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Autore: The Land Of Disagio    21/08/2017    6 recensioni
Raccolta di one-shot sulla Vikturi in tutte le sue salse, perchè questa ship merita di essere apprezzata ancora di più.
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#1 - Mine
#2 - His sweet angel
#3 - Phobia
#4 - Revenge
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[attenzione al genderbender]
[attenzione all'angst]
[raiting temporaneo]
[possibile avvistamento di Fem!Otayuri selvatico]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Altri, Victor Nikiforov, Yuuri Katsuki
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Piccoli declaimer prima di iniziare!
Questa one-shot è il diretto seguito della prima, "Mine", che ha riscosso un'inaspettato successo, quindi ecco a voi la seconda parte, come mi avete chiesto. Vi consiglio di rileggere la prima parte che non vi ricordate la vicenda. Spero che vi piaccia.
Buona lettura


Revenge


Erano passati esattamente dieci giorni, venti ore e ventitré minuti da quello strano incidente.

Victor seguì con lo sguardo la sua studentessa che sfrecciava sulla pista mentre si allenava fino allo stremo delle forze, sospirando esasperato poggiando il mento sulla mano. Una parte di lui aveva sperato, e sperava tutt’ora, che qualcosa si sarebbe evoluto nel loro rapporto, ma erano di nuovo al punto di partenza.

Yuri aveva trascorso i primi due giorni ad essere infuriata con lui, anche dopo avergli urlato in faccia per mezz’ora senza interruzioni la sera stessa, chiusi in camera sua, prima di cacciarlo via a calci senza che potesse dare fiato alle corde vocali. I cinque giorni seguenti la situazione si era calmata, Yuuri sembrava aver sbollito la rabbia e riusciva a guardalo in faccia senza fulminarlo, anche era fredda con lui, troppo impegnata ad applicare costantemente uno strato di fondotinta sulla prova del loro piccolo peccato.

Inoltre si erano dovuti sorbire continue domande allusive da parte di Mari e del signor Katsuki, mentre Hiroko, dal canto suo, viziava il giovane coach come se fosse suo figlio con qualsiasi leccornia, cominciando a chiamarlo Vicchan.

Passata quella settimana difficile, e scomparso il livido dal suo collo, Yuri era tornata quella di prima, pregi e difetti. Era sempre la sua dolce cotoletta che si imbarazzava e arrossiva ogni volta che le rivolgeva la parola.

Era quello il problema. Non era cambiato niente, nemmeno una virgola.

Yuri sembrava essersi completamente dimenticata di che cosa fosse successo tra loro quella sera alle terme, come se niente fosse accaduto, peccato che per lui non fosse così.

Non c’era notte che non sognava quei momenti che si erano impressi a fondo in lui, più di quanto si sarebbe mai aspettato. A volte, nella sua immaginazione, si spingevano ben oltre, troppo oltre.

La sua testa lo portava a pensare a lei che ricambiava il suo gesto, salendo spavalda sul suo grembo, sensuale e irresistibile come quando danzava sulle note di Eros, oppure l’afferrava per i fianchi, schiacciandola contro una roccia per baciarla fino a toglierle il respiro, spingendosi in lei fino a farle urlare il suo nome.

Ogni volta che capitava si svegliava di soprassalto, deluso del fatto che fosse solo una mera illusione e con un problemino che chiedeva di essere risolto, pena una notte in bianco passata a rigirarsi nel letto, e i tentativi di resistere erano chiaramente tutti falliti miseramente.

Era tutto inutile, la sua piccola ed insicura cotoletta era entrata nella sua testa fin da quel fatidico Gala dopo il Gran Prix, e quella strana convivenza aveva solo cementificato la cosa. Non sapeva come chiamare quel sentimento, non aveva mai provato un sentimento simile, ma di una cosa era assolutamente certo: di Yuri Katsuki non voleva solo il corpo.

L’aveva desiderata fisicamente fin dal loro primo ballo insieme, fin dalla prima volta che le aveva visto ballare “On Love: Eros”, ma da quando le aveva lasciato quel succhiotto aveva capito che ciò non gli bastava più. Voleva tutto di lei, vivere ogni sua piccola sfaccettatura, e non lasciarla più.

Era questo l’amore?

Viktor non lo sapeva, aveva ormai accettato da tempo il fatto che non aveva mai provato quel sentimento, e che mai l’avrebbe provato, ma Yuri… Yuri era diversa, e aveva completamente ribaltato il suo modo di vedere la vita.

L’uomo venne risvegliato dal suo lungo viaggio mentale da un sordo tonfo tipico di una caduta sul ghiaccio e una imprecazione borbottata in giapponese.

“Yuri, stai bene?”

“Sì, è solo una botta”

Viktor si spinse con i pattini per raggiungere la sua pupilla, seduta in mezzo alla pista reggendosi il ginocchio, il volto contratto in una smorfia di dolore.

“Non sei mai caduta dopo un salto così facile, sicura che vada tutto bene?”

“Ho detto di sì”

“Yuri!”

“… mi fanno male i piedi”

Viktor alzò gli occhi al cielo. Aveva visto giusto.

“Fammi controllare”

L’uomo si inginocchiò al suo fianco, stendendole la gamba lesa stando attento a non farle troppo male, e l’espressione della ragazza si rilassò, sospirando per il sollievo al contatto con il freddo ghiaccio. Viktor prese l’orlo della tuta della ragazza, sentendola rabbrividire al contatto.

“Voglio solo controllare che sia tutto a posto, piglet-chan”, ridacchiò malizioso, ammiccandole mentre il volto della giovane diventava da bianco latte a rosso pomodoro, arrotolando il pantalone fino al ginocchio. Non era gonfio, probabilmente si sarebbe formato un ematoma, ma niente di grave.

“Basta un po’ di ghiaccio e di riposo, e tutto sarà a posto per domani. Per oggi basta così, ok? Ancora abbiamo due mesi prima della qualificazione”

Yuri si limitò ad annuire, chiaramente contrariata da quell’interruzione forzata, mentre faceva leva sulle braccia per alzarsi solo per essere fermata immediatamente da Viktor, che l’ammonì. “Ferma, rischi di farti ancora più male. Ti porto io, su”

Un brivido le percorse la spina dorsale mentre sentiva le braccia di Viktor cingerle la vita e posizionarsi sotto l’incavo delle ginocchia, in attesa che Yuri allacciasse un braccio intorno al collo, cosa che fece trattenendo il respiro.

In quel preciso istante, la ragazza realizzò quanto gli piacesse essere portata in braccio in quel modo. Sentiva di poter stare lì, accoccolata contro il petto di Viktor, per tutta la vita. Sì, stare tra le braccia di Viktor le piaceva, e quasi andò in autocombustione quando realizzò cosa aveva appena pensato.

Dio, voleva morire.

L’uomo la fece sedere sulla panca a bordo pista, congedandosi da lei giusto quel paio di minuti necessari per recuperare una borsa del ghiaccio.

La ragazza, rimasta sola, intrecciò le mani sul grembo, fissandole ossessivamente mentre si perdeva nelle proprie riflessioni. I tentativi di farsi da parte e mantenere con Viktor un normale rapporto strettamente professionale andava sempre più disgregandosi.

Aveva fatto del suo meglio per cancellare tutto, far finta che non fosse successo nulla, ma la realtà era che non aveva dimenticato proprio niente. Più provava a ritornare a quel sentimento puro di ammirazione che provava fin da quando era ragazzina, più realizzava di non essere più in grado di tornare indietro.

Ormai quell’innocente sentimento si era sporcato di qualcosa di più adulto man mano che cresceva, mentre da adolescente grassottella diventava donna. Era cambiata, e con lei era cambiato il suo modo di vedere le cose, il modo di vedere Viktor. Era cambiato anche il modo in cui gli uomini la guardavano, a detta di sua madre.

Non aveva smesso di pensarci fin da ancor prima di ritornare da Detroit, e non riusciva a smettere di ripensare alle parole di Mari, proprio quella sera di dieci giorni prima.

“Allora, ti decidi a raccontarmi come ti sei ritrovata con quel coso sul collo sì o no?”

“No”

“Non ti ho chiesto se ha un’arma impropria nel pacco, Yuri. Voglio solo sapere come è successo”

“No”

“Oddio, l’avete davvero fatto!”

“NO!”

“Certo, i succhiotti compaiono per magia. Pensi che io sia scema?”

“No…”

“...”

“...”

“Almeno ci dà dentro come si deve?”

“OH PER TUTTI I KAMI! NON ABBIAMO FATTO NIENTE!”

Mari Katsuki rise di gusto. Adorava far arrabbiare la sua sorellina.

Posò una mano dove, da quanto vedeva, si trovava la testolina della ragazza accuratamente coperta dal lenzuolo, cercando di arruffarle i capelli corvini anche attraverso la stoffa. La conosceva da più di vent’anni, sapeva come era fatta più di chiunque altro, ed era perfettamente consapevole che l’unico modo per sbloccarla era farla infuriare.

Con un sospiro esasperato, invitò la sorella a sfogarsi.

“Dai, raccontami”

Yuri narrò l’accaduto in un fiume di parole e imprecazioni, urlando contro il cuscino tutta la sua frustrazione per quella situazione scomoda. Mari rimase in silenzio tutto il tempo, limitandosi ad annuire di tanto in tanto.

Quando finalmente Yuri finì di raccontare, la donna scoppiò a ridere. Cavolo, non si aspettava che Viktor fosse così audace e sfacciato al punto di spingersi a tanto, anche se, da una parte, da come la mangiava con gli occhi, si era aspettata molto di più da lui.

"Ma dai, povero, e l'hai preso a calci per un succhiotto? Ma ancora non l'hai capito perché ti provoca in continuazione?"

Yuri fece spuntare i suoi occhioni scuri dalle lenzuola, puntandoli su quelli uguali della sorella.

"Che intendi?"

Mari scosse la testa esasperata. Dai, non poteva essere così ingenua.

"Scema, gli piaci. Ti guarda nello stesso modo in cui tu guardi una ciotola di Katsudon di mamma dopo un digiuno di tre anni. Fosse stato per lui, probabilmente sarei stata attirata qui da ben altre urla, non so se mi spiego"

Yuri sentì il sangue rovesciarsi sul suo volto, arrossendo all'inverosimile mentre rituffava il viso nel cuscino e si tirava nuovamente le lenzuola sopra la testa. No, era impensabile che Viktor fosse attratto da lei.

Un dio greco come Viktor con una ragazzetta che lui stesso chiamava "cotoletta"? No, impossibile. Nemmeno nei romanzi rosa succedevano cose del genere, la protagonista è sempre bella da far male, sicura di sé e con una fila infinita di uomini che le fanno la corte, mentre lei è... Beh, lei.

Mari alzò gli occhi la cielo mentre ascoltava lo sproloquio della sorella, lasciandola parlare. Alla fine si stese al suo fianco, scoprendole il volto rigato dalle lacrime che le strappò un sorriso intenerito.

Yuuri poteva anche avere cinquant'anni, i capelli bianchi e diventare nonna, ma per Mari sarebbe sempre rimasta la sua sorellina con il talento nel farsi inutili problemi mentali.

"Ascoltami, zuccona, vuoi davvero continuare a screditarti per tutta la vita? Ci sarà un motivo se Viktor è venuto dalla Russia al Giappone senza preavviso per allenarti e se non perde occasione per tentare di flirtare con te. Si è persino palesato nell'ala femminile per farsi un bagno con te e ti ha fatto uno stramaledetto succhiotto, suvvia! Parlaci, diamine, hai una cotta stratosferica per lui da quando avevi dodici anni! Vuoi che resti una figura di un poster per sempre?"

Mari si era fatta promettere, anzi, giurare, che gli avrebbe parlato alla prima occasione, ma Yuri sapeva che non ne avrebbe mai avuto il coraggio. Dopotutto, Viktor sarebbe tornato in Russia nel giro di pochi mesi, e l'avrebbe lasciata sola, quindi...

“Yuri”

La voce del russo la distolse dai suoi ricordi, e il suo sguardo cadde sulla borsa di ghiaccio e la pomata tra le sue mani. Arrotolò silenziosamente il pantalone fino a metà coscia, tendendo una mano per farsi passare il necessario per mendicarsi, ma Viktor si inginocchiò dinanzi a lei, slacciandole il pattino.

“Faccio io, permettimi di aiutarti”

Yuri deglutì, annuendo senza emettere fiato mentre si lasciava sfilare il pattino. Un piccolo gemito di dolore le sfuggì quando Viktor le tolse anche il calzino macchiato di sangue, rivelando un piede completamente distrutto, ricoperto da piaghe insanguinate, vesciche, lividi ed abrasioni. Il giovane coach si morse il labbro inferiore, investito dal senso colpa. Non si aspettava che stesse così male.

Forse ci era andato troppo pesante con lei, non avrebbe mai dovuto permetterle di portarsi così oltre il limite. Quella cotoletta stava esagerando.

“Domani niente allenamenti, andremo al mare”

“Ma-”

“Niente ma. Guardati! Devi riguardarti di più, Yuri, francamente sono sorpreso che tu riesca a camminare in queste condizioni”

Il tono perentorio di Viktor non lasciava spazio a repliche, e Yuri non poté far altro che annuire mentre l’uomo applicava la pomata sul ginocchio, passando a massaggiare l’intera coscia, sciogliendo il muscolo contratto, per poi passare ai piedi piagati, prestando attenzione ad ogni piccola ferita.

La ragazza non riuscì a trattenere un sospiro sollevato grazie a quel balsamo che rinfrescava le escoriazioni, poggiando la testa contro il muro e chiudendo gli occhi per un tempo che le sembrò infinito mentre Viktor continuava a massaggiare.

Era una sensazione paradisiaca, nessuno si era preso così cura di lei quando si faceva male durante un allenamento.

Per un momento Yuri si dimenticò di tutto, del succhiotto, della chiacchierata con Mari, del discorso che stava preparando per Viktor. Si concentrò sui suoi muscoli doloranti che si stavano sciogliendo, finché non sentì le labbra dell'uomo posarsi sul ginocchio e sul piede.

Rabbrividì, sgranando gli occhi e incontrando quelli azzurri del russo.

"C-cosa stai facendo"

Viktor ridacchiò, ammiccando.

"Sai, ai bambini si dice che basta un bacino sulla bua per guarire in fretta"

"Non siamo bambini, Viktor", sbuffò la giovane, "Io non sono una bambina"

Sul volto dell'uomo comparve un'enorme ghigno, facendo leva sulle braccia per portarsi al livello del volto della giovane.

"Sai, Yuri", le bisbigliò a pochi centimetri dalle labbra, "se si afferma qualcosa, bisognerebbe essere in grado di dimostrarlo"

Mai come in quel momento Yuri si era sentita in trappola. Schiacciata contro il muro, intrappolata dalle braccia di Viktor, che era terribilmente vicino al suo volto e desideroso solo di chiudere quell'irrisoria distanza.

Chiuse gli occhi in attesa, mordendosi il labbro inferiore, e di sicuro Viktor la fece aspettare un secondo di più.

Si spinse contro la sua bocca, facendo pressione per fargliela schiudere. Yuri gli afferrò i capelli argentei, tirandolo a sè, e l'uomo, incoraggiato da quel gesto, cercò con la lingua la sua gemella mentre portava le mani sui fianchi della ragazza, portandola più vicino.

Entrambi persero la cognizione del tempo mentre le loro bocche continuavano a rincorrersi, a mordersi e leccarsi, totalmente incapaci di staccarsi, finché la necessità d'aria non li costrinse a separarsi.

I loro respiri caldi e affannati si mischiarono mentre cercavano di ricomporsi, e, guardandolo, Yuri pensò che Viktor, con le guance arrossate e le labbra gonfie dai baci e dai piccoli morsi, non era mai stato così bello. I suoi occhi chiari era lucidi e colmi di desiderio, e il sorriso splendente che gli illuminò il volto le scioglieva il cuore.

L’uomo si alzò non prima di averle lasciato un ultimo bacio sulla fronte, porgendole la mano.

“Ritorniamo a casa, va bene?”

Con un sospiro, Yuri afferrò la mano che era stata offerta, tirandosi su. Si cambiò in fretta nello spogliatoio, e quando uscì Viktor era lì fuori dalla porta, già pronto ad aspettarla con il suo solito sorriso a forma di cuore.

La prese di nuovo per mano, non lasciandola mai nemmeno una volta usciti dal palaghiaccio, e Yuri poteva sentire gli occhi di Yuuko puntati su di loro.

Diamine, si sarebbe beccata un interrogatorio anche da lei.

Viktor propose di prendere un taxi, ma la donna lo rassicurò del fatto che non ci sarebbe stato bisogno, camminando verso a casa sempre mano nella mano, chiacchierando di tutto e niente come se nulla fosse. Yuri non si aspettava di sentirsi così a suo agio nel comportarsi con lui come se fossero una vera coppia.

Ci mise tre secondi a realizzare che ciò le piaceva. Due secondi per sentirsi morire per l’imbarazzo per l’accaduto. Un secondo per disilludersi.

Solo perché si erano baciati, non voleva dire che Viktor provava qualcosa per lei. Magari voleva solo giocare un po’, divertirsi senza impegno, e ciò sarebbe stato più che legittimo, erano entrambi adulti, ma lei non sarebbe riuscita a mantenere un rapporto del genere.

Non ci sarebbe riuscita perché... per lui provava di una semplice cotta.

Sfilò improvvisamente la mano, ammutolendo l’uomo accanto a sé, rimanendo il completo silenzio per tutto il resto del tragitto. L’atmosfera serena che si era creata si spezzò irrimediabilmente, lasciando il posto ad una tensione piena di imbarazzo, e Viktor desiderò ardentemente potersi prendere a schiaffi da solo.

Cosa aveva sbagliato? Aveva detto qualcosa che l’aveva turbata? Si era pentita del bacio?

Perché quella benedetta ragazza era così complicata?

“Yu-”

“Vado a farmi una doccia. Ci vediamo a cena”

Viktor si limitò ad annuire, guardando confuso la schiena della ragazza che spariva dietro la porta dello spogliatoio femminile delle terme.

Quella sera però, non cenarono insieme come usavano fare.

Il russo l’attese a lungo nella sala da pranzo, sbocconcellando il suo pasto sotto lo sguardo attento di Mari, che lo squadrava con aria indagatrice.

“Se stai aspettando Yuri, è tutto inutile. Ha sgranocchiato qualcosa in cucina e si è chiusa in camera”

Il tono della donna era preoccupato. Vedere la sorella con gli occhi gonfi e rossi e rinunciare alla cena l’aveva inquietata, e lo sguardo perso di Viktor non calmava il suo animo.

“Oh… grazie”

Mari si piegò sul ginocchio per poterlo guardare negli occhi, afferrando il bavero dello yukata verde.

“Senti, bell’imbusto, vediamo di mettere le cose in chiaro. Yuri è la mia sorellina, ed è mio dovere assicurarmi che nessuno la faccia soffrire. Falle del male e ne risponderai a me”

Viktor sgranò gli occhi, colpito da tale forza mentre gli occhi color nocciola della donna, uguali a quelli della sorella minore, lo incatenavano per dare più valenza alle sue parole. Le sorelle Katsuki si assomigliavano fisicamente quanto erano caratterialmente agli antipodi, e questo l’uomo l’aveva capito dalla prima volta in cui le aveva rivolto la parola.

Yuri non aveva nemmeno il decimo della sicurezza della maggiore, ed ancora meno forza, e per questo considerava la sua sorellona un’importante pilastro sul quale appoggiarsi quando aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, e il loro profondo legame era invidiabile.

Viktor annuì silenziosamente mentre Mari lo lasciava andare e si alzava per andare a servire gli altri clienti. Finì in fretta il suo pasto ormai freddo, tamponandosi le labbra con il tovagliolo e alzandosi con in mente una direzione precisa: la camera di Yuri.

Non si poteva permettere di aspettare oltre.

Con un sospiro, bussò con veemenza contro la porta per poi provare ad abbassare la maniglia, ma la serratura era chiusa dall’interno e nessuno rispose.

“Yuri sono io, apri”

Dal canto suo, dall’interno, la ragazza si rifugiò sotto le lenzuola, affondando la testa contro il cuscino per evitare di emettere suoni. Non aveva il coraggio di affrontarlo, non adesso, non dopo quel bacio che si ripeteva nella sua mente, quindi si limitò a fingere di essere profondamente addormentata.

Ma, oltre quella semplice asse di legno, Viktor era deciso a parlare con lei, a costo di svegliare gli altri clienti. Continuò a bussare con insistenza, sempre più forte, e per un momento Yuri ebbe paura che l’uomo avrebbe buttato giù la porta.

“Yuri, ti prego, fammi entrare! So che sei sveglia, per favore, voglio solo parlare”

La ragazza tirò via il lenzuolo dal volto, mettendosi a sedere sul materasso mentre passava le mani tra i capelli, tirandoli con forza. Sapeva che stava solo rimandando l’inevitabile, prima o poi avrebbero dovuto affrontare il discorso per il bene del percorso che avevano deciso di intraprendere insieme.

“Yuri, apr-”

“Arrivo”

Viktor tirò un sospiro di sollievo nel sentire il chiavistello interno scattare e la porta aprirsi leggermente. Dietro di essa Yuri fece capolino con la testa, imbarazzata e avvolta in una vecchia e larga maglia azzurra fungente da pigiama che le lasciava una spalla scoperta e copriva poco sopra il ginocchio.

Spalancò l’uscio assicurandosi di essere coperta da essa, permettendo al suo affascinante allenatore di entrare, chiudendola subito dietro di sé. Tirò su i suoi capelli corvini per legarli in una crocchia disordinata con un elastico, afferrando poi il lembo dalla maglia nel tentativo di renderla più coprente.

Anche struccata, con gli occhiali storti e i capelli arruffati, agli occhi di Viktor rimaneva la donna più bella e desiderabile che avesse mai visto.

Si sedettero in silenzio sul letto, tenendosi a debita distanza l’uno dall’altra. Yuri sospirò profondamente, intrecciando le dita sul suo grembo, indecisa da dove iniziare e che cosa dire, ma non ci fu bisogno di parlare, perché Viktor lo fece al posto suo.

“Senti… mi dispiace, temo di aver esagerato prima. Non volevo forzarti a fare qualcosa che non volevi, è che…”

Le parole morirono sul nascere, e Yuri alzò lo sguardo per osservarlo. Viktor aveva gli occhi puntati sul pavimento, le mani strette a pugno che stringevano forte le lenzuola, le labbra serrate in una stretta linea e i piedi ben piantati a terra. Tutto nel suo atteggiamento tradiva il suo forte senso di disagio, cosa che la ragazza non credeva lui fosse capace di provare.

“N-non è colpa tua, c-cioè, a-anche io n-non ho fatto niente per fermarti, insomma, cioè… Non ti devi sentire in colpa, ecco…”

Dio, si sentiva un’impedita! Con lui non riusciva nemmeno a pronunciare una frase di senso compiuto!

Viktor si lasciò sfuggire una lieve risatina mentre si raddrizzava, sorridendole dolcemente. La sua timidezza e la sua spontaneità era il suo maggior punto di fascino, e ciò che la rendeva così speciale.

“Sono felice, la mia unica paura era di aver rovinato ogni cosa tra di noi”

Il Russo si alzò, passandosi una mano tra la sua chioma argentata. Si chinò verso di lei, sfiorandole la fronte con le labbra.

“Tutto sarà come prima, mi dimenticherò di oggi, se questo è ciò che vuoi, ma sappi che non mi pento affatto di averti dato quel bacio, Yuri”

Il cuore della donna perse un battito, per poi frantumarsi in migliaia di pezzi.

No, non voleva che le cose tornassero come prima.

Perché non riusciva ad esprimere i suoi sentimenti? Perché tutto era così difficile?

“Si è fatto tardi, ti lascio dormire. Buonanotte, piccola”

Si avviò verso la porta, ma la sua mano non riuscì a spingere sulla maniglia che si sentì spingere contro la fredda asse di legno. Deglutì, sentendo il corpo piccolo e caldo della giovane premere contro il suo mentre le braccia snelle stringevano il suo torace e premeva il suo volto contro la sua ampia schiena.

“Yuri…”

La donna non lo vede parlare, lo girò in modo che la schiena dell’uomo aderisse contro l’uscio, incontrando il suo sguardo confuso.

Era tempo di prendersi la sua piccola vendetta.

Prese un profondo respiro per prendere coraggio, per poi alzarsi leggermente sulle punte per attaccare la gola del suo avvenente coach, leccando e suggendo, ricalcando gli stessi gesti che lui aveva compiuto con lei quella sera nell’onsen. Un piccolo moto d’orgoglio la spinse a continuare con più determinazione quando Viktor si lasciò sfuggire un soffocato gemito d’apprezzamento.

Gli prese i polsi, spingendoli verso la porta, tenendoli fermi per avere più mobilità. Viktor non sembrava affatto intenzionato a fermarla, quindi Yuri riprese da dove aveva iniziato, spingendo un ginocchio tra le sue gambe per permettersi di avvicinarsi.

Morse, leccò e succhiò ogni centimetro che poteva raggiungere di quel lungo collo bianco, godendosi i gemiti sempre meno controllati dell’uomo tra sue braccia. Un brivido le percorse la schiena quando sentì l’erezione del Russo, ancora costretta nei boxer, premere contro la sua coscia.

Viktor non riusciva a credere cosa stava succedendo. La sua mente era completamente annebbiata dalla lussuria, non riusciva più a controllarsi, l’unica cosa che riusciva a sentire erano quelle soffici labbra che tanto desiderava baciare sulla sua pelle. Non ricordava più nemmeno come erano finiti in quella situazione, sapeva solo che non voleva che Yuri smettesse, e ad ogni secondo che passava desiderava sempre di più spingersi molto oltre.

Appena la presa sui suoi polsi si allentò lievemente, Viktor ne approfittò per liberarsi dalla stretta, portando le mani sui fianchi sottili che gli riempivano deliziosamente le mani, spingendola ancora più vicino.

Yuri si staccò da quel povero collo martoriato, riprendendo fiato e nascondendo il volto nell’incavo della spalla di Viktor mentre l’uomo l’avvolgeva in un forte abbraccio.

“Non voglio che tu dimentichi”

Fu un sussurro, niente più che un sussurro, ma fu più che sufficiente per portare Viktor oltre il limite dell’umana follia.

Portò le mani sotto i glutei, facendo leva per sollevarla, strappando un grido sorpreso a Yuri, che istintivamente allacciò le gambe intorno ai suoi fianchi. Viktor ribaltò le posizioni, schiacciandola con un tonfo sordo contro la porta, reclamando immediatamente le sue labbra.

Se prima Yuri considerava il bacio scambiato quel pomeriggio in pista come il più bello e passionale che avesse mai ricevuto, anche se non c’era molta competizione, niente si equiparava alla foga e il desiderio che quel contatto reclamava. Ancoratosi al suo corpo, Viktor lasciò le sue mani libere di vagare su per le cosce della ragazza, inoltrandosi sotto la maglia del pigiama mentre con la bocca scendeva sempre di più verso la clavicola, lasciando un segno nello stesso punto della prima volta.

I gemiti di Yuri lo stavano mandando fuori di testa, voleva solo fare sparire quell’inutile pezzo di stoffa che gli stava impedendo di avere accesso ad un contatto diretto con il suo corpo.

Con un grugnito, saldò la presa sotto le sue cosce, e, continuando a baciarla, decise che una porta fosse decisamente troppo scomoda e che il morbido letto dietro di loro fosse molto più pratico per quello che aveva intenzione di farle.

La lasciò cadere sul materasso, afferrandola per il polpaccio per tirarla più vicino a sé, facendo scontrare con forza i loro bacini. Yuri sobbalzò nel sentire il letto cigolare sotto il loro peso mentre l’uomo si sistemava meglio tra le sue cosce, portandole una gamba intorno al bacino.

Viktor era ancora incredulo all’idea di quello che stava succedendo, e non esitò a toglierle gli occhiali e strattonare via quell’inutile maglia, tirandola su oltre la testa, bloccandole così le braccia, ed era ben felice di notare come al di sotto non indossasse altro a parte un paio di slip e un top sportivo che usava per dormire.

La ragazza si sentì bruciare sotto quello sguardo bramoso, e quando Viktor riprese a baciarla giurò di essere sul punto di morire per autocombustione. Le labbra dell’uomo continuarono a vagare lungo il collo della giovane, per poi passare al ventre morbido, dove si dilettò a mordicchiare quella pelle piacevolmente sensibile.

Yuri sentiva di stare per impazzire, non riusciva più a rimanere connessa con la realtà, sapeva solo che desiderava sempre di più mentre Viktor continuava a scendere con le labbra. Fu quando arrivò al bordo degli slip, e l’uomo fece per sfilarglieli, che la donna realizzò quanto oltre Viktor era intenzionato a spingersi, e un brivido di paura scosse il suo corpo.

Era terrorizzata alla sola idea di continuare, senza contare che non avevano nemmeno un preservativo a portata di mano. Ancora non se la sentiva, non avevano nemmeno chiarito come si deve i loro sentimenti… no, per quanto l’idea l’allettasse, fare sesso adesso non era proprio la cosa ideale da fare, temeva le possibili catastrofiche conseguenze.

“Aspetta… fermati, ti prego!”

A quelle parole, Viktor si bloccò immediatamente. In quel momento realizzò che forse aveva esagerato, e l’ultima cosa che voleva era spaventarla.

Si tirò su dopo averle rubato un ultimo bacio, sistemandosi il ciuffo scarmigliato che si era appiccicato alla fronte per via del sudore che gli imperlava il corpo.

“Scusami, non volevo forzare la mano… ma sei tu a farmi impazzire così, piglet-chan

L’intero sangue che circolava nelle sue vene e nelle arterie si riversò sul suo volto, infiammandosi ancora più. Si morse le labbra gonfie, risistemandosi la maglia e incrociando le gambe, dondolandosi nervosamente.

Viktor ridacchiò, arruffandole affettuosamente i capelli corvini.

“Tranquilla, non farò niente finché non sarai tu stessa a chiedermelo”

Lei annuì, e il Russo si sentì abbastanza sicuro da sedersi accanto a lei, stringendola tra le sue braccia. Si stesero sul materasso, e la ragazza si lasciò cullare da quella rassicurante stretta e da quel forte battito del cuore, affondando il volto contro lo yukata verde mentre una mano continuava ad accarezzarle i capelli, accompagnato da qualche spodoratico bacio sulla tempia.

Nessuno dei due riusciva a credere di potersi sentire così a loro agio in una situazione così… intima. Sentivano di poter stare lì, in silenzio, abbracciati per ore fino al mattino.

“Allora… facciamo questo pigiama party?”

Yuri alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Perché doveva fare sempre lo scemo nei momenti meno opportuni?

“Ti preeeeego! Ti prometto che farò il bravo… a meno che, ovviamente, tu non sia di altra idea”

Il tono sensuale di quell’ultima frase la fece rabbrividire, e il giovane coach scoppiò a ridere quando si sentì afferrare per il bavero dello yukata e si lasciò trascinare via. In un secondo si ritrovò fuori dalla stanza con le lacrime agli occhi.

Non poteva lamentarsi, quella notte avevano fatto passi da gigante, ed era giusto che lei si prendesse il suo tempo e i suoi spazi. Aveva la sua prova di poter costruire qualcosa, e doveva partire da quello.

Stava ancora ridendo quando, sistemato lo yukata, alzò lo sguardo, e la sua ilarità sparì di colpo.

Davanti a sé, a pochi metri di distanza, lo aspettava Mari Katsuki, con un sorriso beffardo dipinto sulle labbra.

“Dai, un po’ di pazienza, con mia sorella ci vuole tempo. Ah, controlla il collo, penso che una zanzara ti abbia pizzicato”


Yuri era ancora intontita dal sonno quando sentì qualcuno bussare contro la porta. Sbuffò sonoramente, affondando il volto contro il cuscino.

Dato che i colpi non cessavano, si costrinse ad alzarsi, pronta a far passare un brutto quarto d’ora a chiunque l’avesse svegliata così di soprassalto. Aprì la porta stropicciandosi gli occhi, e quasi le venne un colpo quando notò che il disturbatore era proprio Viktor, con un sorrisetto imbarazzato e che si grattava la guancia.

“Scusa se ti ho svegliata, è che... emh”, disse, rivelando un enorme livido sulla gola, anzi gli enormi lividi, “ieri ti sei impegnata un po’ troppo. Mi presteresti un po’ di fondotinta? Sai, non voglio rischiare essere massacrato da tuo padre…”






Spazio dell'autrice
Vi ho lasciato aspettare un botto, ma il seguito è qui! *musichetta di C'è Posta Per Te*
Mi sono divertita un casino a scrivere questa os, e spero che anche a voi piaccia come è piaciuto a me realizzarla, e spero di aver reso ic i personaggi... l'ooc è il mio peggior incubo.
Finalmente qualcosa si è mosso nel loro rapporto... cosa succederà ora? Finalmente accetteranno i loro sentimenti? Toshiya accopperà male il povero Vitya? Beh, a voi la scelta, e chissà che non ci scappi una terza parte ;)
Seriamente, questa versione è una droga per me.
Ancora una volta, Mari ci sta, perchè lei può. è stupenda e cazzuta, oltre che tremendamente sottostimata. Sarebbe capacissima di fare il culo al nostro Russo se facesse qualche sgarro, e senza troppi ripensamenti XD
Come ultima cosa, la scena di Vitya che porta Yuri sul letto e la tira a sè l'ho modellata da queste due bellissime gif (Lukas e Phillip, da Eyewitness, che devo recuperare prima di subito) che mi sono state fornite dalla sempre stupenda Miri BadJackson. Avevo già in mente una cosa del genere, ma di sicuro questi due bimbi belli mi hanno aiutato a immaginarmi meglio la scena.

Per fare due chiacchere insieme, potete contattarmi sulla mia pagina fb dove troverete anche il link per la raccolta su Wattpad.
Alla prossima!

   
 
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