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Autore: Ormhaxan    22/08/2018    1 recensioni
Gabrielle Nakovrar ha diciotto anni quando, seguendo le orme di suo padre e sua nonna prima di lei, entra a far parte della Bræthanir, la Fratellanza, gruppo di spietati e famigerati soldati al servizio dei sovrani di Yvjór, il regno della Primavera.
Ben presto, però, si renderà conto che dietro la gloriosa facciata fatta di palazzi maestosi, balli in maschera e sorrisi accondiscendenti si nasconde qualcosa di più profondo, oscuri segreti custoditi da secoli e la volontà di annientare coloro che dovrebbe essere protetti.
Nel regno a Nord di Ynjór, estremo baluardo che ancora resiste al dominio dei sovrani della Primavera, gli ultimi discendenti dei Sýrin, i mutaforma che un tempo popolavano ogni angolo dell'isola di Vøkandar, si stanno riunendo, insieme ad altri ribelli, sotto il comando di una combattente misteriosa che si fa chiamare Narmana.
E sarà proprio Narmana e il suo esercito che Gabrielle, adesso conosciuta con il nome di Nako, dovrà cercare di combattere quando la regina Lorhanna e il suo fratello bastardo, Lucien, ordineranno alla Fratellanza di marciare verso Nord in una missione che sembra essere un suicidio preannunciato.
Il vero nemico avrà realmente le sembianze di un lupo albino?
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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NAKOVRAR  — Vermiglio è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale
 





Le campane del tempio suonavano a festa da molte ore. Il primo rintocco aveva riempito il silenzio della piazza antistante al sorgere del sole, seguito da tanti altri che avevano chiamato a raccolta il popolo e ricordato loro cosa sarebbe accaduto in quel giorno destinato a rimanere per sempre nella storia del regno.
Dalla finestra delle sue stanze, Lorhanna ammirava le imponenti torri che si innalzavano come giganti addormentati al di sopra della città, riflettendo i raggi obliqui del sole grazie alle vetrate colorate che ne accentuavano l’intensità.
Avrebbe continuato a osservare il cielo e la città ancora per molte ore, persa nei suoi pensieri, se non fosse stato per ciò che sarebbe successo nel giro di poco, per il dovere a cui era stata chiamata e a cui avrebbe adempiuto: diventare la sposa di un uomo più giovane di lei, amato dal popolo, nella speranza di rafforzare la presa sul suo vasto regno e sui suoi sudditi e procreare ben presto un erede che avrebbe portato avanti il nome di una dinastia antica di secoli.
Era tempo di dimenticare il passato, di seppellire i ricordi e i rimpianti per ciò che non sarebbe mai stato e affrontare la realtà; era tempo di lasciare andare, di staccarsi da ogni cosa e questo significava anche distruggere l’ultimo simbolo che ancora la legava a quell’uomo – l’unico uomo – che aveva amato e che le era stato portato via prematuramente.
Strette la mani attorno alla vita, come quasi a volersi proteggersi da una minaccia invisibile, la regina della Primavera si avvicinò cauta all’ampio letto a baldacchino accanto al quale c’era un piccolo mobile in legno decorato in oro e, sopra questo, una rosa che non era mai appassita.
— Adesso è tempo di lasciarla svanire, di lasciare andare —
Con mani tremanti l’estrasse dal piccolo vaso bianco e blu, stringendola al petto come il più prezioso dei doni: era stato l’ultimo pegno di François, la sua promessa di amore e fedeltà, di giorni felici che non erano mai arrivati.
Per tutto quel tempo l’aveva custodita gelosamente, facendola sbocciare e ritrasformare in bocciolo grazie alla magia della terra che scorreva nelle sue vene, ma adesso…
« Vyanth.» sussurrò con voce malferma e il bocciolo si schiuse davanti ai suoi occhi d’ambra. La regina sorrise malinconica, accarezzando i petali come una ragazza innamorata accarezza la guancia dell’amato in procinto di partire per la guerra; non avrebbe più pronunciato quella parola, quello momento era un addio per sempre.
«È tempo di lasciarti andare.» confessò a voce bassa, come se quel fiore avesse potuto capirla, come se davanti a lei ci fosse stato lo stesso François «Ti amerò per sempre, ma è tempo per me di andare avanti. So che capisci, so che perdonarai.»
Una lacrima solitaria rigò la sua guancia di porcellana e un attimo dopo, decisa e senza alcuna emozione, Lorhanna esclamò: «Vyanlith
Pronunciate quelle parole, i petali che fino a un attimo prima erano stati di un vibrante colore azzurro iniziarono a scurirsi fino a sfumare nelle tonalità del marrone, diventare marci e polverizzarsi tra le sottili mani della regina.



**
 


Lorhanna si portò una mano sul piatto ventre e prese un lungo respiro. Il vestito di broccato color smeraldo decorato con preziosi fili color rame era più pesante e ingombrante del previsto; persino respirare era difficile, stretta com’era nel corsetto dalle stecche di morbido legno lavorato che premevano sulla sua pelle pallida.
Circondata dalle sue dame nell’anticamera che collegava la sua stanza da letto con il lungo corridoio che l’avrebbe portata fuori dal palazzo, Lorhanna cercò di isolarsi dal brusio delle voci femminili e dal rintocco incessante delle campane del grande tempio poco lontano: mancava meno di un’ora all’inizio della cerimonia, probabilmente il suo sposo la stava già aspettando impaziente davanti alle imponenti statue del Dio Padre e della Dea Madre, e presto la sua vita avrebbe preso una nuova svolta.
Presto, si disse, i suoi piani si sarebbero compiuti e sarebbe iniziata un nuovo capitolo della sua vita; presto, con un po’ di fortuna, avrebbe stretto tra le sue braccia un infante sano e forte, dato al suo regno l’erede al trono che da anni il consiglio e la nobiltà attendevano impazienti.

«Maestà?» una voce che non riconobbe immediatamente la destò dal suo flusso di pensieri.
Ferma sullo stipite della porta, a pochi metri da lei, la giovane Gabrielle Nakovrar attendeva impassibile di scortarla fino al tempio com’era stato stabilito.
Vestita di tutto punto, sebbene sotto l’ampia gonna nascondesse lame affilate e chissà che altro, la giovane erede di una delle famiglie più antiche e potenti della Primavera manteneva un’aria severa, quasi minacciosa, ben lontana da quel senso di smarrimento che aveva lasciato trapelare la sera di quasi tre anni prima quando, insieme a quello che ancora restava della sua sfortunata famiglia, era giunta a palazzo per entrare nella Fratellanza.
«È tutto pronto, deduco.» disse pacata la regina, ricevendo un cenno di assenso come risposta. «Molto bene, dunque. Non lasciamo che i nostri ospiti attendano ulteriormente.»
Lorhanna diede disposizioni alla processione di gente che l’avrebbe seguita fino al luogo della cerimonia di mettersi in marcia — era consuetudine che la sposa percorresse a piedi e con il capo velato la strada che collegava in linea retta il palazzo reale con il Tempio — e non senza fatica lasciò la stanza.
«Siete cresciuta dall’ultima volta che ci siamo viste, Lady Gabrielle.»
«Nako, Maestà.» la corresse umilmente la rossa «Da quando faccio parte della Fratellanza tutti mi chiamano Nako.»
«Ovviamente.» Lorhanna accennò un sorriso, concedendosi per un breve attimo di tornare con la mente a  molti anni prima, quando c’era un’altra regina sul trono e una donna a capo della Fratellanza che si faceva chiamare con lo stesso nome. «Lucien sembra averti addestrato bene: mi parla spesso di voi come una guerriera che non mostra paure e ha spende parole di encomio nei vostri confronti.»
«Il nostro Bræstven mi onora, così come le parole di Vostra Maestà.» ringraziò la giovane con il capo chino, continuando a camminare fianco a fianco della regina così come le era stato ordinato il giorno prima dallo stesso Lucien.
«Ora più che mai ho bisogno di persone leali, soldati addestrati a servire il proprio paese e il proprio sovrano fino alla morte se necessario.» Lorhanna guardò con la coda dell’occhio Gabrielle, cercando una qualche reazione «Inoltre, molto presto mio fratello dovrà scegliere un protetto da addestrare personalmente che gli succederà quando il momento opportuno arriverà e bisogna che ognuno di voi metta a frutto le proprie qualità. Sai cosa intendo dire, vero?»
Gabrielle annuì, ma non disse nulla. Molti anni prima sua nonna aveva scelto Lucien come suo protetto, se liberamente o sotto l’influsso del precedente sovrano questo non era dato sapersi, e ora che il suo momento stava per giungere anche lui avrebbe dovuto scegliere un protetto. Un protetto che, Gabrielle pensò, con un po’ di fortuna e una buona parola della regina avrebbe potuto essere lei.

Una volata di vento carezzò i loro visi e mosse lievemente le loro vesti quando la processione raggiunse l’esterno, la piazza semicircolare antistante al palazzo, portando con se profumi e odori provenienti da tutta la città.
Fu proprio in quel momento, grazie a quel vento dispettoso, che Lorhanna percepì un odore che non percepiva da quasi sedici anni: non era proprio un odore vero e proprio, poiché non tutti erano in grado di percepirlo, ma la sovrana della primavera era certa che quello che percepiva era una strana sensazione di calore, una fragranza fatta di polvere di quercia bruciata, carbone, tabacco… fuoco.
Che la giovane Nakovrar avesse? No, era impossibile… no, non impossibile, piuttosto improbabile. Dopo tutto, suo padre non aveva mai mostrato alcuni segni particolari, ma era pur vero che Ariadne...
Che fosse anche lei, proprio come sua nonna, un Ævin, una dei prescelti in grado di evocare il potere della dea del fuoco e utilizzarlo a proprio piacimento? Se fosse stato così, Lorhanna avrebbe avuto tra le mani un’arma rara e preziosa, poiché quasi nessuno nel suo regno era ancora in grado di avere quel potere e piegarlo alla propria volontà.
Doveva parlare quanto prima con Lucien, non appena il matrimonio fosse finito e poi…
Poi cosa? Lucien odiava la magia, odiava ogni persona in grado di evocare un elemento naturale; non le erano mai sfuggite, negli anni, gli sguardi riservati a quei pochi membri anziani della Fratellanza ancora in grado di evocare il potere della terra, il modo in cui l’aveva guardata quelle rare volte in cui l’aveva sorpresa a far sbocciare i fiori nei giardini reali, cercare di parlare agli alberi sempreverdi che si ergevano possenti, quasi fossero in grado di sfiorare l'immenso cielo.

Lui è come nostro padre, come nostro nonno. Lui non capisce, non sa che se equilibrata da mani esperti la magia…


Trombe squillarono nella tiepida mattina, risplendendo nei raggi del sole. Lorhanna sobbalzò lievemente, osservando attraverso il velo che le ricopriva interamene il volto le scale di pregiato marmo che salivano fin al maestoso portone in bronzo del Tempio.
Le sue dame si portarono dietro di lei, prendendo ognuna un lembo del pesante strascico e alzandolo lievemente; una figura vestita di nero e rosso che riconobbe immediatamente come Lucien le si avvicinò alla propria destra — l’uomo avrebbe fatto in quel giorno di letizia le veci di suo padre, l’avrebbe condotta all’altare e affidata al giovane sposo.
«Mia cara sorella.» Lucien sorrise lievemente, stringendo la piccola mano nella propria.
«Amato fratello.» salutò a sua volta la sovrana prima di iniziare a salire una dopo l’altra le ampie scale.
Il suo ingresso nel tempio fu accolto dalla gentile melodia degli archi, dalla soave voce del coro e da un lieve brusio di sottofondo che, se ascoltato attentamente, raccontava i pareri di ogni singolo nobile là presente circa la propria sovrana.
L’aria era satura di incenso e candele bruciate, risultando quasi malsana, e la luce entrava affievolita attraverso l’oculo posto al centro della cupola marmorea e dalle vetrate colorate riccamente decorate e rappresentanti i sovrani della Primavera.
Il Feirad, l’Alto Sacerdote del tempio, l’attendeva vestito con i sacri ornamenti davanti alle maestose statue in marmo e bronzo del Dio Padre e della Dea Madre; poco prima, invece, vestito di tutto punto con l’alta uniforme destinata ai membri della famiglia reale, vi era il sorridente e nervoso Nikolas.

«Chi conduce alla presenza del Dio Padre e della Dea Madre questa sposa?» chiese come da tradizione il Feirad, la voce bassa e minacciosa.
«Lucien Yviórsekk, fratello di questa donna.» rispose con voce altrettanto solenne il biondo, scostando il pesante velo del viso di Lorhanna e porgendo il braccio di quest’ultima a Nikolas «Alla presenza degli déi e della loro stirpe, della nobiltà e del popolo di Yvjór concedo a te, Nikolas Dvjost, la mano di questa sposa. Possa il vostro matrimonio essere benedetto.»
Lucien fece un passo indietro e poi un altro, fino a divenire un ombra tra le file poco distanti. I due sposi, finalmente, erano l’uno accanto all’altro e, sebbene per motivi diversi, su entrambi i loro volti l’emozione era palese.
Negli istanti successivi il Feirad iniziò il suo discorso solenne, ricordando la loro comune stirpe, le origini degli déi e del mondo, di come tutto fosse accaduto per poter arrivare in quel momento. Altro incenso fu sparso tra le mura circolari del Tempio gremito di gente, candele vennero accese e preghiere furono innalzate in onore degli déi; frutti della terra vennero innalzati sui loro altari e, come da consuetudine, un animale da pascolo venne sacrificato sul tempio della madre, così da poter cospargere la fronte della sposa con poche gocce di quel sangue innocente simbolo e augurio di fertilità.
Un singolo anello di oro e rame nel cui centro era incastonata una pietra di preziosa giada venne posto al dito medio di Lorhanna, simbolo di appartenenza a quel giovane uomo che lei stessa aveva deciso di prendere come marito.
Nel giro di quello che parve un attimo tutto ebbe fine e Lorhanna tornò ad ammirare il cielo terso al di fuori del Tempio, conscia che la giovane donna che vi era entrata poco prima non sarebbe mai stata la stessa che vi era uscita: una nuova pagina della sua vita stava per essere scritto, conseguenze ci sarebbero state a quel matrimonio, un nuovo gioco stava per iniziare e sarebbe spettato a lei e a lei soltanto decidere se rimanere la regina inespugnabile che era sempre stata o un indifeso pedone pronto per essere sacrificato.  



 

*


 
Angolo Autrice: Per la serie "chi non muore si rivede" eccomi qua, di ritorno? Qualcuno ha sentito la mia mancanza? Spero di sì, cacchio.
Perdonatemi, so bene che non sono più attiva come un tempo e che ho storie in pausa da praticamente un anno, ma la mia vena creativa non gode di splendida salute in questo periodo e sto cercando di fare del mio meglio...
Spero, comunque, che questo capitolo vi sia piaciuto - sempre se c'è ancora qualcuno che continua a leggere 'sta storia. Se vi va, lasciate una recensione che, al solito, sarà sempre molto apprezzata.
Alla prossima,
V.

 
  
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