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Autore: Heihei    15/04/2017    4 recensioni
Bethyl-AU
Quegli stupidi degli amici di Beth sono determinati a rendere il suo diciottesimo compleanno memorabile, peccato che le loro buffonate la faranno restare bloccata in un brutto quartiere di una città sconosciuta, attualmente pattugliato dall'Agente Shane Walsh. Minacciata sia dagli agenti che dai criminali, dovrà rassegnarsi alla compagnia di un gruppo di zotici, tra cui un certo redneck particolarmente scontroso.
**Questa storia NON mi appartiene, mi sono limitata a tradurla col consenso dell'autrice**
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Daryl Dixon, Maggie Greeneunn, Merle Dixon
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VI. Usignolo

 

 

Le sue amiche erano ancora lì, nel soggiorno, sedute a terra a guardare il film con dei sorrisi ebeti stampati in faccia.
“Sei così carina!”
Karen allungò una mano verso di lei e la premette con forza contro il suo seno.
“Hai delle belle tette. Sono soffici e il fatto che siano più piccole delle mie mi rende molto felice.”
Beth le afferrò la mano con delicatezza e la incoraggiò a mollare la presa.
“Ma che vi prende?”
Poggiò il pollice sul suo polso. Aveva il battito accelerato e la fronte sudata.
Entrambe cominciarono a ridere.
“Niente, siamo brave ragazze!”, le rispose con falsa innocenza.
“Proprio come te, Beth! Tu sei la mia salvatrice, la mia eroina!”, gridò Minnie.
Beth sospirò e fece per alzarsi, ma Merle la raggiunse con una bottiglia piena d’acqua, che era esattamente quello che stava per andare a prendere.
“Grazie”, mormorò, poi si voltò a guardare le ragazze. “Bevete.”
“Dobbiamo bere dalla stessa bottiglia?!”, chiese Minnie con un’espressione disgustata.
Karen si sporse a leccarle la guancia e scoppiarono a ridere di nuovo.
Minnie la strinse tra le sue braccia. “Ti voglio bene.”
La risposta di Karen fu un gridolino incomprensibile.
“Non è proprio la droga che preferisco, ma sembra allettante”, disse Merle, mentre si stendeva sul divano dietro alle ragazze, occupando lo spazio sufficiente per circa tre persone.
“Karen, bevi”, insistette Beth, ignorandolo.
Karen non riusciva a smettere di sorridere. L’acqua le gocciolava sulle labbra e giù per il mento, bagnandole i vestiti.
“Allora, come hai convinto mio fratello ad andare a fare shopping per te?”
Merle guardò il corridoio dove lei aveva lasciato Daryl poco fa. Non c’era più.
“Non l’ho fatto.”
“Uhm.”
Merle la osservò in silenzio mentre cercava di convincere Minnie a fare un sorso dalla bottiglia che Karen aveva contaminato.
“E’ come con i neonati”, le disse, sghignazzando.
Beth incrociò il suo sguardo. “Infatti, io sono qui a fare la babysitter.”
“Bambolina, non succederà niente alle tue amiche.”
“E’ già successo.”
Merle sbuffò, alzando gli occhi al cielo. “Non posso farci niente”, disse, indicandole, “vogliono divertirsi, è nei loro diritti di cittadine americane. Mi riferivo alle brutte situazioni che stai immaginando nella tua piccola testolina. Non succederà niente del genere stanotte. Sono strafatte, non le toccheremo come bravi gentiluomini finché non avremo il permesso di metterle in una macchina e farle arrivare a casa sane e salve.”
“Puoi parlare per te, ma non puoi garantire per loro.”
Beth fece guizzare il suo sguardo in direzione della cucina, dove i ragazzi stavano dando inizio a una partita di poker.
“E’ vero, bambolina”, Merle fece le spallucce, “ma non accadrà nulla di grave sotto la mia supervisione e con mio fratello nei paraggi. Persino Nick sa comportarsi da bastardo onesto in questi casi.”
“E’ uno spacciatore. Vende della roba che può renderti vulnerabile”, ribatté Beth, guardandosi intorno.
Un cipiglio dubbioso cambiò l’espressione di Merle per qualche secondo. Evidentemente, quel pensiero non doveva averlo mai neanche sfiorato.
“Comunque, le tue amiche non sono in pericolo. E poi, non te n’è fregato poi così tanto quando hai scavalcato la staccionata. Ti ho vista. Mio fratello ti è corso dietro come un cazzo di demone ed è stato sicuramente meglio che guardare il film. Vederlo in azione è uno spettacolo, lasciatelo dire.”
Beth s’irrigidì e lo guardò con un’espressione colpevole. Lui e Daryl erano completamente diversi, ma aveva notato che nel giro di poche ore entrambi le avevano fatto rivalutare le sue azioni, facendola sentire schifosamente in colpa.
“No”, Karen intervenne improvvisamente.
Beth sobbalzò. Si era completamente dimenticata che stavano ascoltando.
“Beth è ancora qui, Luke e Leon se ne sono andati.”
“Sono ridicoli”, disse Minnie.
“Non verranno”, aggiunse Beth.
“Immaginavo, ma in ogni caso non fa differenza”, rispose Merle. “Le tue amiche sono al sicuro.”
“Avrei fatto un grosso errore a lasciarle qui in queste condizioni.”
“Nah, non se sono in buone mani. E lo sono.”
Beth lo guardò di nuovo. Ogni nota di scherno era completamente sparita dalla sua voce. Notò che quando non sorrideva, il suo volto, al naturale, sembrava quasi triste.
“So cosa significa essere strafatti e...”, spazzò via tutta quella momentanea serietà con una risatina gutturale, “...ho una sorta di empatia per queste cose, bambolina, è tutto quello che posso dirti.”
“L’empatia per i drogati?”
“Le tue amiche non sono delle drogate, ma diciamo di sì”, rispose annuendo.
“Beth, dovresti guardare questo film, è forte.” Minnie poggiò la testa sulla gamba di Merle, che mosse il piede quel tanto che bastava per attirare la sua attenzione.
“Ciao”, gli disse Minnie con uno sguardo sognante.
Lui le rivolse un sorriso. “Hey dolcezza.”
“Ma tu non sei il mio vero padre”, aggiunse, pensierosa.
“Certo che lo sono.”
Beth alzò gli occhi al cielo, mentre Karen scoppiò a ridere per l’ennesima volta.
“Resto io con le ragazze a guardare il film.” Il maggiore dei Dixon aggrottò la fronte davanti allo schermo. “Mi occuperò io di loro, tu prendi questo.”
Si alzò dal divano per poter frugare nella sua tasca e le porse un tampone di alcool avvolto in della carta oleata.
“Vai a dire a mio fratello di smetterla di fare lo stronzo e di prendersi cura di quell’occhio. Mi ha quasi tagliato le dita mentre provavo a giocare all’infermiera, ma credo che da te se lo farà fare.”

 

 

● ● ●

 

 

Per raggiungere Daryl, Beth doveva attraversare necessariamente la cucina, dove Jeremiah, Evan e Andy stavano giocando a carte. Né Andy né Evan sembravano particolarmente divertiti. Jeremiah, invece, stava sfoggiando un sorriso piuttosto inquietante.
La osservò con attenzione mentre si affacciava a guardare in direzione della porta sul retro per controllare se Daryl fosse lì fuori. Visto che non l’aveva sentito salire le scale, le sembrava l’opzione più probabile. Infatti, era seduto a terra con la schiena contro il muro, le braccia poggiate sulle ginocchia e una sigaretta accesa che gli penzolava dalla bocca.
I suoi occhi la intercettarono subito e lei gli mostrò il tampone che Merle le aveva dato, alzandolo in modo tale che lo vedesse anche Jeremiah, il quale non le aveva tolto gli occhi di dosso neanche per un secondo.
Daryl sbuffò e diede una boccata alla sigaretta.
Beth uscì e si sedette a gambe incrociate davanti a lui, abbastanza vicina da poter raggiungere il suo occhio. Restò immobile per qualche secondo, indecisa se aspettare il suo consenso, dire qualcosa o cominciare direttamente a medicarlo senza alcun permesso.
Lui, nel frattempo, espirò un sottile serpente di fumo, spostandosi leggermente per non gettarglielo in faccia. Inclinò la testa dal lato sbagliato, nascondendole l’occhio ferito, ma Beth liberò il tampone dalla carta e lo invitò a girarsi verso di lei, poggiandogli due dita sul mento.
Si sarebbe aspettata una reazione negativa a quel contatto, una qualche forma di protesta, ma invece obbedì a quella leggera pressione guardando in lontananza mentre cominciò a tamponargli il sopracciglio.
“Non è così male come sembra”, disse lei a bassa voce.
“Se dovessi scrivere una canzone su stanotte, dovresti chiamarla proprio così”, mormorò Daryl, “Non è così male come sembra”.
Beth sorrise, mordendosi il labbro. Si sforzò con tutta se stessa di alzarsi e tornare in soggiorno, ma non ci riuscì.
“Dove hai trovato la camicia?”
“Da una donna che abita qui vicino.”
“...L’hai rubata?”, gli chiese, preparandosi psicologicamente a una possibile reazione offesa da parte sua. Ma anche se si fosse offeso davanti a quella sorta di accusa, non lo diede a vedere.
“Quasi. Alla fine me l’ha data lei.”
Fece un ultimo tiro di sigaretta per poi spegnerla sul terreno.
“Bene”, mormorò Beth.
“Se l’avessi rubata, che avresti detto?”
Onestamente, non lo sapeva, al massimo l’avrebbe riportata alla legittima proprietaria.
Si strinse nelle spalle. “Non so. In ogni caso, è stato gentile da parte tua.”
“Non me lo dicono spesso.”
Gli accarezzò la ferita con le dita nel modo più cauto possibile. “Non dovrebbe cicatrizzarsi.”
Si appoggiò contro il muro, lasciando che le sue spalle si rilassassero. Avrebbe potuto alzarsi e tornare dentro, ma qualcosa la teneva inchiodata lì. Voleva finire quella conversazione, se così poteva definirla, ma alla fine non riuscì a dirgli nient’altro perché i suoi pensieri furono interrotti da un cinguettio proveniente dalla tasca dei pantaloni. Con un cipiglio, tirò fuori il telefono e lesse il messaggio di Luke.
“Visto che sono un bravo ragazzo, ho convinto mio fratello a tornare indietro. State tranquille, i vostri eroi stanno arrivando.”
Con un sospiro scocciato, Beth si lasciò cadere il telefono sul ventre, mentre Daryl la osservava con un’espressione interrogativa. Dato che sapeva che non le avrebbe mai chiesto nulla esplicitamente, pensò di risparmiargli il disturbo.
“Apparentemente, Luke e Leon stanno arrivando.”
Sbuffando, Daryl spostò il suo sguardo sulla cicca che aveva spento poco prima a terra come se fosse pentito di averla gettata via così in fretta.
“Hai tutta questa fiducia in quei due idioti?”
“No, e in ogni caso non riusciranno a passare”, rispose Beth, mentre il suo telefono emise un secondo cinguettio.
“Dovresti uscire con me qualche volta, devo farmi perdonare.”
“Ma che modo di farsi perdonare è?!”, disse ad alta voce. “Riesci a crederci?”
Girò il telefono in modo che anche Daryl potesse leggere il messaggio di Luke. Era quel genere di cose che di norma avrebbe fatto con Minnie e Karen a scuola, per poi riderne insieme. Era come se si fosse dimenticata per qualche secondo che Daryl era un uomo adulto e che non si sarebbe mai potuto interessare alla vita privata di una ragazzina del liceo.
Ma, interessato o no, Daryl guardò comunque il telefono.
Imbarazzata, Beth ripose in tasca il telefono non appena si rese conto di ciò che aveva fatto. Lui arricciò il labbro, come se stesse ringhiando.
“Porca puttana, non vorrai mica accettare.”
“Umh, no...”, mormorò lei, frastornata dalla sua risposta più o meno interessata.
“Bene.”
Lo disse così velocemente che Beth non ebbe il tempo di spiegargli i vari fattori che avrebbero motivato quel ‘no’ e caddero in un imbarazzante in silenzio. Il sole si era quasi completamente nascosto dietro l’orizzonte, riflettendo il suo bagliore dorato sullo schermo del telefono. Guardandolo, si ricordò di quello che avrebbe voluto dirgli in principio.
“Ho chiamato mia sorella… avrei dovuto incontrarla strada facendo. Sta venendo qui, vuole parlare con la polizia.”
Il volto di Daryl si contorse in una smorfia di dolore.
“Non posso fare niente per fermarla, ci ho già provato”, si difese. La voce le tremava.
La verità era che voleva vedere Maggie il prima possibile. L’aveva chiamata con il pretesto di venirla a prendere soprattutto perché così sarebbe arrivata prima del previsto e avrebbero passato più tempo insieme.
Daryl, fortunatamente, non si preoccupò di farle la predica. Molto probabilmente aveva percepito il suo senso di colpa, ma non glielo fece notare.
“Vuole parlare con loro?”
“Lavora con gli avvocati… è sempre stata brava a convincere la gente, ma da quando fa questo lavoro è peggiorata.” Beth si lasciò scappare una risata.
“Buon per lei… però non so se ci riuscirà.” Daryl guardò attentamente la staccionata. “Ci sono almeno tre case in questa strada dove i poliziotti hanno motivo di arrestare qualcuno. Forse il casino con la 708 è un’occasione per loro per dare un’occhiata in giro.”
“Tre? Qual è l’altra?”
“Quella della donna che mi ha dato questa”, ripose, indicando la camicetta verde. “Il marito è un pezzo di merda. Da quel poco che ho sentito, sembrava che stesse discutendo con gli sbirri. Forse è da un po’ che lo tengono d’occhio.”
Beth rabbrividì. Non ci aveva pensato, ma quello che stava dicendo aveva senso. Forse i poliziotti sapevano già molto su Kelly Jo Ave e forse, mentre risolvevano il problema della 708, gironzolavano lì intorno in attesa di trovare qualcun altro da incastrare.
“Faresti meglio a seguire il tuo piano originale.” Daryl si alzò in piedi. “Andiamo, è passato abbastanza tempo e ora è più difficile che ti vedano.”
Cominciò a camminare verso la staccionata, ma si fermò quando si accorse che lei non lo stava seguendo. Si voltò leggermente nella sua direzione, senza guardarla.
“Datti una mossa, Greene. Volevi andartene, no?”
Beth sgranò gli occhi. “Vuoi ancora aiutarmi?”
“Beh, sì. Non potevamo riprovarci subito, l’Agente Shane era incazzato, avrà sicuramente controllato la zona per un po’. Dovevamo dargli il tempo di calmarsi e di trovare qualcun altro a cui rompere le palle. E poi, è più semplice al buio.”
Voleva davvero aiutarla a scappare.
Restò a bocca aperta, cercando di pensare a qualcosa da dire, ma tutto ciò che le uscì fu una specie di rantolo.
Daryl scrollò le spalle. “Non preoccuparti per le tue amiche, le terremo d’occhio.”
Non l’avrebbe fatto. Dopo quell’inaspettata conversazione con Merle, si era convinta che qualcuno avrebbe controllato Minnie e Karen.
Guardò l’interno della casa, cercando di ricordarsi se doveva prendere qualcosa. Ma aveva tutto, fatta eccezione per la camicetta strappata che aveva lasciato a terra in camera di Nick. Allora cominciò a raggiungere Daryl, per poi fermarsi di fronte a lui che, finalmente, incontrò il suo sguardo. Aveva già notato che aveva gli occhi azzurri, ma si rese conto solo in quel momento di quanto quel colore fosse perfetto per lui. La luce del tramonto riflessa nelle sue iridi accentuava ancor di più la loro intensità. Per la prima volta, lo stava guardando senza alcun senso di apprensione. Era un estraneo, ma non uno dei tanti. Era una brava persona, solo che ancora non lo sapeva.
Così, gli strinse le braccia intorno alla vita. Lo sentì irrigidirsi subito sotto la sua stretta e per un attimo pensò che si sarebbe divincolato, ma non lo fece.
“Grazie”, mormorò Beth, affondando la guancia nel suo petto.
Con un movimento incerto, ma per nulla forzato, le mani di Daryl le sfiorarono le braccia nude, fermandosi all’altezza dei gomiti in una stretta delicata. Sembrava che non gli importasse del tempo che passava, non l’avrebbe spinta via. Sembrava che stesse aspettando che fosse lei a ritrarsi.
Col suo battito nella testa, Beth prese nota dell’accelerare del proprio, forse per il ricordo della volta precedente. Respirò profondamente per recuperare la calma. Daryl sapeva di bosco e di fumo.
Ricordandosi che lei, invece, molto probabilmente puzzava di cavallo e di detersivo della lavatrice di una sconosciuta, indietreggiò. Il volto di Daryl era scolpito nella pietra, così immobile che sembrava che avesse smesso di respirare. O era diventato improvvisamente muto, oppure, semplicemente, non aveva niente da dire. Il blu delle sue iridi fu in gran parte spazzato via dal nero delle pupille dilatate. L’aveva trasformato in una statua.
Non era sua intenzione, ma quando si rese conto di quello che aveva fatto non poté fare a meno di esserne orgogliosa, almeno un po’. Si scostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e lo superò, pronta a scavalcare la recinzione, con le guance in fiamme.

 

 

● ● ●

 

 

Dopo quell’abbraccio, Daryl dovette prendersi un minuto per riprendersi.
Più che altro, era confuso. La sua testa era completamente annebbiata, teneva i pugni stretti con le unghie che gli affondavano nei palmi. Sapeva che quell’abbraccio non significava nulla, non poteva essere nient’altro che un gesto di ringraziamento. Evidentemente, lei era una di quelle persone… abituate a dare dimostrazioni d’affetto. Daryl sapeva della loro esistenza, ma non ne vedeva una da troppo tempo. Non era strano che fosse una persona da abbracci, ma il fatto che avesse abbracciato proprio lui l’aveva destabilizzato, oltre al fatto che lui stesso l’aveva anche ricambiata.
In un primo momento, tentò di giustificare il suo comportamento dicendo a se stesso che aveva ricambiato quell’abbraccio solo per non ferire i suoi sentimenti. Ma se fosse stato solo uno sforzo per far passare velocemente quel momento imbarazzante, avrebbe provato una sensazione di fastidio.
Era molto più di quello. Un lieve tepore al centro del petto e il nodo che gli aveva bloccato la gola gli ricordarono di quanto tempo era passato dall’ultima volta che qualcuno gli aveva rivolto un gesto simile. La dolcezza della sua voce l’aveva colpito in bocca con la stessa forza di un pugno, rendendolo muto, e il suo piccolo corpo caldo contro il suo l’aveva fatto letteralmente sciogliere.
Come al solito, la voce invadente di suo fratello gli risuonò in testa, spazzando via tutte quelle belle sensazioni non appena la vide sparire oltre la staccionata.
“Hai bisogno di scopare, fratello. Tutta questa solitudine non è salutare. Se continui a vivere come un cazzo di monaco, finirai con l’impazzire.”
Non dovette fare alcuno sforzo per riprodurre la voce di Merle nella sua mente, la conosceva troppo bene e aveva passato troppo tempo a doverla ascoltare. La vera difficoltà, dunque, consisteva nel farla sparire. Con calma, si riprese dal suo stupore e realizzò di stare ancora lì impalato dove lei lo aveva lasciato. Così, si schiarì la voce, prese la rincorsa e scavalcò a sua volta la staccionata.
Quando la raggiunse dall’altra parte, Beth stava scrivendo un messaggio. Di nuovo. Con una nota di fastidio, si chiese se stesse ancora rispondendo a quel ragazzino imbecille.
Come se gli avesse letto nel pensiero, posò lo sguardo su di lui e disse: “Sto facendo sapere a mia sorella che stiamo riprovando a uscire. Non le piacerà, però...”
Beth scrollò le spalle e ripose il telefono nella tasca posteriore dei suoi jeans.
“Andiamo verso est finché il sole non finisce di tramontare. Quando sarà buio abbastanza, faremo un piano.”
Daryl cominciò a scansionare con lo sguardo il terreno che li circondava. Prima era stato troppo occupato a raggiungere Beth e a riportarla a casa per concentrarsi sul bosco. Osservandolo, riconobbe il punto in cui lui e Beth erano caduti ed era sul sentiero più largo, quello che conduceva alla strada. Stando alla moltitudine di orme sovrapposte sul terreno, i residenti di Kelly Jo Ave dovevano passarci spesso. Non c’era da stupirsi che l’Agente Shane li avesse trovati subito.
“E’ piuttosto fitto”, osservò Beth mentre lo seguiva a est del sentiero battuto. “Aspetta, mi sono impigliata in qualcosa.”
Daryl si voltò e la vide liberarsi da un cespuglio spinoso. I suoi jeans aderenti avevano qualche sfilacciatura e si stava succhiando il pollice dove si era punta con una spina, ma non sembrava infastidita. Del resto, perché avrebbe dovuto esserlo? Spesso si dimenticava che era una contadinella, probabilmente era abituata a stare a contatto con la natura.
Stavano facendo un giro lungo per evitare di essere visti, procedendo a passo moderato per evitare di lasciare tracce troppo evidenti su quel terreno irregolare.
“Perché hai detto che il marito di quella donna è un pezzo di merda? Che ha fatto?”
“Mmh.”
Improvvisamente a disagio, Daryl decise di ignorarla. Pensò di dirle che dovevano stare in silenzio perché poteva esserci qualcuno nei paraggi, ma, prima che potesse farlo, uno scoiattolo attraversò il loro stesso sentiero e si arrampicò su un albero, fermandosi su un ramo. Come una sorta di gesto inconscio, cercò la balestra dietro la sua schiena, nonostante sapesse benissimo che era a miglia di distanza da loro, nel garage della sua baracca, dove l’aveva lasciata.
“Sei un cacciatore?”, gli chiese Beth.
Lo scoiattolo drizzò le orecchie e scappò via.
“Sì, dimentica quello che hai visto.”
“Cacci per svago o…?”
“Non faccio nulla per svago”, borbottò.
“Oh.”
Per qualche minuto, sembrò che fosse riuscito a evitare di rispondere a quelle domande su Carol e su quello stronzo del marito senza doverle dire di stare zitta. Proseguirono in silenzio per un po’, la luce del tramonto stava per svanire del tutto e, in poco tempo, Beth decise che doveva riprendere quell’interrogatorio.
“Allora, che hai visto in quella casa?”
Daryl deglutì. Si prese qualche secondo di silenzio, ma non riuscì a pensare a delle parole non troppo brusche per dirle che non voleva parlarne.
“Non lo so, forse niente, ma c’erano alcune cose che mi hanno fatto pensare che lui non sia poi così gentile con la moglie e la figlia.”
Determinato a non dire più nulla sull’argomento, riportò l’attenzione in direzione della strada. Si fermò per ascoltare qualcosa, allungando un braccio verso di lei per fermarla. Ma, alla fine, erano soli e la strada non era poi così vicina.
“Oh.”
Ancora una volta, lei sembrava capire quello che lui non diceva.
“Voglio dire… immagino che un cacciatore sappia vedere quello che gli altri non vedono.”
Con un cipiglio, si voltò verso di lei. Beth lo stava guardando con un paio di occhioni innocenti che allo stesso tempo trasudavano di un’inequivocabile comprensione. Le sue guance si colorarono di rosso e prese a guardare il terreno.
“Mio nonno era tremendo con mio padre quando era giovane. Se n’è andato appena ne ha avuto l’opportunità, e lui… beh, lui è diventato il miglior padre del mondo”, aggiunse con una risatina.
“Che stai cercando di dire?”
Daryl si accorse di quanto roca fosse diventata la sua voce, come se uno strato di ghiaia avesse raschiato quelle parole. Non riuscì a trattenere la rabbia. Per quanto innocente poteva sembrare, non poteva smettere di pensare a quanto si stesse avvicinando pericolosamente al suo cuore.
Molto probabilmente, Beth si era resa conto del suo errore, perché restò immobile davanti a lui. Le sue labbra, che Daryl stava fissando, cominciarono a tremare.
“Solo che… quella ragazzina potrebbe stare bene, un giorno. Mio padre ci è riuscito.”
Non stavano parlando solo della ragazzina, ma Daryl capì che si era sforzata per rimediare e per tagliarlo fuori da quel discorso. Cercò di rilassarsi, non voleva arrabbiarsi e spaventarla di nuovo, non aveva intenzione di raddoppiare il suo senso di colpa nei suoi confronti.
Tuttavia, lei non cercò di intrattenere un’altra conversazione con lui finché non videro la strada.









 

Nota traduttrice
So che probabilmente dovrei stabilire un giorno fisso per pubblicare, ma è un periodo un po' frenetico e appena ho un po' di tempo libero, in genere, pubblico un capitolo. Di fatto non ho un giorno fisso e sicuro durante la settimana in cui pubblicare, è tutto un punto interrogativo, quindi scusatemi. 
A parte ciò, ho notato che gli ultimi due capitoli non hanno avuto lo stesso seguito dei primi due. Lo so che alla fine la storia non è mia, ma mi piacerebbe comunque sapere i vostri pareri sulla traduzione, se è fluida e non disturba o se devo rivedere qualcosa. Ma anche solo se la storia vi piace, l'autrice sarà contenta di saperlo. E poi le recensioni mi spronerebbero un po' di più a continuare a pubblicare, semplicemente. Ma, in ogni caso, silenziosi e non, ringrazio tuti quelli che hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate, mi fa molto piacere! :)

Al prossimo aggiornamento e buona Pasqua a tutti! :)
-Heihei xx

 
   
 
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