Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: pandafiore    17/05/2016    5 recensioni
[Post-Epilogo] {Per il momento incompleta.}
Capitol City si è ribellata.
La Paylor è morta, e, con essa, ogni speranza di un futuro felice per i distretti.
Gli anni sono passati, le cose sono tutte cambiate, il mondo è di nuovo sottosopra; tutto è diverso, tutto è come prima, ma in particolare una cosa è tornata: gli Hunger Games.
Chi vi parteciperà?
Beh, per la prima volta vedrete degli Hunger Games con personaggi che non vi aspettate, perché, a partecipare a questa nuova Edizione saranno proprio loro: i figli dei tributi sopravissuti.
I figli di Peeta e Katniss.
I figli di Johanna, Finnick, e molti, molti altri.
Chi vincerà?
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Mellark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

2.

 

La mietitura.





Il vento tira forte, muovendo i capelli a tutti noi, ma in particolare a me e a mia sorella, che siamo su di un palco alquanto scricchiolante, dopo anni di inutilizzo, e ogni passo del vertiginoso tacco nero di zia Effie produce un rumore fastidioso.
I volti della popolazione del dodici riprendono ad essere smunti e scavati, dentro abiti quasi vuoti che segnano il periodo troppo breve di pace e relativo benessere. Ci sono tutti, dal primo all'ultimo, anche il più recente immigrato proveniente dal Distretto tredici, per osservare i figli dei grandi volti della rivolta, essere estratti come unici tributi.
Credo che Capitol City abbia deciso di mantenere la zia come capitolina che sorteggia i fortunati solamente per spezzarla ancora di più, perché sanno che tanto non può fare niente contro il volere del presidente Cruel, quindi pensano che farla sentire inutile sia comunque uno dei molteplici modi che hanno per distruggerla. Psicologicamente, intendo. Il che è peggio.

Il silenzio su questa piazza è assordante, e vedo Daisy che quasi sviene, quando Effie - interamente vestita di nero - si avvicina alla boccia trasparente, estraendo con un rumore sordo e tagliente l'unico bigliettino.
Si avviccina al microfono e, guardando attentamente quelli che ormai sono i suoi concittadini, apre il sigillo rosso, e vedo le sue dita tremare violentemente, e lo stesso le gambe. Legge il fatidico nome, sapendo che dovrebbe avere finta gioia, o almeno un tono eccentrico, ma la voce le si spezza per un pianto represso; -Daisy Mellark.- Un tono lugubre, funereo, tremante per il groppo di lacrime annodato in gola.
Ed è lo stesso che, pochi istanti dopo, legge anche il mio di nome, attirandomi con passo abbastanza sicuro e meno tremolo di Daisy, verso la zia.
Zia... o almeno a noi piace definirla così. Assieme ad Haymitch è stata sempre con noi durante la nostra infanzia e la nostra adolescenza, fino ad oggi ovviamente. Oggi dovranno abbandonarci per sempre. Ma mi piace ricordarli come dei secondi genitori.
Io e mia sorella ci stringiamo la mano, e sento la sua umidiccia, d'un sudore freddo, così strana da farmela sembrare anche più esile del solito.
Cerco di trasmetterle il mio sostegno con lo sguardo, ma lei abbassa le lunghe ciglia nere fino a rasentare le guance, e noto una lacrima penderle sullo zigomo. Mi dispiace... penso, mentre veniamo scortati sul retro da alcuni pacificatori.
Nessuno ha compiuto il gesto delle tre dita della mano sinistra levate al cielo; mi chiedo se possano averlo dimenticato, o se in realtà non gliene importi più di tanto di noi. O addirittura temano di essere picchiati, se non giustiziati. E se è quest'ultimo il motivo vero, non possiamo assolutamente più sperare in una ribellione, la stessa che tanti anni fa è stata condotta da mia madre.

Appena chiuse le porte alle nostre spalle, ci ritroviamo immersi tra le morbide braccia dei nostri genitori, e percepisco immediatamente il profumo di pane del papà, e quello di pioggia della mamma.
Stringo tutti assieme a me come se fossero la mia ultima ed unica risorsa, e sento i singhiozzi della mamma farsi troppo forti, da costringerla ad allontanarsi, dandoci le spalle con un movimento perfetto.
-Papà...- Daisy si rituffa tra le sue braccia, e noto che anche a lei piace assaporarne il dolce profumo, ora misto alle lacrime che gli solcano le guance, cariche di dolore.
Il papà la stacca da sé delicatamente, per ricongiungere i suoi occhi azzurri come un cielo terso, nei miei, metallo fuso, arrabbiati, ribelli.
-Ryan...- Mormora, prima di prendermi la nuca con le dita e avvicinarmi a se in un abbraccio lesto. Quando ci separiamo, sembra volermi leggere dentro.
Abbozzo un sorriso, e gli sussurro parole che so che gli piaceranno. -Non dimenticherò chi è il vero nemico.- Tenta anche lui di sorridere, anche se è forse la prima volta nella mia vita che glielo vedo fare forzatamente; di solito le sue labbra sono avezze al riso, e mai, mai le ho viste come oggi. Arrabbiate, sì. Ma oggi esprimono un disprezzo che nemmeno quando aveva avuto un episodio, glielo avevo letto in volto.
Veniamo rapidamente portati dentro il treno, già pronto a partire, e vedo mamma scrollarsi da dosso i pacificatori, odiosi. Sorrido al suo carattere, così indipendente, ma al contempo così tanto fragile e provato, da non volerlo mostrare a nessuno; forse nemmeno a papà.

Mi siedo su una poltroncina nera, accanto a mia sorella e tento di intercettare il suo sguardo, ma lei guarda fuori dal finestrino assorta, con i suoi occhioni lucidi; così le prendo la mano con la mia, stringendola forte, intrecciando le nostre dita.
Zio Haymitch entra sbronzo come non mai nella cabina, e agita per aria in modo confuso una bottiglia marrone. -Mmm... originale! Non credete? Molto originale per i nuovi Hunger Games! Perché non potevano uccidervi in modo normale! Certo che no! Facciamo gli Hunger Games, giusto? Giusto.- Parla con se stesso, dandosi ragione, in modo molto barcollante, gettandosi poi sulla poltrona di fronte a me e Daisy. -Bella merda.- Conclude, appoggiando i piedi scalzi e sporchi sul tavolino che ci separa.
-Giù i piedi, Haymitch! Bambini miei, venite qui!- Strilla Effie, tirando le gambe dello zio giù dal vetro, e aprendo poi le braccia per accoglierci. Daisy ci si getta subito, mentre io le sorrido stentato e cammino a vedere dove sono i miei genitori.

Dopo qualche minuto raggiungo una cabina azzurra, e trovo papà e mamma seduti sul divano, in silenzio. Lei sta nell'angolino più piccolo e profondo del divano, con le ginocchia al petto e le mani che tremano; il papà le accarezza lentamente la schiena, in movimenti placidi e cullanti, che sono certo la calmino. Calmavano anche me, da piccolo.
Mi passo una mano tra i capelli ondulati, e mi siedo sulla poltrona blu di fronte al divano, osservando quel quadretto.
-Non potete reagire così.- Mormoro, nonostante soffra anch'io dentro. Ma non possiamo permetterci di abbatterci, veramente.
Ovviamente ricevo un'occhiata truce dalla mamma, che mi guarda con gli occhi arrossati e gonfi, carichi di lacrime che a tutti i costi mantiene dentro le palpebre.
-Sarete i nostri mentori?-
-Sì.- Risponde il papà. -Ma non capisco perché accettino che la mamma...- sia mentore. Lo so. Ma la verità è che così vedrà bene i propri figli morire nel suo incubo peggiore. E lei, seppur mentore, non potrà fare nulla per salvarci. Sarà ancora più straziante, e questo al presidente piacerà molto.
-Va bene. Io e Daisy siamo bravi con l'arco.- Gli rispondo, per sviare rapidamente da pensieri scomodi.
-Lo so. Tu hai la forza, e Daisy la velocità.- Sospira il papà, togliendo la mano dalla schiena della mamma, per poggiarsela sul mento e sostenersi la testa, divenuta improvvisamente pesante. -Credo ci serva l'aiuto di Haymitch.-
-Non credo sia in grado di darcelo.- Ribatto sbuffando, con ancora il suo olezzo di alcool nelle mie narici.
-Deve. Dobbiamo salvare almeno uno di voi, Ryan.- Fa incontrare i suoi occhi celesti con i miei, e so che i fulmini che si scatenano in me sono palesi.
Si alza lentamente, e poggia una mano sulla mia spalla, attirando la mia attenzione.
-Ryan proteggi tua sorella finché puoi.- Penso un attimo prima di rispondere a queste parole, perché Daisy sarebbe davvero forte, se lo volesse. È snella, è agile, veloce, sa arrampicarsi bene sugli alberi; potrebbe davvero vincere lei.
-Potrebbe essere lei a proteggere me. Non credi?- Rispondo, con un mezzo sorriso, ma non ottengo risposta, solo uno sguardo serio.
-Vabbè papà, fatto sta che non potete piangervi addosso. Ormai è successo, non possiamo cambiare tutto. Noi siamo le pedine di un sistema, nulla dipende dalla nostra volontà. Siamo tornati come a venti anni fa, mettetevelo bene in testa.- Il papà ha un sussulto a queste mie parole, e la mamma alza gli occhi, d'un argento liquido. -Mamma, dov'è finita la Ghiandaia Imitatrice? Dai, reagisci!- Esclamo infastidito, alzandomi. Odio vedere l'apatia, perché è la cosa più inutile del mondo.
E forse piangere servirebbe anche a me, per alleggerire questo peso che ho dentro, sul cuore e sui polmoni, ma non ho lacrime per farlo. E non voglio farlo. Io voglio reagire. Io voglio davvero vincere gli Hunger Games, o farli vincere a Daisy. E poi le nostre torture finiranno, perché non avranno più nulla da toglierci.
-La Ghiandaia Imitatrice non è mai esistita.- Sussurra la mamma con la voce roca, prima di alzarsi totalmente amorfa, e abbandonare me e papà. Queste parole sono pesanti da sostenere.

-Fa' qualcosa, cazzo!- Grido a mio padre, spingendogli un palmo sul petto.
-Cosa, Ryan? Cosa? Dimmi cosa...- Mi guarda totalmente perso, con gli occhi lucidi. E giuro che sento la rabbia ribollirmi dentro.
-Reagisci! Papà, io e Daisy moriremo entrambi, se voi vi rassegnate così! Salvate almeno uno di noi.- Le ultime parole le mormoro con voce minima, spezzata dal groppo che mi chiude la gola, ma giungono più che nitide al suo udito, perché i suoi occhi saettano sui miei. -Reagisci. Almeno tu, papà.- Supplico, un'ultima volta, con voce rotta. Le sue braccia attorno al mio corpo non sono mai state più volute di adesso, e sentirle stringermi con così tanta foga è di puro conforto.
Annuisce, mi sussurra che va bene, che va tutto bene e, con un passo stranamente felpato, mi lascia da solo, forse per andare in cerca della mamma.

Mi siedo sul divano e stringo i ricci biondi tra le dita, rimanendo così per ore, fino a quando non sento dei tacchetti rimbalzare sulla moquette celeste della sala. Alzo gli occhi, gonfi di lacrime non versate e che mai verserò, e incontro le iridi fresche e delicate di zia Effie, con la sua parrucca d'oro.
-Tesoro, è ora di andare a dormire, vieni.- Con un sorriso flebile e tremante, mi porge la piccola mano, che raccolgo volentieri nella mia, grande e calda. Mi faccio condurre come un bambino fino in camera mia, dove le dò cordialmente la buonanotte e provo le docce capitoline, stranissime.
Quando, ancora con l'accappatoio addosso, mi getto sul letto e mi addormento, le immagini di oggi iniziano a ripassarmi davanti agli occhi, e realizzo che fra poco più di una settimana entrerò davvero in un'Arena che sarà terribilmente selvaggia, perché noi siamo i figli dei ribelli.
E questo, anche se non lo abbiamo voluto noi, ci causerà non poche torture.

E mi risveglio con il pensiero che è Daisy quella realmente forte, quella che meriterebbe di vivere, quella che di solito reagisce. Io ho sempre guardato il mondo dall'angolino, con due occhi vivaci e curiosi, ma timidi. Lei era quella esuberante, che saltava continuamente da un posto all'altro, che si divertiva e rideva ad alta voce, gettando la testa indietro; io ero quello solitario, al quale piaceva rimanere a guardare gli altri, andare in silenzio ad aiutare il papà in panificio, glassare le torte, ammirare da lontano le cose, e, al tempo stesso, proiettarmi in avanti per un futuro che, di sicuro, non aveva nulla a che fare con questo.
Dipingevo tutto: Daisy che giocava, i suoi grandi occhi azzurri, i suoi capelli d'inchiostro, mamma che le faceva la treccia, papà che tentava di insegnarle a fare il pane o a dipingere, ma lei è sempre stata negata per queste cose. A lei piaceva andare nei boschi, come alla mamma... Ma forse gli Hunger Games sono troppo anche per lei, così forte, così bella.

Lascio che le lacrime mi bagnino il viso e mi rendo conto che, a volte, serve davvero piangere, in silenzio.
Ma non mi concederò di farlo tanto spesso.
Perché le persone più forti, in realtà, sono quelle che, nonostante tutto, vanno avanti, nascondendo le loro cicatrici dietro ad un semplice sorriso.




Buongiorno!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, sono molto contenta delle precedenti recensioni, e ringrazio infinitamente tutti coloro che mi degnano del loro tempo. :)
Spero vi stiate creando un po' un'idea del carattere di Ryan che, per molti versi, assomiglia a Peeta, però ha quel nonsochè di ribelle, che ci fa pensare a Katniss... ;)
Un abbraccio stretto,
pandafiore

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: pandafiore