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Autore: ___Page    24/12/2019    4 recensioni
"Fosse stato per lui, avrebbe pulito tutto, smontato l’albero e archiviato la questione addobbi per il resto della propria esistenza.
Fosse stato per lui.
Ma non era per lui. Era per lei.
Era tutto per lei."
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*Questa fanfiction partecipa alla Xmas Countdown Challenge 2019 organizzata dal forum FairyPiece – Fanfiction & Images*
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Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koala, Nuovo personaggio, Pirati Heart, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Giorno: 24 dicembre
Tema: Tema libero
Prompt: Il primo Natale con te 
Note: Questa storia è nata per caso. Doveva essere una OS e si è trasformata in questa raccolta/long e arrivando da un periodo terribile per la mia ispirazione, trovarmi così stimolata e motivata è stato un gran bel regalo di Natale. Ci tengo quindi a ringraziare tutti coloro che mi hanno supportato, nello specifico Zomi, che anche qui come nell'altra raccolta ha ascoltato sempre i miei dubbi, con un consiglio sempre pronto, Rika e la connessione telepatica, An11na e Kira. Le vostre parole sono state qualcosa di indicibilmente bello da leggere. Voglio ringraziare anche chi ha solo letto, preferito e seguito e naturalmente il FairyPiece per aver organizzato l'evento. 
E naturalmente, buona Vigilia e buon Natale a tutti. 



 
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Era al 14 di via Flevance ed era una casa senza grandi pretese. Law ci si era trasferito da poco e forse era un po’ grande per una persona sola, ma contava di trovarsi un coinquilino al più presto. D’altronde non poteva continuare a condividere quella specie di loculo, chiamato appartamento dal padrone di casa, con Monet e Caesar, ne andava della sua sanità mentale.
Quell’occasione si era presentata quasi da sola e Law, semplicemente, l’aveva colta.
Non che fino a quel momento se la fosse goduta o vissuta granché, non l’aveva neanche addobbata, era stata Lamy a portargli un alberello già decorato e un paio di cianfrusaglie da piazzare giusto in entrata e in salotto. L’aveva ringraziata senza comunque metterci mano. Non era il tipo e si fidava del suo buon gusto e poi, davvero, ci stava poco.
I turni in ospedale erano tosti e lui se li rendeva tali anche quando non lo erano, anche perché non era come se avesse qualcosa da fare a casa, e quel giorno non era stato da meno, sebbene fosse la Vigilia di Natale. Non che lui pensasse che il fatto di essere il ventiquattro dicembre rendesse il giorno diverso da tutti gli altri però, sì, c’era da dire che non se l’era andato a cercare apposta. Fosse stato di riposo o con un turno più breve, avrebbe saputo che fare, d’altronde la cena con sua sorella e suo padre era un appuntamento fisso e certo per la Vigilia. Tant’è che gli era capitato il turno e lo aveva preso come un qualsiasi altro turno.
Lamy e Cora sarebbero comunque arrivati da lui nel giro di un’ora o poco meno, per andare insieme al rito di mezzanotte.
Erano le dieci e quarantaquattro minuti quando entrò in casa con un profondo respiro.
 
Era sempre al 14 di via Flevance e nessuno dormiva mai fino a particolarmente tardi in quella casa, né Law che era una creatura non propriamente diurna ma neanche notturna, né Laine che per fortuna non soffriva di insonnia ma era da sempre una bambina molto mattiniera e nemmeno Bepo che viveva la sua esistenza nella costante eccitazione del pensiero che gli dava il suo sacro ciclo di “cibo, coccole, passeggiata”, ciclo che prima iniziava meglio era.
Sarebbe bastato quello per poter affermare che quella mattina, la mattina di quel venticinque dicembre, si respirava un’aria diversa al 14 di via Flevance.
Perché c’era la volontà, tra tutti proprio del padrone di casa, di starsene a letto a poltrire insieme alla sua fidanzata, sì quella era la sua fidanzata, anche fino a tardi, volendo. Se solo qualcuno non avesse avuto altri piani.
«È passato, è passato!!! Nonno, è passato Babbo Natale e ha mangiato i biscotti e ha lasciato i regali! E ha anche rovesciato tutto il latte!»
«Ma davvero? Chissà come ha fatto!»
«Ehi pulce!»
«Zia Lamy, guarda, ci sono i regali! Papà! Kay!»
La porta si spalancò e Law aprì rassegnato un occhio, trovando Koala già sveglia e sorridente, e non aveva dubbi che fosse l’entusiasmo di Laine il motivo di quel sorriso.
«Papà!»
Come una piccola palla di cannone, Laine si lanciò sul letto, un attimo dopo il suono inconfondibile di quattro zampe che slittavano sul pavimento e Law si mise seduto appena in tempo per afferrare al volo Bepo, prima che ribaltasse tutti giù dal materasso.
«Dobbiamo andare ad aprire i regali!» saltellò Laine, ottenendo un ululato di assenso. «Ce ne sono tanti tanti, dobbiamo andare ad aprire i regali!»  ribadì, lanciandosi di nuovo verso il salotto, Bepo alle calcagna non prima di aver dato accuratamente il buongiorno a Law con una bella leccata su tutta al faccia.
Incapace di restare serio, Law si girò lentamente verso Koala che si strinse nelle spalle.
«Dobbiamo andare ad aprire i regali» affermò a sua volta, baciandolo sul collo. «E tu anche a lavarti la faccia»
 
Si stava asciugando il viso da una meritata rinfrescata quando il campanello suonò, alle dieci e quarantasette minuti. Law lanciò un’occhiata al proprio riflesso e, senza posare l’asciugamano, tornò all’ingresso finendo di tamponarsi la pelle dalle rigeneranti gocce d’acqua.
Gli sembrava strano che fossero già arrivati, si era accordato per le undici e mezza e suo padre tendeva a essere un po’ ritardatario. Un po’ tanto. Ma magari i miracoli di Natale esistevano.
Stava già per concedersi un commento salace che, aperta la porta, la voce non lasciò neppure il suo diaframma e l’espressione gli si fece più perplessa che mai.
Non c’era nessuno. Eppure lui era certo di aver sentito il campanello. Si guardò intorno nell’aria fredda e densa ma no, non c’era nessuno neppure che si stesse allontanando. Forse erano stati quei due bambinetti, Clione e Uni, a quanto pareva adoravano fare scherzi di quel genere. Con un sonoro schiocco di lingua, Law fece per rientrare in casa, salvo venire pietrificato da un brivido che gli corse lungo tutta la colonna vertebrale nel sentire quel suono.
Era stato… era un vagito?!
Per un attimo, Law non volle girarsi. I gatti a volte facevano suoni che ricordavano il pianto di un bambino e si sarebbe voluto cullare nell’illusione che fosse stato Lagoon, il gatto del dirimpettaio, se solo lui con i bambini non ci avesse lavorato così a stretto contatto da non potersi confondere.
Strusciò le suole nel rigirarsi, gli occhi ora puntati in basso, all’altezza dei suoi piedi, dove non aveva guardato e dove un ovetto era appoggiato subito fuori dalla porta di casa, sullo zerbino.
Ci mise meno di un decimo di secondo a reagire, il suo corpo prima ancora del suo cervello. Scattò in avanti, afferrando l’ovetto per la maniglia e tirandolo in casa, lo portò veloce in salotto e poi, ancora più velocemente corse di nuovo all’esterno, osservando con più attenzione e il fiato grosso intorno a sé. Ma non c’era nessuno, non che lui vedesse, e forse avrebbe dovuto controllare meglio lungo la via, dietro a qualche siepe, a un albero, a una cassetta della posta.
Ma da dentro casa un’altra serie di vagiti cominciarono a risuonare e qualcosa, l’istinto, la deformazione professionale o forse il cuore, aveva obbligato Trafalgar Law a rientrare immediatamente e correre dalla creatura. Pur sconvolto e scioccato, gli era già chiaro quali fossero le priorità da rispettare.
 
I regali non erano di più di quelli degli anni passati ma agli occhi di Laine erano tanti tanti. Laine sapeva sempre accrescere il valore di quello che aveva attorno, dopotutto, e non erano solo pensieri di un padre follemente innamorato di sua figlia ed eccessivamente orgoglioso.
Insomma, due anni prima, per farle uno scherzo, Pen e Shachi le avevano regalato una banana incartata e Laine ne era stata così felice che aveva voluto divorarla immediatamente, dividendola con Bepo.
Quell’anno comunque, Shachi e Pen non avevano regalato neppure per scherzo nessun frutto o ortaggio a loro nipote, non a giudicare dalle dimensione dei pacchetti, in mezzo a cui Laine era già seduta insieme a Bepo e a Lamy, sotto gli occhi attenti di Cora, che vista l’idea improvvisa di Law della sera prima si erano fermati a dormire lì, sua sorella in camera con la nipotina, suo padre sul divano-letto, da cui nel sonno doveva aver tirato un calcio al bicchiere del latte.
Ordinaria amministrazione.
«Papà, posso iniziare?»
Law annuì e si sedette sul divano di fianco a suo padre per godersi lo spettacolo, mentre anche Koala si avvicinava per aiutare la pulce a leggere i bigliettini, su cui Babbo Natale aveva accuratamente segnalato quale zio avesse richiesto questo o quel regalo, e scartare i pacchetti, in una perfetta catena di montaggio con Lamy e Bepo, addetto a distruggere la carta colorata man mano che veniva appallottolata accanto all’albero.
Un gioco di costruzioni da zio Kidd e famiglia, uno zainetto nuovo per l’asilo a forma di pinguino da zia Ikka e Ish, l’accappatoio con i cuori da zia Lamy, le ciabatte abbinate da Sugar, dal nonno un pupazzo di orsetto polare a grandezza praticamente naturale e vestitino e calze, per la giornata di festa, da zia Betty e zio Dragon.
«E questo? Cosa c’è scritto?»
 
 Law lesse e rilesse il biglietto, incapace di mettere insieme il senso di quello che diceva.
Non che dicesse molto e fosse difficile capire. Si chiamava Laine, aveva circa tre mesi e mezzo e a quanto pareva era perfettamente in salute. C’era un riferimento a del latte artificiale, pannolini e la sua cartella clinica e Law era vagamente consapevole di dover ricontrollare fuori dalla porta, perché sicuramente si era perso dei pezzi.
Ma il pezzo più importante lo stava perdendo lì. Perché se era uno scherzo davvero, allora era di pessimo gusto. Ma se era la realtà allora era difficile crederci. Credere di avere una figlia.
 
«Il biglietto dice che questo te lo ha portato su richiesta del papà»
Laine trattenne il fiato e Cora sorrise, perché lui lo aveva sentito bene, suo figlio accanto a sé, fare altrettanto. Era una vista più unica che rara, Law anche solo vagamente impaziente per qualcosa ma nessuno si sarebbe mai sognato di farglielo presente. Quella era un momento suo e di Laine, a cui loro avevano il privilegio di assistere e tutti avrebbero finto di non aver notato niente di strano, purché restasse di loro due soltanto.
«Pattini?» Laine spalancò gli occhi alzandoli sul papà.
 
Erano identici ai suoi. Era difficile credere che quella piccola cosina sotto alla coperta di lana, che ora non piangeva più ma si guardava intorno curiosa, fosse sua figlia ma gli occhi. Gli occhi di quella bambina era identici ai suoi, al punto da non lasciare spazio a dubbi.
Law non era stupido, sapeva che il colore grigio poteva cambiare e molto probabilmente sarebbe cambiato ma non era solo il colore. Era il taglio e l’espressione. Fissandola negli occhi era come vedersi allo specchio e qualcosa in lui si smosse con la potenza di un terremoto.
Fu come se il mondo si fosse ribaltato sottosopra eppure Trafalgar Law aveva appena trovato il proprio baricentro e si sentiva così perfettamente in equilibrio, come mai nella vita, che sarebbe riuscito a restare con i piedi incollati al soffitto e a testa in giù, senza cadere.
Così, lo facevano sentire gli occhi di quella creatura. Al centro esatto di un tutto di cui, non lo aveva ancora nemmeno deciso e già lo sapeva, voleva fare parte.
 
«Pattini per il ghiaccio!» ripeté la pulce, tornando a guardare la coppia di calzature dotate di lama, con un po’ di pelliccia sul bordo superiore e un disegno di fiocchi di neve sul fianco.
Erano i più belli del negozio secondo la commessa e i più adatti a Laine secondo lui, e Koala gli aveva dato ragione, ma era a Laine che dovevano piacere e poco ci mancò che Law cominciasse a torturarsi le mani che Laine rialzò di nuovo la testa e corse da lui, lasciando perdere i pattini, un pacchetto ancora incartato sotto l’albero, qualsiasi cosa che non fosse la più importante in quel momento.
«Sono bellissimi, grazie! Grazie papà!» sgambettò felice nell’aria, mentre Law se la prendeva in braccio e si appoggiava allo schienale. «Ti voglio bene»
 
Law lasciò finalmente perdere il biglietto e abbassò gli occhi alle proprie mani. Erano mani capaci, tatuate, che lui considerava vuote e inutili quando non teneva in mano un bisturi. In quel momento però, gli importava solo del fatto che erano fredde.
Appoggiò i palmi uno contro l’altro e prese a sfregare, mentre si avvicinava all’ovetto, da cui la bambina lo fissava ora in silenzio ma attenta. Attenta proprio come lui davanti a qualcosa che non conosceva e voleva conoscere.
Fu solo quando decise che erano abbastanza calde che, con la stessa cautela con cui avrebbe maneggiato un oggetto di cristallo o un attrezzo in sala operatoria, Law scostò la coperta e posò le mani ai fianchi della neonata. Provò a famigliarizzare con la sensazione della ciniglia e di quel corpicino così piccolo tra le mani e si sarebbe preso tutto il tempo, anche una mezz’ora, se solo Laine non avesse emesso un altro vagito, stavolta sembrava impazienza. E senza sapere come, Trafalgar Law ce l’aveva tra le braccia, contro il suo petto, a respirare il suo profumo di ovatta e neve.
 
«Ehi pulce, c’è ancora un pacchetto»
Laine si girò senza dare segni di voler scendere dalle gambe di suo padre e non ce ne sarebbe stato comunque bisogno perché Koala si era già avvicinata al divano con il regalo tra le mani.
«Questo è da parte mia. Lo so perché Babbo Natale ha usato il sacchetto che gli ho mandato per confezionarlo» glielo tese, mentre cercava Law con gli occhi, in cui si leggeva facilmente la domanda inespressa se andava bene così, se non era un problema che si fosse azzardata a fare un regalo alla piccola.
«Wow!» spalancò gli occhi Laine, estraendo il cappottino imbottito lilla che al negozio di pattinaggio, sul manichino era abbinato proprio ai pattini che Law aveva poi comprato. «È bello come il regalo di zia Lamy! Posso metterlo con i tuoi pattini, papà?»
«Certo che sì» rispose senza esitare Law, gli occhi ancora fermi in quelli di Koala, per risponderle che sì, certo che andava bene, certo che non era un problema se faceva un regalo a Laine per Natale. Che, anzi, sperava davvero tanto che quello fosse il primo di una lunga serie e forse se ne sarebbe anche fregato di tutto il resto e si sarebbe chinato a baciarla, tanto si sentiva per una volta completo e felice, se il campanello non avesse suonato proprio in quel momento.
 
«È aperto» avvisò, senza la minima intenzione di schiodarsi dalla poltrona e sapeva che di lì a poco avrebbe dovuto rispondere a parecchie domande, ma Laine stava giocando con i cordini della sua felpa e Law non l’avrebbe interrotta, non ora che aveva trovato l’incastro perfetto tra la bambina e il proprio avambraccio.
«Law? Law ma che succede?»
«Law, ragazzo mio, sai che fuori dalla tua porta c’è del latte artificiale e pacchi di pann… Oh Santo Roger»
 
«Ma cos’è?» sussurrò Laine di fronte al gigantesco pacchetto che occupava in larghezza quasi tutto lo spazio dell’uscio. A occhio entrava per un pelo ma prima Shachi e Pen dovevano sollevarsi dal regalo a cui se ne stavano appoggiati con fare rilassato, in una pessima imitazione dei gemelli Weasley.
«Probabilmente non passava dal camino e Babbo Natale lo ha lasciato qui» spiegò con fare saputo Pen, strappando un’occhiata molto scettica a Law.
«Se vuoi, bambolina, lo portiamo dentro noi, anche perché glielo abbiamo chiesto noi di portartelo» Shachi si sporse verso Laine, che ascoltava rapita gli zii.
«Noi, insieme a zio Sabo, Rufy e zio Ace» precisò Pen, mentre insieme a Shachi spingevano il gigantesco regalo dentro casa.
«Ma si può sapere che cos’è?» domandò Law avvicinandosi a Pen più che poteva per non farsi sentire da Laine.
«Una casetta igloo con le palline colorate. Va bene no?»
«Oh sì» Law non riuscì a trattenere un ghigno di scherno. «Bepo ne andrà pazzo»
Pen lo fulminò con un’occhiata ma poco ci mancò che si mettesse a ridere e Law gli diede una cosa vagamente simile a una pacca sulla spalla prima di accostarsi alla porta per accogliere anche il resto degli ospiti che arrivava in processione dal vialetto, capitanati da un esagitato David e fila chiusa da zia Betty e zio Dragon, passando per Sabo con Ish sottobraccio, affiancati da Rufy e Sugar, Ace che mostrava qualcosa a Ikka sul cellulare, Kidd con Harley sulle spalle e Nojiko accanto e, dulcis in fundo Crocus con Lagoon.
Tutti.
Trafalgar Law li aveva invitati tutti in uno slancio di non sapeva neanche lui cosa, suggerendo di portare, se volevano, ciò che probabilmente avevano già preparato per il pranzo, così da non sprecare cibo visto l’invito all’ultimo minuto anche se lui, Lamy e Kay avevano cucinato fino a notte inoltrata. E tutti avevano accettato, tutti avevano detto di sì a quel primo, inaspettato Natale al 14 di via Flevance.
Erano tutti lì, tutta la sua stramba, malassortita, disfunzionale ma insostituibile famiglia.
«Ehi Torao!!!»
«Rufio»

Ciò che più Law apprezzava della sua famiglia, era che, per pressante che fosse, sapeva quando non fare domande. Quella decisamente era una di quelle volte e Law non avrebbe saputo quale entità superiore ringraziare per quella cortesia ma, dopotutto, era comunque troppo preso per pensarci.
Certo col senno del poi si sarebbe reso conto di quanto fosse stato encomiabile, per Cora e Lamy, aiutarlo senza farsi sopraffare dalla presenza di una neonata di cui non era chiara la provenienza e il perché fosse lì, mentre lo aiutavano a cambiarle il pannolino e preparare un biberon di latte artificiale, che comunque l’indomani sarebbe andato a vedere se ce n’era uno di miglior qualità in reparto da lui. Quello non lo convinceva o forse era solo in paranoia.
   
«Queste sono per la piccola»
«Grazie Crocus» Law lo ringraziò quasi con calore, accettando il sacchetto natalizio che gli porgeva il vicino che, fatti due passi, tornò indietro.
«Segnati la marca, che queste sono quelle buone» lo ammonì con sguardo adombrato per poi dileguarsi definitivamente e Law provò quasi l’impulso di sorridere. 
«Ehi cugino» Sabo lo prese per le spalle, spuntando da dietro, dopo aver appeso la giacca. «Ma che ti è successo? Volevi far nevicare ancora di più?»
Law sollevò un sopracciglio e un angolo della bocca. «E a te?» lo schernì, occhiando eloquente verso Ishley, raggiante come non mai mentre chiacchierava con Lamy e Sugar.
«Oh beh…» sorrise Sabo. «Diciamo che ho fatto centro pieno con il regalo del Babbo Natale Segreto» mormorò criptico ma con un sorriso che parlava per lui.
«Non voglio i dettagli» mise in chiaro il chirurgo.
«Io invece dopo averti visto vestito da Santa Claus, i dettagli li voglio tutti, Ace non è stato abbastanza esaustivo. Per il resto chiederò direttamente a Kay» gli diede una goliardica e gentile pacca Sabo, allontanandosi per raggiungere gli altri, mentre Laine chiedeva a Koala di aiutarla a mettere il vestitino e le calze nuove.
Law avrebbe voluto grugnire. Ma mentre richiudeva la porta prima di tornare dai propri ospiti, tutto quello che riuscì a fare fu scuotere la testa divertito.
No, decisamente le cose non sarebbero state mai più come prima.
  
Non sarebbero andati al rito, era chiaro. Ma Law si stupì che fosse già arrivata la mezzanotte, quando sentì i cori natalizi in fondo alla strada.
Riportò gli occhi sulla creatura posizionata tra il suo braccio e il suo petto, accomodandosi meglio sulla poltrona, ascoltando Lamy che canticchiava mentre preparava un po’ di the.
Era Natale.
Laine dormiva serena tra le sue braccia.
 
Trafalgar Law non avrebbe potuto chiedere di meglio.
 
 
  
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