Capitolo 3
La
prima reazione di Sigurdr[1]
fu quella di scuotere il capo con veemenza. La seconda, pregare le
Norne che quello
fosse un orribile incubo. Loki gli si era seduto accanto con malagrazia
e
protraeva il corpo agile e asciutto verso di lui simulando una
confidenza che
non c’era. Il suo aspetto piacevole si scontrava con la
ferocia ben visibile
nel sorriso laterale e negli occhi di lupo. Gli mise una mano sulla
spalla resa
fragile dagli anni e la strinse appena, in un gesto di finta
complicità che lo
fece rabbrividire – in realtà, lo aveva
intrappolato.
Pensò
di alzarsi e andarsene, ma la presa di quello che, in fin dei conti,
era solo
un ragazzo, era fatta d’acciaio. “Lei
no,” boccheggiò.
“Sii
ragionevole, amico mio,” insistette l’Ase
dondolando la coppa che ancora
reggeva nell’altra mano. “La nostra non
è esattamente un’offerta e poi,
diciamocelo: è quanto di meglio le potrebbe capitare. Ti
rimangono quattro
figlie e hai fatto fidanzare solo la maggiore. Non puoi garantire a
tutte loro
una dote congrua, di questo tuo piccolo regno non rimarrebbe nulla. Le
renderai
ancelle, le spedirai a servire gli spiriti degli Antenati, dico
bene?” Inclinò
il capo e allargò ancora di più il suo ghigno.
“Avanti, Sigurdr. Siamo fin
troppo generosi,” notò.
Il
vecchio guerriero s’accigliò. Aveva ragione.
Quello del furbo figlio di Odino
era un ragionamento esatto, assolutamente puntuale, ma frutto di
deduzioni che
partivano da basi maledettamente incomplete.
“Non
lei.
L’ho promessa,” confessò.
“Scegline un’altra, mio principe.”
Le
musiche non erano cessate e così il rumore dei calici e
delle stoviglie. Buona
parte dei commensali presenti nell’ampia sala avevano smesso
di prestare
attenzione al dialogo tra il padrone di casa e il suo altero ospite, ma
alcuni
continuavano a seguirli, tentando di leggere l’andamento
della discussione
nello sguardo vitreo di Sigurdr, nella mascella serrata di Loki.
“A
chi?” domandò l’Ase gelido.
L’altro
deglutì, sostenendo a fatica l’occhiata severa e
giudicante dell’ingannatore. “A
cosa,” lo corresse.
Per
un momento, la portata di quelle due parole aleggiò
nell’aria. Poi, Loki Odinson
comprese perfettamente l’allusione e si ritrasse, quasi che
il contatto e la
vicinanza con Sigurdr potessero contagiarlo in qualche modo.
Fissò la ragazza,
e fu quello il momento in cui la sua mente svelta gli
suggerì che lei era
perduta, chiedendosi al contempo quanto sapesse di ciò che
le sarebbe toccato
in sorte. Mentre sosteneva il peso delle sue occhiate critiche
– sconvolte,
capaci di trapassarla e leggerle fin dentro il cuore – Sigyn
aveva gli occhi
accesi e le guance rosse. Il modo sfacciato e diretto in cui lui
l’osservava
certamente l’offendeva ed era palese che temesse per suo
padre. Fremeva dalla
voglia di sapere cosa stava succedendo, senza immaginare che era tutto
già
successo.
Loki
spostò lentamente lo sguardo su Sigurdr. “Tu sei
pazzo, tu sei una maledetta
carogna. Ci porteremo via tua figlia, subito,” decise rapido,
a denti stretti.
“Stanotte verrà con noi o ti giuro
sull’Yggdrasill che non resterà in piedi una
sola pietra, della tua casa.”
L’ingannatore
non minacciava mai a vuoto. Le sue parole spesso nascondevano la
verità o la
mescolavano in maniera irriconoscibile con la menzogna, ma non quella
sera, non
mentre giurava di fargli del male.
“Appartiene
a loro,” spiegò Sigurdr in un sussurro.
“Mio
nonno Bor il Grande ha bandito queste pratiche.”
Di
fronte a quella battuta secca e orgogliosa, che non ammetteva repliche,
il
vecchio guerriero abbassò lo sguardo. “Sei
disposto a sfidare l’oscurità?”
domandò, ma non era affatto convinto che
l’arrogante Loki o gli Æsir avrebbero
potuto bloccare un rito mezzo compiuto.
Lingua
d’Argento raddrizzò ancora di più la
schiena. “Siamo disposti a far rispettare
la legge.”
“Ci
saranno delle conseguenze. E lei, lei non sa ancora
niente.”
Loki
socchiuse gli occhi. “Ci sono sempre, conseguenze,”
ricordò caustico. Volse il
capo verso Sigyn alzando il tono della voce affinché tutti
lo sentissero. “Sei
nostra, d’ora in avanti. Sei…”,
s’inumidì le labbra e scelse di mentire, no, di
dire quella che aveva ritenuto essere la verità fino a una
manciata di minuti
prima. “Sei la nostra ricompensa per il
mancato aiuto di tuo padre,
l’assicurazione che non mancherà mai
più ai patti,” concluse.
Lei
impallidì, schiuse le labbra, sgranò gli occhi,
si coprì il collo nudo con la
mano piccola e delicata. Era evidente come non si aspettasse di essere
l’oggetto della discussione. Le risate e i canti scemarono
lentamente assieme a
tutti gli altri rumori propri del banchetto; rimase solo un mormorio
continuo e
basso, insistente. La madre della ragazza boccheggiò e
scosse la testa, le
sorelle si guardarono l’un l’altra ansiose,
stupite, inorridite.
La
prima a parlare, la sola a rispondere a Loki, fu Sigyn.
Le
era stato detto di non dare alcuna confidenza ai feroci Æsir
in generale, ai
principi in particolare: erano sfrontati, arrogati e pericolosi
più dei lupi – e
l’ingannatore la fissava come fosse uno di loro. Si
prendevano tutto ciò
che volevano perché erano figli di un ladro, di un pirata.
Un’occhiata di
troppo, un segnale sbagliato inviato nella loro direzione, avrebbe
vanificato
del tutto e inesorabilmente la rigida educazione trascorsa presso le
ancelle
che servivano gli Antenati. Si trattava di un luogo dove tutte le
nobildonne di
Vanheim trascorrevano buona parte dell’infanzia e
dell’adolescenza, ma che per
le figlie nubili di Sigurdr sarebbe diventato il posto che avrebbero
chiamato
casa: il loro destino era quello di rimanere chiuse dentro un chiostro[2]
a ricamare arazzi e scene tratti dai poemi, a servire gli altari
innalzati
generazioni prima, in un’esistenza priva di scossoni o di
turbamenti che si
sarebbe dipanata sempre uguale a se stessa attraverso lo studio, la
contemplazione e l’oscura arte della divinazione, una branca
del seiðr nota
solo a Odino e malvista dagli altri Æsir.
Sigyn
era stata messa in guardia da sua madre più volte quella
sera e le precedenti.
Le sue occhiate pungenti e la malcelata curiosità che
dimostrava verso gli
ospiti erano sconvenienti e pericolose, ma come poteva isolarsi come le
sue
sorelle e non ascoltare né guardare
quello che capitava attorno a
lei? Conduceva un’esistenza troppo riservata per non stupirsi
anche solo osservando
le armature leggere sfoggiate da Thor o da Loki. Due ragazzi audaci,
forti,
decisi, che si comportavano da padroni in casa sua e avevano mille
storie da
raccontare e altrettante opinioni da sostenere a testa alta.
Attività in cui si
dilettavano con una certa soddisfazione a poche sedie di distanza da
lei,
approfittando dell’enorme prestigio guadagnato sul campo di
battaglia. Di Loki
dicevano che fosse un bugiardo, ma nondimeno la sua abilità
retorica era in
grado d’inchiodarla alla sedia catturando tutta la sua
attenzione. Non era sempre
d’accordo con lui, anzi, non lo era quasi mai. Lingua
d’Argento era troppo
pragmatico, crudele e sfacciato per i suoi gusti. Provocava per
divertirsi,
oppure assecondava i suoi interlocutori solo per convincerli con un
paio di
mosse intelligenti a dargli ragione, confondendoli. Sigyn trovava che
si
divertisse troppo – che giocasse traendone un piacere insano.
Riteneva i suoi
modi eccessivamente manierati, ma non poteva nascondere di ammirare la
sicurezza sfoggiata come un abito, la forza sottesa dietro ogni singolo
movimento
della sua figura agile e scattante, perennemente pervasa da una
tensione feroce.
Non osservarlo era impossibile, ma quando le avrebbero chiesto se il
suo fosse
stato un amore a prima vista, si sarebbe messa a ridere mestamente
scuotendo il
capo. Loki era capace di catturare l’attenzione di tutta la
sala e, per lei,
seguire ogni suo movimento o parola era sempre stata una
necessità oscura,
forse, ma inizialmente priva di sentimento. Ne era convinta.
Quella
sera sentì di aver disonorato il clan cui apparteneva
facendosi notare, non
resistendo all’impulso di spiare quello scorcio di mondo di
cui si era concessa
un breve assaggio. Il modo in cui l’Ase la fissava mentre
decideva del suo
destino la turbò, facendola sentire nuda e vulnerabile
– una sensazione
sconosciuta, mai provata, capace, però, di scuoterla dentro.
Immaginando che le
fosse rimasto ben poco da perdere, gli rispose. “Vorreste
prendermi come
ostaggio. Chiamate le cose col loro nome, vi prego.”
Loki
non si aspettava che lei ribattesse con tanta franchezza.
Allargò il perenne
ghigno che gli increspava le labbra scoprendo i denti bianchi e
regolari. “Qualcosa
del genere, sì,” ammise con una punta di
compiacimento. “Da stasera sei la
nostra ospite,” concluse con gelida cortesia.
“Devo
deludervi,” s’impose lei. “Parlate con
una futura ancella. Servirò gli
antenati.”
Qualsiasi
brusio cessò nella sala o, almeno, così parve a
Sigyn. Loki vuotò fino
all’ultimo goccio il suo vino e poggiò sul tavolo
la coppa con studiata
lentezza, poi si leccò le labbra per catturarne ancora il
sapore speziato e,
infine, si alzò in piedi sfoggiando un certo fastidio. Era
un uomo alto e
asciutto e da vicino le sembrò ancora più
imponente; riconobbe in lui gli
atteggiamenti del capo militare, del guerriero, e pensò che
se la sua prima
battuta lo aveva divertito, la seconda doveva essergli parsa
tremendamente
inopportuna.
“Verrai
ad Asgard. Lo deciderà Padre Tutto una volta che sarai
giunta lì, cosa sarai,”
ribadì mortalmente calmo.
Nessuno
intervenne per bloccare Loki. Odino osservava la scena lisciandosi la
barba canuta,
Thor, che si diceva non sempre approvasse i metodi del fratello, pareva
deciso
a non immischiarsi nella questione, suo padre si guardava le mani senza
proferire parola.
Sigyn
sentì che sua madre le tirava una manica del vestito
bisbigliandole qualcosa,
ma non riuscì a comprendere cosa le dicesse e, forse, non le
importò. Provare
curiosità verso un mondo di cui conosceva pochissimo non
significava voler
abbandonare ogni certezza per un paese lontano e straniero, alla
mercé di un
popolo di razziatori feroci che credevano di vantare diritti su tutti i
Nove
Regni. Sigyn era amata dalle sue sorelle e aveva sempre ritenuto che
fosse un
onore servire gli Antenati, ma se anche avesse desiderato per
sé un destino
diverso, certo non le sarebbe mai passato per la mente di finire tra
gli Æsir
in veste di ospite, qualunque cosa significasse.
Aveva stretto un voto
che non era disposta a sciogliere, pur rendendosi conto che il mancato
aiuto di
Sigurdr necessitava realmente di un tributo. Eppure quella ricompensa
non
poteva, non doveva essere lei. Loki non aveva lasciato presagire
alcunché
riguardo il suo futuro, limitandosi a fare quello che faceva sempre:
nascondere
la verità decorandola con belle parole, ma c’era
qualcosa, in lui, che la
spaventava. Dicevano che fosse un mago abilissimo, oltre che un feroce
guerriero e un politico sagace, ma che avesse in sé qualcosa
di storto, di
sbagliato. Si alzò anche lei nonostante le gambe le
tremassero e sua madre
tentasse di farla rimanere seduta, cercando di cancellare il
presentimento che
le mordeva il cuore, d’impedirsi di essere
l’ennesima preda che, come tutte le
altre, cadeva nella trappola delle frasi inappellabili di Lingua
d’Argento.
“Voi
non
capite. Ho stretto un voto. Papà!?”
chiamò in cerca d’aiuto.
Un
guizzo ilare e cattivo attraversò gli occhi quasi
trasparenti dell’Ase. Doveva
trovare terribilmente divertenti le sue rimostranze.
Suo
padre levò gli occhi grigi su di lei. Le parve
improvvisamente vecchio e
debole, stanco. Un’impressione non del tutto nuova, in
verità, che si era fatta
strada in Sigyn dal momento in cui aveva rivisto il genitore dopo aver
lasciato
il palazzo delle ancelle per presenziare alla visita di Padre Tutto. Lo
aveva
trovato più curvo e magro rispetto al loro ultimo incontro,
ma alla luce delle
candele che rischiaravano la sala del banchetto
quell’impressione iniziale si
rafforzò ulteriormente: si accorse che i solchi sul viso
dell’uomo si erano
fatti più profondi, le spalle fragili. Era spaventato e il
contrasto con la
figura altera e forte di Loki le parve ingiusto. “Obbedisci.
Ti prego, Sigyn,
obbedisci,” sospirò Sigurdr in qualcosa che era a
metà tra l’ordine e la
supplica.
Sua
madre riuscì a farla sedere di nuovo e lei la
guardò scuotendo il capo.
“Io
non posso… non posso. Tutti voi lo sapete!”
“Zitta,
per favore, sta’ zitta,” la redarguì
quella stringendole le spalle. “Mio
principe,” intervenne fissando l’Ase,
“è un onore. Abbiatene cura,” aggiunse
con un tremito.
Il
dio dell’inganno rispose con un cenno condiscendente del
capo. Non bevve più
per quella sera, ma parlò a lungo con Odino e con Thor,
facendo attenzione che
nessuno li ascoltasse.
Sigyn
rimase sveglia tutta la notte pensando agli occhi di Loki e alla febbre
impaziente che vi aveva letto dentro.
♥
“Se
ne accorgerà. Lo scoprirà. Forse già
sospetta qualcosa; non mi stupirebbe.”
Odino
diede da mangiare ai suoi corvi. Huginn beccò qualche seme e
volse il capo
lucido e nero verso di lei con uno scatto rapido, mentre Muninn
saltellò sul davanzale
sbattendo le ali.
Sigyn
annuì. Dalla distanza in cui era non riusciva più
a distinguere i dettagli del
piumaggio dei due volatili; presto si sarebbero trasformati in macchie
scure e sfocate.
Schiuse le labbra – aveva ancora addosso l’odore di
Loki e il sapore dei suoi
baci sfacciati, esigenti, dolci e feroci. Una storia d’amore
dovrebbe finire
quando il sentimento scompare, si dissolve; non quando divampa e brucia
il
cuore e le vene, tenendo in ostaggio la mente. Le sarebbe mancato
– già sentiva
nostalgia di lui nonostante avessero passato la notte insieme. Loki,
dal canto
suo, si sarebbe imposto di non cercarla mai più per
difendere il proprio
orgoglio ferito, per rinfacciarle d’averla salvata e, al
tempo stesso, punirla –
punirsi, perché tutto ciò che aveva fatto per lei
non era servito a nulla. Come
dono le avrebbe regalato un sorriso laterale e
soddisfatto e qualche
battuta impertinente, ma i suoi occhi, per le Norne, si sarebbero
posati su di
lei rivelando la loro ferocia. E Sigyn avrebbe voluto ricordare, di
Loki, non
il suo sguardo freddo di lupo, ma quello sfrontato e brillante che le
rivolgeva
quando la neve iniziava a imbiancare i tetti di Asgard o prima di
baciarla a
tradimento – di ghermirle le labbra in un assaggio perfido e
irresistibile. Una
storia d’amore: era davvero così che poteva
definirsi la relazione in cui erano
rimasti incastrati? Lui avrebbe storto il naso di fronte a una
definizione che
tentava d’ingabbiare al suo interno troppe cose. In un altro
momento, Sigyn
stessa avrebbe stentato nel pronunciare quella parola proibita, ma in
quel
freddo mattino decise che sì, era stato amore. Chiuse gli
occhi: meglio il
rancore della pietà, si ripeté mentalmente.
Meglio il disprezzo che saperlo a rischiare
la vita per evitare un destino ineluttabile.
“Lo
so,” sospirò. “Ma per allora, non
potrà più fare niente.”
“Sa
essere crudele,” proseguì Odino. Non le parlava in
quel modo per dissuaderla dai
suoi propositi, tutt’altro: cercava solo di presentarle un
quadro verosimile di
ciò che sarebbe successo da lì in avanti,
preparandola alla reazione di quello
che era sempre stato un principe spavaldo e volitivo, incapace di
cedere anche
solo un granello di terra che ritenesse suo. L’avrebbe
fraintesa e, all’inizio,
si sarebbe rifiutato anche solo di pensare al perché del suo
abbandono. In fondo,
quella mattina Sigyn aveva già avuto un preciso assaggio
delle decisioni di
Loki. La spiccata perspicacia del dio dell’inganno svaniva
spesso di fronte all’immagine
che gli restituiva lo specchio perché, in fondo, anche lui
era cieco e il suo
spirito fiero non era privo di crepe e cicatrici pronte a sanguinare,
ma a
spaventarla di più era il suo intuito.
“So
bene anche questo, Padre Tutto. Non saprà niente.”
Aveva appena preso una delle
decisioni più difficili della sua vita. Un tempo aveva
litigato ferocemente con
Loki per una questione simile: lui sosteneva che la verità
andasse dosata e
valutata, lei pretendeva dal prossimo una sincerità
schiacciante, forse inizialmente
dolorosa, certo, ma migliore di una menzogna protratta nel tempo.
Parlavano di
loro stessi e non lo sapevano e le Norne, gelose, beffarde,
disinteressate, alla
fine avevano fatto in modo che le parti si invertissero.
Continua…
L’angolo
di Shilyss
Care Girls,
Stavolta posto
con un
po’ d’anticipo perché il Natale
imminente e certe altre storie mi terranno un
po’ impegnata, ma non temete! La vostra Autrice ha
già in serbo per voi un regaluccio
di Natale e qualche aggiornamento extra, quindi drizzate le
antenne.
Allora, come
avrete
capito c’è ancora un bel po’ di carne al
fuoco, qui. Sto cercando di mantenere la
narrazione su due fronti: quello che è stato prima e quello
che succede ora che
Sigyn ha dato il due di picche a Loki. Vi prometto che alla fine tutto
tornerà,
anche il più piccolo dettaglio ^^.
Posto
rapidamente
sperando non ci siano refusi, in caso rileggo domani mattina
– abbiate
eventualmente pietà ♥.
Vi ringrazio dal
più
profondo del mio cuore per aver listato/recensito
la storia. Per voi un
clic può non essere nulla, ma per un’Autrice
significa tantissimo. Quando
pubblichiamo vediamo le visualizzazioni, ma non sappiamo se la storia
piace o
no. Rimaniamo nel dubbio. Scrivere è condividere con voi un
pezzo di anima e di
cuore. Bastano undici parole o un clic nelle liste per rendere
quest’attività
esaltante, a volte drammatica e solitaria, sempre necessaria, perlomeno
un po’
meno solitaria.
Parafrasando
l’infinita
Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la
gioia di sapere
che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai
nostri piedi, ma ha
colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto
di Loki, di Sigyn
e di Tom e un po’ di divertimento…
c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/.
Ricordo che Vanheim
e il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce
“Sigyn” su
Wikipedia, è una mia personale
interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.
P.S.
È
diventata una long.
Mannaggia a me! :P
A presto e
grazie per
tutto l’affetto/sostegno/cose,
Shilyss