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Autore: paige95    15/05/2019    4 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Tra passato, cadute e scelte

 


[ 3 settembre 2017 ore 4:00 p.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts/Serra di Erbologia ]
 
Rose era ancora molto perplessa e fissava con diffidenza il vaso che il professor Paciock le aveva posizionato davanti. Era rimasta immobile sullo sgabello su cui l’aveva fatta accomodare per assistere a quella lezione personale. Sicuramente era riuscito a stupirla, ma non seppe dire se fosse un bene. Neville aveva usato degli accorgimenti per prendere in mano quella pianta e trasportarla, ma, nonostante ciò, non sembrava essere affatto teso. Rose invece aveva allontanato di qualche centimetro la sedia dal bancone della serra, il fatto che fosse una Grifondoro non le faceva venir voglia di immolarsi durante una lezione supplementare. Non ne aveva mai vista una dal vivo, ma conosceva molto bene le sue caratteristiche e sembrava ancora meno innocua rispetto a come veniva descritta sui libri di Erbologia. Le immagini che aveva potuto ammirare tra le pagine non le rendevano affatto onore. Si voltò verso il docente intimorita e confusa in cerca di spiegazioni, ma, quando lo fece, incontrò un’espressione quasi divertita per la reazione della ragazza.
 
«N-Neville, questa è …»
 
«La riconosci, signorina Weasley?»
 
La coscienziosità della sua studentessa gli era ben nota anche fuori dalla Scuola, si sarebbe forse stupito se la sua sete di sapere avesse superato la prudenza. Afferrò a sua volta uno sgabello e si sedette accanto a Rose con un sorriso. Neville non vedeva la necessità di prendere le distanze dal bancone su cui aveva appoggiato il vaso, ma l’assecondò ugualmente e si allontanò anche lui. Impugnò la bacchetta e immobilizzò gli aculei che si muovevano in tutte le direzioni, facendo cessare anche quel fastidiosissimo ticchettio che emettevano continuamente. La tranquillizzò in parte il fatto che il professore l’avesse resa indifesa, dimostrandole quanto quella che stavano intraprendendo fosse pura accademia in un’aula di Hogwarts e che non ci potesse essere alcun pericolo.
 
«È una Tentacula Velenosa, ma mi spieghi cosa dovrei farci io? Il Ministero l’ha classificata come “sostanza non commerciabile di classe C”, quindi, a meno che mia madre non abbia cambiato le leggi, non capisco per quale ragione ne abbia un esemplare davanti»
 
«Sbaglio o mi avevi espressamente chiesto una lezione di livello avanzato? E sei anche molto preparata, complimenti, dieci punti a Grifondoro»
 
«Sì, ma non volevo rischiare la vita»
 
Fissò Neville come se avesse tutte le intenzioni di rimproverarlo, nonostante il premio che le aveva concesso per le sue ineccepibili conoscenze. Non le importava nulla se si stesse rivolgendo ad un suo professore o se avesse più del triplo dei suoi anni, prima di ogni altra cosa Neville era un amico di famiglia e senza troppe difficoltà gli faceva notare un errore.
 
«Che esagerazione, è sufficiente essere prudenti»
 
«La Preside sa che tieni questa roba nell’Aula di Erbologia?»
 
«Ovvio che lo sa. Come farei ad ingannare la McGranitt? Tornando a te, Rose, rilassati, non metterei mai a rischio la tua incolumità, ho tutto sotto controllo»
 
In effetti non aveva alcuna ragione di mettere in dubbio la professionalità del suo docente, almeno fino a quando non lo vide infilare la mano destra in uno dei suoi guanti e avvicinarsi al vaso con disinvoltura, come se tutti i giorni si occupasse di simili piante. Era sicuramente esperto in materia, ma proprio per quel motivo avrebbe dovuto avere qualche scrupolo maggiore.
 
«Ehi, aspetta un attimo, cosa stai facendo?»
 
«Visto che sai già cos’è, dovremo studiarla in modo più approfondito»
 
Provò a giustificare le sue azioni con entusiasmo ed iniziò ad esaminare il terriccio che si trovava alla base del vaso. Nonostante Rose fosse diventata da qualche giorno una sua studentessa, e non fosse più solo la figlia dei suoi più cari amici, era gratificante confrontarsi con qualcuno che avesse le sue stesse conoscenze e avesse un così grande amore per il sapere di qualunque disciplina si trattasse. La ragazza si stava autoconvincendo a stare tranquilla, infondo si fidava di lui da quando era nata, e per farlo provò a cambiare argomento.
 
«Neville, tu conosci bene papà?»
 
«Conosco tuo padre da quando avevamo la tua età. Perché me lo chiedi?»
 
Le rispose distrattamente, esaminava attentamente la Tentacula Velenosa in cerca di qualche dettaglio che potesse attirare l’attenzione di Rose. Lei, nonostante fosse presa dalla conversazione, non distoglieva neppure per sbaglio lo sguardo dalla pianta per paura di ciò che Neville avesse in mente, ma soprattutto che l’incantesimo immobilizzante finisse precocemente.
 
«Perché Albus mi ha insinuato dei dubbi a cui non ha ancora dato risposta, ma forse è meglio se ora ti concentri su quello che stai facendo e termini velocemente»
 
«Rose, non è la prima volta che me la vedo con questo tipo specie, stai tranquilla. Dimmi piuttosto cosa vuoi sapere, se posso risponderti, lo faccio volentieri»
 
Alzò lo sguardo sulla ragazza in cerca di una spiegazione e ignorò le sue premurose raccomandazioni. Rose si stava preoccupando troppo per il suo professore o forse no, lei continuava ad intravedere una minaccia, ma proseguì comunque incentivata da lui.
 
«Sappiamo entrambi che a papà piace molto il Quidditch, tu sai se recentemente è andato a vedere qualche partita? Non è per la partita in sé, anche se ammetto che assistere alle partite con papà mi entusiasmi sempre tanto, ma me lo aveva promesso e forse preferisce andare da solo oppure si è dimenticato di me»
 
«Rose, non vedo tuo padre da un po’, ma trovo difficile che possa essersi dimenticato di sua figlia, non mi sembra nel suo stile. Penso piuttosto sia stato distratto da altro, è solo un po’ smemorato, se dimentica non ci mette malizia. Lascia un po’ di respiro a quel pover’uomo, avrà mille questioni a cui pensare durante la giornata, non deve essere semplice essere sposati con il Ministro della Magia e dover pensare al lavoro e alla famiglia dalla mattina alla sera. Se si ritaglia qualche ora per sé non significa che non ti voglia bene, anzi a me dà tutt’altra impressione»
 
Era ciò che lei continuava a ripetere ad Albus, eppure ora i dubbi che il cugino avesse realmente ragione sorgevano a lei. Nonostante Neville le avesse fornito una spiegazione plausibile circa il comportamento del padre, la situazione della sua famiglia iniziava a non convincerla più così tanto. Era come se qualcosa le avesse squarciato un velo davanti agli occhi e le avesse mostrato una verità che lei da sola fino a quel momento non era riuscita a cogliere.
 
«E questo lo ha detto lui a te? Si è lamentato con te sul fatto che la mamma lavori tanto e lasci a lui l’incombenza della famiglia? Ti ha detto che sente la necessità di tempo per sé? Se va alle partite, lo fa di nascosto, nemmeno la mamma lo sa, altrimenti avrei sicuramente sentito delle urla a tal proposito»
 
«Questo potrebbe essere potenzialmente un problema, non so quanto Hermione possa essere comprensiva. Rose, è apprezzabile che ti preoccupi per tuo padre e per tua madre, ma credo che queste siano questioni che debbano risolvere i tuoi genitori, magari non lo sai e in realtà ne hanno già discusso. Ti posso solo tranquillizzare sul fatto che non si sono dimenticati dei loro figli»
 
Dopo aver esaminato la pianta, afferrò le sue forbici da lavoro e le manovrò attentamente verso le radici, sempre sotto lo sguardo pensieroso della giovane studentessa.
 
«So, Neville, che ho solo undici anni e che queste sono questioni da adulti, ma non voglio che litighino, se posso evitarlo. Lo hai detto anche tu, se la mamma dovesse venire a scoprire che papà le ha mentito, non so che reazione potrebbe avere, come faccio ad aiutarlo?»
 
«Sa badare a se stesso, se non è ancora morto in questi anni, sono certo che sappia difendersi da lei. E sono anche sicuro ti stia riservando qualche sorpresa, sbaglio o l’anno prossimo si disputa la Coppa del Mondo di Quidditch*
 
Riuscì a strapparle un piccolo speranzoso sorriso, nonostante dubitasse che sua madre la facesse partecipare ad un simile evento e che suo padre la accompagnasse. Quel flebile barlume di serenità si spense quasi subito, quando tornò da lei e tra le mani aveva una parte di quella pianta velenosa, ma lei era fiduciosa sul fatto che non dovesse toccarla. Il professore si risedette a fianco di Rose e si apprestò ad iniziare la sua spiegazione, sperando di stupirla con informazioni a lei sconosciute, purtroppo però l’aveva sottovalutata ancora una volta.
 
«Neville, una volta staccati gli aculei non possono più muoversi e strangolarci, vero? E ho anche un’altra domanda: negli aculei non c’è la sostanza che la rende velenosa, ma tu l’hai tagliata dalla radice, quindi immagino che ora tu tenga in mano una sostanza tossica. Consentimi anche di dirti che sei un barbaro, la Tentacula Velenosa è semi-senziente, ciò significa che l’hai torturata»
 
«Ricordami per quale ragione ho accettato di dare lezioni private e avanzate ad una so-tutto-io
 
«Perché mi vuoi bene, suppongo, e mi fa piacere ascoltare i tuoi consigli. Saresti stato un bravo papà, sai, Neville?»
 
Glielo disse distrattamente, ma con grande sincerità. Lo prese alla sprovvista e riuscì quasi a commuoverlo, visto che era ancora particolarmente provato da un passato che faticava a lasciarsi alle spalle. Non era sua intenzione riaprire alcuna ferita, anzi credeva di fargli un complimento, eppure l’espressione dell’uomo era tutt’altro che rilassata.
 
«S-scusami, non volevo …»
 
«Tranquilla, Rose. Ti ringrazio, ma il destino non ha voluto rendermi padre»
 
«Volevo solo dire che saresti stato portato per essere padre, sai sempre come tranquillizzare, so però che non hai potuto e non è stata una scelta tua. Se ti può consolare, per me sei al pari dello zio Harry e per Al sei addirittura il suo padrino, quindi sei molto importante per entrambi»
 
Neville si alzò nuovamente, infastidito e imbarazzato per quell’argomento, talmente tanto da non riuscire ad apprezzare nemmeno quella dimostrazione d’affetto da parte della ragazza. Posò l’aculeo che aveva staccato, si tolse il guanto e si dedicò alla cura delle piante più innocue che custodiva nella serra. Rose lo comprese, era un po’ più piccola quando era avvenuta quella disgrazia, ma successivamente sua madre gliel’aveva spiegata meglio e non riusciva nemmeno lontanamente ad immaginare che emozioni avesse potuto provare Neville.
 
«A proposito di tuo cugino, come sta? So che il suo umore era pessimo in questi giorni, specie dopo quella disavventura con Scorpius»
 
«Sono certa che se gli parlassi anche tu, si sentirebbe meglio. Ora è in crisi, perché è entrato nella squadra di Quidditch ed ha paura di disattendere ancora una volta la reputazione della sua famiglia, immagino che stavolta abbia paura di non essere un Cercatore all’altezza degli zii. È diventata per lui un’ossessione e non so come aiutarlo»
 
«Gli parlerò sicuramente, Rose, sperando che ciò possa fargli trascorrere più serenamente questo anno ad Hogwarts»
 
«Grazie. Hannah come sta? In questi giorni non l’ho ancora vista, ma credo che sia positivo, visto che lavora in Infermeria»
 
«Bene … o almeno credo, con l’inizio delle lezioni ci vediamo sempre pochissimo, nonostante tre anni fa abbia iniziato qui ad Hogwarts il suo nuovo lavoro»
 
Riprese ad annaffiare le piante e ad esaminarle con malinconia. Rose non sapeva cos’altro aggiungere, a Neville non sembrava particolarmente gradito parlare di sua moglie, ma siccome non riusciva ad ignorare l’umore pessimo che aveva suscitato nel suo docente, cercò di approfondire.
 
«Va tutto bene con lei? Insomma, dovreste vedervi praticamente tutti i giorni. Mi immagino se mamma e papà dovessero lavorare entrambi al Ministero e suppongo che … no, anzi, credo che litigherebbero di più, avrebbero nuove ragioni per discutere, ma tu ed Hannah non avete alcun motivo per evitarvi»
 
«Va alla grande tra noi, siamo solo impegnati, tutto qui»
 
«Sai, se simuli un incidente non troppo grave con quella Tentacula Velenosa, vai subito in Infermeria e hai la scusa per vedere tua moglie»
 
«Ti ringrazio, Rose, per l’interessamento, ma non credo sia opportuno che un insegnante si confidi con uno studente e nemmeno che io tratti certi temi con una ragazzina di undici anni, per quanto tu possa essere saggia»
 
Rose iniziava ad intuire che qualcosa tra loro non andasse e probabilmente ciò andava ben oltre le normali liti dei suoi genitori, al termine delle quali si rappacificavano, almeno escludendo eventuali nuovi problemi. Cercò di notare la fede che Neville aveva sempre portato al dito in quei cinque anni e constatò con sollievo che c’era ancora.
 
«Tra te ed Hannah le cose non vanno più bene da quando …»
 
«Rose, dobbiamo per forza parlarne?! È già abbastanza difficile vederla tutti i giorni e non sapere cosa dirle»
 
«Scusami, ho sbagliato io a tornare sull’argomento. Anche perché credo che i miei genitori e gli zii ti abbiano già sommerso con mille attenzioni da quando è accaduto»
 
Erano entrambi molto a disagio. La ragazza non sapeva come aiutarlo, perché, come giustamente lui aveva sottolineato, lei non aveva l’esperienza necessaria, mentre Neville si pentì l’istante successivo di aver alzato la voce e di essersi innervosito davanti all’apprensione di Rose. Per come quella lezione era evoluta, l’ultima cosa che entrambi desideravano era incrociare l’uno lo sguardo dell’altra e Neville in quello era avvantaggiato, visto che poteva impegnarsi in altre attività nella serra.
 
«Sì, è da due anni che le cose tra me ed Hannah non vanno come dovrebbero»
 
«Mi dispiace, non deve essere stato facile per voi»
 
«Dai, Rose, non rattristiamoci, tanto non possiamo cambiare il passato e nemmeno allora ho potuto fare qualcosa per evitarlo. Cosa volevi che ti insegnassi ancora oggi? Anche se, sinceramente, sembra che ne sappia più tu di me, dopo soli tre giorni di lezione sei già pronta per i G.U.F.O del quinto anno. Non so, vuoi aiutarmi a curare le piante?»
 
Riuscì con quei complimenti a strapparle un sorriso, dissipando in parte l’imbarazzo che era calato tra i due. Rose ne era convinta, Neville avrebbe avuto davvero le doti per formare una famiglia tutta sua.
 
«I libri della mamma mi sono tornati utili durante l’estate»
 
«Immaginavo. So dalla McGranitt che anche tu rischi di finire nella squadra di Quidditch»
 
Non riuscì però a risparmiarle un ulteriore rossore in volto per tutte quelle aspettative riposte in lei. Rose per prima avrebbe desiderato far parte della squadra, ma temeva anche di non riuscire ora che le si presentava finalmente l’occasione. Quel sogno era troppo grande e da troppo tempo tenuto in un cassetto, forse dalla nascita, da quando suo padre le aveva trasmesso la passione per quello sport.
 
«Ci proverò, non so come andranno le selezioni, ma probabilmente in Infermeria ci finirò presto io, se vuoi ti saluto Hannah. Desideri che le riferisca qualcosa?»
 
«Non molli mai, sei tale e quale a tua madre, Ron me lo ripete sempre. Se hai eredito le doti di tuo padre e tua zia, hai molte possibilità di passarle. Domani mi troverai sugli spalti. So che non sarà corretto nei confronti degli altri studenti, ma io tiferò per te»
 
«Grazie per il sostegno, Neville»
 
«Dovere, piccola»
 
 
[ 3 settembre 2017 ore 4:15 p.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts/Campo di Allenamento ]
 
Albus era stato puntualissimo, non aveva alcuna voglia di deludere nuovamente la Preside, la quale sembrava essere piuttosto entusiasta riguardo al suo ingresso in squadra. Il Capitano dei Serpeverde Alex Flint, degno erede dell’ex Capitano Marcus Flint, lo stava aspettando intransigente al centro del campo. Si stava pentendo di aver accettato, quando notò che qualcun altro era presente sotto il pallido sole di settembre. Strinse più forte la sua Nimbus tra le mani, quando iniziò a provare una certa ansia per un nuovo eventuale confronto.
 
«Potter. Qual buon vento ti porta qui?»
 
Albus fissò Scorpius perplesso, si sforzava di essergli indifferente e di non accogliere le sue provocazioni. Il suo compagno non avrebbe ottenuto alcuna vendetta per l’aggressione che aveva subìto, voleva solo scoprire il motivo che lo aveva spinto sul Campo quel pomeriggio.
 
«Immagino per le selezioni, esattamente come te»
 
«Nessuna selezione. Siete entrambi in squadra. Fatemi vedere cosa sapete fare, voglio testare il vostro livello»
 
Flint freddo ricordò ai due i programmi di quell’allenamento speciale, ma Scorpius doveva aver frainteso, perché con atteggiamento battagliero aveva montato la sua Firebolt di ultimissima generazione.
 
«Con piacere. Abbiamo un conto in sospeso, Potter»
 
«Non vogliamo infortuni, dovete solo catturare il Boccino»
 
Il Capitano mise severo le cose in chiaro e si preparò a liberare la loro preda.
 
«Malfoy, non ho voglia di alcuna resa di conti. Sono qui solo perché me lo ha chiesto la McGranitt»
 
«Paura, Potter?»
 
«Di uno sbruffone come te?»
 
Salì sulla scopa a sua volta, non poteva impedire al suo sangue di ribollire ogni volta che percepiva arroganza nel tono di qualcuno. Quando entrambi furono in posizione, Flint liberò il Boccino. Scorpius partì senza pensarci, mentre Albus cercò prima di individuare la direzione in cui quel piccolo oggetto era sparito, confondendosi con l’abbagliante luce. Non riuscì a guardare troppo a lungo nella direzione del sole, rischiava che la sua vista venisse compromessa per alcuni secondi e in quel modo avrebbe concesso troppo vantaggio a Scorpius. Si tolse determinato la lunga divisa per essere più comodo e la posò a terra, dopodiché si decise a decollare e a raggiungere il suo avversario. Il compagno si era lanciato all’inseguimento del Boccino e non aveva alcuna intenzione di perderlo di vista prima della mossa decisiva. Albus lo aveva ormai raggiunto, ma lui non poteva permettersi di perdere contro il suo rivale. Scorpius cercò di tagliargli la strada per fargli perdere di vista il Boccino, ma Albus aumentò la velocità, evitando così lo scontro fisico.
 
«Non voglio alcuna rissa, Malfoy, dacci un taglio»
 
«Neanche io volevo essere Schiantato, ma non mi pare che tu mi abbia dato scelta»
 
L’unico obiettivo di Albus era il Boccino e non voleva alcuna distrazione. Aveva recuperato qualche metro in linea d’aria e Scorpius era rimasto vicino alla coda della Nimbus, nonostante stesse volando con la scopa più potente che esistesse. Albus era molto vicino al suo traguardo, aveva già allungato la mano per afferrare l’oggetto che avrebbe segnato la sua vittoria, ma una sensazione gli impedì di compiere lo sforzo finale. Si voltò indietro e vide il compagno che in difficoltà cercava in tutti i modi di reggersi al legno di betulla per non cadere rovinosamente sull’erba del Campo. L’erede dei Potter non ci pensò nemmeno un istante, fece dietrofront e allungò a Scorpius la mano che avrebbe dovuto afferrare il Boccino. L’altro invece non accolse subito di buon grado quell’aiuto, ma non era nella posizione giusta per rifiutarlo. Grazie ad Albus riuscì a risollevarsi e a riacquistare il controllo della sua scopa. Per entrambi la caccia al Boccino passò in secondo piano, Scorpius in particolare era talmente rimasto sorpreso da quel gesto che non aveva nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo su di lui, ma ci pensò Albus a rompere quell’imbarazzante silenzio.
 
«Stai bene? Cos’è successo?»
 
«All’improvviso la scopa non ha risposto più ai miei comandi e sono scivolato giù. G-grazie, Potter, mi hai risparmiato un giro in Infermeria. Hai preferito aiutare me, piuttosto che prendere il Boccino»
 
Albus sorrise per la gratitudine che gli aveva riservato. Era evidente la vergogna che Scorpius provava per il suo impaccio sulla scopa, ma almeno con la disavventura del suo compagno era riuscito a saldare un debito. Non appena i due giovani Serpeverde ebbero posato i piedi al suolo, Flint li raggiunse con calma, non sembrava affatto preoccupato per quell’incidente.
 
«Tutto bene, Malfoy? Avete superato la prova, complimenti»
 
«Prova?»
 
«Malfoy non ha perso il controllo della scopa, l’ho sabotata io. Ho bisogno che i miei giocatori collaborino e voi non mi sembravate i più indicati per questo tipo di compito, considerando i vostri trascorsi. Ho esposto i miei dubbi alla Preside e lei mi ha permesso di testare le vostre capacità collaborative»
 
Quella notizia non fu affatto gradita a Scorpius, anzi si rese conto di essere stato sfruttato per un esperimento del quale era del tutto all’oscuro.
 
«Rischiando la mia vita?!»
 
«Era tutto sotto controllo, non poteva succederti nulla. Bene, direi che per oggi può bastare, ci rivediamo tra un paio di giorni per gli allenamenti»
 
Si stava allontanando, quando Albus lo richiamò indietro, per lui quella conversazione non era ancora terminata.
 
«Capitano. Non riesco a capire, se fossimo stati in partita avrei rinunciato alla vittoria della mia squadra per aiutare un mio compagno»
 
«Sì, esatto. Potter, ma pensi davvero che i Serpeverde siano senza cuore? Pensavo avessi la capacità di distinguere chi ti disprezza da chi invece non lo ha mai fatto. Come pensi di vincere una partita, se non collaborando con gli altri giocatori. Non lascio indietro alcun componente della mia squadra, o vinciamo insieme o perdiamo insieme, questo voglio che sia chiaro, ma non credo per te ci siano problemi, lo hai appena dimostrato»
 
«Vincere insieme … dobbiamo fare un gioco di squadra, quindi?»
 
«Esatto. Ah, Potter, non ho più dubbi, tu ricoprirai il ruolo del Battitore, difenderai splendidamente i tuoi compagni dai Bolidi e Malfoy, te la senti di essere un Cercatore? Se non fosse stato per la mia intromissione, saresti riuscito a prendere il Boccino, la tua Firebolt corre veloce»
 
Rimasero entrambi senza fiato per i ruoli inaspettati che il Capitano aveva assegnato loro. Albus aveva particolarmente apprezzato quella decisione, sarebbe in quel modo riuscito a prendere più facilmente le distanze dalla reputazione del padre e a non restare perennemente alla sua ombra, era così un passo più lontano dalle aspettative che pendevano sulla sua testa. Non aveva soltanto ricevuto una notizia che avrebbe rasserenato la sua permanenza ad Hogwarts, aveva acquisito anche una nuova consapevolezza: aveva totalmente sottovalutato i Serpeverde, infondo avevano un buon cuore anche loro.
 
 
[ 4 settembre 2017 ore 6:40 p.m. – Casa Granger/Weasley ]
 
Hermione non vedeva l’ora di condividere con suo marito la gioia per la splendida notizia appena ricevuta, che aveva avuto il potere di modificare il tenore della sua giornata. L’orgoglio che provava era pari a pochi altri momenti che aveva vissuto ed era convinta che Ron avrebbe provato il doppio della felicità. Era talmente euforica che entrata dalla porta di casa si era persino dimenticata di annunciare il suo ritorno ed aveva raggiunto d’istinto le scale convinta di trovarlo al piano superiore. Suo marito non era in alcuna stanza, ma in compenso si era imbattuta in Hugo, contento di rivederla dopo una lunga giornata di assenza da casa.
 
«Mamma!»
 
«Tesoro mio»
 
Le corse incontro, donandole la dolce certezza che non fosse arrabbiato con lei per aver rifiutato quella stessa mattina la sua compagnia al Ministero. Lo strinse forte, era ciò di cui aveva più bisogno per rigenerare in breve tempo tutte le energie perse a causa dei numerosi impegni di lavoro. Hermione sciolse a malincuore il loro abbraccio, desiderava da diverse ore ormai consegnare al figlio il regalo che gli aveva promesso, così iniziò a rovistare frettolosamente nella sua grande borsa.
 
«Sono passata al Ghirigoro stamattina e ti ho preso qualcosa che sono sicura ti piacerà tanto. Dammi solo un secondo, deve essere qui da qualche parte, sono certa di averlo messo in borsa appena uscita dal negozio»
 
Hugo la fissava curioso in attesa che sua madre lo trovasse. Dopo svariati minuti di ricerca, durante i quali nemmeno il bambino riponeva più alcun tipo di speranza, Hermione mostrò finalmente un pacchetto rivestito da una carta azzurra decorata da un fiocco blu. Gli occhi celesti di Hugo iniziarono a brillare, di solito i suoi genitori avevano quelle premure soprattutto in occasione del suo compleanno, ma non era quello il caso.
 
«Scusa, tesoro, sono piena di documenti e il tuo regalo era rimasto sepolto sotto. Su coraggio, aprilo»
 
Lo afferrò velocemente dalle mani della madre, senza farselo ripetere di nuovo ed iniziò a scartarlo con foga. Non ebbe alcuna premura di distruggere la carta o di rompere il nastro. La forma di quel pacco era familiare, ma mai, nemmeno nei suoi sogni migliori, si sarebbe aspettato di leggere proprio quel titolo a caratteri cubitali e dorati su quella copertina color porpora. Accarezzò con la punta dell’indice la raffigurazione in rilievo del Boccino, ancora incredulo sul fatto che quella copia fosse effettivamente tra le sue mani.
 
«Mamma, ma questo è …»
 
«… Il Quidditch attraverso i secoli. Lo hai sempre desiderato, te lo abbiamo promesso prima degli undici anni ed è inutile negarlo, tu e Rose avete la stessa passione di vostro padre, non mi resta che rassegnarmi»
 
Hugo continuava a non crederci, gli sembrava di vivere in un bellissimo sogno, lo desiderava da mesi e ormai la sua ultima speranza era quella di trovarlo sotto l’Albero di Natale. La voce della madre lo riportò alla realtà, dandogli la certezza che non stesse ancora dormendo nel suo letto.
 
«È arrivato al Ministero anche un gufo di Rose questa mattina e mi ha pregata di darti un bacio da parte sua. Le manchi tanto e non vede l’ora di riabbracciarti»
 
Era ancora frastornato dalla gioia per quella sorpresa, ma Hermione non diede al figlio il tempo di realizzare cosa gli avesse detto e gli porse un bacio sulla guancia per conto della sorella.
 
«Sai dov’è papà? È per caso uscito? Non ho molto tempo a disposizione, ma vorrei parlargli qualche minuto»
 
«È in cucina, mi ha detto che voleva farti una sorpresa stasera. Ma, mamma, esci ancora?»
 
Si limitò a sorridergli per tranquillizzarlo, quando notò che l’euforia stava presto svanendo dagli occhi del bambino. Era convinta che avrebbe fatto lei una bellissima sorpresa a Ron e non certo viceversa.
 
«Quando torno voglio un riassunto completo di quel libro, quindi fossi in te andrei in camera e mi metterei subito al lavoro. Ti avverto, non sono afferrata in materia, dovrai insegnarmi quasi tutto ed io ti ascolterò volentieri … più tardi però»
 
Hugo fece appena in tempo ad abbassare lo sguardo sul libro, perché quando lo rialzò, Hermione era già sparita oltre le scale. Lo aveva lasciato solo in mezzo al corridoio, privandolo bruscamente della sua presenza e a lui non restò che consolarsi nell’unico modo che conosceva e che ora stringeva al petto come il più raro e prezioso dei tesori. Sperava davvero che quel regalo lo avrebbe distratto e il fatto che fosse stata proprio sua madre a regalarglielo, gli avrebbe fatto sentire meno la sua assenza.
Hermione riscese velocemente le scale, senza curarsi di prestare alcuna attenzione, si affidò all’abitudine e alla conoscenza di quei gradini. Trovò Ron al limite della pazienza, mentre trafficava concentrato tra i fornelli in cerca di quello giusto. Ogni accessorio babbano risultava per lui un mistero anche quando avrebbe ormai dopo anni dovuto conoscerlo nei minimi dettagli. Si avvicinò a lui con l’intenzione di sorprenderlo alle spalle, sfruttando la sua distrazione. Trattenne un sorriso notando la sua difficoltà, aveva provato quasi tutte le manopole e ne restava soltanto una. Hermione decise di rivelare la sua presenza proprio in quel momento, anticipandolo di qualche secondo e girandola al posto del marito. Alzò sorpreso gli occhi su di lei in cerca del suo sguardo, non aveva realizzato subito dalla mano chi fosse a causa dei suoi mille pensieri, ma il profumo fu per lui inconfondibile e impossibile da ignorare.
 
«E tu quando sei tornata? Non ti ho sentita»
 
«Proprio ora»
 
Gli era bastato vederla mezzo secondo per riacquistare serenità ed allontanare il fastidio per la cucina. Avrebbe sicuramente distrutto presto la spensieratezza che leggeva negli occhi di Ron, il tempo scorreva e lei non aveva la facoltà di fermarlo in alcun modo.
 
«Non mi ricordo mai la posizione dei fornelli e delle rispettive manopole, probabilmente sto invecchiando, altrimenti non si spiega»
 
«Può capitare a tutti di dimenticare qualcosa, ciò non significa che tu stia perdendo la memoria, e te la cavi come sempre benissimo, amore»
 
Le sorrise leggermente imbarazzato per quelle rassicurazioni. Era incerto sul fatto che fossero così sincere da parte della donna che lo amava, credeva piuttosto facesse di tutto per incoraggiarlo in un ambito in cui si impegnava, ma dove combinava anche molti disastri e questo era innegabile.
 
«Dai, cambiati, non impiego molto a preparare la cena»
 
Hermione non riuscì a sorridere al pensiero della delusione che gli avrebbe provocato, ma si sentì in dovere almeno di simulare la serenità che lei per prima faticava a provare. Aveva ricominciato a trafficare con le pentole ignorandola, sperando probabilmente che lei ascoltasse il suo consiglio e corresse in camera a togliersi quei vestiti.
 
«Consentimi di dubitarne, hai appena acceso i fornelli, Ron. Stasera però non possiamo cenare insieme, purtroppo tra una ventina di minuti devo tornare al Ministero»
 
Alzò con uno scatto lo sguardo incredulo su di lei. Evidentemente la voglia di trascorrere la serata in compagnia di sua moglie e suo figlio gli aveva lasciato sfuggire un dettaglio non irrilevante: indossava ancora la giacca con appuntato sul petto lo stemma del Ministero, calzava le scarpe con l’usuale mezzo tacco e non aveva ancora posato la borsetta, gesto che compiva appena entrata dalla porta di casa.
 
«Hermione, sei tornata ora, è da stamattina che non ti vediamo. Non saluti nemmeno Hugo?»
 
«Lo so. Ho già salutato nostro figlio e gli ho consegnato un regalo che ho acquistato oggi al Ghirigoro. Ricordi che desiderava tanto Il Quidditch attraverso i secoli? È stato ubbidiente e se lo è meritato»
 
Era deluso davvero, aveva infranto le aspettative di una serena cena in famiglia. Più lei parlava, più riusciva a peggiore il già precario umore di Ron, ma Hermione, anche se aveva una voce triste, tentava solo di risollevargli il morale. Non sapeva cos’altro aggiungere e non le rimase che seguire i gesti sconsolati di quell’uomo, mentre spegnava il fornello appena accesso, estinguendo sul nascere anche tutte le sue illusioni. Si sedette al contrario sulla sedia voltando verso di lei lo schienale, ma era talmente frustrato che teneva lo sguardo rivolto al pavimento e le braccia appoggiate al legno con l’evidente intenzione di non fare nulla, nemmeno preparare la cena per sé e il figlio, tanto non aveva alcun senso impegnarsi se lei non fosse stata con loro.
 
«Un’altra sera senza di te, mi domando quando avrai un po’ di tregua»
 
Il tono profondo e demoralizzato del marito non le passò inosservato. Prese una sedia e si sedette davanti a lui, posando la sua borsetta sulle gambe, segno di voler intraprendere un’attenta conversazione con lui, benché il tempo che aveva a disposizione fosse poco.
 
«Perché tu ed Hugo non uscite? Un po’ di svago vi farebbe bene, così le ore passano più velocemente»
 
La fissò come se lo stesse prendendo in giro. Il tono comprensivo e sereno – o almeno così sembrava - di sua moglie non gli era affatto gradito, visto che gli aveva appena comunicato che la sua assenza sarebbe stata prolungata.
 
«Ron, sono seria, non ha senso rimanere chiusi in questa casa ad aspettarmi tutta sera. Il cielo è sereno e …»
 
«Non ho voglia di andare da nessuna parte. E poi dove dovrei andare, secondo te? A vedere giocare i Cannoni di Chudley?»
 
«Perché, stasera giocano? Come mai lo sapevi?»
 
«E-e chi è che non lo sa!?»
 
«Io non lo sapevo, ad esempio, ma forse perché me ne importa ben poco»
 
«Molto probabile, sì»
 
Ron abbassò nuovamente lo sguardo, stavolta temette che Hermione riuscisse a scorgere una scomoda verità nei suoi occhi. Lei però non era sufficientemente concentrata su ciò che lui potesse nasconderle, l’umore del marito le aveva fatto dimenticare persino la lettera che conservava nella borsetta tra le mille carte che non avevano lo stesso valore delle parole di sua figlia. Aprì velocemente la cerniera e afferrò il foglio.
 
«Ah, oggi mi ha scritto Rose. Non so per quale ragione il gufo sia arrivato al Ministero, non c’è alcun segreto che tu non possa leggere»
 
Il volto di Ron finalmente si illuminò e persino la sua schiena si raddrizzò, rialzandosi da quella posizione sconsolata. Hermione, soddisfatta per la sua reazione, proseguì.
 
«È nella squadra di Quidditch, è diventata una Cacciatrice, ha superato proprio oggi le selezioni. Immagino tu sia orgoglioso di nostra figlia. Mi ha anche chiesto se possiamo aiutare Neville in qualche modo, le sembra triste. Potremmo parlargli in occasione della prima partita di Rose, cosa dici?»
 
Era immensamente orgoglioso di Rose, ma non riuscì a gioire come avrebbe voluto, quando sentì il nome dell’amico.
 
«Ancora per quella storia?»
 
«Temo di sì, anche perché ha lasciato conseguenze notevoli nella sua vita»
 
«Lui ed Hannah si devono rassegnare, purtroppo non c’è più nulla che possano fare per rimediare»
 
«Tu ti rassegneresti?»
 
«Probabilmente sì, Hermione, continuare a pensarci mi farebbe solo altro male»
 
«Non capisco se la tua insensibilità impedisca di metterti nei loro panni o se tu sia entrato nei tuoi cinque minuti da idiota. In ogni caso vado al Ministero, sono stanca, mi aspetta altro lavoro e non ho voglia di litigare anche con te»
 
Porse irritata la lettera di Rose al marito invitandolo con poca grazia ad afferrarla, chiuse la cerniera della borsetta e si alzò, ma non riuscì a muovere nemmeno un passo, perché le parole di Ron le impedirono di raggiungere la porta d'ingresso.
 
«Se è per questo, neppure io ho voglia di litigare per Neville, ti ho solo esposto la mia opinione, sei tu ad essere nervosa»
 
Ron dispiegò la lettera della figlia e iniziò a leggerla. Udì chiaramente la risata sarcastica di Hermione, ma aveva poca voglia di ascoltarla, voleva solo godersi la splendida notizia della ragazza riguardo al Quidditch. Si era immerso nelle righe scritte da Rose, quando le polemiche di sua moglie gli rimbombarono nelle orecchie.
 
«Certo, la tua inopportuna opinione. Solo perché sei stato più fortunato di lui, questo non ti dà il diritto di ignorare la sua sofferenza» 
 
«Non l’ho mai ignorata, ma sono passati due anni»
 
«È evidente che loro non riescano a buttarsi il passato alle spalle così facilmente come pensi tu e a ricominciare una nuova vita insieme con il pensiero costante che non diventeranno mai genitori, ci tenevano entrambi molto. Solo io ricordo il loro entusiasmo quando Hannah seppe di aspettare quel bambino? E quanto lo avessero programmato per riuscire a conciliarlo con gli impegni ad Hogwarts?»
 
Con uno scatto mise da parte la lettera della figlia, irritato dalle continue provocazioni della moglie. Non voleva lasciarlo proprio stare, mentre si godeva soddisfatto i successi di sua figlia. In quel momento avrebbe davvero preferito che lei avesse imboccato l’uscio di casa, piuttosto che sentire un secondo di più quella voce squillante.
 
«Ho mille altri problemi, non riesco a pensare anche a quelli degli altri. E a me, Hermione, si propone il problema opposto, ho una famiglia che mi soffoca!»
 
L'aveva lasciata totalmente senza fiato, il rimprovero era rivolto a lei in quell’occasione, lo aveva chiaramente scocciato con quei discorsi. Ron si era pentito l’istante successivo di quell’ultima infelice battuta, ma era evidentemente troppo tardi per rimediare.
 
«Uno dei tuoi problemi è l’insensibilità, Ronald, e non è causata da me o dai ragazzi. Ti auguro una buona serata, senza di me sarà sicuramente più tranquilla»
 
«Hermione, dai, non volevo dire che …»
 
Se andò senza che lui potesse impedirlo, sapeva benissimo che non era così semplice placare la sua ira una volta scatenata. Non c’era bisogno che lo insultasse lei, lui per primo si sentiva un idiota. Si portò persino le mani in volto per la mortificazione e udì dopo qualche secondo la porta sbattere violentemente. Sperò solo che Hugo fosse troppo impegnato a leggere il libro che la madre gli aveva regalato per sentire le conseguenze di quella lite.
 
 - Volevo solo dire che mi piacerebbe ce ne occupassimo insieme -
 
 
[ 4 settembre 2017 ore 8:06 p.m. – Ministero della Magia londinese/Sala riunioni ]
 
Aveva necessità di ritagliarsi un angolo di tempo per riflettere e in teoria anche per cenare, ma, come aveva previsto, non riusciva a mandare giù niente. Avrebbe senza dubbio preferito la cena preparata da suo marito, non era un cuoco eccezionale, ma si impegnava e soprattutto metteva tutto l’amore possibile in tutto ciò che faceva per la sua famiglia, non sapeva perciò spiegarsi le parole che aveva pronunciato prima che lei uscisse di casa, ma probabilmente era solo nervoso, come spesso accadeva soprattutto dopo la partenza di Rose. Infondo era stata proprio lei con le sue parole a scatenare quella infinita discussione. Gradiva però il silenzio di quella stanza, il suo ufficio sarebbe stato troppo scontato per non farsi trovare subito e lei non aveva voglia di vedere nessuno per i prossimi minuti, pochi o tanti che fossero stati, se li sarebbe goduti. I suoi pensieri seguivano il ritmo del ticchettio dei rebbi della forchetta contro il piatto, ma, proprio come il metallo, anche ciò che le tornava in mente era fastidioso. Abbandonò con un colpo secco la posata nel piatto e si portò esausta fisicamente e moralmente le mani sul volto, cercando nel tavolo un fedele sostegno. Non aveva sentito la porta aprirsi e neppure dei passi avvicinarsi, eppure una voce che lei apprezzava particolarmente, soprattutto quando non era irrequieta, si intromise nei suoi angoscianti pensieri.
 
«Posso farti compagnia?»
 
Intravide tra un dito e l’altro Ron che in piedi la fissava in attesa di un suo consenso. Godric solo sapeva come aveva fatto a trovarla e lei non era così sicura di voler ricominciare la loro discussione.
 
«Dovrei rifiutarla, te lo meriteresti per come ti sei comportato prima»
 
La ignorò e si sedette comunque con determinazione all’altro capo del tavolo. Gettò un occhio al piatto intonso della moglie e non poté proprio fare a meno di preoccuparsi per la sua salute.
 
«Hermione, senti, so bene quanto Neville e Hannah desiderassero quel bambino, so quanto hanno sofferto quando Hannah lo ha perso e sono cosciente del dolore che hanno provato quando hanno scoperto di non poterne avere altri»
 
«Tua figlia è più sensibile di te, hai consapevolezza di ciò che hanno provato e provano ancora in questi anni e non te ne frega niente. Ron, un dolore così grande, specie se non rimediabile, non si cancella da un giorno all'altro»
 
«Come se non lo sapessi già, ma ora ti sto dicendo che è la nostra famiglia a dover essere salvata, una famiglia che noi abbiamo il dono di avere. Mettere sempre da parte i nostri problemi per dare la precedenza agli altri non ci porta a nulla»
 
I toni di suo marito erano più pacati rispetto a qualche ora prima ed aveva ragione, anche per loro non era tutto rose e fiori.
 
«Dov’è Hugo? L’hai lasciato a casa da solo?»
 
«È qui fuori che ti aspetta. Volevamo invitarti fuori a cena, non ho voglia di cucinare e vorremmo che venissi con noi, così accetto anche il tuo consiglio di uscire. Puoi ritagliarti un’oretta da trascorrere in nostra compagnia?»
 
Si alzò persino per incentivarla ad accettare quell’invito e le allungò la mano sperando che lei la stringesse senza esitare. La tentazione di accettare da parte di Hermione era forte, ma lei non aveva voglia di alcun invito a cena dopo quello che lui le aveva detto. Era forse troppo orgogliosa, ma avrebbe potuto risparmiarsi certe espressioni, nessuno lo aveva costretto a fare simili dichiarazioni e lei non riusciva ad ignorarlo a sole poche ore di distanza.
 
«Hai detto che la tua famiglia ti soffoca, sei stato piuttosto chiaro, non vorrei mai che tua moglie ti soffocasse proprio stasera che potresti essere libero da me»
 
«È vero, l’ho detto, ma il problema è l’esatto contrario, come potresti soffocarmi se non ti vedo mai?! Hermione, sfiderei qualunque uomo ad occuparsi ogni giorno da mattina a sera dei figli e del lavoro senza un attimo di respiro e questo prosegue da anni, lo sai meglio di me, esattamente da quando sei diventata Ministro della Magia prendendo il posto di Kingsley e i bambini erano molto piccoli, Rose aveva appena compiuto quattro anni. Se fossimo in due ad occuparcene non mi peserebbe nulla, ma ora inizio ad essere veramente sfinito. Non usare come scusa del tuo rifiuto una mia frase discutibile, che non voleva affatto significare quello che pensi. Ti ho incentivata a diventare Ministro e non me ne pentirei mai, credevo solo riuscissi a conciliare tutto, non che ti dimenticassi completamente di noi»
 
«Mi pareva di aver già sottolineato i sacrifici che fai per noi ed ora Rose è ad Hogwarts e, a prescindere da questo, non ti devi più occupare di bambini piccoli, sono cresciuti e ti lasciano più respiro»
 
Da come gli aveva risposto, Ron aveva intuito che lei sapesse qualcosa circa le sue partite segrete e ciò lo spaventò. Non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto reagire se avesse scoperto le sue bugie, innocue, per carità, ma pur sempre menzogne.
 
«S-sì, ma tu mi hai proposto di cambiare lavoro e non è così che risolveremo i nostri problemi, perché questo porterebbe anche me più lontano da casa»
 
Era scioccata da ciò che aveva appena sentito, stava cercando in tutti i modi di giustificare quella discussione, che stavolta aveva innescato lui con nuove argomentazioni, eppure rischiava solo di peggiorare l’umore di sua moglie.
 
«Ron, mi stai chiedendo … non può essere che tu me lo stia chiedendo davvero. Mi hai detto qualche giorno fa che ti ha sempre fatto piacere occuparti di Rose e Hugo, che non ti aveva pesato rinunciare a te e alle tue aspirazioni»
 
«Infatti è così, ero sincero. Hermione, ti sto solo esponendo un mio disagio che ora non reggo più. Mi hai lasciato troppe responsabilità, non riesco a prendere anche il tuo posto, per quanto io mi stia impegnando e lo sai bene quanto io stia tentando l’impossibile per i miei figli, ma la reazione di Hugo ti dimostra che ho degli evidenti limiti. Ci manchi e non è solo una questione materiale come pensi, i ragazzi possono anche avere meno necessità, ma come faccio a sopperire alla mancanza della loro madre? L'ho fatto fin troppo in questi anni e evidentemente senza molto successo. A me fa male vedere Hugo piangere e non sapere come aiutarlo, e a te?»
 
«Ho delle responsabilità nei confronti del Ministero, Ron, come faccio ad ignorarlo, me lo spieghi?»
 
«Le hai anche nei confronti dei tuoi figli e verso tuo marito, se non te ne fossi accorta ne hai uno da quasi quindici anni o ti sono stato utile solo per badare ai tuoi figli, mentre ti occupavi del resto del mondo?!»
 
Si era alzata sconcertata per ciò che aveva sentito e per l’arroganza con cui lui le aveva sputato addosso quella verità. Aveva persino fatto tremare il tavolo con una forte manata per avvalorare la sua opinione. Non la intimorì affatto, non era certo quello il modo per dimostrarle quanto stesse sbagliando, ma il tintinnio del piatto messo in disparte ricordò a Ron che aveva fallito nella promessa fatta ad Hugo, non era riuscito a convincerla a trascorrere con loro la serata.
 
«Credevo ingenuamente che fossi venuto per chiedermi scusa, non per chiedermi di scegliere o ancora di più per … accusarmi di fare pena come madre e come moglie»
 
«Scusarmi per cosa? Perché ho bisogno di te? Perché i ragazzi hanno bisogno di te? Hermione, io ti sto chiedendo di scegliere il benessere dei ragazzi, non mi sembra una richiesta così strana. Hugo sta male senza di te e stanotte non so nemmeno io cosa mi inventerò per farlo addormentare. Ero venuto per invitarti fuori a cena, ma non mi sembra tu abbia apprezzato, quindi ora spiegami cosa dovrei pensare»
 
«Hannah sarebbe stata una madre migliore di me, lei non avrebbe mai accettato di diventare Ministro, trascurando la sua famiglia, vero, Ron? So che lo pensi. Il destino si è sbagliato, avrebbe dovuto donare a lei dei figli, non a me, io non li merito e a quanto pare non merito nemmeno un marito come te e tutti gli sforzi che fai per me»
 
«Io non l’ho mai …»
 
Non fece in tempo a terminare la frase, purtroppo qualcuno aveva fatto irruzione nella stanza rivendicando la presenza di Hermione. L’intruso ignorò totalmente la presenza di Ron.
 
«Ministro, so che è in pausa, ma avremmo bisogno di lei, ci potrebbe raggiungere al quarto piano?»
 
Ron alzò gli occhi al cielo esausto, non si poteva nemmeno litigare in pace, non riuscivano più a trovare il tempo neppure per quello e lui iniziava a rimpiangere persino quei momenti, almeno avrebbe guadagnato l’attenzione di sua moglie più spesso. Hermione si asciugò le lacrime che minacciavano di scendere dalle ciglia e cercò di riacquistare in parte l’abituale compostezza che teneva sul posto di lavoro.     
 
«Non chiedermi di scegliere tra la famiglia e le responsabilità verso la Comunità Magica, ti prego, non farlo»
 
«Hai già preso la tua decisione, Hermione, e non siamo noi»
 
La donna si stava avviando triste verso la porta, ma il suo passo era talmente indeciso che non riuscì nemmeno ad allontanarsi dal tavolo. 
 
«Ron, stasera tornerò a casa tardi»
 
«Per quale ragione? Se non sono indiscreto, Ministro»
 
Era sarcastico e per la seconda volta in poche ore si risedette, sfinito da una situazione per la quale lui non vedeva alcuna soluzione.
 
«La prossima settimana devo sostituire Harry e … »
 
Non la fece nemmeno finire, tanto sapeva già che non avrebbe gradito quella nuova informazione che sicuramente contemplava un’immensità di ore lontana da casa. Alzò le mani in segno di resa ed Hermione riuscì finalmente a cogliere sul volto di Ron le conseguenze della situazione che lui aveva cercato di delinearle.
 
«Non mi importa più quello che devi fare, come a te non importa quello che devo fare io o quanto stia male Hugo. Se ci volessi fare la grazia di tornare a casa stanotte sarebbe gradito, altrimenti ce la caviamo come sempre anche senza di te»
 
Non riusciva ad uscire dalla stanza e a seguire quel suo dipendente, lasciando Ron in un evidente stato di sconforto. Si appoggiò alla scrivania e, cercando di farsi sentire solo dal marito, si avvicinò a lui.
 
«Leggi ad Hugo le Fiabe di Beda il Bardo, gli piace molto La fonte della buona sorte**, questo lo ricordo. M-mi dispiace, scusami, troverò una soluzione, mi farò perdonare, ma non odiarmi … il tuo disprezzo mi uccide, esattamente come le lacrime di Hugo. Non è mai stata mia intenzione ferirvi»
 
Gli sfiorò appena la mano, lui avrebbe voluto catturarla, ma, per quanto se ne fossero dimenticati, in quella stanza non erano più soli.
 
«Io non ti disprezzo, mi manchi solo. Ad Hugo piace quella fiaba, perché spera che un giorno la Buona Sorte ti faccia riavvicinare alla famiglia e cambi anche la sua vita come quella dei protagonisti. In sostanza quel bambino spera in un miracolo e non accetta che quella sia solo una fiaba … tutta finzione»
 
«N-Non tutte le fiabe di quel libro sono inventate, noi lo sappiamo bene»
 
L’aveva nuovamente commossa, ma Ron riuscì solo a provare imbarazzo al pensiero di aver reso quella conversazione pubblica, benché si fossero sforzati di mantenere un tono di voce basso. Sapeva bene a quale racconto sua moglie si stesse riferendo ed era pienamente consapevole che non avesse altro modo per rincuorarlo.
 
«Ora vai, hai del lavoro da sbrigare e non voglio che ritardi per colpa mia, con Hugo me la caverò come sempre, tranquilla è in buone mani»
 
«Lo so»
 
Stavolta gli strinse forte la mano, prima di dirigersi verso la porta. Cercò di dimostrargli quanto non fosse orgogliosa solo di Rose, ma da parecchi anni lo fosse anche di lui.
 
«Ministro, desidera un paio di minuti? Se vuole posso aspettare fuori»
 
Si voltò verso Ron, non le aveva dato la possibilità di vederlo in volto, ma era chiaro non volesse palesare a lei i segni dello sconforto. Era rimasto rivolto verso il muro, si stropicciava stanco e triste gli occhi e aspettava solo che lei uscisse.
 
«No, ci sono, io e mio marito abbiamo terminato. Di cosa avete bisogno con tanta urgenza?»
 
 
 
 
 
 
 
*La Coppa del Mondo di Quidditch si disputa ogni quattro anni, l’ultima partita è stata giocata nel 2014 con la vittoria della Bulgaria.
 
** Fiaba appartenente al libro Le Fiabe di Beda il Bardo (per chi non la conoscesse, riprendo la trama nei prossimi capitoli).

 
 

 

Ciao ragazzi!
 
Oggi ho un po’ di precisazioni da fare riguardo al capitolo, ma inizio scusandomi per l’immenso ritardo, che stavolta mi sembra essere addirittura maggiore del solito ☹
 
Come avrete notato leggendo il capitolo, ma anche dalle coppie che ho segnalato, ne ho aggiunta una nuova. Potrei sembrare impazzita del tutto, perché probabilmente alcuni si staranno domandando cosa possano c’entrare in questa storia Neville e Hannah. Ho inserito questa coppia per due motivi principalmente. Il primo riguarda strettamente la narrazione e io mi auguro tanto si sia colto: uno dei temi che sto trattando è sicuramente quello del grande impegno lavorativo per Harry e Hermione che non consente loro di dedicare tempo alla famiglia, dall’altra parte invece ci sono Neville e Hannah che non hanno figli ma che li desidererebbero. Ho cercato di fare un paragone per consentire a Harry ed Hermione di riflettere sulla loro situazione, spero di esserci riuscita a partire già da questo capitolo, perché nell’arco della storia continuerò ad intrecciare le vite dei personaggi, ma tentando di non perdere mai di vista il tema principale. Il secondo motivo invece è più generale e riguarda il mio modo di narrare: non riesco a coinvolgere personaggi senza raccontare la loro vita o un aspetto della loro vita facendoli diventare semplici comparse, per alcuni questa operazione l’ho trovata fattibile all’interno di questa trama e mi sono permessa di inserire questa nuova coppia, spero non abbia infastidito. Inoltre vorrei sottolineare il fatto che anche per Neville e Hannah sono rimasta canonica: sono sposati, non hanno figli, Hannah dal 2014 lavora come Guaritrice presso l’Infermeria di Hogwarts e Neville è il padrino di Albus, ho solo sfruttato a mio vantaggio queste informazioni 😊
 
Per chiarezza, anche se ci sono le date, preciso che le prime due scene riguardano il giorno precedente rispetto al termine del quarto capitolo, dovevo ancora recuperarle. In questo capitolo mi sono soffermata per ragioni di trama di più su Ron&Hermione, ma dal prossimo ci sarà spazio anche per tutti gli altri personaggi della storia 😊
 
Vi ringrazio di cuore per continuare a seguirmi, scusate se mi sono dilungata e spero di riuscire ad aggiornare presto, sicuramente il prima possibile <3
 
Baci
-Vale
   
 
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