Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Dicembre    23/04/2009    5 recensioni
Nyven è uno schiavo, nato in catene non ha mai vissuto una vita diversa, per lui un padrone vale l'altro. Quando viene venduto al Crocevia, non può immaginare chi sia il suo nuovo padrone, nè chi viva alla sua corte. Si accorge però subito che il luogo dov'è stato portato è completamente diverso da tutto ciò che ha visto e da tutto ciò che ha vissuto. Irìyas l'ha acquistato per i suoi capelli, cremisi ed indomabili, che hanno una proprietà indispensabile di cui neanche un mago della sua potenza può fare a meno. Specialmente quando il mago si ritrova ad affrontare il Fuoco Eterno, scagliatogli contro da un suo vecchio amico e si ritrova legato ad una promessa fatta ad un drago per cui farebbe di tutto. Nyven è intrappolato in quest'intreccio di tradimento e di fedeltà e ne rimane inevitabilmente affascinato. Ma c’è un fondo cremisi, un’anima dedita al fuoco nel ragazzo, che nessuno sa spiegare , ma che tutti temono. E’ innata, sconosciuta ed indomabile.
Il mago però non può lasciarlo libero, e Nyven non conosce cosa giace nel suo animo. La matassa è stata srotolata troppo tempo prima perché ora si possa tornare indietro. Il Re, il cavaliere e amico del mago, il traditore… Tutti vogliono qualcosa, mentre il Regno rischia di ardere in eterno.
Genere: Romantico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
So bene di essere mancata per tantissimo tempo da queste pagine e da questi lidi. me ne scuso immensamente con tutti coloro che seguono e seguivano la mia storia. Credetemi quando vi dico che ci sono state motivazioni davvero gravi alla base della mia dipartita, e davvero al di là della mia volontà. Perciò ora che posso riprendere, mi riprometto di ritornare ad aggiornare regolarmente come ho sempre fatto e a rispondere ai singoli che vorranno lasciarmi un commento (lo sapete quanto ci tengo).
Scusate l'assenza, spero che il nuovo capitolo un po' ripaghi dei mesi di silenzio.
Un bacione a tutti





Vedere il cielo attraverso le sbarre, vedere il mondo contorniato da piccoli ramoscelli di vetro che intaccano la sua ampiezza… Tutto questo non può essere ammesso.

Il vecchio a volte passa e lo guarda, stringe a sé i due cerchi in ferro che l’hanno reso schiavo, li fa tintinnare per assicurarsi di possederne tutta la forza, poi se ne va.

La stanza nella quale l’ha chiuso è troppo piccola, le ali sono indolenzite tanto devono essere attaccate al corpo. Giura vendetta. Terribile. Non perdonerà mai nessuno dell’Accademia. Il veccho e i suoi discepoli, tutti, verranno uccisi.  Appoggia il muso sulle zampe, sospira e dalle sue narici esce fumo nero.

E’ lì dentro da troppo tempo.

La porta della sua cella si apre e il vecchio entra. Ha i cerchi legati alla cintura e la tunica che fruscia li nasconde.

“Stai bene oggi?”

Lui non risponde

“E’ da qualche giorno che sei troppo quieto e mi preoccupi. Non ti starai mica arrendendo?” poi sorride, sa che nessun drago mai si arrende, nel senso inteso dagli umani.

“Non dici niente? Ti lascio andare sai, se parli con me…” Stupido umano, vecchio e maledettamente stupido

“Io ti ucciderò” gli ripete, ma al vecchio questo pare non interessare

“Siamo tutti destinati a morire” ma il drago sorride perché sa che queste parole, per lui, non sono vere. Non importa quanto tempo passerà lì dentro. Lui può solo essere ucciso, non può morire. E questa è una grande differenza, anche se gli umani spesso faticano a vederla.

Il vecchio gli poggia le mani addosso, gli accarezza le scaglie cremisi e quella leggera peluria sul collo. Per arrivare a toccarlo lì, deve arrampicarsi sulle sue zampe, aggrappandosi al corpo del drago che rimane immobile. Il drago non può fare niente.

Si sistema sulle zampe, quelle anteriori vorrebbero distendersi, quelle posteriori allungarsi, ma nella sua cella c’è appena lo spazio per stare accovacciati.

“Parlami, insegnami la Lingua Antica. Parlami!” il vecchio quasi supplica “Perché ti tengo qui se l’unica cosa che fai è rimanere immobile?”

Il vecchio, così saggio fra gli uomini, sembra uno sciocco agli occhi del drago. Lui è debole, troppo debole per ribellasi. Ma era solo questione di tempo, sta ricercando le forze per schiacciare quegli stupidi che camminano fra le stanze di quell’Accademia così cara al Regno, e che neanche si accorgono che un drago dorme nelle segrete.

“Non possono sentirti” il vecchio pare leggergli nel pensiero “I Cerchi celano la tua presenza a tutti. L’altro giorno” il vecchio sorride al ricordo “L’altro giorno uno dei miei alunni, uno dei più acuti, si è accorto di qualcosa. A vederlo, sembra innoquo: ha i capelli bianchi come neve, gli occhi profondi e silenziosi. Ha le braccia di un ragazzo, non è ancora un uomo. A vederlo adesso, sembra più un poeta che un guerriero. Ma sarà un gran guerriero. Ha i sensi più fini di un Lapnidare e ha l’intelligenzadei Gufi. L’altro giorno si è accorto che qua sotto c’è un gran segreto. L’ho dovuto allontanare per un po’, facedogli credere che fosse solo magia quella che sentiva. Del resto” sorride di nuovo “ Non potrebbe mai immmaginare che cosa nascondo qui…” Il vecchio accarezza la spina del drago e continua a parlare, il drago sembra non ascoltarlo ma è attento a qualunque parola. Un solo errore del vecchio e lui lo potrebbe sbranare.

Una campana suona, in lontananza.

“Devo andare, si celebrano i Venti e l’inizio della Seconda Età oggi” scende dalla schiena del drago “tornerò. E sai che avrò metodi ben più persuasivi di quelli adottati oggi. Posso fare di te quel che voglio”

Aspetta che il vecchio esca. Poi il drago di nuovo guarda fuori. Sente il legame che lo lega all’Accademia fortissimo sulle sue zampe e sulle sue scaglie. Vorrebbe bruciare tutto. I draghi non possono essere confinati dentro mura artificiali.

Si rigira verso la finestra e i che li vede: due occhi verdi, così intenso da ricordargli il mare su cui spesso vola. Lo guardano attraverso le sbarre, in un misto di sgomento e terrore. Lo fissano, affascinati. Quando notano che anche il drago li ha visti, si chiudono e il loro proprietario scappa via. Non una mossa per liberarlo, non una parola. Anche loro, anche quegli occhi verdi così rari per gli umani, appartenevano ad un nemico da uccidere.

I suoi occhi, color del fuoco, bruciano giurando vendetta. Il fuoco che deve trattenere dentro di sé per ordine del vecchio freme per esplodere. Il vecchio, ma anche questo ragazzo dagli occhi verdi e curiosi, anche lui sarebbe morto per mano sua.

 

 

 

I dettagli erano nitidi nella sua testa, quegli occhi, quell’odio e quella curiosità. L’aveva visto per la prima volta lì.

Si svegliò di soprassalto. Non si era accorto di essersi addormentato. Era di nuovo notte, il Solstizio era di un giorno più vicino.





Capitolo 31

Hago si sedette, appoggiando la schiena alle zampe posteriori di Gyonnareth.

Diede un morso al pane rappreso che aveva con sé, ma non iniziò a masticare subito. Lasciò che si ammorbidisse con la saliva, poi deglutì. Il vento dei Territori soffiava, annaspando fra le cime degli alberi del Bosco Nuovo. Non era intenso, ma il suo rumore rimbombava nelle orecchie.

Le orecchie dell’alchimista erano lievemente asimmetriche: la sinistra, che avrebbe dovuto portare l’orecchino che definiva l’appartenenza alla sua classe, era per metà mozzata. L’orecchino gli era stato legato alla restante parte del padiglione, ma da quando aveva perso il suo orecchio Hago non aveva mai mostrato i monili del suo potere. La sua vanità glielo impediva. Ora che anche sul viso portava i segni del suo operato, ora che Gyonnareth gli aveva lasciato una cicatrice indelebile, l’Alchimista era stato obbligato a scendere a compromessi con sé stesso.

“Dovrei fartela pagare, questa cicatrice” disse l’uomo al drago, toccandosi la faccia. Il drago non rispose, né aprì gli occhi continuando apparentemente a dormire. Hago sapeva che nessun drago dorme.

Aveva male quando masticava, la guancia era ancora dolente. Ma l’aveva avuta vinta lui, contro il drago. Ora lui possedeva i due cerchi di ferro che legavano Gyonnareth al suo volere.

Di nuovo il vento soffiò, di nuovo sembrò ululare, riempiendo il cielo del suo alito.

“Il Sole sta tramontando”. Il sole era alto in cielo, era poco dopo mezzogiorno. Ma non era questo che Gyonnareth intendeva.

Fu Hago questa volta a non rispondere. Non subito.

“Alem avrebbe dato qualunque cosa per vedere questi ultimi raggi di Sole” sospirò “ma la legge per gli umani è impietosa. La legge della natura: nessuno può vedere il Sorgere di due Soli. Così come nessuno può vederne il Tramonto. Alem aveva visto il tramonto della Prima Età. Il Sole sta tramontando una seconda volta.”

Il pensiero del maestro non lo lasciava in pace, ultimamemente. Il vecchio continuava a ritornare  nella sua testa. Più si avvicinava ad Irìyas, più la figura del vecchio maestro lo tormentava.

Mise in bocca un altro pezzo di pane. Questa volta iniziò a masticarlo.

Probabilmente lo odiava. Così come probabilmente odiava Irìyas. D’istinto avrebbe voluto che sia il suo vecchio maestro sia il suo vecchio amico scomparissero dalla sua mente. Ma Alem era morto, eppure non era scomparso dalla sua testa. Si chiese se la stessa cosa sarebbe successa per Irìyas.

“Non riesco nemmeno ad odiarli”

“Mhm?” il drago non capì.

“Li detesto. Sono loro la causa di ciò che sta succedendo, eppure non riesco ad odiare né l’uno, né l’altro” non era necessario che Hago specificasse i loro nomi.

Gyonnareth scosse il collo e scrollò la zampa su cui era apporggiato l’alchimista. Questi scostò la schiena, ma poi la riappoggiò.

“Non vedo differenza “

“La differenza è enorme”

“Voi umani siete buffi. Vi divertite ad addossare la colpa  agli altri quando in realtà la colpa è vostra”

Hago non rispose, scosse la testa per esprimere il suo disaccordo.

“Quando sono arrivato all’Accademia, Irìyas era già lì e Alem già l’aveva eletto come il miglior allievo della Seconda Età” sorrise “Era lì da pochi mesi, eppure aveva già scalzato chiunque. “ Si girò verso il drago, anticipando quello che penso il drago avrebbe detto “Non ne fui geloso, la gelosia la lascio alle donne. Solo non capivo che cosa potesse aver visto Alem in Irìyas che non aveva mai trovato prima” si fermò ed aspettò la domanda di Gyonnareth.

“E hai scoperto che cosa fosse?”

Annuì. “Un’insieme di cose. Irìyas era forte. Incredibilmente abile nelle arti magiche, ma allo stesso tempo era anche ambizioso”

“Non mi sembra che forza ed ambizione siano eventi così rari per voi umani…”

“Ma Irìyas aveva un profondo senso storico che ormai gli umani hanno perso”

Gyonnareth aprì gli occhi, sanguigni: “Spiegati meglio!” disse irritato. Odiava il parlar per  enigmi dell’umano.

“Irìyas vive secondo un codice antico di lealtà. Lui non si ritiene abitante del Regno, non si è mai ritenuto suddito del Re, lui s’è sempre e solo sentito figlio di questo mondo. Dà importanza agli eventi e a cosa ha solcato la storia, un’importanza che ormai nessuno dà…”

Il drago iniziava a capire.

L’Alchimista continuò: “Alem era convinto di aver trovato in Irìyas il suo discepolo. Con il suo senso storico, Irìyas avrebbe dato qualunque cosa per conoscere la Lingua Antica. Con la sua abilità nelle arti magiche, avrebbe fatto qualunque cosa per conoscere la Lingua che permette ad ogni incantesimo di essere molto più potente. Alem era convinto che tutto quello per cui lui aveva lavorato nella vita, sarebbe stato portato avanti da Irìyas. Come si sbagliava!” rise “Aveva frainteso Irìyas così tanto, da ritrovarsi – dopo poco tempo – con qualcuno che non ere più in grado di controllare”.

Hago non proseguì. Prese un altro pezzetto di pane e se lo mise in bocca , masticando lentamente.

Li odiava. Sì, probabilmente li odiava  davvero.

Alem, si era rivelato un maestro poco lungimirante. Un uomo ambizioso, falso col suo stesso pupillo. Incapace di portare avanti il suo progetto e così sciocco da lasciarsi uccidere dal drago da lui stesso catturato.

E Irìyas… Irìyas  non aveva ingannato nessuno. No, non era per questo che lui odiava il mago. Lo odiava perché lui aveva sempre pensato di aver capito il mago, di averlo capito così bene da poterlo precedere. Invece l’evidenza dimostrava il contrario: Hago si era sbagliato su tutto. Si era sbagliato a tal punto che ora lui e Irìyas si trovavano su fronte opposto.

Aveva così tanto frainteso il mago da aver – in fine – tradito il suo più caro amico.

Gyonnareth si mosse e Hago si alzò, come scosso da un sonno profondo.

“Com’è possibile che Irìyas non si sia mai accorto della vera natura di Alem? “ la voce del drago risuonò cupa, nel mettersi in piedi, parve provenire dal suo stomaco. “Com’è possibile che un mago come lui non abbia capito con chi aveva a che fare?”

“Alem è sempre stato molto bravo ad ingannare le persone. Più bravo che a fare altro. Ha ingannato Irìyas, ma ha anche ingannato Giqiath prima e Briel dopo.  Nascondeva la sua vera natura…”

“E tu?”

“Io l’ho solo scoperta per caso. Non avrei mai dovuto sapere che cosa tramava il nostro vecchio maestro” non trattenne un sorriso,” ma l’Alchimia m’ha aiutato.” Prese fiato.

“Irìyas non c’era. Non ricordo dove fosse, ma non c’era. Sideas era con lui. In quegli anni all’Accademia eravamo, praticamente, inseparabili. Ma sarò onesto, eravamo inseparabili per via di Irìyas. Sideas non ha arti magiche dalle quali attingere, io nemmeno. Il fascino che il mago esercitava su noi sbarbati era incredibile. Alla fine… alla fine penso di odiarlo anche per questo.” Rise e per un po’ smise di raccontare

“Scesi nelle segrete profonde del palazzo degli Accademici, la costruzione principale dell’Accademia, perché sapevo che lì Alem conservava le Lacrime del Vento, ovvero la pioggia che cadde durante la fine della Prima Età. Avevo in mente di fare meraviglie con quell’acqua!” di nuovo si fermò, ripensando a quei momenti.

Le scale che scendevano verso quegli scantinati erano buie e umide. C’era un forte odore di muffa.

“Chiocciola dopo chiocciola – ricordo bene – scesi. C’erano dei bracieri alle parenti che erano spenti e apparivano in frantumi. Ero quasi arrivato nella sua stanza, quando lo vidi. Il calore lì sotto era così alto che ero convinto, all’inizio, che qualcosa bruciasse. Poi però, per caso o per errore, arrivai alla sua porta. Alla porta di Gyobriel. C’era una piccola finestrella, con diverse sbarre, io mi affacciai per vedere che cosa c’era all’interno di quella stanza e perché faceva così caldo.

Aveva gli occhi rossi. Non avevo mai visto un drago, mi parve enorme. Le sue scaglie erano color cremisi, le sue iridi color sangue e tutto mi parve per un istante di un rosso così intenso da accecarmi”

“Briel è diretto figlio di Fuoco, il nostro capo branco”

“Gyobriel mi guardò con degli occhi che giurarono vendetta” Hago sorrise, ripensando a quel giorno: “Temetti per un istante che il cuore mi si fermasse. Poi suonò la campana, di nuovo. Era il periodo della Celebrazione dei Venti. All’Accademia c’erano le celebranti del Mattino, del Vespro, c’era una delegazione reale… C’erano tantissimi personaggi importanti, ma io sapevo che c’era anche un drago, rosso cremisi, rinchiuso nelle segrete dell’Accademia. L’unica cosa che ancora mi chiedo…” rivolse lo sguardo verso Gyonnareth “L’unica cosa che ancora mi chiedo è com’è possibile che io sia arrivato lì. Possibile che Alem non avesse messo qualche protezione per il suo mago? Perché nessuno si è mai accorto di lui e, ad un certo punto, io sono potuto scendere nelle segrete dell’accademia e raggiungerlo? Questo, in realtà, non ha senso”

Gyonnareth non rispose, ma d’improvviso spiccò il volo per allontanarsi dal suo padrone. Non voleva più ascoltarlo.

In lontananza poteva scorgere qualche abitazione umana degli Erranti, i nomadi che vivevano ai confini del regno. Ormai pochi battiti d’ali e avrebbe raggiunto Gyofinnan. Avrebbe – se non altro – capito esattamente quello che sarebbe successo. Perché Hago, sebbene come tutti gli umani parlasse troppo, non gli aveva raccontato tutto. Lo sapeva. D’altronde, era ben consapevole che Irìyas non li aspettava senza far nulla. Nessuno dei due umani avrebbe mai lasciato prevalere l’altro. Ormai sapevano da troppo tempo che si sarebbero incontrati quel solstizio.

Volse lo sguardo verso le terre del Regno, planando sull’acqua del mare e sfiorandola con le zampe. Si appoggiò su uno scoglio, non distogliendo gli occhi dalla direzione dev’era Finnan.

 

 

Ormai lo sentiva: era prepotente e forte, ma le sue mani non tremavano più.

“Irìyas qualcosa è cambiato”. Nyven si guardò il tatuaggio della maledizione fin sopra il braccio. Fin dove poteva arrivare a vederlo. “Brucia” disse indicandolo col mento.

Il mago gli si avvicinò: “I draghi stanno arrivando e tu reagisci al loro fuoco” gli mise una mano sulla spalla e il bruciore scomparve immediatamente.

Nyven lo guardò, fissandolo a lungo.

Irìyas guardò quel viso ormai noto nei minimi dettagli: “Se vuoi puoi andare” disse d’improvviso. Nyven non capì.

“Vattene. Sei libero di andare via e non girarti indietro”

“Andare? Andare dove?”

“Dove vuoi. Non ha senso che tu rimanga qui”

“Mi stai mandando via di qui?”

Il mago annuì.

“Ma mi hai…” stava per dire comprato, ma si accorse che era un termine che non aveva più senso, ormai.

“Ti libero. Devi andare via. Non puoi rimanere qui ora che Gyonnareth sta arrivando”

“Io rimango”

Irìyas aggrottò le sopracciglia.

“Come puoi chiedermi di andarmene proprio ora?” Nyven strinse i pugni e le sue iridi parvero illuminarsi.

“Di cosa stai parlando?”

“Niente di più e niente di meno di quanto abbia detto.” Irìyas dice semplicemente “Devi solo andare via di qui. Con la stessa facilità con cui ti ho preso al crocevia, così ti mando via dalla mia casa.”

Nyven rabbrividì per la freddezza delle parole.

“Non hai più bisogno di me?”

“Non ho più bisogno di te, no. Ma non solo. E’ troppo pericoloso per te rimanere qui. Pericoloso ed insensato, in quanto metteresti a repenaglio la tua vita e non aiuteresti la mia”

Nyven fece per replicare ma non trovò nulla da dire.

Andare via? Andare dove? Irìyas sarebbe andato ad Est, ma non aveva mai pensato a cosa ne sarebbe stato di lui. Ingenuamente, aveva sempre posticipato il problema e ora non aveva parole per controbattere.

La luce era rossa, il Sole caldo e carico di fuoco. Nyven guardò Irìyas a lungo ma poi un brivido lo percorse lungo tutta la schiena e fu costretto a voltarsi verso la finestra.

“I draghi…” disse a fil di voce “I draghi sono qui e se lasciati liberi, faranno una strage”

Irìyas annuì. Lo sapeva. Ed era per questo che Sideas era venuto da lui.

Gyonnareth era ormai al limitare del Regno, Gyofinnan lo aspettava.

E il fuoco che governava i suoi giorni ardeva così intensamente sui suoi sensi che ormai era certo che avrebbe presto scoperto l’origine di Nyven.

Ma in quel momento era più importante allontanarlo.

Il ragazzo, altrimenti, sarebbe bruciato nel fuoco eterno di un drago prigioniero.

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Dicembre