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Autore: Matih Bobek    18/03/2017    2 recensioni
Flower è una ragazza di ventidue anni, appena laureata e in cerca di un lavoro. Conduce un'esistenza semplice nella sua città, circondata dalle amiche di sempre e ha passato la vita china sui libri di scuola per costruirsi un futuro.
La madre di una sua amica, la signora Ondrak, le offrirà di accudire il figlio maggiore, una creatura a metà tra un lupo ed un essere umano. Flower accetterà la mansione perché lautamente pagata.
Bryan, il ragazzo lupo vive in una magione abbandonata in un bosco e conduce una vita selvaggia. Flower dovrà vivere con lui sei giorni su sette, preparagli i pasti, istruirlo sulla vita degli esseri umani, educarlo e risvegliare la parte umana che è in lui. Ma la famiglia Ondrak nasconde segreti ben più grandi e ben più terrificanti.
La storia è una rivisitazione in chiave moderna e grottesca della nota fiaba "La bella e la bestia".
Genere: Avventura, Commedia, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
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CAPITOLO 7

Il giorno dopo mi svegliai di buon'ora, pimpante di energia, scesi lesta le scale e preparai la colazione per me e per Bryan che si presentò in cucina una ventina di minuti dopo
" Buongiorno" dissi piena di entusiasmo, lui rispose con un grugnito.
Iniziamo male, pensai. 
" Mi dovrai indicare in quale stanza dormi, se mai dovessi venire a svegliarti, almeno so dove cercarti"
" Non mi devi svegliare."
" Be', non si sa mai.."
" Non devi!" Urlò.
Versai il caffe nelle tazzine, misi i biscotti sul tavolo e presi il latte dal frigorifero. Feci colazione in tutta calma sognando ad occhi aperti lo stipendio che mi sarebbe arrivato tra pochi giorni. 
Bryan masticava rumorosamente. Lo osservai piena di disgusto.
" Cosa vuoi?"
Mi colse alla sprovvista.
" Niente, stavo pensando..." improvvisai sul momento,
" Cosa c'è nella stanza lungo il corridoio al primo piano?"
" Quale?"
" Quella con la porta di legno rovinata... a metà del corridoio."
" Non lo so."
Prese e se andò. Poco male, lo avrei scoperto da sola. 
La mattina studiammo storia e filosofia. Non mi stava dietro, non mostrava alcun interesse. Esaperato, non so se dalla noia o dal fatto che non stesse capendo nulla, lanciò in aria i libri e corse via. L'idillio del giorno prima era già terminato. Per pranzo gli feci trovare un pollo arrosto. Doveva essere un arrosto di tacchino ma lo bruciai e dovetti buttarlo. Chiamai Bryan dalla cucina per informarlo che il pranzo era pronto. Uscì dalla sua stanza segreta, quella alla quale non mi era permesso avvicinarmi. Mostrava un sorrisetto compiaciuto e aveva un'espressione da beota che mi innervosiva. Iniziammo a mangiare, io volevo fare un po' di conversazione:
" Cosa stavi facendo?"
" Che ti frega?" Il tono era carico di disprezzo, ma lo diceva con l'aria sorniona tentando invano di smorzare quel mezzo sorriso che gli increspò le labbra. Capii subito il suo gioco. Finsi improvviso disinteresse.
" Niente, sono affari tuoi" continuai a mangiare in silenzio, ma mi accorsi che la mia improvvisa indifferenza lo lasciò di stucco.
" Quella è la mia stanza segreta!" Disse ad alta voce. Voleva chiaramente catturare di nuovo la mia attenzione.
" Sì, me lo ricordo." E  proseguii a fare finta di nulla.
" So che muori dalla voglia di vederla!"
" No, in realtà non me ne frega nulla..."
Sembrava di giocare con un bambino.
" Se ti interessa tanto te la faccio vedere".
" Non ce ne è bisogno".
" Vieni, dai te la faccio vedere" lo disse come se mi stesse concendendo l'onore di visitare la casa bianca.
" Ma prima voglio bendarti gli occhi, così sarai più sorpresa"
Allora lui si alzò tutto eccitato e mi legò una benda intorno agli occhi.
Non so perchè mi venne in mente quel passaggio del De rerum Natura in cui Ifigenia viene bendata e convinta di andare in sposa al suo amato, ma in realtà sta per essere data in sacrificio agli dei dal padre. Mi venne un brivido lungo la schiena. Avrei preferito essere sacrificata che andare in sposa a Bryan!
Mi condusse fino alla porta della stanza. Pur non vedendolo, percepii l'entusiasmo nel suo modo di fare. Mi spingeva dai fianchi, tutto felice, strepitava:
" Rimarrai sconvolta" ripeteva eccitato, se ne convinceva più lui di quanto non lo fossi io " Questa è la mia stanza delle torture", spalancò la porta e fece cadere la benda. In effetti è vero, rimasti sconvolta: era una stanzetta angusta e tetra, pregna di un tanfo insopportabile. Ovunque intorno c'erano costruzioni strane che tutto sembravano fuorchè strumenti di tortura. A lato c'era una strana, grande scatola aperta di forma rettangolare con rete sopra cui gravitavano sospese delle costruzioni in legno che ricordavano degli aerei giocattolo, verniciati di nero. 
Sul pavimento in un angolo a destra c'era un modellino di treno elettrico, anche esso dipinto di nero, con sopra malamente incollato un coltello acuminato. Ancora poi vidi quello che pareva un gigante peluche a forme di orso, imbevuto nella vernice nera, con due occhi spiritati incollati sui bottoni originali e con in mano una motosega, che però sembrava finta. 
Girai per tutta la stanza ispezionando quegli strani oggetti, mentre lui mi guardava fremendo dall'attesa di sentirmi dire che sì, ero terrorizzata e che era un vero duro, un vero cattivone. 
" Ma sono.. giocattoli!" Gli si dipinse la delusione sul volto.
" Sono giocattoli verniciati in nero... con qualche arma inserita a caso"
" Che stai dicendo?!? Sono strumenti di tortura!" Urlò in preda alla collera. Si avvicinò al tavolo al centro della stanza e prese uno Yo-yo, ovviamente color pece.
" Questa è un'arma pericolosissima" lo guardai senza capire se fosse serio o mi prendesse in giro.
" E' uno yo-yo"
" No, è un'arma!" Ripetè sbattendo i piedi a terra. Capii che era serio. 
" Queste cose fanno impazzire le donne!"
Lo guardai scettica. Quelle cose potevano far impazzire solo alcune donne: le mamme, e non nel senso che intendeva lui, sicuramente.
" Sono strumenti di piacere" esclamò, come se temesse che non avevo afferrato. 
" Sono strumenti di piacere o di tortura?" Lo misi in confusione.
" Entrambi..." Rispose dopo un po', ma non lo sentii convinto.
" E secondo te..." dissi prendendo in mano un macchinetta a molla, rigorosamente nera, con una lama aggiunta sul piccolo paraurti "io dovrei sentirmi spaventata o addirittura eccitata da questo?" 
gli misi davanti agli occhi il giocattolo, lui messo alle strette e imbarazzato iniziò ad urlare:
" Le donne vere sì, ma tu non sei una donna vera! Non sai nemmeno cucinare!"
" Per te una vera donna deve sapere cucinare quindi?" incalzai
" Sì"
" E un vero uomo?"
" Un vero uomo deve farsi tante donne" disse lui trionfante.
" Ah capisco, quindi tu non sei un vero uomo!" conclusi con un sorriso malizioso. 
Lui andò su tutte le furie, iniziò a sbraitare e mi urlò di uscire fuori dalla sua stanza. Divertita dalla scena ma anche infastidita dal suo comportamento, lo lascia bollire nella sua rabbia e me ne tornai a terminare il pasto che oramai si era raffreddato. 
Non vidi Bryan per tutto il giorno. Il pomeriggio avevamo in programma di studiare scienze sociali, che, in seguito all'ultimo evento, capii servirgli più di quanto pensassi, ma lui non si presentò. Cenai da sola e mi sentii triste. Mi mancavano i miei. Me li immaginavo lì seduti accanto a me a ridere e scherzare. Mamma con la sua risata grossa che mi raccontava uno dei suoi episodi d'infanzia, Lea che si lamentava per un'insufficienza in fisica e papà che ci informava, come ogni sera, sugli sviluppi della sua pozione. In tarda serata li chiamai e dovetti fingere di avere un'urgenza con Bryan perchè non riuscii a trattenere le lacrime. Non ebbi nemmeno il coraggio di dire loro che domenica non sarei venuta. Mi sentivo col morale a terra quella sera, non chiamai nemmeno Meg, le mandai un messaggio con la quale la informavo di stare bene e che tutto procedeva liscio. Non era vero. Lei mi rispose che era contenta per me, mi aggiornò un po' sulla sua vita e mi disse di aver conosciuto un ragazzo del quale mi avrebbe parlato. Le scrissi che ero veramente contenta per lei, ma non lo ero veramente. Qualcosa a riguardo mi turbava, non so cosa. Andai in cucina, aprii il frigorifero, presi la bottiglia di Chardonnay, la svitai e ne versai un po' nel bicchiere. Mi stesi sul divano sorseggiando vino a mi addormentai così, sperando che il giorno dopo sarebbe stato migliore.
   
 
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