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Autore: Signorina Granger    02/08/2018    3 recensioni
“Sei sicura di non voler venire ad allentarti per la maratona? Sarebbe divertente correrla insieme.”
“Ci sarà Ryan Goasling sulla linea del traguardo?”
“Non credo.”
“Allora passo.”
*
“Alla buon’ora! Hai trasformato il bagno in una sauna?!”
“Scusa, ma ero davvero esausta dopo la maratona.”
“Sì, di Downton Abbey…”
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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II


“Mh, grazie… io non ti merito affatto.”
Rebecca sospirò sommessamente mentre, stesa sul letto con il pigiama e la vestaglia addosso, Emil le massaggiava i piedi. Emil che sorrise e inclinò la testa, guardandola con aria divertita:

“Certo che mi meriti. Non dire assurdità…”
“No invece, tu sei… sei meraviglioso! Mi massaggi i piedi, cucini, mi regali fiori, sei dolcissimo… io non… non faccio tutte queste cose per te.”
Rebecca s’incupì leggermente e fu allora che Emil sorrise, raggiungendola carponi per darle un bacio su una guancia e sorriderle con affetto:

“Beh, per quanto riguarda la cucina, stai migliorando… e almeno una volta a settimana quando torno mi fai trovare un bagno caldo con i sali ad aspettarmi, è un bellissimo gesto da parte tua. E mi ami Becky, so che è così, e sei diversa da me, non ti viene così spontaneo dimostrarlo… Ma va bene, davvero. Quando ti accorgi che sono stanco mi lasci riposare, mi coccoli… sono i piccoli gesti che contano. Non dire mai più che non mi meriti.”

Le sfiorò il viso con la mano e lei annuì appena, abbozzando un sorriso e mormorando un “ok” sommesso. 
“Anche se, già che ci sei… apprezzerei molto se mi facessi i grattini sulla schiena.”


*


Era stata una giornata lunga e Emil era tornato a casa distrutto, rifiutandosi persino di mangiare. Becky gli aveva preparato la vasca e dopo il suo bagno Emil si era praticamente lasciato cadere sul letto matrimoniale, gli occhi chiusi, esausto.
Rebecca stava leggendo un libro, già in vestaglia, e rise appena quando lo vide sprofondare nel piumone, chiudendo il volume e inducendolo a spostarsi leggermente per abbracciarlo, facendogli appoggiare la testa sul suo petto mentre gli faceva i grattini sulla schiena nuda e muscolosa.

Lo sentì sospirare di contentezza e sorrise a sua volta, accarezzandogli i capelli biondi con l’altra mano mentre le braccia di Emil la stringevano delicatamente. 
“Mh, ti adoro.”
“Lo so vichingo, anche io.”
“Se diventi così dolce ogni vota in cui torno a casa in questo stato succederà più spesso, dammi retta.”

“Scroccone…” 


*


“Sai che secondo una statistica i danesi sono il popolo più felice? Noi inglesi siamo solo al 23esimo posto… beh, avendo conosciuto te non mi sorprende affatto, sei sempre allegro.”

Rebecca abbozzò un sorriso mentre alzava lo sguardo dalla lettera che aveva appena finito di leggere per posarlo sul fidanzato, che sembrava effettivamente di ottimo umore come suo solito mentre faceva saltare i pancake con il suo immancabile grembiule addosso sopra i boxer.

“Esattamente, dovreste prendere esempio… voi inglesi a volte sembrate parecchio… non saprei, musoni.”
“Io non sono musona!”
“No, non sempre.”

Emil le rivolse un sorriso divertito e lei per tutta risposta gli fece la linguaccia, asserendo che se nei giorni precedenti era stata di cattivo umore la colpa era solo ed esclusivamente del ciclo.

“Sarà anche per quello che hai divorato i muffin al cioccolato che avevo preparato?”
“Sai Emil, non capisco perché la gente si lamenta quando le cose che cucinano vengono mangiate… insomma, è CIBO, è fatto per essere mangiato! Comunque sì, erano deliziosi. Di questo passo diventerò una balena!”

“Per fortuna vieni a correre con me.”
“Devo! Altrimenti quelle anatre starnazzanti ne approfittano, dannate oche gattemorte…”

“Tesoro, devi prendere una posizione: anatre, oche o gatte?”
“Fa lo stesso!”


*


Gli occhi di Rebecca osservarono con attenzione la tavola apparecchiata con tanto di candele e quando si soffermarono sulla teglia della portata principale si spalancarono quasi con orrore:

“Lasagne!”
“Ehm… sì.”
“Hai fatto le lasagne!”
“A quanto sembra…”
“Sono il mio piatto preferito… Emil. Che cosa hai fatto?!”
“Ma niente, ti ho solo preparato i tuoi piatti preferiti, c’è anche la Sacher per dolce…”

“La Sacher?! Ma allora è grave… OH PORCO SALAZAR MI VUOI CONFESSARE CHE MI HAI TRADITA?!”
“Eh?! Becky, ma che dici, rilassati, non devo confessarti nulla!”

“Meno male… e allora cosa c’è? So che c’è qualcosa, caro, le lasagne sono un chiaro segnale.”

“Beh, forse, in effetti, volevo chiederti… beh, potrei aver scritto una lettera a tua madre. Per chiederle di… incontrarci.”
“Tu hai fatto cosa?”

“Beh, sembrava contenta, non vi vedete da tanto tempo! Scusa piccola, ma voglio conoscere la tua famiglia.”

Emil, stringendo nervosamente il canovaccio tra le mani, si sforzò di sorridere e guardò la fidanzata guardarlo con gli occhi terrorizzati e fuori dalle orbite. Rebecca non disse nulla – e già questo era strano – poi annuì, sedendosi con un sospiro:

“Ok, va bene, come vuoi.”
“Sicura? Va… tutto bene?”

Era sempre stato solito porre quel genere di domande solo per educazione e tatto, quasi non volesse ricordare alle persone che lo circondavano che era perfettamente in grado di capire come si sentissero anche senza chiederlo direttamente… e quella sera Rebecca sbuffò, limitandosi ad osservare il suo piatto vuoto con i gomiti appoggiati sul tavolo e le mani che stringevano le braccia:

“Non chiedermelo, Emil. Lascia perdere, non è necessario.” 
“Volevo solo…”

“Scusami. Non ho fame. Mettile in frigo, le lasagne le mangerò domani.”

“Ma Becky, non puoi digiunare!”
“Non ho fame, davvero. Vado a farmi una doccia.”

La guardò alzarsi senza aggiungere altro o guardarlo in faccia con leggero smarrimento, non osando cercare di trattenerla mentre la sentiva salire le scale. 
Era certo che l’avrebbe ucciso… non si aspettava certo quella reazione così mesta e così poco da… beh, da Becky.



Finì che Becky scrisse a sua madre per mettersi d’accordo per il giorno e la sera prima Emil osservava Rebecca dargli le spalle, perfettamente immobile sotto le coperte. Ma era sveglia, lo sapeva, riusciva ad immaginare i suoi occhi aperti e vigili e a cogliere tutta la sua tensione.

“Becky? Rilassati, andrà tutto bene, è solo una cena.”
“Emil, non voglio parlarne.”
“Becky, non può andare COSÌ male! Pensi che la tua famiglia mi odierà, per caso?
“No. Ti adoreranno.”

C’era una nota piuttosto acida nella voce di Rebecca e Emil aggrottò la fronte, cercando di capire ma con scarsi risultati.
Ma Rebecca non disse altro e lui l’assecondò, lasciando che un silenzio teso prendesse il sopravvento nella stanza buia.



Il giorno dopo Emil era seduto sul letto, già pronto, e guardò la fidanzata cambiarsi d’abito tre volte. Sempre più confuso.  
Rebecca amava fare shopping e aveva molti vestiti e paia di scarpe, ma se c’era una cosa che adorava di lei era la sua rapidità nel prepararsi: era una persona estremamente decisa e nello scegliere cosa indossare non faceva eccezione, sapeva già cosa avrebbe messo il giorno prima di una ricorrenza ed era molto raro che si cambiasse con indecisione.

“Sto bene così?”
“Certo, sei sempre bellissima. Ti dona molto.”
“Grazie. Andiamo…”

Si passò con un sospiro una mano nell’alta coda di cavallo in cui aveva legato con scrupolosa attenzione i capelli castani dopo averli piastrati e poi gli si avvicinò per prenderlo per mano e Smaterializzarsi, apparendo proprio di fronte al cancello di una villetta.

Rebecca attraversò il vialetto senza esitare e poi, raggiunta la veranda, bussò alla porta. Emil le sorrise dolcemente, stringendo appena la presa sulla sua mano come a volerla confortare, ricordarle che non era sola. Poi la porta si aprì e il danese si ritrovò davanti una donna dagli occhi scuri molto simile alla fidanzata che gli sorrise con calore.

Sua madre, Helena, sembrava estremamente gentile e cordiale, abbracciò la figlia e Emil si chiese il perché del turbamento e del nervosismo della fidanzata… o almeno finché non sedette a tavola. Finché non conobbe le sue due sorelle. 

Furono gentili con lui, gli si presentarono con un sorriso e gli domandarono della sua vita, della Danimarca, di come si fossero conosciuti e della sua carriera... il padre di Rebecca non c’era, ma Emil non osò fare domande a voce alta e si limitò a mangiare e a fare conversazione con un sorriso sul volto.
Rebecca, seduta accanto a lui, invece rimase in silenzio per gran parte del tempo, gli occhi eterocromatici fissi per la maggior parte della cena sul suo bicchiere o sul suo piatto quasi pieni.

Era davvero strano vederla così silenziosa, così giù di morale e Emil si ripromise di chiederle il perché di quella specie di trasformazione: non era abituato a vederla così cupa, certo a volte era un po’ acida ma mai così taciturna.

“… beh, devi essere davvero adorabile, Emil. Becky non ci ha parlato molto di te, in effetti pensavamo volesse tenerti nascosto.”

“Già. Chissà perché.”

“… ci chiedevamo il motivo, ma a questo punto immagino sia perché sei davvero un tesoro. Del resto non è facile sopportare mia sorella, devi essere un santo.”
“No, affatto. Becky ha molta pazienza con me… e io l’adoro.”

Il sorriso di Emil non si smorzò e strinse la mano della fidanzata quasi a voler confermare le sue parole, mentre le sue due sorelle maggiori si scambiavano un’occhiata perplessa prima di sorridere appena:

“Davvero? Avrei detto il contrario.”
“Già, Rebecca non è facile da gestire, nessuno lo sa meglio di noi. Senza offesa tesoro, ma non hai un carattere facile.”

“Sì, Angie, ti ringrazio per averlo sottolineato di nuovo.”
“Beh, sei stata fortunata, hai trovato un santo come Emil che ti sopporta e si prende cura di te, per giunta… non avrai vinto ma quel concorso è stato davvero un affare, direi.”

Rebecca strinse le labbra, continuando a non guardare Emil o le sorelle, e fu lui a parlare di nuovo, continuando a stringerle la mano:

“Per entrambi. Sono stato molto fortunato.”
“Oh, ti prego, LEI è stata fortunata!”

La maggiore rise appena mentre prendeva il suo bicchiere e fu allora che Rebecca la guardò, annuendo e riducendo gli occhi a due fessure prima di sbottare:

“SÌ, Sophia. Sono fortunata, molto fortunata… perché uno come Emil voi due stronze ve lo sognate. E avrò anche un pessimo carattere, ma almeno lui è felice di sopportarmi!”


Rebecca si alzò e uscì a passo di marcia, annunciando che si sarebbero riviste direttamente tra altri due anni mentre Emil, con un sospiro e scusandosi a mezza voce, si alzava per seguirla. La trovò fuori, sotto il portico, appoggiata alla ringhiera con le braccia strette al petto e l’abbracciò da dietro sia per scaldarla sia per confortarla, dandole un bacio su una guancia:

“Piccola… non ascoltarle. Io ti adoro, lo sai… Becky?”
“Hanno ragione invece! Tu sei meraviglioso, sei perfetto e io… perché diamine hai scelto me?!”
“Perché sei perfetta per me, e hai bisogno d’amore, piccola. Tanto bisogno d’amore, vieni qui.”

Emil le sorrise mentre l’abbracciava ma Rebecca non ricambiò, scuotendo debolmente il capo e parlando in un sussurro:
“Prima o poi ti stancherai di questa scorbutica e acida rompiscatole.”
“No, affatto. Sei così dolce, Becky… io lo vedo. Se loro non ci riescono, non mi importa. Ti amo tantissimo, lo sai no?”
“Ti amo anche io. Non so che farei senza di te.”

Rebecca si strinse a lui, si morse il labbro e iniziò a piangere silenziosamente, decidendo di non pensare a quanto si sarebbe insultata per averlo fatto solo poco più tardi mentre Emil la cullava dolcemente, mormorando che non se ne sarebbe mai andato. No, finché si sarebbe svegliato e, guardandola, avrebbe visto che lo amava non l’avrebbe mai fatto.











……………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Oramai è una specie di tradizione che io, oggi, pubblichi una OS su una coppia… due anni fa è toccato ai Lizzair, l’anno scorso ai Judelle e quest’anno abbiamo i Reil – e gli Iphew –.
Arriveranno presto anche tutti gli altri capitoli in sospeso, promesso.

Signorina Granger 

   
 
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