Con quelle due
lame che si ritrovava al posto degli occhi, Mello la scrutava silenziosamente.
Quegli attimi, che a lei parvero ore, terminarono con lo scostarsi del corpo
del biondo dalla porta, invitandola implicitamente ad entrare.
L’appartamento
di Mello era il caos totale, difatti rispecchiava perfettamente il proprietario.
I vestiti
buttati in ogni angolo assieme ad una miriade di oggetti non identificati di
cui nemmeno voleva sapere l’identità. Il tutto era ricoperto dalla stagnola
delle tavolette di cioccolata che il biondo mangiava in quantità industriale.
Guardandosi
intorno, e tentando di non pestare nulla, si diresse verso il divano dove si
era accomodato il ragazzo. Dopo essersi seduta rivolse uno sguardo a
quest’ultimo.
< Di solito
tu apri così alle persone? > lo interrogò squadrandolo da capo a piedi.
< Non
solitamente, ma qualcuno di fastidiosamente insistente continuava a bussare e
non ho avuto il tempo di finire di cambiarmi > rispose eloquente.
< Pff e io che ero venuta pure a scusarmi, sei
insopportabile… almeno puoi chiuderti i pantaloni? >
< Per quale
motivo? Sei imbarazzata? >ghignò.
<
Imbarazzata non è proprio il termine che userei, io direi più schifata >rispose,
portandosi una mano sotto al metto e poggiandovisi. Lui sbuffò.
< E’ questo il tuo modo di scusarti? Non mi sembra molto
efficace >
< Ovviamente
no > lo rimbeccò la rossa.
Poi d’un tratto
il suo sguardo si posò sul corpo del ragazzo, dove la cicatrice proseguiva fino
a metà torace. Sentì l’irrefrenabile voglia di sfiorarla.
< Lo stai
facendo di nuovo >. La voce, o meglio, il ringhio di Mello, arrivò ovatto
alle sue orecchie. Non se ne curò minimamente. Continuò ad avvicinarsi per poi
allungare una mano verso il suo viso. Toccò la pelle martoriata, trovandola
sorprendentemente morbida nonostante il brutto effetto estetico. Fece
discendere la mano verso i suoi addominali non troppo pronunciati. Per avere
vent’anni, aveva un corpo ancora acerbo. Anche li la sua pelle era molto più
morbida di quanto si fosse mai immaginata.
Tutto ciò,
avvenne sotto lo sguardo attonito di Mello, che, pur non volendo, si lasciò
scappare un sospiro al contatto delle sue dita gelide. Quel suono bastò per far
risvegliare la ragazza dal suo stato di trans.
< Finita
l’ispezione? > domandò acido lui.
< Scusami, è
che… mi attrae > mormorò di rimando facendo inarcare un sopracciglio al
biondo.
< Non
cercare di adularmi, non ti dirò come me la sono procurata >
< Non è per…
ah lasciamo perdere, ti chiedo scusa, accetta e facciamola finita > sbuffò.
< E va bene,
piuttosto, non hai detto che dovevi parlarmi? >chiese eclissando la
questione “scuse”.
< Già,
riguarda L >.
Ora sapeva di
avere tutta la sua attenzione.
< L vuole
che questo caso sia risolto da tutti noi, perciò in parole spicce mi ha diciamo
“invitata” a dirti che dobbiamo mettere da parte i dissapori tra di noi se non
vogliamo essere sbattuti fuori dal caso >
Lo vide
aggrottare la fronte. < Ha detto proprio così? >
< No, non
sarebbe nel suo stile, ma sono piuttosto brava a decodificare messaggi nascosti
>
Mello rimase un
attimo a pensare, assorto nei suoi pensieri, poi parlò.
< E va bene
pel di carota, vedrò di odiarti un po' meno del solito durante questo caso. E
adesso vattene voglio dormire > poi un ghigno gli si dipinse in volto < A
meno che tu non voglia farmi un po' di compagnia >
Non sarebbe
cambiato nulla sotto quel punto di vista, aveva promesso di odiarla meno, non
di smettere di punzecchiarla.
< Per quanto
la proposta sia allettante mi vedo costretta a declinare l’offerta, buonanotte
Mello >
Un “notte” soffocato fu tutto ciò che riuscì a
sentire prima di chiudersi la porta alle spalle.
Fuori
dall’appartamento di Mello, Watari la stava
aspettando pazientemente.
Si
sentì terribilmente in colpa < Cavolo Watari, sei
stato qui fuori tutto il tempo? Potevi dirmi di sbrigarmi ci avrò messo
mezz’ora >
Il
vecchio non si scompose minimamente.
Watari prendeva sempre tutto così sul serio.
<
L’ho già portato a termine, grazie per avermi aspettata >
<
Dovere Miss. Ora se volete scusarmi, vi scorterei nella vostra stanza >
disse premuroso lasciandola passare .
<
Con molto piacere >
Tutto
si aspettava, meno che quell’appartamento maestoso. Le ricordava i loft che,
fino a quel momento, aveva visto solo nei film.
La
giovane iniziò a girovagare per le stanze dell’appartamento, non badando a Watari che se ne stava fermo sulla soglia della porta.
L’appartamento
era diviso in quattro stanze, ma di dimensioni gigantesche. Il bagno aveva sia
la vasca che la doccia, ed era illuminato da una serie di luci che circondavano
l’enorme specchio del lavandino. La cucina era una distesa di marmo nero, ma la
cosa non la preoccupò più di tanto, sarebbero state rare le volte in cui
avrebbe cucinato. Il salotto invece era ampio e accessoriato, presentava ogni
tecnologia possibile e giocava con le tonalità del nero, dell’argento e del
bianco.
La
parte preferita della rossa, però, fu senza dubbio la camera da letto. Quel
letto a baldacchino aveva sin da subito attirato la sua attenzione. E quelle
lenzuola nere come la pece dovevano essere qualcosa di estremamente morbido.
Tornò
in salotto per ringraziare l’anziano che, dopo averle augurato la buona notte,
se ne andò. Rimasta sola fece l’unica cosa che aveva in mente quel momento.
Corse a perdifiato verso la camera per poi buttarsi a capofitto sul letto. Era
ancora meglio di come se lo era immaginato. Rimase qualche secondo a
contemplare il soffitto finchè un campanello
dall’arme non le suonò in testa. “Tutto troppo perfetto ”.
Questo le venne in mente.
Le
avevano dato una casa gratis con vitto e alloggio, anche se più che una casa
sembrava un loft da miliardari. In più tutte quelle gentilezze, a una come lei,
risultavano alquanto sospette,
Con
gli occhi iniziò ad ispezionare tutta la stanza, premurandosi però di rimanere
immobile per non destare sospetti. Continuò a cercare fino a quando non trovò
ciò che cercava.
Una
piccolissima luce rossa proveniva da dietro il condizionatore. Accorgersene
sarebbe stato impossibile per chiunque, ma per fortuna lei non era chiunque.
Fatta
quella scoperta passò le successive due ore a cercare le microtelecamere,
sgranocchiando ogni tanto qualcosa per placare la fame.
Ce
n’erano otto in tutto. Quel maledetto. Si chiese perché L avesse fatto mettere
delle telecamere nel suo loft. D’improvviso si chiese, se per precauzione, non
le avesse messe anche nei loft dei suoi sottoposti. Sperò vivamente non fosse
così, non le piaceva sapere che L assisteva ad ogni loro incontro. E
soprattutto non le piaceva che potesse vedere tutti i suoi movimenti.
Nonostante
ciò, sapeva che L aveva un limite e che certe situazioni proprio non riusciva a
sopportarle. In particolar modo quelle intime. Dando le spalle alla telecamera
iniziò lentamente a togliersi la maglia, lanciando ogni tanto occhiate di
scorcio alla lucina puntata su di lei.
Dall’altra
parte della telecamera il detective corvino guardava la scena, non senza un
certo gusto. Aveva capito sin da subito che Amy si era accorta delle
telecamere, e conoscendola non poteva certo escludere che lei ora volesse
impartirgli qualche sorta di vendetta. E ci stava riuscendo in tutto e per
tutto. Si era riscoperto piacevolmente sorpreso nel costatare che le forme
della rossa non lo lasciavano indifferente. Molti avrebbero detto che era una
cosa naturale e fisiologica. Ma lui non era come gli altri, a lui queste cose
non avevano mai suscitato interesse alcuno. Ne era la prova il fatto che fosse
riuscito a vivere a stretto contatto con la idol Misa
Amane, senza aver mai avuto nessun tipo di impulso.
Con
lei invece, tutto ciò sembrava prendere vita. Decise, che per il suo bene, era
meglio spegnere il monitor siccome la ragazza non aveva alcuna intenzione di
fermarsi. Riuscì ad oscurare il monitor di destra appena prima che il gancio
del reggipetto venisse aperto.
Sentiva
lo sguardo di Watari su di se,
e cercò di ricomporsi. Non gli piaceva apparire vulnerabile, la sua espressione
doveva restare sempre neutrale e impassibile. Lui era L, il migliore detective
del mondo, e da tale doveva comportarsi.
Dovevano
risolvere un nuovo caso in cui, molto probabilmente, era coinvolto un Death
note.
Perciò
aveva bisogno di tutta la sua concentrazione, per uscirne illeso e limitare i
danni che il killer avrebbe potuto causare.
<
Watari >chiamò il suo vecchio aiutante
, che prontamente accorse, fiscale come suo solito.
Fece girare la sedia verso di lui.
<
Portami tutte le cartelle e i documenti relativi al precedente caso Kira >
Il
vecchio annui e fece per dirigersi verso l’uscita, ma venne fermato di nuovo
dalla voce del corvino.
<
Ah, e anche un carrello di dolciumi, perfavore >.