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Autore: shilyss    13/12/2019    33 recensioni
Storia sulla discesa nell'oscurità del dio degli inganni. L’astuto e sfrontato principe Loki si è macchiato di una colpa terribile, per cui non prova alcun tipo di pentimento. L’esilio di Thor è ancora lontano, ma molte ombre stanno cominciando ad addensarsi sul trono di Odino. Perché ogni sacrilegio deve essere punito, solo che.
Lei era proibita e anche solo guardarla rappresentava un errore, un sacrilegio compiuto nei confronti dell’ordine costituito; avrebbe dovuto rinunciarci senza indugiare in pensieri pericolosi e malsani, ma la soddisfazione non era nella sua natura – questo, però, non lo sapeva ancora.
“Chi di voi due?” La voce di Sigyn era risuonata altera e decisa, non priva, però, di una nota oscura, figlia di un terrore che aveva nascosto per una notte intera.

[pre-Thor] [Thor] [hurt/comfort]
Genere: Angst, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 3

 

La prima reazione di Sigurdr[1] fu quella di scuotere il capo con veemenza. La seconda, pregare le Norne che quello fosse un orribile incubo. Loki gli si era seduto accanto con malagrazia e protraeva il corpo agile e asciutto verso di lui simulando una confidenza che non c’era. Il suo aspetto piacevole si scontrava con la ferocia ben visibile nel sorriso laterale e negli occhi di lupo. Gli mise una mano sulla spalla resa fragile dagli anni e la strinse appena, in un gesto di finta complicità che lo fece rabbrividire – in realtà, lo aveva intrappolato.

Pensò di alzarsi e andarsene, ma la presa di quello che, in fin dei conti, era solo un ragazzo, era fatta d’acciaio. “Lei no,” boccheggiò.

“Sii ragionevole, amico mio,” insistette l’Ase dondolando la coppa che ancora reggeva nell’altra mano. “La nostra non è esattamente un’offerta e poi, diciamocelo: è quanto di meglio le potrebbe capitare. Ti rimangono quattro figlie e hai fatto fidanzare solo la maggiore. Non puoi garantire a tutte loro una dote congrua, di questo tuo piccolo regno non rimarrebbe nulla. Le renderai ancelle, le spedirai a servire gli spiriti degli Antenati, dico bene?” Inclinò il capo e allargò ancora di più il suo ghigno. “Avanti, Sigurdr. Siamo fin troppo generosi,” notò.

Il vecchio guerriero s’accigliò. Aveva ragione. Quello del furbo figlio di Odino era un ragionamento esatto, assolutamente puntuale, ma frutto di deduzioni che partivano da basi maledettamente incomplete.

“Non lei. L’ho promessa,” confessò. “Scegline un’altra, mio principe.”

Le musiche non erano cessate e così il rumore dei calici e delle stoviglie. Buona parte dei commensali presenti nell’ampia sala avevano smesso di prestare attenzione al dialogo tra il padrone di casa e il suo altero ospite, ma alcuni continuavano a seguirli, tentando di leggere l’andamento della discussione nello sguardo vitreo di Sigurdr, nella mascella serrata di Loki.

“A chi?” domandò l’Ase gelido.

L’altro deglutì, sostenendo a fatica l’occhiata severa e giudicante dell’ingannatore. “A cosa,” lo corresse.

 

Per un momento, la portata di quelle due parole aleggiò nell’aria. Poi, Loki Odinson comprese perfettamente l’allusione e si ritrasse, quasi che il contatto e la vicinanza con Sigurdr potessero contagiarlo in qualche modo. Fissò la ragazza, e fu quello il momento in cui la sua mente svelta gli suggerì che lei era perduta, chiedendosi al contempo quanto sapesse di ciò che le sarebbe toccato in sorte. Mentre sosteneva il peso delle sue occhiate critiche – sconvolte, capaci di trapassarla e leggerle fin dentro il cuore – Sigyn aveva gli occhi accesi e le guance rosse. Il modo sfacciato e diretto in cui lui l’osservava certamente l’offendeva ed era palese che temesse per suo padre. Fremeva dalla voglia di sapere cosa stava succedendo, senza immaginare che era tutto già successo.

Loki spostò lentamente lo sguardo su Sigurdr. “Tu sei pazzo, tu sei una maledetta carogna. Ci porteremo via tua figlia, subito,” decise rapido, a denti stretti. “Stanotte verrà con noi o ti giuro sull’Yggdrasill che non resterà in piedi una sola pietra, della tua casa.”

 

L’ingannatore non minacciava mai a vuoto. Le sue parole spesso nascondevano la verità o la mescolavano in maniera irriconoscibile con la menzogna, ma non quella sera, non mentre giurava di fargli del male.

“Appartiene a loro,” spiegò Sigurdr in un sussurro.

“Mio nonno Bor il Grande ha bandito queste pratiche.”

Di fronte a quella battuta secca e orgogliosa, che non ammetteva repliche, il vecchio guerriero abbassò lo sguardo. “Sei disposto a sfidare l’oscurità?” domandò, ma non era affatto convinto che l’arrogante Loki o gli Æsir avrebbero potuto bloccare un rito mezzo compiuto.

Lingua d’Argento raddrizzò ancora di più la schiena. “Siamo disposti a far rispettare la legge.”

“Ci saranno delle conseguenze. E lei, lei non sa ancora niente.”

Loki socchiuse gli occhi. “Ci sono sempre, conseguenze,” ricordò caustico. Volse il capo verso Sigyn alzando il tono della voce affinché tutti lo sentissero. “Sei nostra, d’ora in avanti. Sei…”, s’inumidì le labbra e scelse di mentire, no, di dire quella che aveva ritenuto essere la verità fino a una manciata di minuti prima. “Sei la nostra ricompensa per il mancato aiuto di tuo padre, l’assicurazione che non mancherà mai più ai patti,” concluse.

Lei impallidì, schiuse le labbra, sgranò gli occhi, si coprì il collo nudo con la mano piccola e delicata. Era evidente come non si aspettasse di essere l’oggetto della discussione. Le risate e i canti scemarono lentamente assieme a tutti gli altri rumori propri del banchetto; rimase solo un mormorio continuo e basso, insistente. La madre della ragazza boccheggiò e scosse la testa, le sorelle si guardarono l’un l’altra ansiose, stupite, inorridite.

La prima a parlare, la sola a rispondere a Loki, fu Sigyn.

 

Le era stato detto di non dare alcuna confidenza ai feroci Æsir in generale, ai principi in particolare: erano sfrontati, arrogati e pericolosi più dei lupi – e l’ingannatore la fissava come fosse uno di loro. Si prendevano tutto ciò che volevano perché erano figli di un ladro, di un pirata. Un’occhiata di troppo, un segnale sbagliato inviato nella loro direzione, avrebbe vanificato del tutto e inesorabilmente la rigida educazione trascorsa presso le ancelle che servivano gli Antenati. Si trattava di un luogo dove tutte le nobildonne di Vanheim trascorrevano buona parte dell’infanzia e dell’adolescenza, ma che per le figlie nubili di Sigurdr sarebbe diventato il posto che avrebbero chiamato casa: il loro destino era quello di rimanere chiuse dentro un chiostro[2] a ricamare arazzi e scene tratti dai poemi, a servire gli altari innalzati generazioni prima, in un’esistenza priva di scossoni o di turbamenti che si sarebbe dipanata sempre uguale a se stessa attraverso lo studio, la contemplazione e l’oscura arte della divinazione, una branca del seiðr nota solo a Odino e malvista dagli altri Æsir.

Sigyn era stata messa in guardia da sua madre più volte quella sera e le precedenti. Le sue occhiate pungenti e la malcelata curiosità che dimostrava verso gli ospiti erano sconvenienti e pericolose, ma come poteva isolarsi come le sue sorelle e non ascoltareguardare quello che capitava attorno a lei? Conduceva un’esistenza troppo riservata per non stupirsi anche solo osservando le armature leggere sfoggiate da Thor o da Loki. Due ragazzi audaci, forti, decisi, che si comportavano da padroni in casa sua e avevano mille storie da raccontare e altrettante opinioni da sostenere a testa alta. Attività in cui si dilettavano con una certa soddisfazione a poche sedie di distanza da lei, approfittando dell’enorme prestigio guadagnato sul campo di battaglia. Di Loki dicevano che fosse un bugiardo, ma nondimeno la sua abilità retorica era in grado d’inchiodarla alla sedia catturando tutta la sua attenzione. Non era sempre d’accordo con lui, anzi, non lo era quasi mai. Lingua d’Argento era troppo pragmatico, crudele e sfacciato per i suoi gusti. Provocava per divertirsi, oppure assecondava i suoi interlocutori solo per convincerli con un paio di mosse intelligenti a dargli ragione, confondendoli. Sigyn trovava che si divertisse troppo – che giocasse traendone un piacere insano. Riteneva i suoi modi eccessivamente manierati, ma non poteva nascondere di ammirare la sicurezza sfoggiata come un abito, la forza sottesa dietro ogni singolo movimento della sua figura agile e scattante, perennemente pervasa da una tensione feroce. Non osservarlo era impossibile, ma quando le avrebbero chiesto se il suo fosse stato un amore a prima vista, si sarebbe messa a ridere mestamente scuotendo il capo. Loki era capace di catturare l’attenzione di tutta la sala e, per lei, seguire ogni suo movimento o parola era sempre stata una necessità oscura, forse, ma inizialmente priva di sentimento. Ne era convinta.

 

Quella sera sentì di aver disonorato il clan cui apparteneva facendosi notare, non resistendo all’impulso di spiare quello scorcio di mondo di cui si era concessa un breve assaggio. Il modo in cui l’Ase la fissava mentre decideva del suo destino la turbò, facendola sentire nuda e vulnerabile – una sensazione sconosciuta, mai provata, capace, però, di scuoterla dentro. Immaginando che le fosse rimasto ben poco da perdere, gli rispose. “Vorreste prendermi come ostaggio. Chiamate le cose col loro nome, vi prego.”

Loki non si aspettava che lei ribattesse con tanta franchezza. Allargò il perenne ghigno che gli increspava le labbra scoprendo i denti bianchi e regolari. “Qualcosa del genere, sì,” ammise con una punta di compiacimento. “Da stasera sei la nostra ospite,” concluse con gelida cortesia.

“Devo deludervi,” s’impose lei. “Parlate con una futura ancella. Servirò gli antenati.”

Qualsiasi brusio cessò nella sala o, almeno, così parve a Sigyn. Loki vuotò fino all’ultimo goccio il suo vino e poggiò sul tavolo la coppa con studiata lentezza, poi si leccò le labbra per catturarne ancora il sapore speziato e, infine, si alzò in piedi sfoggiando un certo fastidio. Era un uomo alto e asciutto e da vicino le sembrò ancora più imponente; riconobbe in lui gli atteggiamenti del capo militare, del guerriero, e pensò che se la sua prima battuta lo aveva divertito, la seconda doveva essergli parsa tremendamente inopportuna.

“Verrai ad Asgard. Lo deciderà Padre Tutto una volta che sarai giunta lì, cosa sarai,” ribadì mortalmente calmo.

Nessuno intervenne per bloccare Loki. Odino osservava la scena lisciandosi la barba canuta, Thor, che si diceva non sempre approvasse i metodi del fratello, pareva deciso a non immischiarsi nella questione, suo padre si guardava le mani senza proferire parola.

Sigyn sentì che sua madre le tirava una manica del vestito bisbigliandole qualcosa, ma non riuscì a comprendere cosa le dicesse e, forse, non le importò. Provare curiosità verso un mondo di cui conosceva pochissimo non significava voler abbandonare ogni certezza per un paese lontano e straniero, alla mercé di un popolo di razziatori feroci che credevano di vantare diritti su tutti i Nove Regni. Sigyn era amata dalle sue sorelle e aveva sempre ritenuto che fosse un onore servire gli Antenati, ma se anche avesse desiderato per sé un destino diverso, certo non le sarebbe mai passato per la mente di finire tra gli Æsir in veste di ospite, qualunque cosa significasse. Aveva stretto un voto che non era disposta a sciogliere, pur rendendosi conto che il mancato aiuto di Sigurdr necessitava realmente di un tributo. Eppure quella ricompensa non poteva, non doveva essere lei. Loki non aveva lasciato presagire alcunché riguardo il suo futuro, limitandosi a fare quello che faceva sempre: nascondere la verità decorandola con belle parole, ma c’era qualcosa, in lui, che la spaventava. Dicevano che fosse un mago abilissimo, oltre che un feroce guerriero e un politico sagace, ma che avesse in sé qualcosa di storto, di sbagliato. Si alzò anche lei nonostante le gambe le tremassero e sua madre tentasse di farla rimanere seduta, cercando di cancellare il presentimento che le mordeva il cuore, d’impedirsi di essere l’ennesima preda che, come tutte le altre, cadeva nella trappola delle frasi inappellabili di Lingua d’Argento.

“Voi non capite. Ho stretto un voto. Papà!?” chiamò in cerca d’aiuto.

Un guizzo ilare e cattivo attraversò gli occhi quasi trasparenti dell’Ase. Doveva trovare terribilmente divertenti le sue rimostranze.

Suo padre levò gli occhi grigi su di lei. Le parve improvvisamente vecchio e debole, stanco. Un’impressione non del tutto nuova, in verità, che si era fatta strada in Sigyn dal momento in cui aveva rivisto il genitore dopo aver lasciato il palazzo delle ancelle per presenziare alla visita di Padre Tutto. Lo aveva trovato più curvo e magro rispetto al loro ultimo incontro, ma alla luce delle candele che rischiaravano la sala del banchetto quell’impressione iniziale si rafforzò ulteriormente: si accorse che i solchi sul viso dell’uomo si erano fatti più profondi, le spalle fragili. Era spaventato e il contrasto con la figura altera e forte di Loki le parve ingiusto. “Obbedisci. Ti prego, Sigyn, obbedisci,” sospirò Sigurdr in qualcosa che era a metà tra l’ordine e la supplica.

Sua madre riuscì a farla sedere di nuovo e lei la guardò scuotendo il capo.

“Io non posso… non posso. Tutti voi lo sapete!”

“Zitta, per favore, sta’ zitta,” la redarguì quella stringendole le spalle. “Mio principe,” intervenne fissando l’Ase, “è un onore. Abbiatene cura,” aggiunse con un tremito.

Il dio dell’inganno rispose con un cenno condiscendente del capo. Non bevve più per quella sera, ma parlò a lungo con Odino e con Thor, facendo attenzione che nessuno li ascoltasse.

Sigyn rimase sveglia tutta la notte pensando agli occhi di Loki e alla febbre impaziente che vi aveva letto dentro.

 

 

“Se ne accorgerà. Lo scoprirà. Forse già sospetta qualcosa; non mi stupirebbe.”

Odino diede da mangiare ai suoi corvi. Huginn beccò qualche seme e volse il capo lucido e nero verso di lei con uno scatto rapido, mentre Muninn saltellò sul davanzale sbattendo le ali.

Sigyn annuì. Dalla distanza in cui era non riusciva più a distinguere i dettagli del piumaggio dei due volatili; presto si sarebbero trasformati in macchie scure e sfocate. Schiuse le labbra – aveva ancora addosso l’odore di Loki e il sapore dei suoi baci sfacciati, esigenti, dolci e feroci. Una storia d’amore dovrebbe finire quando il sentimento scompare, si dissolve; non quando divampa e brucia il cuore e le vene, tenendo in ostaggio la mente. Le sarebbe mancato – già sentiva nostalgia di lui nonostante avessero passato la notte insieme. Loki, dal canto suo, si sarebbe imposto di non cercarla mai più per difendere il proprio orgoglio ferito, per rinfacciarle d’averla salvata e, al tempo stesso, punirla – punirsi, perché tutto ciò che aveva fatto per lei non era servito a nulla. Come dono le avrebbe regalato un sorriso laterale e soddisfatto e qualche battuta impertinente, ma i suoi occhi, per le Norne, si sarebbero posati su di lei rivelando la loro ferocia. E Sigyn avrebbe voluto ricordare, di Loki, non il suo sguardo freddo di lupo, ma quello sfrontato e brillante che le rivolgeva quando la neve iniziava a imbiancare i tetti di Asgard o prima di baciarla a tradimento – di ghermirle le labbra in un assaggio perfido e irresistibile. Una storia d’amore: era davvero così che poteva definirsi la relazione in cui erano rimasti incastrati? Lui avrebbe storto il naso di fronte a una definizione che tentava d’ingabbiare al suo interno troppe cose. In un altro momento, Sigyn stessa avrebbe stentato nel pronunciare quella parola proibita, ma in quel freddo mattino decise che sì, era stato amore. Chiuse gli occhi: meglio il rancore della pietà, si ripeté mentalmente. Meglio il disprezzo che saperlo a rischiare la vita per evitare un destino ineluttabile.

“Lo so,” sospirò. “Ma per allora, non potrà più fare niente.”

“Sa essere crudele,” proseguì Odino. Non le parlava in quel modo per dissuaderla dai suoi propositi, tutt’altro: cercava solo di presentarle un quadro verosimile di ciò che sarebbe successo da lì in avanti, preparandola alla reazione di quello che era sempre stato un principe spavaldo e volitivo, incapace di cedere anche solo un granello di terra che ritenesse suo. L’avrebbe fraintesa e, all’inizio, si sarebbe rifiutato anche solo di pensare al perché del suo abbandono. In fondo, quella mattina Sigyn aveva già avuto un preciso assaggio delle decisioni di Loki. La spiccata perspicacia del dio dell’inganno svaniva spesso di fronte all’immagine che gli restituiva lo specchio perché, in fondo, anche lui era cieco e il suo spirito fiero non era privo di crepe e cicatrici pronte a sanguinare, ma a spaventarla di più era il suo intuito.   

“So bene anche questo, Padre Tutto. Non saprà niente.” Aveva appena preso una delle decisioni più difficili della sua vita. Un tempo aveva litigato ferocemente con Loki per una questione simile: lui sosteneva che la verità andasse dosata e valutata, lei pretendeva dal prossimo una sincerità schiacciante, forse inizialmente dolorosa, certo, ma migliore di una menzogna protratta nel tempo. Parlavano di loro stessi e non lo sapevano e le Norne, gelose, beffarde, disinteressate, alla fine avevano fatto in modo che le parti si invertissero.

 

Continua…

 

L’angolo di Shilyss

Care Girls,

Stavolta posto con un po’ d’anticipo perché il Natale imminente e certe altre storie mi terranno un po’ impegnata, ma non temete! La vostra Autrice ha già in serbo per voi un regaluccio di Natale e qualche aggiornamento extra, quindi drizzate le antenne.

Allora, come avrete capito c’è ancora un bel po’ di carne al fuoco, qui. Sto cercando di mantenere la narrazione su due fronti: quello che è stato prima e quello che succede ora che Sigyn ha dato il due di picche a Loki. Vi prometto che alla fine tutto tornerà, anche il più piccolo dettaglio ^^.

Posto rapidamente sperando non ci siano refusi, in caso rileggo domani mattina – abbiate eventualmente pietà ♥.

 

Vi ringrazio dal più profondo del mio cuore per aver listato/recensito la storia. Per voi un clic può non essere nulla, ma per un’Autrice significa tantissimo. Quando pubblichiamo vediamo le visualizzazioni, ma non sappiamo se la storia piace o no. Rimaniamo nel dubbio. Scrivere è condividere con voi un pezzo di anima e di cuore. Bastano undici parole o un clic nelle liste per rendere quest’attività esaltante, a volte drammatica e solitaria, sempre necessaria, perlomeno un po’ meno solitaria.

Parafrasando l’infinita Melania G. Mazzucco, posso dire che “solo chi crea conosce la gioia di sapere che la freccia scoccata verso il cielo non è caduta ai nostri piedi, ma ha colpito il cuore di qualcuno” Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook ♥ https://www.facebook.com/Shilyss/. 

Ricordo che Vanheim e il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura.

P.S.

È diventata una long. Mannaggia a me! :P

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,

Shilyss



[1] Il nome è un mio headcanon.

[2] La parola è di origine latina e credo si adatti al contesto comunque medievaleggiante della shot.

   
 
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