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Autore: Mary P_Stark    19/08/2016    2 recensioni
2024. Malcolm Hamilton e i suoi amici si apprestano a terminare i loro studi alla Columbia ma il giovane, Guardiano dello Spirito e Fulcro del Pentacolo di Potere della sua famiglia, sente che qualcosa non va, che qualcosa lo minaccia, pur se non direttamente. Niente e nessuno sembra riuscire a comprendere cosa stia curiosando attorno al giovane, neppure un'entità potente come la Fenice Araba, che si è presa personale carico di aiutare l'amico e Guardiano.
Cosa vi può essere che riesce a sfuggire agli occhi di un Dominatore dello Spirito? E sarà un'entità davvero malvagia, o solo incuriosita dal potere di Malcolm e della sua famiglia?
E' difficile scoprirlo, specialmente quando cuore e anima vanno in due direzioni diverse. Se il primo vorrebbe pensare agli occhi dolci di Eiko, la seconda è incuriosita da Rin, le due nuove amiche che Malcolm conosce all'università.
Riuscirà il ragazzo a non cacciarsi nei guai, o saranno i guai a trovare lui? - SPIN-OFF serie 'The Power of the Four' (è necessaria la previa lettura della saga, per comprenderne gli intrecci)
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Power of the Four'
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4.
 
 
 
 
Profumo di pelliccia, morbidezza di pelo profumato e folto, aroma di calore soprannaturale che lo avvolgeva, lo accarezzava languido, lo…
 
Svegliandosi di soprassalto, accaldato e chiaramente eccitato, Malcolm si passò una mano sul torace febbricitante – dove il cuore batteva all’impazzata – e, fremente, cercò di ricordare cosa lo aveva destato.
 
Nulla di nulla.
 
La sua mente sembrava svuotata, a parte che per un particolare non da poco, e quanto mai imbarazzante.
 
I suoi pensieri si erano fatti pericolosamente libidinosi, e il suo corpo aveva reagito a tutto ciò, lasciandogli in eredità un’erezione piuttosto evidente.
 
L’imbarazzo aumentò di livello di attimo in attimo, portandolo a uscire dal letto in tutta fretta, ben deciso a farsi una doccia gelata.
 
Quando, però, vide che ore erano, si sgomentò.
 
Le tre del mattino.
 
Questo bastò a stordirlo quel tanto da riportarlo alla normalità, facendolo ricadere sul letto, stremato e ammosciato sia nel fisico che nell’animo.
 
Gli era capitato altre volte di fare sogni erotici ma, tendenzialmente, avevano riguardato persone che, poi, rammentava una volta sveglio.
 
In quel caso, però, non solo non ricordava un accidente di quel che aveva sognato, ma la sensazione lasciata sul suo corpo era stata così forte da stremarlo.
 
Neanche avesse fatto veramente sesso bollente con qualcuno. Peccato che nella stanza vi fosse solo lui, e lui soltanto.
 
“Dio, ma che mi sta succedendo?” esalò esausto, infilandosi nuovamente sotto le lenzuola.
 
Non che contasse di riaddormentarsi, a quel punto, ma l’idea di camminare avanti e indietro come un idiota, gli sembrava davvero eccessiva.
 
Pensò comunque Ben a tenerlo occupato.
 
Il suo cellulare vibrò sulla scrivania – non lo spegneva mai, visto che in appartamento non avevano il telefono fisso – e Malcolm, nell’afferrarlo, mormorò: “Ben… che succede?”
 
“Posso girare a te la domanda? La tua luce ha sfolgorato così tanto, nell’Ultramondo, da avermi destato. Devi dirmi chi è la ragazza che ti ha fatto questo effetto, perché voglio assolutamente conoscerla” dichiarò divertita la giovane Araba Fenice.
 
Malcolm si tappò la bocca per non scoppiare in una grassa risata e, quando ebbe finalmente raggiunto un certo contegno, asserì a bassa voce: “Magari lo sapessi… la sposerei subito.”
 
Tornando subito serio, Ben esalò: “Il tuo visitatore erratico?”
 
“Immagino di sì, visto che non ricordo un accidente di quello che stavo sognando, e il mio corpo sembra reduce da un amplesso di ore.”
 
Ben non rise, pur se Malcolm aveva infuso una certa ironia in quell’ultima frase.
 
Entrambi sapevano bene che non c’era nulla da scherzare, in quella situazione così strana e insolita.
 
Se un essere, un’entità o quello che era, poteva impossessarsi della mente di un Guardiano, non solo era potente, ma anche pericoloso.
 
Pur se non avevano ancora compreso i motivi di queste incursioni e sparizioni improvvise, appariva evidente che quella creatura ce l’aveva con lui.
 
“Come sei messo, a energie mentali, ora come ora?” gli domandò a quel punto Ben.
 
“Al momento sono abbastanza stremato, come se fossi stato nel Cerchio di Potere per mezza giornata, o più.”
 
“Non sono avvezzo ai poteri del vostro Cerchio, ma ho un’idea piuttosto chiara di quel che ho visto, e l’energia che hai sprigionato era enorme. Non come la mia, ma ci si avvicinava maledettamente” mormorò pensieroso Ben.
 
Questo non era per niente positivo, pensò tra sé Malcolm, ben sapendo quanto gigantesca e apparentemente infinita fosse l’energia astrale di Benjamin Thomson.
 
Una Fenice Araba era quanto di più vicino a un dio vi fosse sulla Terra e, per quel che ne sapevano loro, era l’entità più potente in vita in quel periodo.
 
Cosa vi poteva essere, in grado di far prendere il controllo a un Guardiano, che non fosse la stessa Fenice?
 
“Siamo sicuri che tu puoi essere uno, e uno solo?” gli domandò Mal, dubbioso.
 
“Più che sì. Mamma è stata chiara. Non due, né tre, ma solo una Fenice per volta” dichiarò lapidario Ben. “Quel che mi fa pensare, è il sogno in sé.”
 
“Che intendi dire?” si informò Malcolm, accigliandosi.
 
“L’estensione del tuo potere si è legata a un atto sessuale, da quel che abbiamo potuto capire e, anche se non eri con nessuno, sul momento, il tuo fisico, i tuoi dotti linfatici, ogni singola particella di te ha reagito come se realmente stessi copulando con qualcuno.”
 
Sentire parlare Benjamin di sesso, a quell’ora di notte, e rapportare l’atto a qualcosa di potenzialmente pericoloso, gli parve più che strano.
 
Gli parve paradossale, ai limiti dell’assurdo, ma non poteva svicolare da quella chiamata, visto quanto c’era in ballo.
 
E neppure lo voleva, pur se si sentiva tremendamente in imbarazzo.
 
“Ergo?” mormorò Mal.
 
“Temo possa trattarsi di una qualsiasi entità legata all’energia sessuale, vale a dire quasi tutte quelle legate al sole, più svariate che non lo sono. Direi, quasi un centinaio” mormorò spiacente Ben, sospirando afflitto.
 
“E… e questo centinaio cammina come me e te?” esalò scioccato Malcolm, ormai senza parole.
 
“Devo scoprirlo, perché onestamente non lo so. Contrariamente a te, io posso vedere tutti e tutto, e a essi posso dare un nome, ma non posso riconoscere ciò che ti dà la caccia, perché non sta seguendo me” mormorò spiacente la giovane Fenice Araba. “Inoltre, pare essere assai furba, questa entità, perché scompare sempre un attimo prima che io dia un’occhiata verso di te.”
 
“Avere dei nomi potrebbe aiutarmi. Da lì, potrei reindirizzare questi dati a Sean, e sperare che possa capirci più di me e te” sospirò Malcolm, sentendosi dichiaratamente impotente.
 
“Vedrò quel che posso fare e, eventualmente, disturberò io Sean con una telefonata. Nel frattempo, vuoi un consiglio?”
 
“Anche più di uno, se ne hai” esalò Mal, sorridendo suo malgrado.
 
“Procurati un rubino a cinque facce. E deve essere puro al cento percento” dichiarò Ben, del tutto serio.
 
“Chiederò a zia Spry. Lei, con le pietre, ci sa fare” assentì Malcolm, ben immaginando i motivi di quella strana richiesta.
 
Il rubino rosso controllava la lussuria ed evitava i picchi energetici di qualsiasi genere, fossero essi psichici o fisici. Per una mente recettiva e mistica come la sua, la pietra sarebbe stata come un doppler, avrebbe fatto rimbalzare le sue energie ogni dove, evitandone la saturazione.
 
“Di’ a tua zia che la adoro. E buonanotte” disse Ben, chiudendo la comunicazione.
 
Malcolm sorrise. Era noto a tutti che Benjamin avesse un debole per Spring. E come dargli torto, visto quanto era adorabile?
 
Inoltre, fatto davvero curioso, la sorella di Ben si chiamava come sua cugina; Sunshine.
 
Quando le rispettive ragazze lo avevano saputo, ne avevano riso come pazze e, tra loro, si erano scambiate un sacco di e-mail per riderne anche in compagnia.
 
A ogni buon conto, avrebbe parlato con sua zia solo in un orario più consono e, di certo, non a quell’ora di notte.
 
Qualcuno, però, gli impedì di smettere di pensare a quell’argomento e, con aria accigliata, Malcolm scrutò il numero di suo zio Autumn con la mezza idea di non rispondere.
 
Non che servisse a molto; lo avrebbe subissato di telefonate fino a che non avesse risposto.
 
Insomma, un autentico strazio formato zio.
 
Quando, perciò, accettò la chiamata, bofonchiò: “Non una parola…”
 
“A cosa servirebbe averti chiamato, allora?” ironizzò Autumn, ridendo poi senza posa.
 
Malcolm accettò la sua ironia senza replicare e, quando lo zio si fu calmato, gli domandò: “Io so perché sono sveglio, ma tu? Che succede?”
 
“Melody sta trafficando accanto al PC da ore, e non ne vuole sapere di venire a letto, prima di aver terminato il suo progetto di un nuovo microchip. Così, sto bighellonando per casa assieme a Fire, Rock e Rain” gli spiegò Autumn, mentre in sottofondo si sentivano uggiolare i tre cuccioli di lupo meticcio della coppia.
 
Fu il turno di Malcolm per ridere e, asciugandosi una lacrima d’ilarità, esalò: “Ma come? Non hai il potere di riportarla nel tuo letto? Il tuo fascino non funziona più?”
 
“Non scherzare, ragazzo. Potrei far innamorare di me frotte di donne, ma ne ho già due in casa, che spadroneggiano, e non voglio altri grattacapi” brontolò l’uomo, tornando poi serio. “Devo preoccuparmi per quello che ho accidentalmente ascoltato?”
 
“Sì, accidentalmente… a chi vuoi raccontarla, zio?” sbuffò Malcolm.
 
“E’ difficile non sentire Ben, e lo sai bene anche tu. La sua voce riverbera come un bang sonico in tutto l’aere, e le mie Elementali sono tutte innamorate di lui” grugnì Autumn, facendo sorridere il nipote.
 
Aveva scorto più di una fata dell’aria danzare in piena estasi, al solo pensiero di poter stare in compagnia di Ben, perciò non faticava a credere allo zio.
 
In effetti, tutte le fate degli elementi erano innamorate di lui. Senza eccezione alcuna. Anche le sue, a ben vedere, gioivano quando lui e Ben parlavano mentalmente, e non tramite telefono.
 
In quel modo, potevano avere direttamente a che fare con Fenice e, per loro, era come festeggiare la mattina di Natale.
 
C’era di che essere un po’ gelosi, in effetti ma, dopotutto, qui si parlava di un semidio vivente. Di una quintessenza. Non di bruscolini.
 
Sospirando, Malcolm si avvicinò alla finestra della sua stanza, scostò un tendaggio azzurro cielo e scrutò la città illuminata a giorno, e in continua attività.
 
Poteva avvertire sulla pelle il suo respiro, la sua vitalità, la sua energia a stento trattenuta dalle catene di potere del pianeta, …ma non sapeva dare un nome al suo curioso avventuriero mentale.
 
“Ci siamo lavorando, zio. Per il momento, non voglio dire nulla a mamma e papà. Sanno che c’è qualcosa ma…”
 
Autumn lo azzittì, asserendo: “Sai che ci avrai sempre al tuo fianco, Mal. Quando lo riterrai opportuno, interverremo, non un attimo prima. Hai il diritto di prendere le tue decisioni in piena libertà, senza che noi mettiamo costantemente il becco in tutto.”
 
“Grazie. Davvero” mormorò Mal, lieto che lo zio si fidasse di lui.
 
“Sei figlio di mio fratello, Mal. Non ho dubbi che saprai risolvere questo casino o, nell’eventualità, domandare aiuto. Già il fatto che Ben ti stia dando una mano, mi rincuora. Cerca solo di non morire per un eccesso di org…”
 
“Zio!” sibilò Malcolm, bloccandolo sul nascere.
 
Un rapido rossore gli imporporò le gote e, nel mandare al diavolo Autumn, chiuse la comunicazione e si mise d’impegno per dormire.
 
Sperando di tutto cuore che potesse accadere prima del sorgere del sole.
 
Ne aveva abbastanza di quella nottataccia d’inferno.
 
***
 
Ghignando da un orecchio all’altro, Bobby passò una tazza formato gigante a Malcolm e, dal suo bordo porcellanato, un denso vapore al sapor di caffè invase il viso del giovane.
 
Giovane che, sbattuto come un tappetino e dalle profonde occhiaie sul viso, sembrava essere stato schiacciato da una muta di bufali.
 
E da un convoglio di camion.
 
Guidati da dei folli scriteriati e pieni di alcol.
 
“Qualcuno ha fatto le ore piccole, mi pare di capire…” ironizzò Keath, servendo a tutti delle uova strapazzate con bacon croccante.
 
“Ho dormito male” brontolò Malcolm, ingollando il caffè bollente.
 
“Sì, certo…” ghignò Bobby, masticando poi le sue uova con movimenti ostentati, quasi comici.
 
Mal lo guardò malissimo, chiedendosi cosa avesse sentito, ma preferì non controllare direttamente.
 
Si era ripromesso non ficcanasare mai nella mente dei suoi amici e, neppure in questo caso, sapere venuto meno al suo giuramento. Anche se sbirciare, in quel momento, gli sembrava quanto meno il minimo, visti i loro sguardi ghignanti e ironici.
 
Se lo sarebbero meritato, dopotutto! Prenderlo per i fondelli mentre lui stentava a reggersi in piedi!
 
Ugualmente, preferì non dare libero sfogo alle Elementali che, leziose e divertite, se ne stavano appollaiate – invisibili – sulle spalle dei suoi amici, pronte a infilarsi nelle loro menti.
 
Le ali, sottili e quasi trasparenti, avevano la stessa consistenza dei loro abiti di seta di ragno, e apparivano bianche come neve, con qualche riflesso azzurro chiaro.
 
I loro capelli biondissimi, invece, erano diversi per ognuna di loro o, per lo meno, Malcolm non ne aveva ancora incontrata una con la stessa pettinatura.
 
Che fossero così vezzose da cambiarle ogni giorno? Possibile.
 
Aveva sempre preferito non chiedere.
 
In quel momento, Kysta’hyll-Kellann, la fata destinata a Bobby, lo pregò in ginocchio di penetrare nella mente del giovane, ma Mal glielo negò.
 
Non voleva ledere la loro privacy, se non per motivi più che gravi. Gli unici pensieri che lui aveva prelevato, erano sempre e solo stati quelli latenti, superficiali.
 
Gli erano sempre serviti per evitare gaffe, nulla di più.
 
Al suo diniego, la fatina si irritò e si accomodò scompostamente sulla spalla del giovane, forse speranzosa che Mal cambiasse idea.
 
Se Bobby avesse potuto avvertirne il peso – non che una fata alta pochi centimetri avrebbe potuto pesare molto, se di carne e ossa – si sarebbe voltato verso di lei con aria sgomenta.
 
In quel momento, Kysta’hyll-Kellann si stava comportando come una bimba dispettosa, esprimendo rimostranze in modi molto coloriti.
 
Malcolm la lasciò fare, perché non gli spiaceva che le sue fate si lasciassero andare, ma non permise comunque che lei potesse ficcare il naso.
 
Si sarebbe tenuto la curiosità e, in sua compagnia, si sarebbe diretto verso l’università per l’ennesima lezione.
 
***
 
Sdraiato all’ombra di una pianta nell’immenso spiazzo erboso dinanzi alla scuola, Malcolm sorrise spontaneamente non appena una figura gli si parò innanzi.
 
Rin lo salutò, pregandolo di rimanere sdraiato e, dopo essersi accomodata accanto a lui, gli domandò: “Dove sono Bobby e Keath? Li hai sotterrati da qualche parte?”
 
Mal rise sommessamente – a un certo punto, quella mattina, ci aveva anche pensato – e, scuotendo il capo, si mise seduto e ammise: “Li ho pregati di starmi alla larga, visto che ho avuto una nottataccia e non volevo che mi subissassero di battutacce.”
 
Rin sorrise maliziosa e replicò: “Immagino il tono delle battute ma… insomma, non sarebbe un po’ difficile scamparla, visto che abitate nello stesso appartamento?”
 
“Ecco almeno una persona che usa il cervello” sospirò Malcolm, facendo spallucce. “Farlo capire a loro, però, sembra un’impresa troppo grande… anche per me.”
 
“Non tutti gli uomini sono dotati di un criceto che cammina” ammiccò Rin, illuminando i caldi occhi di cioccolato.
 
“Un… criceto?” ripeté sorpreso Mal, fissandole quel volto acqua e sapone.
 
Sembravano così dolci e sinceri, i suoi grandi occhi scuri, e il suo viso appariva delicato e fresco… poteva davvero esistere una creatura realmente pura, e che non fosse stata contaminata dal mondo?
 
Rin lo sembrava o, per lo meno, il suo viso trasmetteva questo.
 
Stringendo le ginocchia al petto con le braccia, la ragazza ammise con divertimento: “Io ed Eiko diciamo sempre che, nella testa degli uomini, non ci sono neuroni, ma criceti nelle loro ruote girevoli. Alcuni, ne hanno così pochi che producono miseri pensieri. Altri, sono addormentati nel cranio, e le loro ruote sono tragicamente ferme.”
 
Malcolm rise di gusto, di fronte a quella metafora e, pur non potendo ammettere che in effetti alcuni uomini erano per l’appunto così, assentì più volte, dandole ragione.
 
Rin, allora, accentuò il proprio sorriso e disse con tono vagamente contrito: “Senti, Mal… per ieri…”
 
“Dimmi” mormorò lui, scrutandola curioso.
 
“Se ti sono sembrata impicciona, o ficcanaso, vorrei scusarmi” gli disse lei, poggiando una guancia sul ginocchio per guardarlo con occhi ancora più enormi, smarriti. “Sei un tipo interessante, e mi va di conoscerti, ma non voglio sembrarti una gatta morta o cose simili.”
 
Ancora quella sensazione di purezza, di candore virginale autentico.
 
Malcolm si sentì spinto a elevare intorno a lei una barriera di pura energia, al solo fine di tenerla al sicuro. Rin sapeva risvegliare in lui tutto questo, e quella consapevolezza gli disse anche un’altra cosa.
 
Voleva proteggerla, tenere al sicuro la purezza che scorgeva nei suoi occhi, il candore che esprimeva con la sua schiettezza… ma nient’altro.
 
Provava per lei l’istinto protettivo che sentiva nei confronti di Shanna, perché sentiva dentro di sé che creature come Rin erano rare, pure, dei piccoli gioielli ormai scomparsi.
 
Il suo dono lo spingeva a proteggerla, perché la percepiva come una creatura estremamente pura… quasi come se il suo fosse stato lo spirito di una fata.
 
Scuotendo perciò il capo, colpito da questa strana consapevolezza, Mal le sorrise affabile e replicò: “Non mi sei sembrata né impicciona, né ficcanaso. E non mi dà fastidio parlare della mia famiglia, poiché ne sono molto orgoglioso.”
 
Facendosi melanconica, Rin scrutò le miriadi di studenti che stavano passeggiando attorno a loro o che, come loro, stavano approfittando della frescura di quel posto per un breve break.
 
“Sei fortunato ad avere una storia alle tue spalle. Radici su cui poggiarti.”
 
Malcolm percepì senza bisogno di alcuno sforzo, cosa sarebbe venuto in seguito. Scorse una bimba piccola e infreddolita, un istituto, la sua paura e la sua solitudine.
 
Poi una luce, un volto di bambina – Eiko – e quello di due persone un po’ in là con gli anni, desiderosi di conoscere il dolce peso di essere genitori.
 
Quella bambina sola e abbandonata trovò una famiglia pronta a proteggerla, le braccia infantili di Eiko a stringerla, il suo amore a scaldarla.
 
Con una certa sorpresa, Malcolm scoprì come, l’affetto profondo di Rin verso Eiko, perfettamente ricambiato, si fosse rivelato negli anni così forte da surclassare anche quello verso i genitori adottivi.
 
Non sorelle di carne, ma di spirito.
 
“Avete litigato, per caso?” intuì Malcolm, sorridendole comprensivo.
 
Rin assentì, ammiccando, e ammise: “Non so cosa mi sia preso, perché abbia insistito tanto, né perché me la sia presa con Eiko. Non dovremmo mai litigare per un ragazzo! Siamo come sorelle.”
 
“Posso fare questo effetto” ironizzò Mal, facendola scoppiare a ridere.
 
“Già, puoi farlo, immagino. Il fatto è che, in seguito, mi sono sentita orribile, soprattutto perché non sono riuscita a dirle subito scusa. Lei lo ha fatto. Io no. E non so perché.”
 
La sua contrizione fece impallidire l’Elementale che gli aveva consentito di sbirciare i suoi pensieri superficiali, portandola a carezzare i capelli di Rin.
 
Malcolm sorrise tra sé, per quella gentilezza. Era raro che gli spiriti si lasciassero andare a simili esternazioni nei confronti degli umani con cui venivano in contatto.
 
Solo Melody, a suo tempo, era riuscita in una simile impresa, che lui sapesse.
 
Rin possedeva davvero un animo puro, se riusciva a intenerire persino un Elementale dello Spirito.
 
Animo che, in quel momento, era in pena per l’amica, che lei temeva di aver ferito.
 
“Non mi intendo molto di rapporti tra donne, né mi spingerei tanto in là da affermare di capirvi…” iniziò col dire Mal, ammiccando comicamente. “… ma non credo che, una semplice litigata, possa incrinare un rapporto bello come sembra essere il vostro.”
 
“Le chiederò umilmente scusa, a ogni modo. Non l’ho fatto ieri, ma oggi sicuramente mi saprò redimere” assentì tra sé Rin e Malcolm, nell’annuire, estrasse dalla tasca la sua chiave USB.
 
“Mio padre me l’ha spedito ieri notte. Puoi tenerla quanto vuoi, tanto ne ho altre da usare” le spiegò lui, consegnandole l’oggetto, poco più grande di un’unghia.
 
“Ti ringrazio. Onorerò la tua famiglia pregando per i vivi, e accenderò una candela per ricordare i defunti” mormorò grata lei, inclinando gentilmente il capo. “Credo che sia sempre il modo più giusto per approcciarsi alla storia di qualcuno. Si sta sbirciando nel suo passato così come nel suo potenziale futuro e, il minimo che si possa fare, è ringraziare coloro che non ci sono più.”
 
Quel pensiero colpì molto Malcolm, portandolo a sorridere. Sì, Rin era davvero un’anima pura. Forse un po’ impulsiva, ma di certo non cattiva.
 
“Prima che tu gli dia un’occhiata, voglio farti sapere che è aggiornato fino all’ultima generazione ancora in vita, perciò vedrai che mia madre è morta quando avevo quattro anni…” la mise in guardia Mal, vedendola sgranare gli occhi per lo sgomento. “Ho preferito dirtelo ora, piuttosto che farti arrivare alla scoperta senza averlo saputo prima.”
 
“Mi spiace immensamente” esalò lei, coprendosi la bocca per reprimere un singhiozzo.
 
“Ho di lei bellissimi ricordi, e amo molto la seconda moglie di mio padre. Kimmy è una mamma eccezionale, anche se non sono veramente suo figlio” la tranquillizzò lui, scrollando le spalle.
 
“Dirò una preghiera speciale per lei, allora” mormorò Rin, ritrovando il sorriso. “Comunque, il solo accennare alla tua seconda madre, mi ha fatto capire che bellissimo rapporto avete. Ti si sono illuminati gli occhi, al nominarla.”
 
“Kimmy è speciale, sì. Per mille motivi diversi” assentì Mal, afferrando il cellulare per mostrarle una foto.
 
Rin si accostò appena per meglio guardare e, come Malcolm aveva già sospettato in precedenza, provò solo il forte istinto di proteggerla. Ma come avrebbe fatto per sua sorella, o per le cugine. Nulla più di questo.
 
A volte, era snervante essere un lettore del pensiero mentre altre, invece, ti permetteva di evitare errori di valutazione davvero pericolosi. Come quello, per esempio.
 
Se si fosse spinto a interessarsi a Rin, per poi scoprire di vederla solo come una sorella, l’avrebbe sicuramente fatta soffrire, e di certo questo non lo voleva.
 
A quel modo, però, semplicemente toccando la superficie della sua mente – senza intaccarne i pensieri più profondi e segreti – poteva evitare errori tremendi e altrettanto tremende ritirate.
 
Rin, del tutto ignara dei suoi pensieri, sorrise nel vedere la foto di famiglia e mormorò: “Oh, e così questo è tuo padre? Posso dire che è uno schianto, senza che tu ne sia geloso?”
 
Malcolm scoppiò a ridere, annuendo, e Rin aggiunse: “Anche tua madre è stupenda, e sembra una donna molto sportiva. Dinamica.”
 
“Lo è davvero. Tra lei, zia Summer e zia Melody, potrebbero organizzare una spedizione sulla Luna e riuscire ad arrivarci senza problemi” ironizzò il giovane, ammiccando.
 
“Se lo faranno, mi unirò a loro… sempre che non sia d’intralcio” sorrise la ragazza, sfiorando con un dito l’immagine per ingrandirla. “I tuoi fratellini?”
 
“Shanna e Coryn” assentì Mal. “Lei è bella quanto dispettosa, e lui è serio quanto preciso.”
 
“Dispettosa? Non l’avrei mai detto. Sembra così… angelica” mormorò sorpresa Rin, volgendosi a mezzo quando sentì la voce di Eiko giungere dal sentiero.
 
Rin la salutò al pari di Malcolm e, dopo essere balzata in piedi, la raggiunse in pochi, rapidi balzelli per poi abbracciarla, dirle alcune rapide parole e poi baciarla su una guancia.
 
Eiko le sorrise di rimando, i suoi occhi si velarono per un attimo di lacrime ma, l’istante seguente, svanirono come neve al sole.
 
Malcolm invidiò il loro rapporto. Lui era terrorizzato all’idea di abbandonarsi tanto con un’altra persona, dare tutto di sé, per poi scoprire di non essere ricambiato.
 
Il suo dono si trasformava in un incubo, quando c’era di mezzo il suo cuore.
 
Insieme, le due ragazze si avvicinarono a Malcolm e Rin, nell’attirare a terra Eiko – facendola sedere tra lei e Mal – esclamò: “Guarda che bellissima famiglia, Eiko-necchan. Mal dice che sua sorella è pestifera. A me sembra impossibile.”
 
Ridendo, Eiko lanciò un sorriso a Malcolm a mo’ di saluto e, nell’osservare la foto incriminata, si accigliò e disse: “No. Non è davvero possibile. Sono solo pregiudizi da fratello.”
 
Malcolm le fissò divertito, a quel punto e, nel rimettere via il cellulare, disse loro: “La prima volta che vedete Keath o Bobby, chiedete a loro. Vi diranno quanto può essere tremenda mia sorella.”
 
Le due giovani si guardarono scettiche e Rin, nello stringere il braccio di Eiko con le proprie, scosse il capo e borbottò: “Io ero pestifera, da piccola. Eiko può dirtelo. Ma tua sorella non ha davvero un visino da peste.”
 
Eiko, a quel punto, lanciò un’occhiata divertita all’amica e replicò: “A ben vedere, neppure tu avevi un volto pestifero, eppure ne combinavi una più del diavolo.”
 
Rin, allora, si morse il labbro inferiore, inclinò il capo di mori capelli lisci e ammiccò.
 
“Ops.”
 
Disse soltanto questo, ma i suoi occhi maliziosi lasciarono intendere ben altro, e sia Malcolm che Eiko risero della sua ammissione di colpevolezza, oltre che della possibilità che Shanna potesse essere come era stata lei, un tempo.
 
Quando le risate si spensero, Eiko si guardò finalmente intorno e domandò: “Ma… e i tuoi amici? Li hai sotterrati?”
 
Mal rise nuovamente, notando come le due ragazze si esprimessero allo stesso modo e, spiegandole i motivi della loro mancanza, la vide sorridere maliziosa come, in precedenza, aveva fatto Rin.
 
Quel sorriso malizioso, però, unito al tocco comprensivo della mano di Eiko sulla sua spalla, non produssero affatto un sentimento fraterno e protettivo, dentro di lui, stavolta.
 
Gli Elementali si mossero non richiesti e dalla mente di Eiko giunse un amore dilagante per Rin, oltre che a un tocco di timido interesse per lui.
 
Null’altro. Niente sottintesi, niente strategie, solo calma, solo amore, solo curiosità. E un immenso senso di protezione esteso dalla ragazza verso la sua intima amica.
 
Se Rin sembrava pura come uno specchio d’acqua di montagna, Eiko era il placido bosco che lo proteggeva.
 
Bosco che, grazie alla sensazione di placida calma che sapeva trasmettere anche a lui, lo spingeva a inoltrarsi nei suoi meandri per scoprire cosa vi fosse nascosto all’interno.
 
Ecco, ora so di essere nei guai, pensò tra sé Malcolm, continuando a chiacchierare con le due giovani e cercando al tempo stesso di non smascherarsi.
 
Perché non voleva far capire a Eiko che il tocco superficiale con la sua mente lo aveva incuriosito e sì, lo stava spingendo a inoltrarsi in quel bosco pieno di misteri al solo fine di scoprirli tutti.
 
Cosa ne sarebbe venuto in seguito, non era in grado di saperlo ma, per la prima volta in vita sua, desiderava esporsi, mettersi in gioco… scoprire le carte per vincere.
 
Contro chi, o per cosa, ancora non lo sapeva… ma gli sembrava dannatamente giusto farlo.






Note: A quanto pare, lo spirito che disturba Malcolm è piuttosto irriverente, e lo colpisce in modi davvero inaspettati :))
Naturalmente, a parte il lato comico della situazione, Ben lo mette comunque in guardia, perché un simile sfoggio di potere può anche ridurre a larva Malcolm, che può essere portato a sfruttare fin troppo le sue risorse energetiche, prosciugandosi.
Insomma, va bene ridere, ma non troppo.
Rin, in compenso, si sente male per aver fatto arrabbiare l'amica e si confida con Mal, che capisce di essere interessato a lei solo come amica, ma nulla più. 
Cosa assai diversa per Eiko che, invece lo incuriosisce. Ma sarà così facile, per lui, proseguire nella conoscenza delle due ragazze, o lo spirito errante gli darà del filo da torcere?


  
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