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Autore: Gattopersiano    25/07/2016    5 recensioni
Arianna è una ragazza di diciassette anni. Difende a spada tratta le persone che ama, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, e dalla vita ha imparato ad essere gentile e ad avere coraggio. La sua vita scivola nella monotonia, e in un giorno d'estate decide di darle una svolta radicale, facendo qualcosa che nessuno si aspetterebbe da lei: così si iscrive ad un corso di pre-pugilistica. Sarà lì, in una palestra sgangherata, che lo sguardo di Riccardo la fulminerà per la prima volta. Riccardo è forte e freddo, un leone solitario e ferito che non ha intenzione di avvicinare nessuno, tantomeno una come Arianna. Tuttavia i due inizieranno ad essere legati, lentamente ed inesorabilmente, da un filo sottile e deciso, e le loro vite si scontreranno.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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La cipolla sfrigolava nell'olio caldo della padella. Adoravo quel momento in cucina, dove l'aria diventava saporita e l'atmosfera sapeva di casa.
Riccardo aveva insistito per uscire a mangiare fuori, ma nessuno dei due riusciva a togliere la bocca da quella dell'altro, perciò io mi incaricai di preparare una bella cena. Mentre soffriggevo aglio e cipolla avvertivo la sua presenza dietro di me; stava apparecchiando.
Sorrisi al pensiero di ciò che era successo poco prima.
Eravamo ancora a letto, e lui con un po' di vergogna aveva ammesso che non c'era molto per cucinare.
"Nessun problema" avevo risposto allungando il braccio sul suo comodino per prendere un post-it, "facciamo una lista e andiamo alla bottega di fronte" 
E così avevamo iniziato a buttare giù gli ingredienti, e tra una cosa e l'altra iniziammo una gara a chi nominava più cibi con la stessa lettera iniziale. Vinsi io grazie allo scalogno, e Riccardo con la sua aria da leone spavaldo mi sovrastò iniziando a farmi il solletico. Quando la sua mano scivolò sotto la mia maglietta afferrandomi un seno nudo, la risposta del suo sesso fu immediata. Risi maliziosa e gli stuzzicai il collo con la punta della lingua.
"Devi pagare pegno adesso."
Il pegno da pagare stabilito da me fu lui in boxer per tutta la sera, il che mi sembrò anche troppo buona come penitenza. Per entrambi, ovviamente. Poter ossevare il suo corpo in piedi e non steso a letto era uno spettacolo magnifico. Le gambe erano definite e scattanti, la schiena era un tripudio di muscoli che si contraevano all'unisono ad ogni movimento come in una danza, le vene sull'avambraccio in rilievo.
Avevo scelto di non accendere la luce del lampadario della cucina - troppo forte e bianca - e avevo preferito quella di una lampada nell'angolo del salone, che faceva una grande luce calda e morbida; la cucina era in penombra ma la tavola era comunque ben visibile, inoltre la luna che faceva capolino dalla finestra contribuiva a rendere l'atmosfera accogliente e rilassante.
Avevo addosso solo la maglietta di Riccardo e le mutandine.
Il sugo al salmone era quasi pronto, l'acqua era a bollire e il pollo stava diventando dorato.
Sentii il corpo caldo di Riccardo contro di me e la sua mano iniziò ad accarezzarmi il ventre, e poi il sesso attraverso le mutandine.
"Ehilà" balbettai, per nascondere un gemito, mentre la sua erezione si faceva sentire contro la mia schiena. 
"Ehilà" disse lui con voce roca, "Il tuo profumo mi fa impazzire."
Il rumore delle pentole che cuocevano mi mandava ancora di più in pappa il cervello; ero lì, appoggiata al quadro cottura, i vapori caldi e profumati che mi scaldavano il viso, mentre la sua mano delicata ma decisa indugiava su di me. Sentivo il suo respiro farsi più affannoso al mio orecchio, e avrei voluto urlargli di scostare l'intimo e di proseguire, ma non osavo muovermi nè fare nulla: avrei rotto quel gioco meraviglioso.
Iniziò a stuzzicarmi il capezzolo con l'altra mano, sempre attraverso i vestiti,e io buttai la testa indietro, gemendo.
Era la tortura più bella e devastante che io avessi mai ricevuto, lenta e costante.
Non so per quanto mi accarezzò in quel modo, ma l'acqua iniziò a bollire.
Quando il mio tanga fu zuppo a dovere, finalmente lo scostò con un dito ed entrò in me trovandomi calda e pronta.
"Oh mio Dio" sussurrò al mio orecchio. "Non rispondo di me.."
Inarcai ancora di più la schiena per sentirlo meglio, con una voglia sfrenata di fare l'amore con lui.
L'orgasmo arrivò lento come i suoi movimenti, e si protrasse così a lungo che gemetti a voce alta come un gatto, muovendo il bacino sotto i suoi movimenti.
Lui non smise di toccarmi, e inizio a baciarmi la spalla e il collo. Sentivo già un altro orgasmo arrivare, e anche lui lo percepì dal mio fremere ed ansimare perchè mi voltò, mi prese in braccio e mi mise seduta sul bancone di fronte, senza smettere di baciarmi e di mordermi le labbra. Quando si abbassò e iniziò a baciarmi il sesso in modo selvaggio e sfrenato, andai fuori di me. Un secondo orgasmo, fortissimo, mi travolse e urlai, aggrappandomi con le mani ai suoi capelli.
Lui si rialzò, e continuò a massaggiarmi con la mano, mentre io inumidivo la mia con la saliva per andare a toccarlo lì dove era eccitato e bisognoso di piacere.
Mi accorsi che iniziavo ad adorare il suo corpo, il suo tocco su di me, l'iniziativa che aveva. Stava diventando una droga che bramavo senza sosta.
Per poco i nostri giochi sessuali non bruciarono tutto, ma per fortuna la cena fu salva.
Cuocemmo la pasta e iniziammo a mangiare con calma, guardandoci negli occhi.
Ad un tratto lui mi afferrò delicatamente per la mano, e mi fece sedere sulle sue ginocchia senza smettere di mangiare.
Mi sembò un gesto così dolce e intimo che per poco non mi misi a piangere. Lo baciai e gli sciolsi i capelli, giocherellando con le sue ciocche dorate tra una forchettata e l'altra.
"Comunque bisogna fare qualcosa" disse a un tratto lui.
"Cosa?"
"Fare qualcosa per quello che è successo prima. Tu mi ecciti troppo."
Risi e lo baciai. "Perchè dovremmo, è grave?"
"Non mi è mai capitato di voler assalire qualcuna mentre girava il sugo" disse lui con un sorriso scoprendo i denti bianchi.
"Io l'ho trovato assolutamente perfetto" dissi con un piccolo sbadiglio, accoccolandomi sul suo petto.
La serata scivolò così, lenta e perfetta. Lui spazzolò ogni cosa mugugnando complimenti tra un boccone e l'altro, e quando finimmo di cenare ci trasferimmo sul divano in salotto, dove lui iniziò a rilassarsi infilando le mani tra i miei capelli.
"Grazie Arianna, per tutto." aprii gli occhi e trovai i suoi su di me, seri. " Tu mi hai ascoltato come non ha mai fatto nessuno, non hai cercato stupidi consigli per distrarmi, tu hai ascoltato davvero e hai capito. Penso davvero che tu sia una specie di miracolo."
Lo abbracciai forte.

Dopo aver lavato i piatti, mi riportò a casa con il suo motorino.
Quando uscii da quella casa, mi sentivo in qualche modo legata a lui da qualcosa di forte e speciale. 
Mi strinsi a lui mentre sfrecciava per le strade, respirando il suo profumo ancora una volta.
Quando arrivammo sotto casa mia, mi tolse il casco con un gesto esperto e mi baciò a lungo, teneramente.
Mi sto innamorando di te.
Le parole premevano per uscire, ma mi trattenni. Non era ancora il momento.
"Buonanotte piccola guerriera" disse lui dandomi un buffetto sulla guancia.
Se io sono una guerriera, tu sei un leone.

Mi buttai sul letto col cuore che mi batteva all'impazzata e ci misi almeno un'ora per calmarmi. Stavo per prendere sonno, quando il mio cellulare vibrò.

C'è il tuo profumo nel mio letto. Non farò sogni casti e puri.

Digitai una risposta veloce e secca, le prime parole che mi vennero alla mente.

E allora sognami.

Il giorno dopo mi allenai come una pazza, avevo un'energia inesauribile e un sorriso a trentadue denti.
Riccardo non venne, e mi mandò un messaggio.

Anche papà ha saputo di mia madre, e voglio restare un po' con lui a pranzo. Stasera c'è una festa a casa di Eugenio, sei invitata e ci vieni con me.

Quell'imposizione mi gettò addosso una scarica di adrenalina. Che stesse iniziando a pensare a noi due come a un noi?
Eugenio mi rivolse l'invito mentre ci allenavamo, e accettai felicissima.
Fra mi chiamò a fine allenamento, comunicandomi che anche lei era stata invitata da Alessandro e che voleva assolutamente un consiglio su cosa mettere.
Passai a casa sua e pranzai con lei, passammo il pomeriggio a farci le unghie a vicenda e a fare impacchi strani ai capelli. Le raccontai tutto di Riccardo - beh, senza scendere nei particolari - e lei si mise a saltare sul letto e fece tanti urletti felici. 
Quando gli nominai Alessandro divenne color melanzana, e alla mia domanda che chiedeva cosa lui le avesse detto quel giorno a casa di Riccardo, fece la vaga e divenne di nuovo rossa. 
Lei si fece fare le unghie a punta e le dipinse con un gel color perla, io invece mi buttai sulla classica forma arrotondata e le feci color rosso vinaccia.
Alla mostra mancava solo una settimana, perciò organizzammo un piano d'azione con tutte le cose da fare e poi ci buttammo sulla scelta dei vestiti.
Lei indossò un vestitino bianco sopra il ginocchio, scollo a cuore e spalline molto anni '50 che la fasciava perfettamente, con un paio di sandali dal tacco alto. 
Io invece misi un vestito lungo color rosso scuro che lasciava la schiena scoperta, uno spacco sul lato destro scopriva la gamba.
Sotto misi un paio di zeppe con i laccetti color carne, e mi guardai allo specchio. 
"Sei una gran figa, ma quando avrò finito con te sarai un'opera d'arte" disse Fra, riversando sul letto i suoi trucchi.
Mi fece la piega liscia con il phon e raccolse alcune ciocche dietro, fermandole con delle mollette e facendo dei boccoli.
Dopodichè iniziò a truccarmi, e quando mi diede lo specchio rimasi a bocca aperta.
Aveva steso un velo leggero di bb cream colorata, che dava alla pelle un colorito rosato e fresco, dopodichè aveva illuminato tutta l'area del contorno occhi e delle sopracciglia, sfumato un ombretto color pesca molto naturale insieme ad un altro più dorato, e applicato una linea sottile di eyeliner e molto mascara sulle mie ciglia lunghe, il tutto completato da un rossetto color corallo. "Oddio!"
"Sono o non sono un'artista?" disse lei soddisfatta, mentre si passava sulle spalle un lungo foulard multicolore. "Riccardo ti chiuderà in casa per non farti uscire!"
Proprio in quel momento il mio telefono vibrò

Sono in motorino, passo a prenderti?

Gli risposi dicendogli di passare a prendermi sotto casa di Fra mentre il cuore mi schizzava in gola.
"Alessandro è sempre in ritardo e passerà fra un quarto d'ora" disse Fra mentre si acconciava i capelli, "vai pure dal tuo principe nordico!" 
Risi di gusto, ma quando sentii il rombo del motorino fermarsi sotto la nostra finestra iniziai a sudare freddo.
Scesi le scale con tutta la naturalezza possibile, accompagnata dai complimenti dei genitori di Fra.
Salutai e uscii nell'aria estiva, il vestito che oscillava lento ai miei movimenti.
Riccardo era sul motorino, un piede appoggiato a terra.
Portava una camicia bianca arrotolata sull'avambraccio e un paio di pantaloni scuri. Bellissimo.
Stava armeggiando con il telefono, cercando di infilarlo nel cruscotto del motorino, e quando sentì la mia presenza alzò la testa. Non potevo vedere la sua espressione perchè aveva la visiera del casco abbassata, e questo mi diede un po' di sicurezza.
Mi avvicinai, protetta dai miei occhiali da sole, e gli dissi: "Se mi prendi in giro ti riempio di pugni."
Lui non rispose e, con un movimento fluido scese dalla moto, porgendomi il secondo casco.
Mi tolsi gli occhiali da sole e lui si alzò la visiera,
"Tu vuoi farti rapire stasera?" disse squadrandomi "Io non vado a nessuna festa, mi fermo prima."
Risi lusingata e lui mi baciò - il suo profumo mi investì come un treno - "Mi invidieranno tutti stasera" disse accarezzandomi un fianco.
Salii sul motorino aggrappandomi a lui e stando attenta che lo spacco del vestito non rivelasse troppo.
Dopo neanche quindici minuti eravamo sotto casa di Eugenio, ma io avrei voluto restare lì, stretta a lui tutta la notte.
La casa di Eugenio aveva un giardino molto grande con una piscina e un gazebo, che era stato illuminato e apparecchiato per l'occasione. C'erano dei tavolini - probabilmente di plastica - coperti da lunghe tovaglie bianche, e nell'aria suonava Blue Jeans di Lana del Rey.
"Non c'è canzone più adatta a te" dissi senza rendermene conto, mentre mi aiutava a scendere dal motorino.
"Dici?" disse lui, passando un dito sotto lo spacco del vestito, sulla gamba nuda.
"Ehilà!" Eugenio si staccò da un gruppetto di ragazzi e venne a salutarci, seguito dalla sua ragazza. L'avevo già vista qualche volta all'uscita della palestra, si chiamava Alessia e mi aveva sempre salutata con gentilezza. E così fu anche quella sera. "Questo vestito ti sta benissimo!" mi disse mentre mi salutava.
"Grazie, anche tu sei bellissima." Era vero, Alessia aveva un bel corpo slanciato e un caschetto rosso che le incorniciava il volto dai bei lineamenti. Indossava un lungo vestito color rosa chiaro, sembrava una fata.
Iniziammo a chiacchierare del più e del meno tutti e quattro, e avevo notato che Eugenio aveva lanciato un'occhiata stramba a Riccardo quando ci aveva visti arrivare insieme. Alessia mi prese sottobraccio; "Ti presento gli altri e ti faccio fare un giro." 
Mi presentò ad un gruppo di ragazzi che non conoscevo, alcuni mi guardarono con discrezione, altri rimasero a fissarmi senza nessun ritegno.
C'erano due ragazze sedute in disparte che si davano gomitate e si sussurravano nell'orecchio. "Quelle lasciale perdere, fanno parte di quella comitiva che ti ho presentato ma le poche volte che sono uscita con loro mi hanno totalmente ignorata e hanno sparlato alle mie spalle per tutto il tempo..oltre a guardare insistentemente il fondoschiena di Eugenio."
"Oh Dio, ma dai!" risi al pensiero; Eugenio era un bel ragazzo, ben piazzato grazie alla boxe, capelli castani e occhi scuri da cerbiatto. Potevo capire che gli sbavassero dietro, ma Alessia era una ragazza amabile e non si meritava quel trattamento. Mentre ridevo una delle due, una mora dagli occhi neri, mi guardò con un certo disprezzo.
Era magrissima, strizzata in un mini abito nero con dei ricami in pizzo che le copriva a stento il sedere, tacchi vertiginosi e un vistoso rossetto rosso che stonava troppo con il suo naso aquilino.
Alessia mi porse un bicchiere riempiendone anche uno per lei: era un cocktail di frutta. Ringraziai, e in quel momento Riccardo ed Eugenio stavano entrando sotto il gazebo.
L'attenzione delle due all'angolo fu tutta per loro, ma mi sembrò più veicolata verso Riccardo.
Il mio sguardo passò velocemente da lei a lui, che si guardava in giro, cercando qualcuno. 
Probabilmente me, mi ritrovai a pensare.
Ma prima che potessi alzare un braccio per farmi notare, la mora si era alzata sui tacchi traballanti, seguita dalla sua fedele compagna, e si era avviata verso di loro, sistemandosi il vestito che la stava lasciando scoperta.
Si avvicinò ad Eugenio e lo salutò, per poi farsi ovviamente presentare Riccardo.
Riccardo le strinse la mano con fare piuttosto indifferente, ma quando lei gli sventolò i capelli davanti e si accarezzò il collo da sola come una mentecatta non ce la feci più.
Afferrai un pasticcino alla crema e mi diressi verso di loro con scatto da centometrista, con Alessia che mi seguiva.
Riccardo si accorse di me, e rimase a fissarmi mentre camminavo spedita con lo spacco che svolazzava al vento.
Morsi il pasticcino esattamente a metà mentre mi avvicinavo, e quando fui davanti a lui gli porsi l'altra metà, strabordante di crema. 
"Assaggia, è buonissimo."
Lui alzò un sopracciglio divertito e si lasciò imboccare. Ovviamente non persi l'occasione di sfiorargli le labbra con le dita, con la scusa di evitare che si sporcasse di crema. 
In tutto ciò, Eugenio si era distratto per l'arrivo di Alessia, ma i due piloni della luce avevano visto tutto molto attentamente.
Le ignorai per un attimo, per poi voltarmi verso di loro esibendo il mio miglior sorriso.
Lo sguardo di una vagò sul mio corpo, quello dell'altra sui miei capelli e sul mio viso. Io invece le guardai dritte negli occhi e mi presentai.
Mugugnarono i loro nomi, -la mora era Elisa, l'amichetta invece Silvia- per poi girare sui tacchi e allontanarsi con un "Ci vediamo più tardi"
"Da quando mi imbocchi anche?" disse malizioso Riccardo, a bassa voce.
"Non posso?" dissi io facendomi circondare dalle sua braccia e ballando un lento improvvisato.
"Hai visto come ti hanno guardato quelle?"
"No, come mi hanno guardata?" dissi con malizia.
"Come si guarda una gnocca da paura."
"Che gli ha fregato il sexy ragazzone biondo che avevano puntato."
"Ah sì?" disse lui ridacchiando.
Poco dopo arrivarono Alessandro e Fra, che venne puntata subito da un ragazzo. La osservava da lontano, e quando si avvicinò al tavolo delle bevande le porse un drink per poi tornarsene al suo posto. In tutto ciò, Alessandro non le staccava gli occhi di dosso e rivolse uno sguardo di traverso a quel povero ragazzo che fece morire dalle risate Riccardo e imbarazzare Fra.
Ogni tanto c'era un contatto tra me e Riccardo; uno sguardo, le mani che si sfioravano, lui che mi toglieva una ciocca di capelli dal viso, io che gli sistemavo i polsini della camicia.
Gesti che potevano apparire del tutto normali in realtà erano la conseguenza di un filo rosso che oramai ci legava.
Potevo guardarlo dall'altra parte del giardino e sapere che, quando i suoi occhi avrebbero incrociato i miei, avrei sentito una connessione speciale ed unica, soltanto nostra. Non c'era bisogno di tenersi la mano o di star seduti vicini, anzi più eravamo immersi tra gli altri e più questo contatto era intenso.
Quando lui si fece scivolare un'ostrica sulla lingua non riuscii a trattenere un brivido di eccitazione, ma cercai di restare calma e mi sedetti accanto a lui, accarezzandomi il collo come una gatta in calore. Lui ne prese un'altra, e mentre la mandava giù, gli appoggiai una mano sulla coscia da sotto la lunga tovaglia.
Lui ebbe un leggero tremito; probabilmente non si aspettava un'iniziativa così audace da me, ma aveva capito, e potevo quasi sentire il suo cervello accendersi e iniziare a spogliarmi con gli occhi, l'eccitazione crescere e la fantasia spaziare il più possibile.

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Era girata di spalle e stava parlando con la ragazza di Eugenio.
Con discrezione, ogni tanto buttavo l'occhio sulla sua schiena nuda, leggermente dorata dall'abbronzatura e tonica, i muscoli sensuali sotto il sottile velo di pelle, e poi il sedere, il culo più bello che avesse mai abitato le mie fantasie, coperto da uno strato di tessuto, eppure in rilievo.
Mi imposi di non fare pensieri spinti e di non guardarla troppo, perciò mi concentrai sul cibo; presi un paio di ostriche dal vassoio sul tavolo e me ne portai una alla bocca. Lei mi guardò, ma non ci feci troppo caso. Mentre prendevo la seconda si avvicinò, e capii che ciò che aveva visto l'aveva in qualche modo colpita.
Questa sorta di danza che era iniziata da quando eravamo arrivati mi intrigava come non mai. Le altre ragazze che avevo avuto non avevano mai avuto nessun ascendente del genere su di me.
Quello di chiamarmi con lo sguardo, anche da lontano, o di trasmettermi un pensiero con un tocco.
Il mio corpo, accanto a lei, era vivo, ogni cellula trasmetteva e riceveva, non era solo una questione di ciò che avevo tra le gambe. 
Mentre si sedeva gettai uno sguardo sulla sua gamba nuda e immaginai di prenderla lì, su quel tavolo, sotto quel gazebo che improvvisamente diventava deserto e solo per noi.
Quando la sua mano si posò sulla mia coscia, l'erezione mi era già esplosa nei pantaloni, e capii che lei stava pensando la stessa cosa.
Il tavolo continuò ad essere animato da chiacchiere al quale ci unimmo con naturalezza, parlando e ridendo del più e del meno. 
La sua mano si era spostata, aveva sentito la mia eccitazione e si era ritirata.
Aspettai di tornare alla normalità per non dare spettacolo, dopodichè, la presi per la vita e ci allontanammo con discrezione, facendo un giro del giardino.
Si era riempito di gente, e lei colse non pochi sguardi da parte di alcuni ragazzi. La cosa mi infastidiva e dall'altra parte mi esaltava. Entrai in casa, e con assoluta naturalezza la guidai su per le scale.
Conoscevo casa di Eugenio, sapevo che aveva due bagni e una camera per gli ospiti, dove dormivano i suoi cugini quando venivano a trovarlo da Milano.
Il piano di sopra era deserto, e la stanza aveva due letti singoli e una grande libreria a muro.
Chiusi la porta con un giro di chiave, la serranda era già abbassata e la stanza era in penombra.
Finalmente la presi tra le braccia e la baciai con foga, lei gemeva sotto il mio tocco e mi stringeva la schiena, le spalle. La addossai delicatamente alla libreria senza far rumore e le abbassai le spalline del vestito, scoprendole i seni turgidi e sodi. 
Li baciai e li succhiai mentre cercavo il suo sesso con l'altra mano, armeggiando con i veli del vestito. La trovai, e la scoprii bagnata più di quanto pensavo, segno che era eccitata da molto tempo.
Lei iniziò a respirare più affannosamente e ad affondarmi le mani nei capelli, cosa che mi mandava ogni volta in tilt.
"Riccardo" ansimò, "ti voglio."
Quello significava solo una cosa, ma entrambi sapevamo che non poteva accadere lì, in quella stanza, quella sera. Doveva essere speciale.
"Anch'io ti voglio" dissi affondando ancora di più in lei e provocandole un gemito.
Proprio sul più bello lei mi spinse delicatamente via, e mentre la guardavo con fare interrogativo aprì una zip sul fianco facendo scivolare il vestito ai suoi piedi, seguito dall'intimo.
Si avvicinò tenendomi le mani sul petto e facendomi indietreggiare, fino a che non incontrai il letto e fui costretto a sedermi.
La presi per i fianchi e la costrinsi a fare un giro su se stessa.
"Sei assolutamente meravigliosa" le dissi mentre le accarezzavo un seno, e la vista del suo culetto nudo mi portò a fantasie ben più rudi. 
Ricominciai a toccarla stando seduto, lei seduta su di me, i suoi seni all'altezza della mia bocca.
Ebbe un orgasmo silenzioso, e poi un altro.
Si chinò con foga, e accolse il mio sesso nella sua bocca, completamente e con decisione.
"Non mi farai durare un secondo" gemetti a fatica, mentre accompagnavo la sua testa reggendole i lunghi capelli.
Per tutta risposta lei tornò a leccarmi il collo, prima lentamente e poi con così tanta passione che mi ritrovai a masturbarmi con la mano, il sesso che quasi mi doleva dal piacere.
Lei rise e tornò giù, lenta, sempre più lenta ma decisa, e raggiunsi un orgasmo lento e devastante.
La stanza aveva un piccolo bagno collegato, così andai a sciacquarmi. 
La osservai per un secondo dalla fessura della porta; era nuda, addosso solo le scarpe, e scorreva con la mano i libri dello scaffale.
"Vedi di rivestirti o non uscirai di qui fino a domani" dissi osservandole la curva dei seni.
La sentii ridere, e mi accorsi con un certo spavento che quella risata mi scendeva dentro, e mi faceva bene.
Mi accorsi con un certo spavento che prima della connessione fisica c'era quella mentale. Mi ricomposi in silenzio e mi sciacquai il viso e le mani, che sapevano dei suoi umori.
Lei entrò, rivestita, e si affiancò a me, insaponandosi anche lei.
Era bellissima, da capogiro.
"Adoro questo vestito, e sai perchè?
"Perchè?"
"Perchè è facile da togliere."

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Ci rimescolammo tra la gente senza dare nell'occhio, il sole era quasi calato del tutto e la musica era aumentata; qualcuno ballava, altri mangiavano sotto il gazebo, altri ancora se ne stavano in piccoli gruppi a chiacchierare. Avere Riccardo accanto a me era una sensazione strana ma meravigliosa.
Alessandro si accorse dei nostri sguardi e sparì assieme a lui sotto il gazebo, mentre Fra mi prendeva sottobraccio, ballando.
Un paio di ragazzi subito si avvicinarono, ma non li calcolammo più di tanto, ridendo e facendo le idiote a ritmo di musica.
Mentre ballavo, notai un paio di occhi fissarmi tra la folla. All'inizio non riconobbi chi fosse, ma poi mi voltai di nuovo e di nuovo la scoprii a fissarmi: capelli corti e biondi, occhi chiari, faccia da schiaffi: era Paola. Non l'avevo più vista dal famoso pugno che mi aveva dato.
Accanto a lei c'era un ragazzone alto e tarchiato, moro, e un altro che le assomigliava molto; forse il fratello.
Dopo aver individuato me, il suo sguardo passò a Fra e poi ad Alessandro, che chiacchierava con Riccardo e gli altri a qualche metro da noi.
Si avvicinò a noi seguita dai due, e notai che era vestita in modo parecchio spinto: portava un paio di shorts di jeans e un top striminzito che lasciava poco all'immaginazione; inoltre lei non era esattamente longilinea, per cui quei vestiti abbinati alle zeppe alte la rendevano alquanto volgare. 
"Ignorala" mi disse Fra, che si era accorta della sua presenza.
"Stai tranquilla, non mi tocca."
L'importante è che non tocchi qualcuno di voi.
Continuai a ballare restando comunque vigile, e notai che Paola e i due si accorparono con i due piloni della luce, Elisa e Silvia.
Iniziarono anche loro a ballare, e Paola iniziò a strusciarsi con il tizio alto, soprattutto quando Alessandro si voltava per guardare la pista.
Ad un certo punto, prese per il braccio quel buzurro e lo trascinò verso di noi.
"La vedi questa col vestito bianco?" disse ad alta voce al ragazzo indicando Fra, senza smettere di ancheggiare come la gran troia che era, "Pensa che Alessandro se l'è presa! Bah, stavo anche pensando di dargli una possibilità e lui che fa? Si prende questa nullità invece di vedere le stelle con me."
Il buzurro rise, viscido. Aveva i capelli neri e unti, un fisico robusto e gli occhi azzurri e maligni. 
Gli occhi di Paola si spostarono su di me: "Come va lo stomaco?"
"Non so che cazzo tu ti sia fumata per essere così ma è meglio se ti togli di torno." 
Era Alessandro, incazzato come una iena. Si frappose fra Paola e Fra e prese la mia amica per mano.
"Che c'è, Paola? Ti rode il culo perchè non c'è stato praticamente niente tra noi? Se c'è una nullità qui quello sono io che ti sono stato dietro come un coglione, ora che ti guardo davvero non capisco come cazzo io abbia fatto."
Grande! Hai guadagnato mille punti!
Alessandro si allontanò di qualche passo abbracciando Fra.
"Stai bene piccola?" lo sentii chiederle tra la folla. Stavo per allontanarmi,e andai a sbattere contro l'altro ragazzo, quello che assomigliava a Paola. "Scusa" disse con voce roca.
"Niente" dissi io, e raggiunsi gli altri sotto il gazebo.
Riccardo era rimasto a guardare la scena da lontano, pronto ad intervenire, e lo trovai alquanto sollevato.
"Pensavo che Gianmarco sarebbe partito, sempre ubriaco com'è, invece è andato tutto bene, per fortuna."
"Ma neanche li ho invitati quelli" disse Eugenio, "Si sono invitati da soli, idioti e anche rompicoglioni."
La serata andò avanti e il gruppo di Paola non causò più problemi, anche se quella Elisa continuava a fissare Riccardo mentre ballava con quelle gambette secche.
"Arianna, puoi andare a prendere dei bicchieri di plastica in cucina?" mi chiese Eugenio, impegnato a tagliare a fette un grosso cocomero. "Sono finiti e non so dove sia Alessia"
"Certo." risposi.
Mi avviai verso la cucina -che avevo intravisto prima quando ero entrata assieme a Riccardo- e sentii delle voci provenire dall'interno.
"Hai finito?" 
"Eddai, tesoro..." 
Mi bloccai sulla porta, uno strano brivido mi percosse ma entrai ugualmente; non mi importava cosa avrei visto o interrotto, era una cucina ed erano loro in difetto, non io.
Con mio sollievo incontrai solo Alessia che respingeva un ragazzo. 
"Esci, Fernando." era il ragazzo di poche ore fa, il forse-fratello di Paola. Era allegro e sornione, evidentemente brillo.
"Eddai dammela una bottiglia di birra, mica mi ubriaco davvero eh!"
Alessia si voltò verso di me alzando gli occhi al cielo e sbuffando, due teglie di dolci fra le mani. Uscì per portarle fuori.
Io lo ignorai, e mentre mi chinavo per prendere i bicchieri sentii una sua mano palparmi il sedere con violenza.
Quasi caddi in avanti perdendo l'equilibrio.
"Che cazzo fai!!?" gli urlai dandogli un sonoro schiaffo sulla guancia. Lo spinsi con tutta la forza che avevo e lo mandai a sbattere contro il bancone. Feci per uscire tentando di restare calma- era solo un pervertito ad una festa- ma lui fu più veloce, mi sbattè contro la porta che si chiuse e cominciò a strizzarmi i seni attraverso il vestito.
Mi fece così ribrezzo che mi paralizzai, schiacciata contro la porta mentre lui si spalmava su di me.
"Ti ho vista che mi sei venuta addosso prima" biascicò, "tu mi vuoi scopare, lo so.."
Volevo urlare ma un grosso mattone mi bloccava la gola, sentivo di non avere voce e di soffocare.
Sentii che armeggiava con la cintura e quando avvertii qualcosa di caldo appoggiarsi sulla mia schiena capii che si era davvero calato i pantaloni.
"Ti piacerebbe se ti venissi in bocca, eh bella zoccola.." biascicò mentre iniziava a toccarsi e con l'altro braccio mi teneva la testa schiacciata contro la porta.
Iniziò a mugugnare e più andava avanti più la vergogna si espandeva in me come una macchia d'olio.
Vedendo che restavo ferma, tolse il braccio che mi schiacciava e iniziò ad alzarmi il vestito come un dannato.
"Si ferma così...fammi divertire un po' tesoro.." Quando sentii il contatto del suo pene contro la pelle della coscia mi riattivai, e come se l'incantesimo si fosse sciolto, gli diedi una sonora gomitata nello stomaco. Uscii fuori dalla cucina e caddi sulle ginocchia.
Mancavano solo pochi metri, poi la porta che si apriva sul salotto, la gente fuori, non sarei stata più alla sua mercè.
Ma subito lo sentii di nuovo dietro di me, tirarmi i capelli e bloccandomi a carponi.
Il rumore metallico della cintura mi bloccò di nuovo ogni muscolo, e di nuovo lui si sputò sulla mano e iniziò a masturbarsi.
"sei la più bella maiala che io abbia mai visto, come arrapi.." 
Ero terrorizzata, ma un'altra parte di me stava evadendo, volando in un posto diverso dove l'erotismo non era una vergogna e dove c'erano le parole calde e le carezze di Riccardo.
"Vedi? Non succede nulla..fammi divertire ancora un po' che sto per venire...sulla tua bella schiena.."
Mi sentivo un verme, piangevo in silenzio e non avevo voce, la vista offuscata.
L'altro braccio riuscì ad intrufolarsi con violenza sotto il mio vestito.
"Hai la fichetta depilata, lo sapevo che eri una troia.." 
Non sentii nulla, solo d'un tratto il mio corpo farsi leggero.
La porta davanti a me era sempre chiusa, ma stavolta Alessia era accanto a me, e mi tirava su a sedere. 
Poi capii. Riccardo era lì, si era chiuso in cucina con quel porco e lo stava ammazzando di botte.
"No!" urlai tirandomi su come una molla.
Nella stanza non vidi nessuno.
Poi la vidi, una porta a vetri che dava su un piccolo giardino.
Mi fiondai fuori e vidi Riccardo che tempestava di pugni Fernando.
"Che cazzo hai fatto!" Pum.
"Cosa cazzo hai fatto!" Pum, un altro pugno, poi un calcio.
"Come cazzo ti sei permesso di toccarla!" Il tizio non si muoveva più sotto i suoi colpi, li sorbiva come un sacco da boxe.
"Riccardo.." mi stupii della mia stessa voce. Non era la mia voce, era il rantolo di un animale ferito.
Lui smise di colpo e si voltò.
"Oh mio Dio" corse verso di me, prendendomi il viso " Cosa cazzo ti ha fatto questo sterco?!" 
"Niente...a me..niente..lui.."
"Cazzo!" Urlò, diede un calcio ad una sedia di plastica mandandola a gambe all'aria.
Poi si girò come una pantera gettandosi di nuovo su di lui.
Lo prese per il colletto della camicia, lo alzò, - il pene in bella vista con il pantalone mezzo calato - e gli sputò in faccia.
Dopodichè gli diede una sonora ginocchiata, dritta nei genitali. 
L'urlo questa volta si sentì eccome, ma venne sopraffatto dalla musica. Alessia tornò seguita da Eugenio, che guardò Fernando con gli occhi di fuori.
"Brutto pezzo di merda!" Si avventò su di lui con un calcio tremendo.
"Lo ammazzate così!" niente da fare: la mia voce non era che un sussurro.
"È colpa mia.." disse Alessia, bloccata. "Cazzo, non me lo sono cagata di striscio, non avrei mai immaginato che.."
"Ha detto qualcosa anche a te questa merda?" urlò Eugenio.
"Io lo spello vivo. Lo denuncio. Hai sentito, bastardo? Mio padre è un giornalista. Se non ti ammazzo prima ti sbatteranno su tutti i giornali."
"Non voglio...non voglio sporgere denuncia."
Silenzio.
Riccardo mi guardò, gli occhi sbarrati. "Che cosa?"
"Non voglio. Non voglio che voi veniate coinvolti, non voglio che questa storia venga fuori, voglio solo andare a casa e non vederlo mai più."
La testa mi girava terribilmente, la vergogna era inarrestabile.
"Riccardo.." gli occhi mi si gonfiarono di lacrime, il suo viso si fece sfocato. 
Riccardo mi strinse a sè impedendomi di vedere nient'altro che il suo petto.
"Amore, sono qui...ehi. Eccomi."
"Vado a chiamare quella deficiente e la sua combriccola" disse Eugenio, "prenderanno questa testa di cazzo e se lo porteranno a fanculo uscendo dal retro."
Riccardo mi prese in braccio e mi ritrovai in una macchina.
Aprii gli occhi e mi guardai intorno mentre lui faceva retromarcia.
"Siamo passati dal retro, ho preso la macchina di Alessandro, ti sto portando a casa."
"Non voglio." gli afferrai un polso con fatica, un singhiozzo mi scosse "Voglio stare solo con te."





Eccoci qui con un capitolo abbastanza forte sotto ogni punto di vista.
Comincio col dire che il rating di questa storia è ben definito, perciò dovrete aspettarvi scene di questo genere. 
Spero che comunque la storia vi stia appassionando, si farà molto più introspettiva da adesso in poi.
A presto, e recensite mi raccomando! Aspetto i vostri commenti <3
Lilith





 
   
 
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