L’Erede del Male.
“O Death
Well I am Death, none can excel
I'll open the door to heaven or hell
O Death
O Death
My name is Death and the end is here.*”.
[Jen Titus – O Death]
Atto VI, Parte II
– Indefinito
La
bambina era adorabile, con i suoi riccioli scuri ed i grandi occhi neri. In
tanti l’avevano osservata aggirarsi per le vie di Diagon Alley con fare sicuro,
guardando le vetrine come avrebbe fatto ogni creatura piena di meraviglia per
il mondo ma con una tranquillità capace di muovere ad invidia un qualunque
adulto funzionale. All’inizio nessuno si era preoccupato, era probabile che lei
fosse insieme ai suoi genitori e che loro fossero solo a pochi metri di
distanza, tenendola sotto controllo senza farsi notare. Doveva avere solo sei
anni, nessuno sano di mente l’avrebbe lasciata davvero da sola per le vie più
trafficate della Londra Magica, no?
Doveva
esser con qualcuno. Ma perché, allora, nessuno si faceva vedere? Perché nessuno
l’aveva affiancata, quando era caduta a causa di una pietra della
pavimentazione leggermente risollevata rispetto alle altre?
Fu una
delle impiegate del Ghirigoro, Louise McKenzie, che si decise a fare un passo
avanti e porre quelle domande che in tanti avevano deciso di tenere per sé,
convinti che, dopotutto, non fossero affari loro. Ma Louise era una madre in
attesa, l’istinto le aveva impedito di mostrarsi indifferente: c’era il rischio
che la piccola si fosse persa, quindi era suo sacro dovere farsi avanti e
cercare di aiutarla. Forse quel suo comportamento fiero era solo un modo per
non far vedere quanto in realtà fosse spaventata nel ritrovarsi da sola in un
luogo tanto grande.
«Ciao,
Pasticcino» la salutò, piegandosi quel tanto che il suo pancione di sei mesi le
consentiva. Le sorrise, ritrovandosi quasi a squittire dalla delizia quando lei
ricambiò quello stesso gesto, mettendo bene in evidenza due graziose fossette
sulle guance paffute. Sembrava una bambola di porcellana. «Dove sono i tuoi
genitori? Sei tutta sola?» le chiese, convinta di aver conquistato la sua
fiducia.
La
bambina, in effetti, non sembrava affatto spaventata da lei, tutt’altro. Louise
la osservò allungare la mano affinché la prendesse e si lasciò tranquillamente
trascinare all’interno della libreria. «I miei genitori sono morti» le disse,
facendole sentire per la prima volta la sua vocina. Sembrava quasi il suono
dolce di un flauto, così adorabile da farla sciogliere in una pozza d’acqua e
zucchero. «Però non sono da sola. Io ho Tiresias».
Che
nome buffo, fu il primo pensiero di Louise. Io non chiamerei mai il mio bambino così.
«E chi
sarebbe questo Tiresias?» le domandò, continuando a lasciarsi trascinare. Non
comprendeva quale fosse la loro destinazione: perché mai la bambina sembrava
volerla trascinare verso il fondo del negozio? «Dov’è adesso?».
La
piccina rise, stringendosi nelle spalle. «È ovunque! Tiresias non mi lascia mai
da sola, non vuole che succedano brutte cose» spiegò, stringendo di più la mano
di Louise, per spingerla ad avvicinarsi così da poterle parlare vicino
l’orecchio. «Mi ha fatto promettere di fare la brava, ma ha detto che posso
divertirmi un pochino. Ha detto che il momento è maturo ormai» bisbigliò, come
se le avesse rivelato il più grande segreto dell’universo.
Dal canto
suo, Louise McKenzie non riusciva a capacitarsi che questo – o questa –
Tiresias avesse potuto lasciare la bambina da sola, soprattutto con la scusa di
farla divertire. Era ridicolo, dal
suo punto di vista, che si fosse limitato a dirle di assicurarsi che non ci
fossero problemi. Cosa significava problemi?
Per quanto Tu-Sai-Chi fosse ormai passato a miglior vita, Diagon Alley non era
certo il luogo adatto ad una bimba così piccolina. Lei non avrebbe mai lasciato
suo figlio o sua figlia da sola. Assolutamente no.
«Tesoro,
ti va di dirmi dove vivi? Così potrò accompagnarti da questo Tiresias, uhm?
Sono certa che potrai divertirti in un posto più sicuro» le mormorò, con
dolcezza, accarezzandole il ricciolino scuro e mettendoglielo dietro
l’orecchio. Era un peccato nascondere quelle belle guance dolci. Osservandola
bene, le sembrò quasi di averla già vista da qualche parte. Era forse possibile
che i suoi genitori fossero stati suoi vecchi compagni di scuola? Michelle
Gobbers aveva avuto una figlia anni prima, ma lei non l’avrebbe certo
abbandonata con qualche Tiresias incapace. «Non avere paura, ti riporterò
indietro immediatamente».
La
bambina, piuttosto che esserne felice, si adombrò, facendo un passo indietro.
«Io non voglio ritornare a casa» disse, la vocina che sembrava completamente
diversa da quella che lei aveva sentito e apprezzato poco prima.
Le fece
venire i brividi, ma si decise ad insistere. Era ovvio che i bambini non
volessero tornare a casa, una volta sperimentata la libertà, per questo era da
irresponsabili il lasciarli da soli! «Ma non preoccuparti, cara, sono sicura
che ti divertirai tantissimo anche a casa. Non vuoi certo metterti in pericolo,
no? Tiresias ti ha detto di stare
attenta, no?».
«Ma
Tiresias ha detto che posso divertirmi!» urlò, strattonando via la mano con un movimento
brusco. Il suo gesto fu talmente forte da far spaventare la povera Louise. Le
doleva ancora il polso per il colpo e lei non riusciva a capacitarsi che quello
scricciolino fosse tanto forte. Guardandola negli occhi, si ritrovò ad
arretrare.
Era
un lampo rosso quello che aveva visto?
«Non fare
così, cara, andrà tutto…».
«Io voglio divertirmi!».
Nella
prima esplosione persero la vita sette persone.
Fra
queste, una donna incinta di nome Louise McKenzie venne ritrovata completamente
sfigurata, il ventre aperto e la sua creatura non ancora formata strappata via
con la forza.
La
seconda esplosione, a pochi metri di distanza, uccise venticinque persone e
distrusse completamente alcuni dei palazzi storici di Diagon Alley.
L’ultima
esplosione, davanti alla Gringott, uccise centotrentuno maghi e trentacinque
folletti.
Tutte
le testimonianze concordarono nell’addossare la colpa ad un incubo da molto
tempo dimenticato.
Un
Obscurus1.
***
La prima
cosa che Fred fece, una volta assicuratosi di essere tutto intero e capace di
stare in piedi, fu cercare il suo gemello2. Fu alquanto difficile
riacquistare l’equilibrio, essendo quasi sepolto vivo da cumuli e cumuli di
scatole e pergamene contabili, ma il terrore lo aiutò a sconfiggere anche la
gravità stessa e, in men che non si dica, si ritrovò a pochi passi dal corpo tramortito
di George, a pochi metri di distanza. Ad una prima analisi non gli sembrò
ferito gravemente, doveva aver perso i sensi a causa di un colpo sulla testa,
proprio dove un segno rossastro stava iniziando ad assumere tinte non molto
raccomandabili.
Respirava, tanto gli bastava.
Assicuratosi
che il gemello stesse discretamente bene, iniziò a muoversi verso la parte
frontale del negozio, mosso dalla volontà di capire cosa fosse appena successo
e, soprattutto, terrorizzato all’idea dei danni che potevano essere stati
provocati nella zona commerciale del locale, fortunatamente vuota a causa della
chiusura settimanale. Che l’attacco fosse caduto di giovedì, il giorno dopo che lui era stato via con
Hermione, aveva quasi dell’assurdo, tanto era stato fortunato. Non si
sarebbe perdonato l’essere stato lontano per una situazione del genere.
Il “Tiri Vispi Weasley” era stato incantato
contro le vibrazioni forti il giorno stesso in cui lui e George avevano
acquistato quel piccolo locale a Diagon Alley. All’epoca si erano detti che
fosse solo intelligente, da parte loro, andare a limitare i danni che loro
stessi, durante degli esperimenti, avrebbero potuto procurare. E probabilmente
era stato quello l’unico motivo per cui, mente fuori dalle vetrate si scatenava
l’inferno, l’interno del negozio era pressoché intatto3. Solo pochi
articoli erano effettivamente caduti dagli scaffali e le puffole pigmee erano
per la maggior parte scappate dalla loro vaschetta per nascondersi sotto il
registro di cassa, accumulandosi in pile disordinate e colorate che chiunque
avrebbe potuto scambiare per pupazzetti informi ma morbidissimi. Da dove si
trovava lui, così come nel retro, era impossibile sentire le urla che giusto
oltre la soglia sbarrata si stavano accumulando, alzandosi al cielo come un
grido d’orrore e paura.
Qualcosa
dentro di lui scattò.
Quello
non era certo il momento per restare lì, immobile e potenzialmente al sicuro3,
mentre centinaia di persone fuggivano ed urlavano senza avere la più pallida
idea di cosa fare. Con uno scatto, tornò nella zona riservata al personale,
tirò suo fratello nel punto più riparato ed iniziò a dargli degli schiaffi non
proprio leggeri, troppo ansioso per mettersi a cercare la bacchetta che doveva
essergli caduta durante l’esplosione.
«Georgie?»
chiamò, quando lo vide strizzare gli occhi, sorridendo infine sentendolo
inspirare bruscamente e tirarsi a sedere alla velocità della luce.
«Fred! Oh, sei qui. Cos’è successo? Tu
stai bene? È esplosa la pozione che stavamo sperimentando? Non può aver provocato così tanti danni!» sbottò, cercando di
guardarsi intorno ma fermandosi con un gemito di dolore dopo essersi mosso con
troppa fretta. Tornando a sdraiarsi, si portò una mano alla fonte, accettando
la mano che Fred gli offrì per calarsi lentamente sul pavimento. «Questa volta
non la passeremo liscia con il padrone di casa».
Sollevato
nel sentire il gemello talmente lucido, gli intimò comunque di non muoversi con
un gesto brusco. «Qualcosa è esploso a Diagon Alley, fuori c’è una bolgia
infernale. Tu adesso resti qui, io vado a cercare di capire cosa accidenti è
successo» lo avvisò, rialzandosi ed iniziando a cercare seriamente la sua
bacchetta. La trovò dopo qualche istante sotto uno scaffale rovesciato.
Voltandosi, si ritrovò l’occhiata accigliata di George puntata addosso e, senza
neppure lasciargli il tempo di parlare, anticipò la risposta che avrebbe
comunque ricevuto. «Tu non verrai. Ti
sei appena ripreso, non abbiamo idea di quanto forte sia stata la botta in
testa. Cerca di tranquillizzarti e poi manda subito un patronus a tua moglie, che è incita e probabilmente morirà
d’ansia non appena saprà. Io non mi allontanerò».
«Col cazzo» fu la serafica risposta di
George che, incurante dell’avvertimento del fratello, riprovò ad alzarsi in
piedi, ritrovandosi tuttavia a barcollare e ricadere sul posto come un pesante
sacco di patate. «D’accordo, io resto qui, ma ci resterai anche tu! Ti concedo di arrivare fino alla porta
d’ingresso e mettere al riparo quante più persone riesci, se ti sembrerà che il
pericolo sia ancora imminente» lo avvisò, puntandogli contro un indice
tremante. «Non scherzo, Fred, giuro che verrò a riprenderti per i capelli se ti
metterai a rischio, anche se dovrò trascinarmi con il passo della Salamandra!».
Fred
ghignò, alzando gli occhi al cielo. Quello era il passo che avevano brevettato nelle loro varie fughe dal professore
di turno intenzionato a metterli in punizione. La sua ilarità, tuttavia,
vacillò ricordando quanto improbabile fosse che George potesse davvero
ricorrere a quella mossa: il suo equilibrio, dopo la perdita dell’orecchio, era
stato compromesso in modo quasi irrimediabile. Era già miracoloso che riuscisse
a stare in piedi su due gambe4.
Era
inidoneo alle Banshee, ricordò, sentendo nuovamente l’ondata di
irritazione colpirgli la bocca dello stomaco, facendogli saggiare il sapore
acido della bile.
Rassicurarlo
gli venne naturale, mentre balzava verso la zona frontale del negozio,
bacchetta in una mano e l’altra già immersa nella tasca dei jeans per ritrovare
il suo vecchio specchietto. «Non preoccuparti, so cosa faccio» urlò,
scavalcando un gruppo di puffole e spalancando con una spallata la porta
d’ingresso, proprio un attimo dopo aver trovato finalmente ciò che stava
cercando.
Il
Supervisore rispose non appena lui chiamò e per poco non perse il contatto a
causa del caos improvviso che lo circondò, ormai giunto sulla strada. «Wezly!» lo sentì urlare, il forte
accento tedesco ancora più marcato a causa dell’evidentissima ansia. «Penzavo tu non chiamavi mai! Cosa sta
succedendo a Diagon Alley?» gli domandò, alzando esponenzialmente il tono
della voce.
Fred si
guardò per un momento intorno, cercando di comprendere qualcosa in tutto il
caos che lo circondava. «Credo ci siano state minimo due esplosioni, una vicino
al Ghirigoro e l’altra, la più forte, davanti alla Gringott. Ci sono moltissimi
feriti, temo che anche i morti saranno parecchi» avvisò, seguendo con lo
sguardo una ragazzina che non avrebbe potuto avere più di diciotto anni
inciampare e strisciare via con il terrore negli occhi. Doveva aver appena
finito Hogwarts, proprio la stessa età che lui aveva quando la Guerra era
caduta sulle sue spalle e su quelle di tutti i suoi amici e fratelli.
«Miei agenti sono in arrivo, tu vai a vedere cosa
puoi scoprire in frattmpo, ma non farti notare da Auror, tu non zei Banshee»
lo ammonì l’uomo, fulminandolo dall’altra parte dello specchietto con i suoi
minuscoli occhietti di un azzurro annacquato. Il suo tono di voce sembrò
tremolare leggermente alla fine, probabilmente per l’irritazione.
Dopotutto,
non era mai successo che qualcuno rifiutasse la sua proposta con una strillettera pernacchiante.
Ancora si
chiedeva per quale assurdo motivo avesse accettato di renderlo un collaboratore
esterno, piuttosto che limitarsi a cancellargli la memoria e togliere di mezzo
il problema come probabilmente erano soliti fare con tutti i soggetti non
idonei. Hermione aveva detto che il motto delle banshee era “Tieni gli amici
vicino, ma i nemici ancora di più”, cosa che poteva giustificare il disgustoso
numero di psicopatici che potevano essere conteggiati fra le loro fila. Anche
Fred era da considerare fra questi? Troppo utile e pericoloso per restare
ignaro di tutto, ma non abbastanza coraggioso da accettare la proposta? I suoi
pregi dovevano necessariamente superare i suoi difetti.
«Vado a
dare un’occhiata, ma credo che gli Auror siano già arrivati» avvisò il gemello,
chiudendosi la porta alle spalle per assicurarsi che nessuno potesse entrare e
fare del male a George – se non l’aveva seguito nonostante tutto, doveva stare
più male di quanto non avesse immaginato – ed avviandosi allora controcorrente
rispetto alla folla terrorizzata. La bacchetta che teneva in pugno sembrava
notevolmente più calda, quasi avesse percepito il pericolo e volesse mantenerlo
più all’erta possibile. Qualcuno, come lui, stava cercando di raggiungere il
centro delle urla: un paio erano Auror colleghi di Harry, altri erano
probabilmente giornalisti ed era assolutamente certo di aver notato un
Indicibile sparire fra le ombre con aria preoccupata. Il Ministero si era già
messo in moto, ma lui non dubitava del fatto che, nonostante il Supervisore lo
avesse avvisato del prossimo arrivo
delle sue squadre, alcune Banshee fossero già sul posto.
Erano
come dei bravi battitori: sempre nel posto giusto al momento giusto.
Una
bambina, poco lontana da lui, inciampò nella sua fuga, rovinando al suolo con
un tonfo sordo. Aveva dei grandi occhi verdi velati di lacrime, i capelli
castani disordinati a causa della fuga. Intorno a lei, uomini e donne
terrorizzati continuarono a correre, incuranti di quello scricciolo in
difficoltà e sul punto, più di una volta, di schiacciarla. Fred scattò in
avanti, afferrandola per le spalle un attimo prima che un uomo parecchio avanti
con l’età le rovinasse malamente addosso e salvandola, fortunatamente, da
quella che avrebbe rischiato d’essere la sua morte. La strinse al petto,
incurante delle urla belluine del Supervisore che ancora era in collegamento
tramite lo specchietto tornato in tasca, e si spostò velocemente verso il bordo
della strada, nascosto dietro dei barili che erano rimasti al loro posto grazie
ad un incantesimo di protezione simile a quello che lui e George avevano
scagliato contro i Tiri Vispi.
Era
stranamente familiare e la cosa lo stava terrorizzando.
«Voglio
la mia mamma» stava mormorando la bambina, scossa dai singhiozzi, nascondendosi
contro il petto del mago come se non avesse più voluto vedere ciò che la
circondava. «Voglio tornare dalla mia
mamma» pianse più forte, tremando come una fogliolina.
«Va tutto
bene, piccoletta» provò a tranquillizzarla, dandole qualche pacca amichevole
fra i capelli in un blando tentativo di conforto. Lui non era bravo con i bambini tanto piccoli. Mai stato bravo.
Preferiva giocarci e poi rimandarli dai genitori una volta finito il
divertimento. Ma in quel momento non aveva molta scelta, no? Non c’era altro
che potesse fare, se non ingoiare la sua ansia e fare del suo meglio. «Puoi
dirmi il tuo nome, uhm? Così posso aiutarti a trovare la tua mamma».
«Freddie,
dov’è Percy? Percy salva la mamma!».
Con
orrore, Fred realizzò di ritrovarsi faccia a faccia con la figlia di Audrey
Runcorn5.
Audrey,
la fidanzata di Percy e ragazza madre.
Che
lavorava alla Gringott.
«Cazzo».
Aveva
appena fatto in tempo a riportare la bambina al sicuro nel negozio, tirando con
sé due donne con bambini piccoli ed un ragazzo che avrebbe dovuto avere più o
meno la sua età che era stato ferito alla testa, quando George sbucò da oltre
la porta che separava le due zone del locale, pallido ma fortunatamente sulle
sue gambe. Non guardò nessuno, correndo davanti a lui, la bimba tremante ancora
fra le braccia. Non gli disse nulla, perché non fu necessario. Il viso già
sbiancato di George variò verso una tonalità verdognola, avvicinandosi per
stingere la spalla del gemello.
«Sta
bene?» chiese, ansioso, facendo per allungare la mano per sfiorarle la piccola
schiena ma fermandosi a metà strada, terrorizzato. «Dov’è sua madre?» aggiunse,
in un sussurro spaventato. Entrambi avevano in mente, con buone probabilità, il
modo a dir poco disperato con cui Percy aveva reagito alla morte di Ron. Se
avesse perso anche Audrey, l’unica
capace di tirarlo fuori dalla spirale di disperazione che l’aveva quasi portato
sull’orlo del baratro, non sarebbe sopravvissuto. Non poteva perderla. Non
potevano, non quando la bambina stretta al petto di Fred piangeva e cercava
inutilmente sua madre.
«Ho
trovato la piccola a qualche metro di distanza» sussurrò Fred, cullandola
leggermente e sperando di poterla calmare. «Ci sono state almeno due esplosioni
e una certamente alla Gringott. Prendi lei, io torno a cercare Audrey» spiegò,
velocemente, alzando gli occhi al cielo quando George lo fissò come se fosse
impazzito. «Non fare così, sappiamo entrambi che devo andare, prima che Percy si precipiti qui come un animale
impazzito. Mandagli un Patronus, digli di venire in negozio, sono sicuro che la
piccola si fidi di più e probabilmente il potersi rendere utile gli impedirà di
dare di matto subito».
George
scosse il capo, decisamente poco convinto, lanciando nel frattempo uno sguardo
alle altre poche persone che erano al sicuro nel negozio. C’erano altri bambini
che piangevano ed il ragazzo non aveva ancora smesso di sanguinare. Dovevano
essere aiutati. «Freddie, tu non sei
un Auror. Cosa credi di fare, arrivare lì e confonderti in mezzo a loro?».
Quasi
richiamato dalla situazione, lo specchietto usato dal Supervisore iniziò a
vibrare nella tasca del gemello. Avevano bisogno di lui? «Georgie, prendi la
bambina e fidati di me. Non mi metterò in pericolo, me la sono sempre cavata e
continuerò a farlo» lo rassicurò, con un tono decisamente più autoritario.
Stare così spesso a contatto con le Banshee, seppur per brevi periodi, lo aveva
aiutato a tirare fuori il Malocchio Moody che era in lui. «Avverti Percy e
prenditi cura di loro. Non far entrare troppa gente finché loro non saranno al
sicuro, non possiamo sapere chi ha causato le esplosioni, il rischio è troppo
grande» sbottò, piegandosi di lato così da lasciargli sufficiente spazio per
prendere la piccolina.
Il modo
in cui George lo guardò sembrava promettere una lunga discussione, una volta
risolto quel problema. Fino a quel momento aveva potuto nascondere quella parte della sua vita, ma non
c’era modo di tenere a lungo quel segreto, non quando era evidente a lui stesso
che il vecchio Fred non si sarebbe
mai buttato nella mischia da solo. Ma il vecchio Fred era morto nel momento
stesso in cui Hermione era entrata a far parte delle Banshee.
«Vieni,
Eddie» mormorò il gemello senza un orecchio, staccando la piccola tremante dal
fratello, seppur con molta difficoltà. Il modo in cui lei chiamava sua madre
era sufficientemente disperato da spezzare il cuore dei due. «Sta’ attento e se
non la trovi torna subito qui».
Fred
annuì quando già era ad un passo dalla porta. Ancora una volta, la voce del
Supervisore lo raggiunse quasi contemporaneamente alle urla della folla
spaventata.
«È Obscurus,
le zquadre è arrivate».
» Marnie’s Corner
Bentrovati e
bentornati, cari amici di EFP!
Prima di tutto, ho una pagina facebook!
Seguitemi per futuri aggiornamenti!
Capitolo
FredCentrico, perché io lo amo e volevo dare più spazio a lui ed a Georgie.
Fred non è morto ed è
molto utile, qualcuno dovrebbe dirlo alla Rowling, con Ron fuori dai piedi si
sta molto meglio, non è vero?
#SaveFred
Punti importanti:
» *
- O Morte/
beh io sono la Morte, niente può essere superiore/ Aprirò le porte del Paradiso
o dell'Inferno/ Oh Morte/ Oh Morte/ Il mio nome è Morte e la fine è qui. Ahah direttamente da
Supernatural, perché ancora non c’erano stati riferimenti. Soprattutto perché
la bambina mi fa pensare tantissimo alla prima “incarnazione” di Lilith, il
primo demone.
» 1
– Per chi non l’avesse capito, la bambina
che è diventata Obscurus è anche la stessa bambina Hocrux che Harry vede nel
suo sogno, nei primi capitoli. Tiresias ha convinto Voldemort a “sfruttarla”
così da avere un bambino estremamente magico da poter utilizzare per i suoi
scopi.
» 2
– Qualcuno mi aveva chiesto, in un commento, se Fred avesse davvero rinunciato
al suo ruolo nelle Banshee per colpa di George. La risposta è sì, perché la relazione che esiste fra
gemelli è completamente su un altro livello, specialmente quella fra Fred e
George. Si tratta di un legame spirituale più che biologico, Fred preferirebbe
sapere il fratello al sicuro e non se stesso. L’aver mantenuto il segreto
riguardo la sua collaborazione con le Banshee l’ha torturato per anni.
» 3
– Piccola spiegazione: Fred e George, con i loro esperimenti, tendevano a
far saltare in aria mezza stanza. Per evitare di dover sempre ricostruire tutto
e dar spiegazioni ai vicini hanno lanciato una specie di incantesimo
ammortizzatore sul negozio: tutte le vibrazioni esterne (suono, esplosioni ecc…)
non vengono sentite all’interno e viceversa. L’incantesimo è fatto in modo tale
che, quando il negozio è “chiuso”, soltanto i gemelli possano aprire la porta d’ingresso,
per questo motivo nessuno si è precipitato all’interno, se non invitato
direttamente da Fred. Perché non ha invitato tutti ad entrare e mettersi al
sicuro, se non soggetti scelti personalmente? Perché Fred e George sono stati “addestrati”
da Malocchio Moody. Vigilanza costante.
» 4
- George non è stato scartato dalle Banshee perché stava antipatico al
supervisore. Per quanto la Rowling non abbia detto nulla sulle sue condizioni,
la magia nera che gli ha strappato via l’orecchio ha danneggiato
permanentemente il suo equilibrio, oltre che l’udito. Uno dei più grandi
battitori della storia di Grifondoro oggi non può neppure stare su una scopa
senza cadere giù. È una cosa molto triste ed è il principale motivo per cui
Fred non parla mai di Quidditch, se può evitarlo.
» 5
– Avevo già accennato alla fidanzata di Percy. Sì, so di uscire dal Canon
dandole una figlia che non si chiami Molly o Lucy, ma lasciatemi la licenza. La
bimba mi serve (ed il nome Edelweiss mi piaceva troppo per non usarlo, shhh).
Il
povero Georgie non ha idea di cosa cazzo stia
succedendo, aiutatelo.
AVVISO:
Poiché
in questa settimana (in realtà domani, il 25) ci sarà il mio compleanno,
seguito da altri tre in famiglia, la settimana prossima non ci sarà l’aggiornamento!
Tuttavia, e questo vale per chi
mi segue dalla mia prima ff, potrebbe arrivare
qualcosina collegata all’universo de Lo Specchio. Qualcosa con i piccoli Granger-Malfoy,
perché ho iniziato a buttare giù qualcosina su Alexander e Vivian Malfoy, Albus
Potter e Lucretia Goldstein, con possibili apparse degli altri. Ma è tutto
moooolto ipotetico!
Per chi volesse dare uno sguardo:
QUI troverete la long fic da cui tutto ha origine (ed a cui ho fatto mille riferimenti, troverete anche la prima versione del Dottor Crave).
QUI troverete la seconda breve long che segue, in cui appaiono altri personaggi importanti (e che riprende il ciclo arturiano, perché io sono pazza).
QUI invece troverete la one shot in cui appaiono già i ragazzi citati (Alexander Malfoy, Albus Potter, Vivian Malfoy e Lucretia Goldstein), oltre che una negromante in azione.
Per altre
comunicazioni/anticipazioni/esaurimenti nervosi, vi aspetto su facebook!
Grazie ancora a chiunque leggerà,
-Marnie