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Autore: Old Fashioned    29/09/2017    22 recensioni
Siamo nel 1230. Un gruppo di pellegrini tedeschi che sta attraversando la Palestina si imbatte in una santa reliquia e decide di portarla in patria. A scortare il prezioso carico ci sono anche due cavalieri dell'Ordine Teutonico, che si troveranno, una volta raggiunto il paese d'origine dei pellegrini, a fronteggiare le incursioni di una misteriosa belva assetata di sangue e nello stesso tempo i sospetti di un inquisitore alla ricerca di vittime.
Seconda classificata al contest indetto da E.Comper sul sito, ‘Cronache di Cacciatori’.
Genere: Azione, Mistero, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiedo perdono a tutti i miei lettori e a tutte le mie lettrici, l’Alzheimer e la forza dell’abitudine mi hanno fatto dimenticare una cosa importantissima: i ringraziamenti a chi ha la pazienza di sciropparsi i miei scritti!!
Quindi sentitamente ringrazio per la cortese attenzione e per i gentili commenti Saelde_und_Ehre, fiore di girasole, Jordan Hemingway, morgengabe, Sagas, Dark_sky114, LyaStark, innominetuo, Syila, miciaSissi, Me91, GothicGaia e Spettro94.






Capitolo 1
Konrad von Obenstein si terse per l’ennesima volta il sudore dalla faccia. Il sole picchiava con cattiveria e il caldo era insopportabile.
Si guardò intorno: tolto suo padre e il loro seguito, il luogo sembrava completamente disabitato. La cosa peraltro non lo stupiva: ovunque volgesse lo sguardo, a perdita d’occhio, si estendevano alture brulle e disseminate di pietre giallicce. Qua e là crescevano cespugli contorti, dalle foglie dure come cuoio.
All’orizzonte si vedevano solo le creste frastagliate dei monti, ricoperte da una vegetazione aspra e scura. L’aria immobile odorava di lentisco e ginestra.
Staccò la borraccia dalla sella e bevve un sorso, quindi spronò il cavallo fino ad affiancarsi al padre. “Manca molto?” gli chiese. Avevano lasciato San Giovanni d’Acri da non più di due ore, e già gli sembrava un’eternità.
Si guardò intorno di nuovo. Era abituato ai boschi solenni delle sue parti, così fitti che spesso non vi penetrava nemmeno la luce del sole, alla brezza fresca e odorosa di resina, ai prati di smeraldo costellati di fiori, alle case a graticcio coi tetti di paglia.
Paragonato al suo paese, quel luogo gli pareva più inospitale di un girone dell’inferno.
Un’altra ora e ci siamo,” gli giunse la risposta del genitore, distraendolo bruscamente dalle sue riflessioni.
Konrad si limitò ad annuire.
Ci fermeremo qualche giorno presso il castello dell’Ordine,” soggiunse poi Ulrich von Obenstein, e il ragazzo notò che sembrava soddisfatto all’idea.
Purché non gli venga in mente di lasciarmi qui, pensò preoccupato. Per seguire il padre nel pellegrinaggio in Terra Santa aveva dovuto abbandonare le letture di retorica e poesia che stava frequentando a Norimberga, e la sua intenzione era quella di riprenderle il più presto possibile, magari addirittura presso la famosa Università di Bononia. Rimanere in una pietraia arroventata a combattere contro i nemici di Cristo, peraltro in compagnia di cavalieri che avevano fatto della rinuncia ai beni terreni la loro ragione di vita, era l’ultima cosa cui anelava.
Non era minimamente nei suoi programmi rinunciare ai beni terreni, né ai piaceri che la vita era in grado di offrire a un uomo di buone sostanze e fine sentire.
Proseguirono un altro po’ in silenzio, e dopo l’ennesima curva videro finalmente il castello di Starkenberg stagliarsi in tutta la sua imponenza su uno sperone di roccia a picco sulla strada.
Ulrich von Obenstein fermò il cavallo, quindi nonostante il cappello che portava si fece ombra con la mano e osservò a lungo la possente struttura. Infine soddisfatto proferì: “Magnifico. Non è vero, figliolo?”
Sì, padre.”
Un’opera superba. Da quando Hermann von Salza è diventato Gran Maestro, l’Ordine Teutonico è in continua espansione,” disse in tono soddisfatto. Dopo una pausa, soggiunse: “Spero proprio che mi darà udienza.”
Lo spero anch’io, padre,” sospirò Konrad, al quale le vicende dell’Ordine interessavano decisamente poco.
Prima noi tedeschi eravamo disprezzati,” proseguì imperterrito il genitore, “Templari e Ospitalieri ci trattavano dall’alto in basso.”
Ora non accadrà più, padre,” rispose il ragazzo.
Certamente! Guarda che fortezza possente. Ah, se avessi trent'anni di meno...”
Konrad sorrise. “Che cosa fareste, padre?”
Entrerei nell'Ordine, ovviamente.” Si voltò verso di lui con aria di vago rimprovero. “Mi stupisce che tu non ci abbia mai pensato.”
L'altro represse un brivido di orrore e con decisione rispose: “Non fa per me, padre. Preferisco lo studio e la contemplazione.”
Delle damigelle,” concluse Ulrich von Obenstein con un sorriso, e il figlio non poté fare a meno di sorridere a sua volta.

Nello stesso momento, sugli spalti del castello due soldati stavano scrutando la colonna in avvicinamento.
Uno dei due osservò il gruppo di uomini a cavallo e animali da soma e disse: “Sono civili di sicuro. Guarda come vanno in giro sparpagliati.” La voce aveva una vaga nota di disprezzo.
L'altro annuì. “Lo vedo. Riesci a capire di dove sono?”
Tedeschi. Secondo me stanno venendo qui.”
Quando al castello c’è il Gran Maestro, c'è più confusione che al mercato di Ulm. Sarà meglio avvertire il sergente.”
Vado.”
Il soldato corse lungo gli spalti e scese nel cortile. Individuò un uomo imponente, con un mantello grigio sul quale spiccava la croce nera dell’Ordine. Si fermò davanti a lui e annunciò: “Una colonna in avvicinamento, sergente!”
L’altro aggrottò le sopracciglia. “Dove?”
Lungo la strada di Acri, sergente.”
Sono cristiani?”
Il soldato assunse un’aria assorta. “Vestono come tali,” rispose alla fine.
Il graduato annuì, evidentemente soddisfatto della risposta. “Fammi vedere,” disse poi.
Insieme si recarono sugli spalti. La colonna nel frattempo si era fatta più vicina e già si distinguevano le insegne che esibiva. Il sergente la seguì con lo sguardo facendosi ombra con la mano, quindi disse: “Due nobili e il loro seguito. Sicuramente verranno qui.” Rimase un altro po’ a fissare il gruppetto con espressione vagamente infastidita, quindi brontolò: “Sarà meglio che vada ad avvisare i Fratelli Cavalieri.”
Quando se ne fu andato, i due soldati si scambiarono un’occhiata. Quello che era andato a chiamare il sergente ghignò e disse: “L’unica cosa che il vecchio Dorn odia più degli infedeli sono le delegazioni di pellegrini che vogliono fermarsi al castello.”
L’altro annuì. “Fanno disordine,” proclamò, imitando la voce possente del graduato.

Quando la piccola colonna arrivò alla base dello sperone di roccia su cui sorgeva Starkenberg, la porta della mura si aprì e da essa uscirono affiancati due cavalieri. Montavano due grandi destrieri grigi, portavano l’usbergo e l’elmo, e sul mantello bianco avevano una croce nera.
Si fermarono qualche istante a osservarli, poi cominciarono a procedere al passo lungo la discesa.
Stringendo gli occhi nella luce forte, Konrad li osservò, trovandoli al tempo stesso minacciosi e imponenti. Si volse verso il padre e a bassa voce chiese: “Sono loro?”
I Fratelli Cavalieri,” confermò il genitore. “Ne bastano venti per sbaragliare un esercito.”
Rimasero in attesa.
I due continuarono a scendere, gli unici rumori che si udivano, a parte lo sbuffare di qualche cavallo accaldato, erano lo scalpiccio degli zoccoli e il tinnire degli usberghi. Arrivarono sulla strada e di nuovo si fermarono.
Ci fu qualche lungo istante di silenzio, poi Ulrich von Obenstein si fece avanti e presentò se stesso e il figlio. “Veniamo da Dürnau, in Franconia,” disse poi. Scrutò indeciso le due figure immobili, nella speranza di leggere nel loro atteggiamento qualche segno che lo incoraggiasse a proseguire. “Siamo qui per compiere un pellegrinaggio,” disse infine.
Uno dei cavalieri si tolse l’elmo, rivelando il volto di un giovane dagli occhi chiari. Sulla guancia aveva una cicatrice che scompariva sotto il bordo del cappuccio di maglia. “Salute a voi,” disse serio, “Io sono fratello Friedrich e il mio compagno è fratello Albrecht.” Senza togliersi l’elmo, l’altro cavaliere chinò appena il capo in segno di saluto.
Il Priore di Starkenberg vi offre la sua ospitalità.”
La accettiamo volentieri,” rispose Ulrich von Obenstein.
Allora seguiteci.”
Senza aggiungere altro, i fratelli cavalieri fecero girare i destrieri e presero a percorrere la salita che portava alla fortezza.

Entrarono in un cortile lastricato, nel quale regnava un ordine scrupoloso. I due fratelli cavalieri smontarono da cavallo, e subito dei servi presero gli animali per le redini e li condussero via. Subito dopo arrivarono gli scudieri, ai quali essi consegnarono gli elmi.
Si fecero scivolare indietro il cappuccio di maglia con la disinvoltura di un gesto abituale, si scambiarono qualche parola a bassa voce. Uno disse qualcosa, l’altro assentì col capo. A Konrad diedero l’impressione di essere circondati da muri invisibili, che li separavano da chiunque altro.
Mentre i servi prendevano in consegna le cavalcature dei pellegrini, comparve sulla soglia dell’edificio principale un fratello cavaliere che poteva avere una quarantina d’anni. Era alto e imponente, con i capelli appena striati di grigio. La sua cotta d’arme non differiva da quella degli altri se non per un sottile ricamo d’oro che si sovrapponeva alla croce nera sul petto. Al suo apparire, i due che li avevano accompagnati si inchinarono rispettosamente.
Il nuovo arrivato si fece avanti e disse: “Salute a voi. Io sono fratello Burkhard, priore di Starkenberg. Vi porgo il benvenuto.”
A quelle parole, Ulrich von Obenstein rispose: “Vi rendo grazie, priore. È per noi un grande privilegio essere qui. Abbiamo sentito parlare molto e bene di questo luogo, ed eravamo ansiosi di vederlo.”
Per prima cosa entrate, così potrete riposarvi e bere un po’ d’acqua.”
Condusse padre e figlio in una sala dal mobilio essenziale, con volte a sesto acuto sostenute da colonne, nella quale regnava una piacevole penombra. Da lì proseguirono lungo un corridoio fino a una stanza grande e arredata con tavoli e panche di legno. In un angolo c’era un leggio con un libro aperto. Il segnalibro rosso che pendeva dal volume era l’unica nota di colore dell’ambiente e spiccava con insolita crudezza.
Sedete,” disse il cavaliere. La parola, pronunciata con l’intento di essere un cortese invito, suonò come un ordine.
Quando i due ebbero preso posto, a voce più alta chiamò: “Klaus!”
Da una delle porte arrivò un giovane servo, che si inchinò e disse: “Priore?”
Klaus, porta acqua fresca, frutta e pane per i nostri ospiti.”
Seduto su una panca, Konrad continuava a pensare alla taverna del Grifo, dove era solito andare la sera quando era a Norimberga. Avrebbe dato tutto quel che possedeva per un bel boccale di vino del Reno e un pasticcio di quelli che sapeva fare Grete, con la cannella e i chiodi di garofano. Emise un sospiro.
Fissò di nuovo lo sguardo sul segnalibro, che agitato appena da una lieve corrente sembrava una sottile lingua di fuoco.
La voce del priore lo distrasse dalle sue meditazioni: “Vi vedo pensieroso.”
Konrad quasi sussultò. “Non sono abituato a questo clima,” rispose.
L’altro ebbe un lieve sorriso. “Già, vi capisco. Io sono di Lubecca.”
Ulrich von Obenstein intervenne: “Allora soffrite più di noi con questo caldo.”
Ci ho fatto l’abitudine.”
Tornò il servo di nome Klaus, con un vassoio su cui si trovavano una brocca, dei bicchieri, una forma di pane, dei datteri e delle arance.
Il priore fece cenno al ragazzo di posarlo sul tavolo.
Questi obbedì, quindi si inchinò e si allontanò. A questo punto Fratello Burkhard dispose i bicchieri di terracotta davanti agli ospiti e li riempì d’acqua, poi disse: “Bevete, sarete sicuramente assetati.”
Konrad rimpiangeva senza dubbio il vino del Reno, ma di fronte alla tazza di acqua fresca non si fece pregare: la vuotò in un attimo, poi la posò con un sospiro soddisfatto. Il priore gliela riempì di nuovo, ed egli la vuotò con la stessa velocità della precedente.
Ti prenderai un malanno,” intervenne il padre.
Il malanno lo prendo se non bevo, padre mio,” rispose Konrad, vagamente ansante per aver tracannato il contenuto del recipiente tutto d’un fiato.
Per un po’ rimasero a parlare tra loro nella frescura del refettorio. Il priore chiese notizie della Germania, rispose alle domande di Ulrich von Obenstein e in generale spiegò al nobile quali riforme dell’Ordine stesse portando avanti il Gran Maestro Hermann von Salza.
Infine, l’altro chiese: “Sareste così gentile da mostrarci la fortezza, fratello Burkhard?”
Konrad represse un sospiro di esasperazione. Esausto e grondante di sudore dopo la cavalcata sotto il sole, avrebbe di gran lunga preferito continuare a sedere all’ombra bevendo acqua, in mancanza di vino fresco, e mangiando datteri, ma già il genitore si era alzato e lo fissava, certo che anelasse quanto lui a vedere il castello.
A malincuore, abbandonò la panca.

Il cavaliere condusse i due attraverso stanze e corridoi, spiegando di volta in volta quale fosse la funzione dei locali che visitavano. Videro armerie, magazzini, laboratori di artigiani, scuderie.
E qui è dove ci alleniamo,” disse infine fratello Burkhard, indicando ai due una porta che si apriva sull’esterno. Da essa provenivano clangore di armi, tramestio e voci.
Konrad si affacciò: al di là vi erano fantocci di paglia, rastrelliere con armi di legno o di metallo, scudi, protezioni per il corpo e in generale tutto quanto era necessario all’esercizio marziale.
C’erano due cavalieri che combattevano. Per quanto si stessero solo allenando, il duello era serrato, e i colpi erano portati quasi a pieno.
Il ragazzo rimase per un po’ a seguirli con lo sguardo, e così facendo notò una cosa che lo lasciò stupefatto: possibile che uno dei due fosse un vecchio? Aveva i capelli candidi. Eppure era alto e dritto come un abete, aveva spalle larghe, ma soprattutto si muoveva con una velocità e una potenza che non potevano essere quelle di una persona anziana.
Si voltò verso il priore in una muta richiesta di spiegazioni.
L’altro sorrise e annuì: evidentemente non era nuovo a tali reazioni di fronte a quel cavaliere. “Quello è fratello Adalrich,” disse semplicemente.
Konrad aggrottò le sopracciglia. Avrebbe voluto chiedere se per caso era ammalato, ma il vigore dei suoi movimenti faceva pensare a qualsiasi cosa tranne la presenza di una malattia. Notò che a parte le guance arrossate per lo sforzo, era di un pallore quasi diafano, come se il sole non avesse il potere di scurire la sua carnagione.
Quanti anni ha?” chiese semplicemente, senza staccare gli occhi da lui.
Ventuno.”
Ma ha i capelli bianchi.”
È nato così.”
Con la coda dell’occhio, Konrad notò che a quelle parole il padre aveva mosso la mano come per segnarsi, poi vi aveva rinunciato, forse temendo di offendere il priore.
I due si scambiarono un’occhiata.
Il cavaliere, nel frattempo, stava portando a termine un ennesimo assalto. Konrad lo vide incalzare l’avversario con forza, parando senza apparente difficoltà ogni suo attacco, arginando i suoi sempre più scomporti tentativi di difesa e rispondendo con precisione a ognuno di essi.
Alla fine, l’altro cavaliere lasciò cadere l’arma e alzò le mani in segno di resa.
Il primo, la spada ancora in posizione di attacco, si immobilizzò. I due si scambiarono qualche parola che a causa della distanza Konrad non riuscì a capire, poi quello con i capelli bianchi prese una brocca, versò da essa un bicchiere d’acqua e lo tese al compagno.
L'altro, un biondo con i capelli lunghi fino a coprire le orecchie e luminosi occhi azzurri dall'espressione allegra, lo accettò, ne bevve la metà e poi lo passò nuovamente al primo, che bevve a sua volta. Si scambiarono di nuovo qualche parola, Konrad intuì che il cavaliere con i capelli bianchi stava dicendo all'altro qualcosa sul duello che avevano appena combattuto.
Il biondo annuì, riprese la spada e la brandì. L'altro parve soddisfatto: posò il bicchiere da una parte, raccolse a sua volta l'arma e si mise in guardia. In breve stavano di nuovo duellando come se dal loro scontro fossero dipesi i destini della Cristianità in Terra Santa.
Il priore per un po' li lasciò fare, poi a voce alta chiamò: “Fratello Adalrich, fratello Hermann!”
I due si immobilizzarono. Entrambi abbassarono le spade, si voltarono verso di lui e si inchinarono rispettosamente.
Konrad considerò che visto di fronte il cavaliere con i capelli bianchi aveva un aspetto ancora più inquietante: non solo era candida la chioma, ma anche le ciglia e le sopracciglia. La pelle era di un pallore mortale.
In quel volto bianco, gli occhi grigio bluastri risaltavano in modo inquietante, e assieme ai lineamenti squadrati gli conferivano un aspetto severo che metteva quasi a disagio.
Peraltro, fratello Adalrich era alto almeno quattro dita più del compagno, che pure era di statura decisamente imponente.
Fratelli,” disse il priore, “questi sono pellegrini che provengono dalla Franconia. Sono il barone Ulrich von Obenstein e suo figlio Konrad. Saranno nostri ospiti.”
A quelle parole, il biondo esibì un largo sorriso. “Benvenuti!” esclamò, “Io sono Hermann von Seebach.” Si guadagnò un'occhiataccia da parte del priore. “Oppure solo fratello Hermann, è più pratico. Vi fermerete molto?”
Si fermeranno il necessario,” replicò fratello Burkhard.
Perché qui ci sono dei bei posti da visitare, magari...”
Fratello Hermann.”
Il giovanotto sorrise imbarazzato e chinò la testa. “Scusate, priore. Mi faccio sempre prendere dall'entusiasmo.”
L'altro sorrise a sua volta. “Non fa niente. Continuate ad allenarvi.” Poi, rivolto agli ospiti: “E ora, voglio mostrarvi la nostra chiesa.”
Si incamminò verso uno stretto sentiero lastricato.
Mentre alle loro spalle ricominciava il clangore delle armi, Konrad si soffermò a pensare ai due cavalieri. Per quanto fossero stati cortesi, perlomeno uno, aveva avuto di nuovo l'impressione di pareti invisibili che li separavano dal resto del mondo.
Si chiese come doveva essere, rinunciare a tutto per seguire i precetti di Bernardo da Chiaravalle.
Mentre era immerso in quei pensieri, udì suo padre chiedere al priore: “Per caso il Gran Maestro è al castello?”
Sì, non vedete la bandiera sul mastio?”
Konrad alzò gli occhi e in effetti vide sventolare il vessillo con la croce di Gerusalemme nera e oro in campo argento.
Il barone von Obenstein guardò a sua volta, poi chiese: “Potrei avere la grazia di parlargli? Anche solo per poco tempo.”
Il Gran Maestro è molto impegnato, io temo che...”
Per favore. Solo poche parole.”
L'altro sembrò esitare per qualche istante, poi rispose: “D'accordo, sentirò se in questi giorni troverà un po' di tempo per voi.”
Grazie, sarebbe veramente un grande dono.”
Faremo il possibile.”
Proseguirono. La chiesa, che comparve dietro una svolta, era un'imponente costruzione realizzata in pietra locale. Lo spessore delle pareti, l'esiguità delle finestre a sesto acuto e la potenza dei contrafforti suggerirono a Konrad che fosse stata pensata come estrema possibilità di difesa in caso di assalto al castello.
Molto bella,” apprezzò il barone von Obenstein.
È stata terminata meno di dieci anni fa. Una volta questo luogo era tutto in rovina, è stato l’Ordine a riportarlo all’antico splendore.”
Davvero?”
Il Gran Maestro l’ha acquistato dalla famiglia De Milly e l’ha fatto restaurare.” Il priore puntò i pugni sui fianchi e si guardò intorno con espressione fiera. “Prima si chiamava chateau Montfort, adesso è Starkenberg.”
È una costruzione imponente,” apprezzò il barone. Si rivolse al figlio: “Non è vero?”
Konrad, che durante lo scambio non aveva fatto altro che vagheggiare la frescura che sicuramente doveva regnare all’interno della chiesa, si limitò ad annuire.
Molto bello,” ripeté Ulrich von Obenstein.
Mentre stavano parlando fra loro, la porta della chiesa si socchiuse e da essa uscì un cavaliere che poteva essere un po’ più vecchio del priore. Aveva la barba brizzolata e i capelli dello stesso colore. Gli occhi castani avevano uno sguardo apparentemente morbido, dietro il quale si indovinavano però una viva intelligenza e una volontà adamantina. Vestiva una semplice cotta d’arme con la croce nera ricamata d’oro, e portava sulle spalle il mantello bianco.
Il priore si inchinò immediatamente. “Gran Maestro,” disse in tono rispettoso. Anche i due ospiti gli rivolsero un inchino.
Non fate così,” disse il nuovo arrivato con un sorriso, “mi mettete in imbarazzo. Siamo tutti uguali dinnanzi a Dio.”
I tre si raddrizzarono, poi il priore disse: “Gran Maestro, permettetemi di presentarvi il barone Ulrich von Obenstein e suo figlio Konrad. Arrivano dalla Franconia per compiere un pellegrinaggio.”
Von Salza sollevò le sopracciglia in un’espressione piacevolmente sorpresa. “Dalla Franconia?” ripeté.
Il barone assentì col capo. “Sì, Gran Maestro.”
L’altro lo prese familiarmente per una spalla. “Allora, mio caro amico, mi piacerebbe che mi raccontaste cosa sta succedendo in patria.” Si rivolse al ragazzo: “A voi non dispiace se mi intrattengo un po’ con vostro padre, Konrad?”
L’altro si affrettò a scuotere la testa. “No. Certo che no, Gran Maestro.”
Von Salza sorrise. “Torneremo presto.”
Il giovane annuì. Il Gran Maestro era amico e consigliere dell’Imperatore Federico II, parlava abitualmente con il papa, era stato decorato sul campo per il suo valore nell’assedio di Damietta, eppure sembrava quasi che si stesse scusando con lui perché intendeva sottrargli il genitore per un’ora. “Aspetterò in chiesa,” disse.
Saggia decisione,” approvò von Salza, “non siete ancora abituato al caldo di questi luoghi.”
Si allontanò al fianco di Ulrich von Obenstein.
Konrad rimase a guardarlo per un po’ mentre camminava lentamente insieme a suo padre, poi entrò in chiesa.

Dentro c’era fresco, perlomeno rispetto alla calura esterna, e regnava una piacevole penombra. Tolta l’eco dei passi sulle volte del soffitto, l’edificio era immerso nel silenzio. Le strette finestre erano chiuse da semplici vetri trasparenti e l’altare era di pietra liscia e senza decorazioni. Gli unici ornamenti si trovavano nei capitelli delle colonne, che rappresentavano scene di ispirazione sacra.
Si sedette su una delle panche e di nuovo ripensò a Norimberga. Si chiese cosa stessero facendo in quel momento i suoi compagni di studi. Data l’ora, probabilmente stavano andando tutti alla taverna del Grifo, alla ricerca di Grete e dei suoi pasticci.
Emise un sospiro mentre lo stomaco gli ricordava con un brontolio che era quasi ora di pranzo. Niente pasticci da quelle parti, né tanto meno belle ragazze. Nessuna lettura di poesia cortese, o di retorica. Ripensò a Hermann von Salza e gli parve strano che un uomo dall’aria così fine e intelligente riuscisse ad adattarsi a una vita così priva di ogni piacere.
Ma lui mica sta in questo posto dimenticato da Dio, se non è necessario, disse fra sé e sé, gira per le corti, vede luoghi piacevoli, parla con persone erudite.
Il rumore della porta che si apriva lo distrasse dalle sue considerazioni.
Si voltò e vide che stava entrando qualcuno che portava il mantello bianco dei cavalieri con il cappuccio tirato fin sugli occhi. Guardò incuriosito il nuovo arrivato, che percorse tutta la navata, quindi si fermò di fronte all’altare maggiore e si scoprì il capo. A quel punto Konrad riconobbe il cavaliere dai capelli bianchi.
Nello stesso momento, questi si accorse di lui e si voltò a fissarlo.
Fratello… Adalrich?” chiese il ragazzo, vagamente esitante sotto quello sguardo truce.
L’altro si limitò ad annuire.
Konrad si alzò, fece qualche passo verso di lui. “Combattete molto bene,” gli disse.
Il cavaliere gli rivolse un cenno del capo. “Grazie,” rispose poi. Successivamente tornò a girarsi verso l’altare, dinnanzi al quale si inginocchiò.
L’altro rimase per qualche istante a guardarlo. Riusciva difficile pensare che fosse di carne e sangue come chiunque altro. Sembrava piuttosto fatto di ghiaccio, o di pietra.
Si sedette di nuovo sulla panca. Il cavaliere rimase immobile, lo sguardo fisso alla croce.
Dopo un po’, Konrad si alzò e rinculò verso la porta cercando di fare meno rumore possibile. Fuori c’era caldo, ma la presenza di fratello Adalrich lo metteva talmente a disagio che il sole a picco gli risultava preferibile. Una volta uscito, si imbatté nel priore. Questi gli sorrise e gli chiese: “Cercate vostro padre?”
No, io…” Si morse il labbro inferiore. “C’era un cavaliere che pregava, non volevo disturbarlo.”
L’altro annuì consapevole. “Fratello Adalrich, vero?”
Il ragazzo annuì.
Non dovete lasciarvi spaventare,” gli disse.
Ma veramente...”
Suvvia, ho visto come lo guardavate, e so che effetto fa a chi lo vede per la prima volta. C’è chi parlerebbe di opera del Demonio, ma di certo fratello Adalrich non porterebbe la croce sul petto con tanto entusiasmo, se avesse qualcosa a che fare con il Maligno, non vi pare?”
Immagino di no.”
È la spada migliore di Starkenberg.”
Non stento a crederlo.”
L’altro emise un sospiro. “Eppure temo che nella sua vita abbia combattuto molto più contro i Cristiani che contro gli infedeli. Persino qui in Terra Santa hanno parlato di stregoneria.” Sorrise fra sé e sé. “Il Gran Maestro degli Ospitalieri è arrivato addirittura a insinuare che sia stato grazie ai suoi commerci con il Demonio che l’Ordine Teutonico è riuscito ad acquisire e restaurare questo castello. Non l'ha mai detto esplicitamente, è ovvio, ma la voce è girata.”
Konrad stava per rispondere quando cominciarono a farsi udire le voci di suo padre e di von Salza in avvicinamento. “Tutto ciò che mi avete narrato è del massimo interesse,” stava dicendo il Gran Maestro.
Sono solo piccoli fatti della nobiltà locale,” si schermì il barone.
Spesso dai piccoli fatti si possono apprendere cose che i grandi eventi non insegnano.”
Quando i due si avvicinarono, il ragazzo si inchinò nuovamente in segno di rispetto. Il Gran Maestro accolse quell’omaggio con un cenno del capo, ma subito dopo gli pose una mano sulla spalla e lo invitò a rialzarsi. “Il vostro signor padre mi ha detto che studiate retorica e poesia a Norimberga,” gli disse.
È così,” confermò Konrad.
E ditemi, vi piace?”
Nonostante ogni buon proposito di mantenersi impassibile, al ragazzo si illuminò il viso. “Oh, sì. Moltissimo.”
Che cosa vi piace di quella città?”
Konrad tacque confuso, nulla di ciò che avrebbe voluto dire era adatto alle orecchie di un frate combattente.
Coraggio, parlate. Non abbiate timore,” lo incoraggiò Hermann von Salza.
Ecco...” si decise a dire il ragazzo, certo di essere arrossito fino alla radice dei capelli, “Ecco, Gran Maestro, ci sono le letture di eruditi che vengono da tutta Europa, ci sono tanti altri studenti...”
E molte taverne,” soggiunse il cavaliere, “Dico bene?”
Ecco… sì. Credo che abbiate colto il problema.”
L’uomo sorrise divertito, quindi si voltò verso il barone von Obenstein e disse: “Vedete anche voi che vostro figlio non desidera questa vita. O si è pronti ad abbracciare la regola dell’Ordine con tutto il cuore, oppure essa diventa una sofferenza insopportabile. Il giovane Konrad vuole studiare e svagarsi, e l’unico viaggio che affronterebbe volentieri sarebbe quello per Bononia, dico bene?”
Konrad annuì, sentendosi stranamente imbarazzato.
Von Salza con tono tranquillo proseguì: “Il che non vieta comunque che trascorriate presso di noi qualche giorno, per riposare e prepararvi alle fatiche del viaggio che vi attende. Permettetemi inoltre di invitarvi al nostro desco. Vi devo però chiedere di non parlare durante il pasto: i fratelli cavalieri sono tenuti alla regola del silenzio ed essa si estende a chiunque sieda a tavola.”

   
 
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