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Autore: Ghostclimber    19/06/2019    3 recensioni
Becca era sempre stata una bambina un po' mattacchiona.
Nonostante sia stata costretta ad indossare un bellissimo vestitino rosa, Becca è ancora il pirata più crudele dei Sette Mari.
Ma, alla fine, chi vincerà? Il pirata o il vestitino?
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Becca scese dalla bicicletta e la lasciò cadere senza curarsene.

Quindici anni, un bel corpo per quanto piccolino, un bel seno, un bel viso.

Odiava tutto di se stessa.

Se avesse potuto, sarebbe tornata indietro nel tempo per non nascere, o per rendere reale quell'errore dei medici, che inizialmente avevano decretato che il feto fosse maschio.

Se fosse nato Tommy, invece di Becca, non ci sarebbe stato tutto quel dolore.

Becca guardò il suo ramo preferito, poi scosse il capo, arrendendosi alle pulsazioni di dolore che provenivano dalle sue parti intime e si rassegnò a sedersi tra due radici, sulla terra morbida.

Se non fosse stato per il suo corpo da femmina, Stefano non le avrebbe mai spezzato il cuore, sarebbero rimasti solo amici e lui non avrebbe smesso di farsi vivo dopo averla baciata.

Se non fosse stato per il suo corpo da femmina, quei due sconosciuti non l'avrebbero aggredita sulla pista ciclabile, palpeggiandola senza che lei potesse opporre più di una simbolica resistenza.

Se non fosse stato per il suo corpo da femmina, Alessio non l'avrebbe approcciata e poi umiliata per la sua inesperienza con i contatti intimi.

Se non fosse stato per il suo corpo da femmina, Mirko non l'avrebbe stuprata.

 

Becca si concesse un po' di quella commiserazione che non avrebbe avuto da nessun altro, perché si vergognava a dire di aver fallito nel difendere se stessa, il suo stupido orgoglio le diceva che almeno parte della colpa era sua, per essere nata femmina, per non essere stata in grado di difendersi come avrebbe fatto un maschio.

Si rannicchiò su se stessa, odiandosi, odiando tutte le persone che le avevano detto “Becca, devi smetterla di fare il maschiaccio, sei una signorina, comportati come tale”, odiando le amiche che la forzavano a stupidi passatempi da rammollite invece di fare qualcosa di salutare come una corsa in bici, una partita a basket, qualcosa che fortificasse i muscoli.

Se avesse seguito il proprio istinto, sarebbe stata in grado di andare a casa di Stefano, aspettare che lui uscisse e rifilargli una manica di botte per essersi comportato da stronzo.

Se avesse seguito il proprio istinto, sarebbe riuscita a pedalare abbastanza in fretta o a buttare almeno uno dei due sconosciuti giù dal parapetto.

Se avesse seguito il proprio istinto, avrebbe avuto il coraggio di strizzare le palle ad Alessio e fargli rimpiangere di essere nato.

Se avesse seguito il proprio istinto, Mirko non si sarebbe sentito attratto da lei, non sarebbe riuscito a portarla in quell'angolo appartato del parco, non sarebbe riuscito a tenerle la mano sulla bocca per non farla urlare, non sarebbe riuscito a strapparle brutalmente la verginità.

Non avrebbe osato dirle: “Sta' zitta, mi deconcentri”.

Non avrebbe osato dirle: “Sei la peggior scopata della mia vita”.

Sola nel parco deserto, ora che il sole stava cominciando a calare e il freddo della sera stava cominciando a mordere, Becca ricordò i tempi felici in cui il suo corpo aveva ancora tratti indefiniti, quando bastava una maglietta larga a nascondere il fatto che il Terrore dei Sette Mari stava cominciando a mostrare chiari sintomi di seno, quando la vita era più semplice e i maschi non erano una manica di pezzi di merda con il solo scopo apparente di infilarsi nelle mutande di qualche ragazza. Momenti in cui nessuno ancora la costringeva troppo spesso a comportarsi da femmina.

Ma c'era dell'altro, qualcosa che la tormentava.

Se si fosse trattato solo di quello, se in lei ci fossero stati solo ed esclusivamente istinti maschili, riteneva che avrebbe potuto venirne a capo, in una maniera o nell'altra: alla peggio, capelli corti, pantaloni e magliette larghe, una fascia per comprimere il seno, scarpe da basket e manga shonen.

Ma non c'era solo quello.

Una parte di lei adorava mettersi scarpe col tacco, si sentiva perfetta quando indossava la sua gonna a pieghe, ed era del tutto a suo agio in abiti eleganti dal taglio più che femminile.

Adorava cucire, ricamare, addirittura le piaceva stirare, e non c'era una volta in cui nelle sue infinite fantasticherie si era immaginata di impersonare un maschio.

Una parte di lei amava quel corpicino tascabile, i suoi seni morbidi e le acconciature elaborate.

Era come se dentro di lei convivessero due persone: Becca, femmina fino all'osso, e Tommy, un maschio con un gran paio di palle.

“Tommy, can you hear me...?” canticchiò con voce umida. Pensare al nome che le avrebbero dato se quel pene non si fosse rivelato essere il cordone ombelicale le faceva sempre tornare in mente il musical degli Who.

Qualcosa, dentro di lei, alzò la testa.

(Becca fammi uscire)

Era una cosa da matti. Roba da biglietto di sola andata per il manicomio e la camicia di forza. Becca sapeva di parlare da sola, ma di solito parlava con qualche persona immaginaria, non con una versione maschile di se stessa, non con il feto abortito di se stessa.

(Becca posso proteggerti)

Ok, ok, ok, fermi tutti. Stava svalvolando o cosa? Era la sua voce, quella che le prometteva protezione, una voce chiaramente femminile, persino un po' acuta, cosa diavolo le stava succedendo? Pensieri angoscianti su qualche virus a trasmissione sessuale che intaccavano il ragionamento le attraversarono la mente, poi svanirono: di certo, anche se Mirko avesse avuto qualcosa, innanzitutto sarebbe stato troppo presto per mostrare sintomi, e inoltre le aveva fatto la grazia di utilizzare un preservativo.

(Becca fidati ascolta)

Becca ascoltò.

 

Negli anni successivi, Becca non sentì più la voce di Tommy.

Non ce n'era bisogno, quella era solo la sua mente stressata che cercava un modo di fuggire.

E Becca era fuggita: da se stessa.

La nonna del vestitino rosa non c'era più, non poteva rimproverarla di comportarsi da maschiaccio, e all'altra nonna non poteva fregare di meno dell'abbigliamento di Becca: l'importante era che mangiasse.

E Becca mangiava.

E poi pedalava per ore e ore, avanti e indietro, scolpendo un corpo sempre femminile ma non più debole, e correva sul campo da basket, e faceva faville nel getto del peso.

Non si vergognava di leggere manga shonen e di guardare DragonBall, leggeva libri a palate e perdeva un'amica dopo l'altra.

Non gliene importava granché, era sempre stata dell'opinione che non si poteva costringere nessuno a restare o a cambiare contro la sua volontà. Con lei rimase infine solo Vale, una biondina timida che dava confidenza solo a lei e che non si soffermava troppo in questioni come reggiseni, trucco o ragazzi. Insieme parlavano di manga e di libri, di musei e di disegni, tanto che finirono per inventare un manga tutto loro, con due protagoniste cazzutissime che... beh, per la trama si sarebbero organizzate poi.

 

Ma Becca non aveva rinnegato la propria femminilità. Il giorno della consegna dei diplomi si presentò nel cortile della scuola in abitino bianco e sandali dorati col tacco, i capelli pettinati alla perfezione e un discreto smalto perlaceo sulle unghie.

Si avvicinò al tavolo del buffet, seguita a breve distanza dal fidanzato, Johnny, e da Vale, davvero splendida in un vestito color cipria che ne metteva in risalto il candore della pelle.

Chiacchierò con i professori, con i bidelli e con un paio di compagni di scuola selezionati tra quelli con cui non aveva mai fatto a botte, un bicchiere di Fanta retto con la mano piegata per mostrare la catenina d'oro che portava al polso, sorrise e si sentì perfettamente a suo agio.

Con il diploma arrotolato in mano, mentre con l'altra cercava di allontanare vestito e mutandine dalla tavoletta del gabinetto, ebbe un fremito di angoscia: cos'era, lei, esattamente?

Come poteva passare dalle gare di rutti alle disquisizioni sulle norme del galateo?

Come faceva a indossare con pari naturalezza pantaloni privi di forma e abitini chic?

-Becca, ci sei?- sussurrò Vale, dopo un'unica, delicata bussatina alla porta. Becca finì di orinare, si risistemò tenendo il diploma fra i denti e rimandò la riflessione ad un altro momento.

In quel luogo e in quel momento era solo felice di essersi diplomata, felice di essere con la migliore amica e con il fidanzato, felice di cominciare un nuovo cammino...

...felice di indossare un abitino bianco.






Ciao a tutti!
Rieccomi con un altro slice of life del pirata con il vestitino! Lo so, è un po' crudo, ma alcune cose in me dovevano trovare una via d'uscita quindi... eccomi qui.
Grazie a tutti quelli che hanno lasciato un commento al primo capitolo e a chi legge in silenzio.
XOXO

 

 
   
 
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