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Autore: Just_Charlie    11/12/2017    0 recensioni
Primo capitolo della saga Necromancer
La millenaria guerra tra Elementali e Necromanti sta per giungere alla fine: tra pochi mesi la Prescelta compirà diciannove anni sancendo la vittoria di uno dei due schieramenti. Ma al momento la giovane Necromante Charlie Black ha altri problemi: una serie di omicidi – tra cui una strage in cui la sua migliore amica ha quasi perso la vita – punta dritta a lei e il Consiglio minaccia di toglierle l’unica cosa rimastale: i suoi poteri. Eppure nulla è come sembra… c’è qualcosa di più oscuro che serpeggia nell’aria, un qualcosa che si credeva passato ma che sta per tornare tragicamente al presente… tra intrighi, rocambolesche avventure e una Prescelta come babysitter, riuscirà Charlie a dimostrare la sua innocenza e salvare il mondo da un pericolo sempre più imminente?
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO QUATTRO

                             

                               

Alice uscì dall'ufficio di sua madre come una furia, sbattendo la porta e allontanandosi a grandi passi. Charlie guardò Rebekah, senza sapere cosa dire. Da un lato dava ragione ad Alice. Non doveva essere bello passare da salvatrice del mondo a babysitter di una Necromante petulante.

«Va' anche tu,» disse la Monroe, sospirando pesantemente «Proverò a calmarla più tardi.»

Charlie raccolse il suo zaino da terra e cominciò ad allontanarsi. Ma si fermò proprio davanti alla porta, girandosi nuovamente verso l'altra. Si umettò le labbra e guardò in basso, nervosa.

«Potrei andare a vedere Linn?»

Dopo qualche secondo di silenzio, Charlie rialzò lo sguardo. Il viso della donna si era addolcito, e le stava sorridendo «Ma certo. In realtà non ti ho permesso di andare prima solo perché il Consiglio me lo impediva. E Charlie,» disse, alzandosi dalla sedia «Tu non c'entri niente con quello che è successo l'altra sera. Di questo ne sono sicura.»

Anche Charlie sorrise, un sorriso a metà che a stento le raggiunse gli occhi.

«Grazie,» disse, e se ne andò.

L'infermeria era esattamente dall'altra parte della villa in cui abitavano. Non era una vera e propria infermeria, in realtà: la Direttrice Monroe aveva usato una stanza sufficientemente grande che potesse contenere cinque letti e abbastanza kit da pronto soccorso o qualunque cosa sarebbe potuta servire in caso di emergenza; risaliva a quando aveva deciso di trasformare la magione di famiglia in una comunità in cui ospitare giovani Elementali – e Necromanti, nel caso di Charlie – che avevano perso i loro genitori o che comunque si trovavano in difficoltà. Proprio come Alice, l'orfana di guerra che aveva adottato e che si era poi rivelata essere lo strumento più importante per la vittoria.

Charlie entrò piano, cercando di non fare rumore. Seduto su una poltrona in un angolo c'era Meyer, un ragazzo che aveva vissuto lì e che dopo essersi diplomato aveva deciso di restare per dare una mano. Non fece cenno di aver notato la presenza di Charlie. Stava sfogliando con poco interesse una rivista umana. Charlie si chiese come facesse a leggere: tutte le tapparelle erano abbassate e la stanza era in una penombra troppo fitta perché si riuscisse a distinguere qualcosa. Il poco sole che filtrava era bloccato dalle tende e non bastava comunque a illuminare la stanza. C'era solo una piccola luce accesa, sul comodino dell'unico letto occupato.

E lì, pallida e con gli occhi chiusi, c'era Linn.

A Charlie venne quasi da piangere.

Sembrava stesse dormendo, come se una piccola spinta o un attacco di solletico avessero potuto svegliarla. Linn aveva sempre avuto il sonno più leggero che Charlie avesse mai visto, persino più leggero del suo; bastava una porta chiusa con un po' troppa forza alla fine del corridoio perché lei si svegliasse in un grugnito. Charlie a volte la trovava a vagare per la loro camera alle quattro del mattino, incapace di riaddormentarsi.

Questa volta, però, non si sarebbe svegliata.

Linn si sveglierà, Charlie ricordò a se stessa, Solo non subito. Ma prima o poi si sveglierà. Si sedette sul bordo del letto, zaino abbandonato per terra, e cominciò ad accarezzare i capelli di Linn; erano umidi, come se fossero stati appena lavati. Probabilmente qualcuno si era occupato di lei.

«È stabile,» disse Meyer, alzando gli occhi dalla rivista. Charlie si girò verso di lui e si costrinse a ingoiare il nodo che le si era formato in gola «Anzi, è perfettamente in salute. Ma non riusciamo a svegliarla, è come se la sua mente fosse da qualche altra parte. Tra qualche giorno dovrebbe arrivare una specialista; vedremo se lei riuscirà a fare qualcosa.»

Charlie annuì, e si girò di nuovo verso Linn. È come se la sua mente fosse da qualche altra parte.

Ma sarebbero riusciti a riportarla di qua.

Dovevano.

                                                     

Era appena mezzogiorno e Charlie era già esausta. Dopo essere andata a rubare qualcosa dalla cucina, tornò in camera sua strascicando i piedi e trascinandosi tra i corridoi come uno zombie. Aveva davvero bisogno di dormire.

Ma, a quanto pareva, il suo letto era occupato da qualcun altro.

Aaron stava dormendo placidamente sopra le coperte, un sorriso d'angelo a nascondere il suo animo da diavoletto. Questa volta era in forma umana: un bambino cicciottello con il pigiama di Batman e dei ricci così belli da far invidia a quelli di Linn. Ma come mai non era a scuola? Probabilmente si sarà trasformato in gatto per scappare dalla finestra del bagno.

Charlie sorrise, e gli diede un bacio sulla fronte senza svegliarlo. Poi si spogliò e si infilò un paio di pantaloni comodi e una delle felpe di Linn. Aveva ancora addosso il suo odore. Charlie si strinse nella felpa, guardò di nuovo Aaron e abbandonò a malincuore l'idea di fare un pisolino. Non sarebbe mai riuscita a dormire sul letto di Linn. Recuperò invece dal cassetto un piccolo cristallo verde attaccato ad una catenina, e se lo allacciò al collo. Poi uscì dalla camera, chiudendo lievemente la porta.

Adesso non le restava che trovare Alice.

Non sapendo esattamente dove cercarla, provò per prima in camera sua. Non era molto distante da quella di Charlie: soltanto un rampa di scale e un corridoio che era sempre stato, per lei, off-limits. Su quel piano c'era anche la stanza della Direttrice Monroe; ma avrebbero potuto disturbarla solo in casi di assoluta emergenza.

Charlie bussò alla porta di Alice, ottenendo qualche parola di troppo in risposta e un «Vattene via, mamma!» gridato ma attutito da quello che doveva essere indiscutibilmente un cuscino.

«Non sono tua madre,» disse Charlie.

«Gesù, devi cominciare a lagnarti fin da subito?»

Per essere la Prescelta si comportava proprio come qualsiasi altra adolescente. A Charlie venne quasi da ridere.

«Posso entrare?»

Silenzio.

«Oh, avanti, Monroe, non facciamone una questione di-»

La porta si spalancò e Charlie vide Alice con i capelli arruffati e una mano sulla maniglia. Dallo sguardo sembrava pronta a uccidere qualcuno. Dietro di lei, un letto sfatto e una poltrona con una valigia aperta ma ancora da disfare.

«Perché non riesco più a sentire i tuoi pensieri?» chiese Alice.

Charlie sorrise soddisfatta, e tirò fuori da sotto la felpa il cristallo che si era messa al collo «Scudo mentale. Anzi, oserei dire Elementale. Watson.»

Alice alzò gli occhi al cielo.

«Che vuoi, Black?»

«Posso entrare?»

Alice inarcò un sopracciglio, ma si fece da parte per farla passare. Charlie entrò, e ciò che vide la lasciò sorpresa. La camera di Alice non era grandissima, ma ogni singolo centimetro era stato sfruttato al massimo. Le pareti erano di un blu chiaro a metà tra il cielo estivo e un mare limpidissimo. Un letto matrimoniale troneggiava su tutto e una grande finestra col bovindo inondava di luce la stanza. Invece di quadri, alle pareti c'erano appese armi; arco e frecce, pistole, coltelli, daghe, e uno spazio libero per la spada che Alice aveva portato a scuola e che adesso era appoggiata sul letto. E poi c'erano libri. Libri ovunque: la libreria ne straripava, e anche sulla scrivania e sul comodino accanto al letto ce ne erano diverse pile. Trattavano di qualsiasi argomento: da romanzi in lingue straniere a manuali di magia. Dominio elementale di base. Teoria del viaggio trans-spaziale e applicazioni pratiche. Tecniche di combattimento elementale VII. Ma quelli più numerosi erano i libri sul fuoco. Dominio del fuoco avanzato. Fuoco e luce. Principi di correlazione tra fuoco e altri elementi primari.

«Il tuo elemento è il fuoco, vero?» disse Charlie, mentre sfiorava in punta di dita la costa di Pirocinesi applicata.

«Che occhio,» commentò Alice.

Un altro libro catturò l'attenzione di Charlie. Evocazione di base.

«Studi anche Necromanzia?»

«Per sconfiggere un nemico bisogna prima di tutto conoscerlo,» disse Alice. Si appoggiò alla porta con fare svogliato guardando Charlie dritto negli occhi «Ora, hai intenzione di dirmi perché sei qui o vuoi passare la giornata a sbirciare tra la mia roba?»

Charlie si fermò, girandosi completamente verso di lei. Infilò le mani nella tasca della felpa, i piedi coperti solo dalle calze che fremevano.

«Ho una proposta da farti,» cominciò Charlie «Tu non vuoi stare qui e io vorrei avere un minimo di vita privata»

«Vai avanti,» disse Alice, mettendosi dritta.

«La mia proposta quindi è: tu mi aiuti a provare che sono innocente così te ne puoi tornare in Grecia a uccidere chimere evocate o qualunque cosa tu stessi facendo prima di venire qui»

Alice la guardò scettica, questa volta con entrambe le sopracciglia alzate. «Avrebbe senso se non ti credessi colpevole»

Charlie sbuffò e cominciò a guardarsi in giro. La valigia ancora piena di vestiti, il letto fatto, l'assenza di un minimo elemento che rendesse quella camera veramente vissuta. Sembrava più un magazzino che la stanza di un'adolescente.

«Si vede che non vuoi stare qui, allora perché non cogli l'occasione?»

Alice alzò gli occhi al cielo e si buttò di schiena sul letto, evitando per un pelo la sua spada. Fissava il soffitto con gli occhi esageratamente aperti. Charlie non aveva bisogno di leggerle la mente per capire che era ancora arrabbiata.

«Perché tu non c'entri niente, ti sei solo trovata in mezzo» Charlie aggrottò la fronte. Alice piegò la testa verso di lei, e spiegò: «Tra due mesi è il mio compleanno»

Okay...

«E allora?»

Alice schioccò la lingua, stizzita «È il mio diciannovesimo compleanno»

Oh.

Quello spiegava molte cose.

Avrebbe potuto spiegare anche quanto successo alla festa, in realtà.

Charlie si morse il labbro e si sedette su un angolo del letto, silenziosa. Alice la guardò male, ma non disse niente.

Secondo la Profezia, il diciannovesimo compleanno della «Prescelta con l'inferno negli occhi» avrebbe segnato l'inizio della battaglia finale tra Elementali e Necromanti. Era una guerra che andava avanti da secoli. Andava avanti da sempre. Certo, i Necromanti avevano subito una sconfitta cocente quattro anni prima quando i Black erano stati annientati – con l'aiuto di Charlie – ma erano ancora molte le carte da mettere sul tavolo . Negli ultimi tempi le attività di Necromanzia si erano moltiplicate in tutto il mondo. Quanto accaduto qualche sera prima non era stato altro che uno tra i tanti massacri. Era per questo che Alice non tornava a casa da mesi: il Consiglio continuava a mandare lei e la sua squadra nelle zone a più alta attività necromantica per tentare di arginare le perdite. In confronto ad altre parti del mondo, la loro era una zona felice. Il Consiglio faceva in modo che lo fosse.

«Anche se tu non avessi combinato tutto questo casino, il Consiglio mi avrebbe comunque rimandato a casa,» disse Alice, sguardo perso nel vuoto «Vogliono tenermi sotto controllo. Hanno paura che venga tentata e mi schieri dalla parte dei Necromanti.»

Charlie annuì, sovrappensiero.

«Il giorno in cui mi schierai dalla parte degli Elementali e del Consiglio – il giorno in cui mi schierai dalla parte del Bene, scelsi di tradire la mia famiglia,» disse Charlie, guardando dritto a sé «Scelsi di andare contro l'unica realtà che fino ad allora avessi conosciuto. Scelsi di sottopormi all'inflizione del Marchio per non essere totalmente cacciata nel mondo degli umani, nonostante sapessi perfettamente che cosa significasse.» Si girò verso Alice, una mano che corse automaticamente a toccare la stoffa che premeva contro le sue scapole «Tu non hai idea di cosa sia avere questa... cosa dentro di te. È come perdere te stessa»

«Perché mi stai dicendo tutto questo?» chiese Alice, ma il suo viso, forse per la prima volta, era neutrale.

«Perché voglio che tu capisca che non manderei mai tutto a puttane per una cosa così stupida come un'Evocazione da quattro soldi che avrebbe e di fatto ha messo in pericolo i miei unici amici – e onestamente? Con questo Marchio non sarei mai riuscita a farla,» fu costretta ad ammettere Charlie «I miei poteri da Necromante sono totalmente sopiti.»

Alice schioccò la lingua, stette stesa in silenzio, poi sospirò profondamente.

Lo stomaco di Charlie brontolò rumorosamente.

Alice sbuffò, quindi si alzò e indicò con un cenno del capo la porta chiusa.

«Forse è meglio se andiamo a mangiare»

Non aspettò risposta da Charlie; aprì la porta e se ne andò via.

Charlie chiuse gli occhi. Non è andata proprio come speravo. Poi si alzò anche lei e scese in cucina per il pranzo.

                                                                                 

Charlie stava tentando di studiare fisica in soggiorno quando una Maya scatenata scese al volo le scale, urlando divertita mentre un gatto nero la rincorreva. Aaron. Charlie sorrise. Quei due erano dei terremoti.

«Charlie!» esclamò Maya col fiatone, appoggiandosi al tavolo per riprendersi un poco. Charlie appoggiò la penna e si girò verso di lei. «Dov'è?»

«Dov'è chi?» chiese Charlie, anche se aveva già una mezza idea di chi potesse star parlando.

«Aleister ovviamente! Voglio l'autografo,» le confessò Maya con aria sognante «Quando è tornata l'anno scorso io ero in campeggio. Le mie amiche ne saranno così invidiose!»

Charlie, però, non aveva visto Alice da quando avevano pranzato assieme. La Direttrice Monroe, trovandole sedute a tavola una di fronte all'altra, le aveva guardate in maniera strana, ma non aveva detto niente. Si era seduta accanto a loro e si era presa un piatto della deliziosa pasta che aveva cucinato Mrs Crane. Dopo pranzo, Alice era sparita chissà dove; Charlie aveva sentito il rombo della sua moto allontanarsi lungo la strada. Gran bella babysitter, eh.

«Credo debba ancora tornare a casa,» le rispose Charlie. Aaron le balzò in grembo e cominciò a strusciare la testolina contro le sue gambe. Charlie gli fece i grattini dietro le orecchie, allungandogli un biscotto.

«Uffa» Maya si sedette accanto a Charlie, appoggiando penna e quaderno sul tavolo. Si mise anche lei a sgranocchiare biscotti mentre Charlie si arrendeva definitivamente e chiudeva i libri in uno sbuffo.

«È andata da qualche parte nel Mercato delle Due per conto del Consiglio,» disse Jacob, seduto all'altro capo del tavolo a leggere svogliatamente dei sonetti di Shakespeare per scuola «Dovrebbe tornare da un momento all'altro»

«Come fai a saperlo?» chiese Maya tra un morso e l'altro. Jacob la guardò schioccando la lingua.

«L'ho Visto, ovviamente.»

Charlie alzò lo sguardo verso di lui, mordendosi il labbro. Gli aveva sempre invidiato l'Elemento che padroneggiava, l'Acqua: oltre alle mille altre cose, era in grado di vedere riflessi degli eventi presenti, passati e futuri in qualsiasi specchio d'acqua, anche una semplice tazza piena. Era quel genere di potere che a Charlie avrebbe fatto comodo, specialmente in una situazione come quella. Avrebbe potuto provare la sua innocenza una volta per tutte. Peccato servissero anni e anni perché potesse diventare un'abilità affidabile; il più delle volte tendeva a mostrare solo alcuni aspetti degli eventi, che Charlie era certa non sarebbero riusciti ad aiutarla. Una notte di forse tre anni prima aveva chiesto a Jacob se avesse mai Visto la fine della guerra. Se fosse stato ancora vivo, sarebbe stato il compleanno di suo fratello Adam. Lei lo aveva passato a letto con le tende chiuse e gli occhi rossi di pianto per ciò che in fondo non aveva mai avuto. Anche Linn, dopo aver provato per un po' a consolarla, ci aveva rinunciato.

«Non sono del tutto sicuro che ci sarà una fine,» le aveva risposto Jacob con la fronte corrucciata, una volta che Charlie aveva trovato la forza di scendere dal letto «Quando ci provo tutto ciò che vedo è il nero»

Il rombo dell'Harley Davidson di Alice che correva sulla strada sterrata la riportò alla realtà. Charlie scosse la testa e strizzò gli occhi. Maya schizzò giù dalla sedia, recuperò la penna e il quaderno e si avviò trotterellando verso il garage, Aaron in coda. Charlie li seguì con lo sguardo e un mezzo sorriso. Poi si rigirò verso Jacob.

«Non mi parlare, Black» la bloccò con voce seccata lui ancora prima che potesse aprire bocca. Prese il suo libro in mano e si alzò spostando rumorosamente la sedia, e si allontanò dal soggiorno, lasciando Charlie da sola.

                                                               

Charlie non riusciva a dormire. Era la quarta notte che non chiudeva occhio, ed erano già le due. Aveva davvero bisogno di farsi un pisolino lungo diciotto ore.

Stava ascoltando la musica a tutto volume quando una cosa sulla sua spalla la fece trasalire. Aprì gli occhi di scatto e si cavò le cuffie con uno strattone, mano già sotto al cuscino per il pugnale che però non teneva più lì da quando se n'era andata di casa. Certe abitudini erano dure a morire.

Al diavolo il Marchio tra le sue scapole. Avrebbe preferito un'ustione di terzo grado alla morte. Stava già radunando le energie che riusciva a racimolare sulla punta delle dita, quando si accorse effettivamente di cosa l'avesse disturbata.

Alice.

Solo Alice.

«Gesù, Black, avrò bussato almeno venti volte.» L'unica luce che proveniva dal corridoio sempre illuminato lasciava lunghe ombre su tutto il corpo di Alice. Charlie non riusciva a vederla in faccia; ma sapeva che aveva un sopracciglio alzato. Pareva essere il suo marchio di fabbrica.

«Che vuoi?» chiese Charlie, stizzita.

«Ho considerato la tua proposta,» disse Alice, poi chiuse la porta e accese la luce. Si sedette sul letto di Linn; Charlie si irrigidì «Rilassati, santo cielo. Non è ancora morta.» Si appoggiò al muro, le gambe che penzolavano dal materasso e che Alice faceva dondolare come una bambina «Allora. Se io ti aiuto, poi cosa ottengo in cambio?»

Charlie aggrottò la fronte, e si mise a gambe incrociate sul letto. «In che senso?»

Alice la guardò «Nel senso che se io faccio questa cosa per me, tu devi fare qualcosa per me.»

«Ti ho già detto quale sarebbe la tua parte: te ne torneresti da dovunque tu sia venuta.» Okay, forse le era venuta fuori un po' male.

«E io ti ho già detto che non sono qui solo per te, il Consiglio non mi lascerà mai ripartire. Cosa mi dai quindi in cambio?»

Charlie ci pensò su. Non aveva molto da offrire, in realtà. Tutto quello che aveva era in quella stanza. Ciò che aveva lasciato a casa sua era ormai irrecuperabile. Ma forse c'era qualcosa...

«Potrei darti una mano con Necromanzia.»

Alice scoppiò a ridere, una risata sarcastica e cattiva.

«Figuriamoci. Una Necromante Marchiata è completamente inutile.»

«Questo non è vero.»

Alice sbuffò; era palese che non le credesse. Charlie allora chiuse gli occhi.

Il Marchio era la pena che tutti i Necromanti dovevano scontare per aver salva la vita e poter vivere nel mondo Elementale, invece di essere costretti a nascondersi in quello umano. In base alla forza del Necromante sedava quasi del tutto i suoi poteri; gli unici a cui si poteva aver accesso erano le briciole di potere Elementale che tutti avevano in sé. Charlie, però, era sempre riuscita a eludere, almeno in parte, le regole: riusciva a raggiungere un filo del suo vero potere per rinforzare i suoi incantesimi – o almeno non farli sembrare totalmente ridicoli. Soltanto così era riuscita a produrre una Compulsione abbastanza potente da convincere il buttafuori della festa a farla entrare. Se non ne fosse stata capace, probabilmente a quest'ora sarebbero stati tutti morti.

Ma non era questo ciò che voleva dire ad Alice. Anzi: se l'avessero scoperta le ripercussioni sarebbero state di certo terribili.

«Che cosa vuoi fare?» disse Alice, sembrando all'erta.

«Niente.» Charlie riaprì gli occhi, un sorriso soddisfatto sulle labbra «Se i Necromanti Marchiati sono così inutili, perché tu ti sei spaventata?»

Alice assottigliò lo sguardo, gli occhi diventati due lame azzurre che scintillavano nella poca luce, e scosse la testa.

Poi tese la mano a Charlie.

«Affare fatto»

Charlie gliela strinse, cercando di trattenere il sorriso.

                                                            

                                         

   
 
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