramente sorpreso.

“Beh, che diavolo, siete il...” Interrompendosi quando si rese conto di aver alzato la voce, il conte continuò con tono più quieto. “Siete il fratello di mia moglie, perciò è ovvio che io mi preoccupi.”

“Sono un bastardo, milord.”

Quella replica gli venne così naturale che Christofer trasalì.

Quante volte, ancora fanciullo, dovevano averlo preso in giro per questo? Lui, cresciuto senza un padre e, soprattutto, con il cognome della madre?

“Non per me” decretò lapidario il conte, volgendo lo sguardo per scrutare il sentiero dinanzi a loro, chiudendo così la questione.

William si limitò a sorridere.

Quando infine raggiunsero Green Manor, il sole stava ormai reclinando all'orizzonte e l'aria si era fatta così fredda da far intirizzire anche il più forte tra loro.

E là, nel cortile dalla villa, Christofer scorse la figura di Kathleen.

Sorpreso e sì, sgomento all'idea che avesse potuto prendere troppo freddo in loro attesa, il conte accelerò il passo dando un colpo di tacco ai fianchi di Zeus.

Raggiunto per primo lo spiazzo cortilizio, ora ripulito dalla neve, esalò: “Mia signora, siete paonazza in viso! Da quanto tempo siete qui fuori?”

Sinceramente sorpresa, Kathleen si passò una mano inguantata sul viso prima di mormorare: “Sono così rossa?”

“Direi di sì. Mi sembrate passata allo spiedo” ironizzò lui, prima di notare, a poca distanza, la figura di Bridget.

Sembrava preoccupata e ansiosa insieme, e si stava rattrappendo nel suo mantello come se fosse indecisa sul da farsi.

William la guardò per alcuni istanti, prima di distogliere lo sguardo con una certa fretta per posarlo sulla sorella e, a sua volta, Christofer osservò tutti e tre con una certa curiosità prima di dire: “Bridget, immagino che sua signoria si sia rifiutata di entrare, vero?”

Bridget sorrise un poco, affondando tra le falde del mantello e asserì: “La contessa ha espresso il desiderio di attendere il vostro ritorno, così mi sono offerta di tenerle compagnia… nel caso avesse avuto bisogno di me.”

Kathleen le dispensò un sorriso grato e ammise: “Bridget non vuole dire che ha insistito perché aspettassi al caldo, visto che temeva potessi prendermi un malanno.”

“Perché la nostra Bridget è molto premurosa” ironizzò Christofer, lanciando un’occhiata carica di affetto alla giovane domestica, che arrossì. “Lo è sempre stata, del resto.”

Ciò detto, poggiò le mani sull’anteriore della sella per fare leva e scendere da cavallo. Tutto andò bene fino a quando non poggiò i piedi a terra.

A quel punto, le gambe cedettero di schianto, traumatizzate dalla lunga giornata passata a cavallo.

Se non fosse stato per l'intervento di Kathleen e Bridget, il conte si sarebbe trovato disteso sul lastricato del cortile.

Lesta, la moglie lo avvolse alla vita con un braccio, mentre Bridget si sistemava sul lato libero, drappeggiandosi un braccio del conte sulle spalle.

In fretta, William discese dal suo roano per raggiungere il trio in difficoltà e, proprio quando la contessa diede i primi segni di cedimento, intervenne per salvare la situazione.

Messosi al posto della sorellastra, sorrise a Christofer prima di dire a Bridget: “Posso sostenerlo agevolmente io, non temere.”

Lei arrossì, limitandosi ad annuire per poi scostarsi in fretta e raggiungere la sua padrona.

William, allora, si allontanò lentamente con il conte al fianco e il guardiacaccia, avvedendosene, mormorò spiacente: “Avremmo dovuto rientrare prima, signor conte. La vostra gamba è ancora troppo dolorante.”

“Sua Signoria è cocciuto quanto forte, non dubitate” replicò con un sorriso Kathleen, tenendo una mano sul braccio del marito con fare protettivo. “Se vorrete accomodarvi in cucina, signori, ci sono libagioni per tutti e del buon vino speziato e caldo appena fatto.”

Un coro di approvazione si levò tra i presenti e, mentre i cacciatori si dirigevano verso le cucine, William riportò in casa Christofer e Kathleen lo seguì assieme a Bridget.

“Vi giuro che non ho fatto pazzie. Ma il freddo deve avere congiurato contro di me” si affrettò a giustificarsi il conte, turbato all'idea che la moglie potesse avercela con lui.

“Non ne dubito, mio signore, infatti non ho estratto alcuna scure per decapitarvi, mi pare” replicò lei, con ironia.

William stentò a non scoppiare a ridere, e così pure Bridget che, gentilmente, asserì: “Sua signoria non ha visitato la sala d’armi, posso assicurarvelo, milord.”

“Tutto ciò mi rincuora, Bridget, credimi” dichiarò Christofer, dannandosi l’animo per non imprecare dal dolore dinanzi alle due donne.

Ringalluzzito, comunque, dalla tranquillità della moglie, il conte mormorò: “Quindi, non debbo temere vendette da parte vostra?”

“Delle scuse, piuttosto. Ho minato la vostra autorità quando non dovevo, e ho messo in dubbio le vostre capacità. Non succederà più, ve lo giuro” asserì contrita la giovane, aprendo la porta della villa per entrare all'interno.

La sorpresa per quella confessione, si confuse con il piacere che provò nell'avvertire il calore diffuso presente all'interno.

Quando il conte vide giungere la madre assieme a Wendell, lasciò a un secondo momento le sue domande.

William lo aiutò quindi a raggiungere le sue stanze, mentre Bridget correva ad avvertire l’attendente del conte perché preparasse un bagno per sua signoria.

Christofer, nell’attesa di raggiungere il piano superiore, intrattenne i famigliari raccontando ciò che era avvenuto durante la battuta di caccia.

Kathleen rimase al suo fianco per tutto il tempo, vigilandolo come un falco e, quando infine raggiunsero il primo piano, si prese personale carico del marito, congedando William con un sorriso.

Whilelmina, a quel punto, portò con sé Wendell, premurandosi di avvisare le cuoche di posticipare la cena.

Nell'aprire la porta della stanza di Christofer, Kathleen mormorò: “A parte la gamba, va tutto bene?”

“Benissimo, Kathleen, davvero” annuì l'uomo.

Julian li salutò con un sorriso di benvenuto, gli abiti già debitamente pronti e stesi diligentemente sul letto.

In fretta, il valletto si apprestò ad aiutare il conte mentre Kathleen, da vera padrona di casa, presiedette alla preparazione del bagno del marito, annuendo a più riprese.

Alla fine, però, congedò tutti, valletto compreso.

Vagamente confuso, Christofer le domandò dubbioso: “Con tutto il rispetto, Kathleen, ma avrei bisogno di Julian, per gli stivali.”

“Vi aiuterò io” asserì la giovane, imperturbabile.

Levando un sopracciglio con evidente scetticismo, l'uomo replicò gentilmente: “Dubito riuscireste a toglierli. E' un'operazione piuttosto complessa. Inoltre, non è compito di mia moglie togliermeli.”

La giovane ci pensò sopra un istante, come valutando le varie ipotesi. Alla fine, richiamò indietro Julian perché preparasse il conte per il bagno.

Senza una parola, andò nelle sue stanze, lasciando però aperta la porta.

Muto e sorridente, il valletto aiutò il conte, badando ben poco ai rumori provenienti dalla stanza adiacente.

Dopo aver aiutato Christofer a entrare nella vasca di rame, si ritirò nelle sue stanze con un sorrisino divertito stampato in faccia.

Iniziando a ripulirsi con spugna e sapone al sandalo, il conte quasi si nascose sotto la coltre di acqua bollente e schiuma, quando vide ricomparire la moglie e chiudersi la porta alle spalle.

Appariva determinata e per nulla spaventata, ma il marito non seppe dire se questo fosse un bene, o un male.

Certe volte, Kathleen era davvero difficile da capire.

“Cosa... avete intenzione di fare?” tentennò l'uomo, fissandola da sopra una spalla con aria apparentemente tranquilla.

In realtà, era teso come una corda di violino.

“Aiutarvi con il bagno” sentenziò lei, afferrando un cuscino, che sistemò a terra prima di inginocchiarvisi sopra.

Christofer strabuzzò gli occhi, fissandola senza parole quando la vide allungare una mano per afferrare dalle sue la spugna e il sapone.

“Perché, se posso chiedere?” mugugnò lui, arcuando le spalle in avanti perché le fosse più facile compiere quel compito davvero imprevisto.

La giovane non rispose subito. Si limitò a poggiare le mani sulle spalle umide del marito che, per prime, percepirono il tremore della moglie.

Subito, lui si volse a mezzo per scrutarla e, sconvolto, la vide con le lacrime agli occhi, turbata come poche volte l'aveva vista.

Era tremante, sconvolta da un sentimento che non avrebbe mai pensato di poterle scorgere nello sguardo.

Affetto. Un affetto così forte che l'aveva portata a innervosirsi al solo pensiero di saperlo fuori, in pericolo, senza lei a vigilare sulla sua persona.

Davvero Kathleen vedeva questo, in lui, provava questo, per lui?

“Kathleen... Katie...” ansò lui, afferrando una delle sue mani per massaggiarla delicatamente con le proprie.

“Non uscirete mai più senza di me. Non posso sopportare che...”

Bloccandosi per non iniziare a balbettare, sentì il marito dirle con sincera partecipazione: “Verrete sempre con me, Katie. Ve lo giuro. Non voglio vedervi mai più così turbata. Non ho pensato che questa caccia avrebbe potuto riportare alla mente brutti ricordi.”

“Sapervi in pericolo, voi e Andrew, era qualcosa di straziante, di atroce. Io e Myriam cercavamo di farci forza l'un l'altra, sapendovi in mare assieme, ma era un'agonia sapere così poco di voi! Quando vi ho visto prendere la via del bosco, io... ho rammentato quei momenti.”

Più risoluta, poi, aggiunse: “Non mi interessa cosa penseranno gli altri! O anche la servitù! Io sono vostra moglie, e di voi mi occuperò io.”

Sorridendole generosamente, Christofer si arrischiò a baciare il dorso della mano che ancora teneva tra le sue – e che la moglie non aveva ritratto – e, con voce resa roca dall'emozione, asserì: “E' la cosa più dolce e tenera che voi poteste dirmi, Katie.”

Lei sorrise di rimando, mormorando: “Mi piace, quando lo dite.”

“Katie?” volle sapere lui.

La moglie annuì e il conte, più sicuro di sé, asserì: “Allora, in privato, vi chiamerò sempre così. E ora, se proprio volete farmi il bagno...”

La giovane scoppiò in una risatina nervosa e, con mano ferma e forte, lo lavò sulla schiena, le braccia e il torace.

Christofer si divertì poi a mimare le movenze di una ballerina, estraendo lentamente una gamba alla volta perché lei potesse ripulirle con la spugna.

Quel gioco improvvisato servì a entrambi per cancellare parte del nervosismo che stavano provando – ben evidente sul viso di Kathleen, che era vermiglio – e consentì al conte di conoscere un nuovo aspetto della moglie.

Era divertente, non si faceva mettere i piedi in testa dalle sue paure e, anzi, le affrontava con coraggio.

Probabilmente, se non avesse vissuto ciò che il Fato le aveva posto innanzi, sarebbe stata molto più sorridente e spensierata, ma per quello Christofer si impose di rimediare.

Le avrebbe stesso tappeti rossi su tappeti rossi su cui camminare, e non avrebbe più dovuto piangere in vita sua.

E fu in quell'istante che comprese una cosa. Si stava affezionando a Kathleen.

Non perché era sorella dell'amato Andrew, ma per se stessa. Perché era lei a rendergli facile apprezzarla e stimarla.

Il suo tentativo di conoscere la moglie per quello che era, stava dando dei risultati insperati.

Quando poi lei lo prese in giro per la troppa peluria sparsa sulle gambe – che mal si addiceva a una ballerina – lui esplose in una calda risata, cui si accodò la giovane.

Possibile che, per loro, potesse esservi un futuro più roseo del previsto? Possibile che potessero diventare più che amici?

Christofer, nel vederla così gaia e felice, lo sperò. E fece la cosa più stupida e insensata che gli potesse venire in mente.

La afferrò gentilmente, ma con forza, alla nuca e, attirandola verso di sé, la baciò.

Non il bacio leggero e flebile di quella mattina, ma un bacio vero, fatto di passione, di calore, di sensazioni.

Kathleen ristette immobile per alcuni attimi, lasciando che Christofer le mandasse in fiamme le labbra dopodiché, riprendendosi da quel momentaneo stato di shock, si divincolò, allontanandosi.

Nella foga, ruzzolò a terra e il marito, ora contrito e sconvolto, esalò spiacente: “Dio, Kathleen, scusatemi! Sono un idiota, non avrei dovuto farlo! Perdonatemi, giuro che non lo farò più, giuro che è stato solo un momento di cedimento, di...”

Le sue scuse perdurarono per altri minuti ancora, minuti in cui Kathleen cercò con tutte le sue forze di comprendere cos'avesse provato in quel momento.

Mentre il viso del marito si faceva sempre più colpevole e il suo più paonazzo, la giovane si rese conto di non aver provato paura ma... desiderio.

Certo, se si fosse accorta per tempo del lampo negli occhi del marito, forse si sarebbe ritratta, e lei avrebbe perso l'occasione di comprendere quel basilare, importantissimo punto.

Desiderava il tocco di suo marito, almeno a livello inconscio.

Quando, infatti, si era resa conto di ciò che stava succedendo, si era divincolata con forza fino a cadere a terra.

Ma era un passo avanti. Non aveva avuto solo paura. Quella, era venuta dopo.

Quando infine si rese conto che Christofer stava per crollare, preda di una crisi di panico, si affrettò a esalare: “Sto bene, davvero.”

Lui interruppe il suo sproloquio per fissarla scettico e lei, ben comprendendo come potesse apparire in quel momento, si rimise in sesto quel tanto che bastò per aggiungere: “Mi avete... sorpresa.”

“E spaventata” mugugnò lui, tetro.

“Dopo” ammise lei, confondendolo un poco. “Prima è stato... bello.”

Irrigidendosi un poco a quelle parole, lui borbottò: “In che senso?”

“Quando non pensavo. Se penso, allora mi spavento, perché tornano ad assalirmi le mie vecchie paure, ma subito non ho … pensato.”

Gesticolò frenetica, sapendo di esprimersi malamente, ma Christofer la interruppe con un sorriso.

“Vi è piaciuto?”

“Sì” assentì lei, timida.

“Non avrei comunque dovuto comportarmi così, dopo tutto quello che avete fatto per me” precisò lui, contrito.

“Oh, no! Se non mi aveste preso alla sprovvista, non avrei potuto rendermene conto” replicò lei, prima di precisare: “Questo non vuol dire che dobbiate riprovarci, perché potrei reagire molto male.”

Sinceramente incuriosito, lui le domandò: “Mi picchiereste?”

“William mi ha detto dove colpire” ammise lei, con un risolino malizioso.

Il marito corse subito a coprirsi i lombi, benché fossero più che al sicuro e, ghignando, replicò: “Vi esorterei a evitare di colpirmi proprio lì. Starò buono finché non me lo direte voi, lo giuro. E mi scuso ancora per il bacio rubato.”

“Vi è piaciuto, almeno?” si lasciò sfuggire lei, prima di avvampare in viso.

Christofer allora scoppiò a ridere e, annuendo, mormorò malizioso: “Così tanto che non vedo l'ora di concedermi un altro assaggio. Ma saprò attendere. Le cose più dolci e preziose meritano di essere centellinate con cura.”

Levandosi in piedi in tutta fretta, Kathleen gli lasciò sapone e spugna mormorando: “Ora è meglio se continuate voi. Io vado a vestirmi per la cena.”

Lui annuì ma, quando la vide raggiungere la porta, le disse: “Vorrei divorare voi, a ben vedere, non la cena.”

“Christofer!” esclamò lei, affrettandosi a chiudersi nella sua stanza.

Non abbastanza veloce, però, per nascondere il sorriso che le illuminò il viso.

Soddisfatto, rise gaio e, in tutta calma, finì di gustarsi quel meraviglioso interludio mentre Kathleen, appoggiata alla porta della sua stanza, sorrideva divertita.

“Tutto bene, milady?” si informò Gwen, che le stava preparando l’abito per la sera.

Annuendo, la giovane le si avvicinò per prenderle le mani.

Dopo averla attirata vicina per un giro di danza, rise sommessamente di fronte all’espressione sconcertata della domestica e mormorò: “Va tutto benissimo, Gwen!”
 
***

Le candele accese sugli imponenti lampadari a bracci, oltre a quelle posizionate sulla mensola del camino, facevano risaltare il candore della pelle eburnea di Kathleen.

Ma ciò che Christofer notò maggiormente, fu il suo sorriso di benvenuto.

Stanco e con le ossa rotte, Christofer accennò un breve movimento del capo prima di lagnarsi del gran male provato.

La moglie allora sorrise sorniona e, mentre si accomodava al tavolo assieme all’uomo, alla suocera e al giovane cognato, gli domandò candidamente se si sentisse provato.

Accigliandosi, il conte mugugnò: “Se fossi stato calpestato da Zeus e Thunder contemporaneamente, non mi sentirei così a pezzi.”

Sia Whilelmina che Kathleen sorrisero indulgenti, mentre Wendell sghignazzava senza ritegno.

Nel veder servita una profumata crema di asparagi, l’uomo asserì con convinzione: “Giuro su quanto ho di più caro che ho più acciacchi che muscoli. Non è possibile averne così tanti!”

Il sorriso della moglie si accentuò e, nel battergli affettuosamente una mano, mormorò: “Nel giro di qualche giorno, tornerete a posto. Ho consegnato a Julian un po’ di nuova crema lenitiva per i muscoli.”

Christofer la fissò con evidente sorpresa – Kathleen era solita curarlo di persona e, ormai, lui si era abituato al suo gentile tocco – ma la giovane si limitò a sorridere misteriosa.

Certo, sua madre non era al corrente delle assidue cure cui la moglie lo aveva fatto oggetto negli ultimi giorni.

Kathleen aveva chiesto a Julian di non dire niente a nessuno, e a ciò lui si era attenuto.

Forse, era per timore di concedere false speranze alla suocera o forse, si trattava di semplice pudore, fatto stava che quello era il loro piccolo segreto.

Era probabile che volesse continuare su quella linea, perciò l’uomo a ciò si attenne.

Assentì e la ringraziò per la cortesia, tornando a occuparsi della cena con fame a dir poco animalesca.

La madre fu lieta di vederli così di buon umore e, con rinnovata allegria, dissertò con entrambi delle ultime novità da York e delle notizie che giungevano sull’odiato Corso.

La vittoria di Trafalgar non era servita a fermare Napoleone, solo a dirottarne le attenzioni.

Se l’Inghilterra era persa, per i francesi, rimaneva pur sempre l’intera Europa su cui puntare lo sguardo famelico, e a ciò Napoleone si era attenuto.

A un anno esatto dalla sua incoronazione come Imperatore di Francia, Austerlitz era caduta per mano del genio militare dell’astuto comandante francese.

Il giorno seguente era stata chiesta la pace, e gran parte dell’Europa era finita nelle mani di Bonaparte.

L’idea che il Continente fosse nelle mani di quel piccolo farabutto, fece fremere d’ira Christofer.

Lui portava sulla pelle le sue pretese di conquista, ma ben poco poteva fare, se non attenersi al volere del suo re.

Come conte di Harford, suo dovere era mantenere in salute la sua gente, occuparsi del contado e della sua famiglia.

I suoi anni di combattente per la Corona erano terminati, altre persone avrebbero imbracciato il moschetto, o dato fuoco alle micce dei cannoni.

Altri giovani sarebbero periti in quell’inutile guerra per il predominio e, anche su quello, lui non avrebbe avuto potere alcuno.

Andrew era perito, perso per sempre, per loro, e la sua morte si era rivelata un prezzo inutile da pagare, per una pace che ben poco sarebbe durata.

Dubitava fortemente che i governanti europei si sarebbero abbassati a chinare il capo di fronte a quell’uomo venuto dal nulla, che si era autoproclamato Imperatore.

No, altro sangue sarebbe stato sparso, altre vite sarebbero state spezzate.

E nessuno di loro avrebbe potuto evitarlo.

Quando però Christofer, roso da quei tarli sanguinari, levò il capo per scrutare il viso della moglie, si ritrovò a sorridere.

Non poteva fermare la guerra né i suoi lutti, ma poteva rendere felice lei.

E l’avrebbe fatto.

Anche lei aveva combattuto una guerra, portava ferite nell’animo degne di un guerriero, e Christofer si ripromise che, almeno Kathleen, si sarebbe salvata da ulteriori barbarie.

Lo doveva a Andrew, alla giovane che gli era stata data in sposa e, forse, un po’ anche a se stesso.

 
 
 
 
Note: Qualcosa sta cambiando, e Christofer se ne è reso conto. Kathleen gli interessa per se stessa, non solo per la promessa fatta a Andrew, e il fatto che la moglie abbia suo malgrado accettato il suo goffo bacio, è la riprova che qualcosa sta cambiando, tra loro.
Kathleen si è inoltre espressa circa il suo desiderio di non essere più lasciata sola, e il crollo emotivo che ha avuto dinanzi al marito ne è la chiara riprova.
Insomma, qualcosa si sta muovendo, in seno alla coppia, e Christofer ne è assai felice.
Spero che la scena della vasca vi abbia divertito. Alla prossima!
  
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