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Autore: paige95    09/04/2020    2 recensioni
~ IN REVISIONE ~
È il 1 settembre del 2017, l'orologio del binario 9 3/4 sta per spaccare le 11 in punto. Nella stazione di King's Cross c'è tanto fermento e commozione. Un nuovo anno sta per iniziare, ma i nuovi studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts subiranno le conseguenze del passato da cui discendono e del presente in cui vivono.
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N.B È importante aver letto Harry Potter e i doni della morte, soprattutto per il primo capitolo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Rose Weasley | Coppie: Draco/Astoria, Hannah/Neville, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Sotto il riflesso di Sé
 



 
[31 ottobre 2017 ore 9:08 p.m. – Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Campo di Allenamento]
 
Era una serata gelida, impregnata di un’atmosfera tetra tipica della ricorrenza più spaventosa dell’anno, eppure in quella notte non si avvertiva la più piccola presenza dei soliti spiriti che vagavano per il Castello; i palati degli studenti di Hogwarts erano stati deliziati durante la cena dei più svariati dolci, perlopiù a base di zucca, immersi in una Sala Grande addobbata a festa e inedita per molti studenti che avevano appena iniziato il loro primo anno. I riflessi argentei della luna piena irradiavano i territori limitrofi alle mura della Scuola, creando uno scenario sovrannaturale, di cui purtroppo pochi erano spettatori a quell’ora. In quel panorama suggestivo tre studenti erano in procinto di violare il severo coprifuoco che era sempre esistito nei corridoi di quella Scuola.
Rose non era solita trasgredire alle regole e quella effettivamente era una trasgressione in piena regola; la giovane Weasley aveva indugiato ad accettare la sfida da parte di Scorpius, era stato Albus a convincerla sul fatto che alcun prefetto si sarebbe preso il disturbo di denunciare il loro comportamento ai direttori delle loro rispettive Case nella notte di Halloween. Non aveva ancora capito cosa quel Malfoy volesse dimostrarle con una partita immersi nelle tenebre, per quanto la luce del satellite fosse particolarmente intensa, quel ragazzo per primo, che ricopriva per i Serpeverde il ruolo di Cercatore, avrebbe dovuto sapere la difficoltà in quelle condizioni ad individuare e a catturare il Boccino; per quanto da Londra avessero in parte provveduto a garantire loro un soggiorno più sereno e lei insieme al cugino avesse portato un buon esempio positivo tra gli studenti, non si riteneva così tanto in confidenza con Scorpius, al punto di condividere la punizione che senza alcun dubbio avrebbe subìto. La ragazza aveva indossato uno dei maglioni più caldi che nonna Molly aveva confezionato per lei in vista dell’inizio delle lezioni, era uno dei pochi modi che aveva per riscoprire, ogni qualvolta ne avesse avuto bisogno, il calore della sua famiglia; aveva deciso di non portare con sé la sua scopa personale, avrebbe dato troppo nell’occhio e i sorveglianti l’avrebbero scoperta nel tempo di un battito di ciglia, così decise di recuperare una delle tante messe a disposizione degli studenti per gli esercizi nel Campo di Allenamento. Da lontano Rose intravide l’ingresso del Campo da Quidditch; i Cerchi, attraverso i quali lei, in quanto Cacciatrice, aveva il compito di segnare i punti per la sua squadra, scintillavano come se fossero stati ricoperti di diamanti; avvertì un brivido al pensiero della sua ultima partita, non era la competizione a spaventarla, ma quell’incidente aveva senz’altro inibito la sua determinazione, faticava a riscoprirsi all’altezza di quel ruolo ed era quasi sicura di aver ereditato quei sentimenti di inferiorità da suo padre. Afferrò una Nimbus vecchia di un anno e fece passare sovrappensiero il polpastrello sopra l’intarsio sulla punta del manico. Aveva davvero paura a montare di nuovo su una scopa, faceva fatica ad accettarlo, ma era proprio così; la competizione in cui aveva miseramente fallito era stata la sua prima partita importante e suo padre stava riponendo in lei una fiducia che non meritava, se lasciava che qualche bolide in campo la disarcionasse con estrema facilità. Ripose la scopa accanto al muro di pietra cercando di evitare che cadesse, nel silenzio della sera avrebbe causato un rumore udibile fin sulla Torre di Astronomia. Decise di attendere il cugino per comunicargli la sua decisione, lei non avrebbe partecipato a quell’amichevole notturna, necessitava di tempo prima di riprendere gli allenamenti e giocare una nuova partita, la quale fortunatamente non era dietro l’angolo; Albus aveva raccomandato puntualità a lei, mentre lui stava tardando, rendendo la loro posizione in quel luogo sempre più scomoda, ma non se la sentì di lasciare quel ragazzo in balìa della sua incoscienza, voleva esserci se avesse potuto evitare con la sua presenza che lui combinasse guai irreparabili.
«Ehi, signorina, è a conoscenza del coprifuoco o le devo rinfrescare la memoria?»
Il sangue nelle vene di Rose si raggelò, la voce profonda che aveva udito alle sue spalle era molto simile a quella di un professore o di un prefetto del quinto anno, a meno che qualcuno diverso dai sopracitati non si fosse premurato di camuffare il proprio timbro; nel dubbio si voltò perciò con un’espressione mortificata, sperando di non ricevere una punizione troppo severa. Il suo umore però cambiò pochissimi istanti dopo, quando davanti a sé vide un suo coetaneo che faceva una certa fatica a non scoppiare a riderle in faccia. Rose afferrò offesa uno strofinaccio con cui erano soliti lucidare i manici e lo lanciò in pieno petto a Scorpius, furiosa per averle scosso ancora più i nervi.
«Idiota! Accidenti, mi hai fatto prendere un colpo. A mio padre non serve anche una convocazione ad Hogwarts, solo perché tu e Albus mi avete trascinata fin qui»
«Ehi, Rose, datti una calmata, nessuno ti ha obbligata a venire, il mio era solo un invito»
Il ragazzo aveva raccolto quella pezza bianca che si era posata sull’erba e l’aveva rimessa al suo posto con pacatezza; non l’aveva lasciato indifferente la reazione stizzita della giovane Grifondoro, a suo parere non c’era nulla di cui preoccuparsi, era una tranquilla serata di autunno, forse un po’ fredda, ma libera dalla minaccia di eventuali rovesci. Scorpius la vide incrociare le braccia al petto a disagio; in altre circostanze avrebbe sfoderato una delle sue solite battute sui maglioncini colorati firmati Weasley che la maggior parte dei membri di quella famiglia sfoggiava con orgoglio ad Hogwarts, ma anche un provocatorio come lui conosceva i limiti oltre i quali era meglio non spingersi.
«Non ho voglia di giocare a Quidditch stasera, volevo solo evitare che mio cugino si cacciasse nei guai, visto che di te mi fido poco»
«Quindi, ricapitolando, sei qui per Albus e mi vuoi far credere di non aver voglia di farmela pagare per averti presa in giro a lezione? Avresti potuto darmele a suon di pluffe, fossi stato in te avrei colto al volo l’occasione»
Rose indugiò a rispondergli, non aveva alcuna intenzione di confidare a lui le sue incertezze, si limitò a mordicchiarsi il labbro inferiore cercando di trattenere le sue più intime sensazioni; per quanto negli ultimi mesi suo cugino si fosse avvicinato al compagno e avesse imparato a conviverci, viste e considerate le numerose ore trascorse insieme sul Campo da Quidditch e in Sala Comune, la ragazza nutriva ancora una buona dose di diffidenza nei suoi confronti; Rose faticava a dimenticare i suoi numerosi sgarbi, per quanto essi appartenessero ad un passato prossimo – ma pur sempre passato era -, e non le sembrò conveniente mostrare a lui le sue debolezze, nessuno era in grado di garantirle che non ne avrebbe approfittato per divertirsi alle sue spalle.
«Weasley, Albus non uscirà dal Dormitorio stasera, è crollato sul suo letto con divisa e scarpe davanti ai miei occhi, quindi siamo solo io e te. Decidi tu, se vorrai andartene ti capirò, ma se resti dovrai dirmi a cosa sia dovuto il tuo malumore, a furia di vedere te con quell’espressione stai spegnendo il sorriso anche a me. Cercavo solo un po’ di divertimento stasera, infondo è Halloween»
Si era rivolto a lei con dolcezza e discrezione, avendo premura di avvicinarsi alla parete solo per allontanarsi dalla traiettoria delle finestre dei docenti; agli occhi della ragazza sembrava essere piuttosto pratico in materia di trasgressioni, si premurava di non lasciare nulla di intentato. Rose, per tutta risposta, si spostò di qualche passo lontana da lui, per lei era più importante mantenere le distanze da un mezzo sconosciuto.
«Hai paura di me? Il problema sono io?»
«Certo che non ho paura di te, Malfoy. È solo una serata in cui non mi va molto di parlare. Tutto qui»
Scorpius si accomodò con la spalla contro la parete e alzò lo sguardo al cielo, incontrando la Signora del Cielo in tutto il suo splendore; sperava che almeno fosse chiaro il fatto che non avrebbe approfittato di quella circostanza per muoverle qualche sgarbo, così per tranquillizzarla cercò di instaurare un dialogo con lei.
«Toglimi una curiosità, Weasley, il professor Lupin si trasforma come il padre nelle notti di luna piena?»
Rose lo fissò incredula e sospettosa, non riusciva a capacitarsi che glielo avesse davvero chiesto.
«Weasley, cosa c’è? Mi guardi come se fossi impazzito, era solo una domanda innocente, non avevo alcuna intenzione di prendere in giro anche lui»
«Mi chiamo Granger-Weasley, possibile che a nessuno entri in testa?!»
Scorpius sorrise di cuore per quella puntualizzazione, ma stavolta, a differenza di ciò che era successo a lezione appena qualche ora prima, non aveva alcuna intenzione maliziosa, aveva capito da solo di averla offesa.
«Forse è solo troppo lungo, dai, non prendertela. Sanno tutti come ti chiami e chi sono i tuoi genitori, per me è solo un pochino più semplice identificarti come una Weasley: hai i capelli rossi, gli occhi chiari e le lentiggini, tratti tipici di quella famiglia»
La ragazza si arricciò intorno all’indice una ciocca di capelli che le ricadeva sulla spalla, era imbarazzata, non perché si vergognasse delle sue origini, ma odiava essere etichettata solo con uno sguardo, senza nemmeno prendersi la briga di conoscerla e scoprire che lei non era “solo una Weasley”, oltre ciascun componente della sua famiglia c’era molto più da scoprire per chi aveva voglia di non fermarsi ai meri tratti fisici.
«E questo chi te lo avrebbe detto?»
«Mio padre. Per la verità il mio vecchio mi ha anche detto che siete soliti vivere ammassati come topi, disdegnate l’igiene e non avete uno zellino alla Gringott»
«Ma non è assolutamente vero!»
Le guance di Rose avevano assunto un colore cremisi particolarmente acceso, ma la sua rabbia non era rivolta al ragazzo, quanto piuttosto al pregiudizio di quella famiglia nel quale lui era cresciuto. Rose sapeva di non doversi giustificare davanti a lui, ma Scorpius, dopo quella serata, così peculiare per molti versi, in cui sembrava ben disposto al dialogo, non gli dava l’idea di una persona che si saziava delle apparenze.
«Immagino che mio padre avesse enfatizzato, non sembra mostrare molta simpatia per voi»
«Credimi sulla parola, a casa mia l’insofferenza è reciproca, specie da parte di papà. Comunque è tutto frutto della Seconda Guerra Magica»
A Scorpius dava l’idea che Rose stesse per iniziare un’attenta e puntuale spiegazione storica, così si concentrò con interesse su di lei, accostandosi meglio contro la parete e incrociando anch’egli le braccia al petto.
«Mia madre, essendo il Ministro della Magia, conserva nella sua libreria infiniti scaffali di volumi, molti dei quali trattano di Storia della Magia e prima di iniziare il mio primo anno ad Hogwarts, ho trovato conveniente sfogliarli. Tra il novero dei Mangiamorte, l’esercito di Lord Voldemort, vengono elencati alcuni componenti della tua famiglia, mentre la mia famiglia è ricordata tra i vincitori e gli eroi di quella guerra. Le nostre famiglie erano l’una contro l’altra, è semplicemente rimasto dell’astio che ad oggi è pressocché infondato»
La razionalità della ragazza lo sorprese, eppure dubitava che alla base del rancore ci fossero solo problematiche legate al passato, anzi ciò che li aveva separati in due schieramenti opposti permaneva nel presente, era ciò che era stato in grado di captare dalle parole di Draco.
«Mi dispiace deluderti, Rose, forse questo è ciò che viene dichiarato nei libri di storia, ma altro porta le nostre famiglie a considerarsi nemiche. Io sono un Purosangue e tu una Mezzosangue. I Weasley vengono considerati dai Malfoy come traditori del loro stesso sangue. Non è un caso se in occasione dell’ultima partita i miei compagni ti abbiano sparato contro un bolide con l’intenzione di farti male, non era solo per disarcionarti, ma mi sembri abbastanza sveglia per capirlo da sola»
Il viso di Rose si incupì, non le stava dicendo nulla di nuovo, anzi era convinta che la presenza di Teddy al Castello avrebbe migliorato di poco l’opinione che i Serpeverde avevano di loro e di tutti coloro che avevano osato nascere con il “sangue marcio”. Rivolse anche lei uno sguardo alla luna, si trovavano in una posizione privilegiata, non ricordava di averla mai ammirata così da vicino, nemmeno con il telescopio di nonno Arthur era riuscita ad ottenere quell’effetto di luce.
«No. Il professor Lupin non è un lupo mannaro, Malfoy, è solo un’ennesima diceria falsa. Inoltre, i Weasley non vivono ammassati, ognuno di noi ha la propria stanza, possediamo un bagno e una Camera Blindata alla Gringott, dove mio padre e mia madre si premurano ogni mese di rifocillare i risparmi miei e di Hugo. Sì, sono una Mezzosangue, ma ciò non ha mai frenato il mio desiderio di diventare un’abile strega. Grazie per esserti preoccupato per me dopo l’incidente, Albus mi ha detto che dopo la partita lo hai raggiunto in Infermeria»
Stavolta fu il viso di Scorpius a divampare e la luce della luna insieme alla carnagione pallida non lo aiutarono a camuffare.
«Malfoy, ascoltami bene, non credo tu sia un arrogante solo per il tuo cognome e per il lusso nel quale vive la tua famiglia. Credo anche che non mi prenderai in giro se ti dirò che ultimamente fatico a riprendere in mano la scopa dopo l’incidente e che sono stanca e preoccupata perché mamma è partita e papà e mio fratello sono rimasti a Londra a sbrigarsela da soli. Credo solo tu sia arrivato a conclusioni troppo affrettate sulla base delle poche informazioni fornite da tuo padre, ma che tu sia dotato di abbastanza materia grigia per assimilarne di nuove e attraverso un pensiero critico crearti una tua personale opinione su noi»
Lo aveva ammutolito, a Rose sfuggì un sorriso, non ricordava in quel paio di mesi di averlo visto così tanto silenzioso; le poche parole che Scorpius riuscì a pronunciare furono emesse dalle sue corde vocali con un sussurro.
«Mi dispiace … per le tue preoccupazioni. Non avevo idea che stessi attraversando un periodo simile. Non nel senso che non sapessi del Ministro, ma non mi ero soffermato sulle conseguenze della sua partenza sulla tua famiglia. Per quanto riguarda il Quidditch, sono sicuro tu abbia bisogno solo di un po’ di riposo … e di qualcosa sulle spalle, starai congelando»
Scorpius senza indugiare sbottonò il mantello della sua divisa e si permise di posarlo sulle spalle della ragazza. Rose si rese conto che anche nella sua famiglia erano all’oscuro di molti lati della famiglia Malfoy, uno di questi era senza dubbio la galanteria, che ad esempio a suo padre era sempre mancata, sua madre avrebbe potuto testimoniarlo, anzi forse chiunque tra i suoi parenti.
«Se papà dovesse vedermi indossare la divisa dei Serpeverde, avrebbe un attacco di cuore fulminante»
Il giovane Malfoy non ebbe il tempo di replicare, si era limitato ad un ingenuo sorriso, quando dai corridoi del Castello li raggiunse Albus, quasi afono; il nuovo arrivato annaspava per riacquistare disperatamente il fiato che aveva perso nella folle corsa.
«R-Rose, perdonami, mi sono addormentato, non mi sono dimenticato del nostro appuntamento. Ragazzi, scusatemi entrambi»
«Al, calmati, non è successo niente»
«Lo verificheremo con più calma se non sia davvero successo qualcosa, signor Malfoy. Voglio tutti e tre subito nel mio ufficio. Signorina Weasley, restituisci quella divisa, non ti appartiene»
Esattamente come la Preside, vestita della sua tenuta da sera, era comparsa, si era nuovamente dissolta, lasciando demoralizzazione sul volto dei ragazzi. Rose tolse la divisa dalle spalle e la porse grata a Scorpius, sotto lo sguardo colpevole di Albus, il quale non poté evitare di sentirsi in debito verso la cugina, era stato lui a convincerla con troppa leggerezza a violare il coprifuoco.
«Granger-Weasley, qualunque sarà il nostro destino in questa Scuola, mi ha fatto piacere stasera chiacchierare con te»
 
 
[Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Ufficio del Preside]
 
«Quando intendevo che Serpeverde e Grifondoro dovessero andare d’accordo, non mi riferivo certo a scorribande notturne e fuori dal Castello. Ho accettato i provvedimenti del Ministero, affinché il vostro soggiorno ad Hogwarts fosse sereno!»
La McGranitt diede una violenta manata contro il ripiano della scrivania e fissò il volto remissivo di ogni singolo studente posizionato con disciplina davanti a lei. Non ne poteva più, erano solo trascorsi due mesi dall’inizio dell’anno scolastico e i loro cognomi erano già diventati una persecuzione per lei; iniziava a credere che l’assunzione del nuovo docente di Difesa Contro le Arti Oscure avesse fornito agli studenti implicite autorizzazioni. L’anziana Preside si accomodò sfinita sulla sua poltrona, la mente e il fisico erano stanchi in egual misura, lo sguardo di quei ragazzi puntato su di lei e in attesa di un verdetto ebbe un certo peso su colei che conosceva molto bene gli ambienti familiari in cui erano cresciuti. Minerva sapeva di non poter chiudere un occhio e fare finta che loro a quell’ora si trovassero tranquilli nei loro dormitori insieme ai compagni, in quel modo avrebbe favorito una rivolta studentesca e lei non poteva proprio permetterselo; iniziò a credere di aver sottovalutato i sentimenti di quei giovani, avrebbe dovuto aspettarsi che una volta messo piede in quella Scuola si sarebbero distinti in qualche modo, forse involontariamente, ma era inutile negare fossero figli di quel passato e di genitori che non erano mai stati particolarmente quieti. Al suo cospetto c’era un giovanissimo Malfoy, all’apparenza tale e quale a suo padre, eppure nello sguardo giurava di leggere una sottomissione a lei sconosciuta; accanto a lui, a pochi centimetri, un Potter con i vestiti sgualciti e la folta chioma corvina disordinata attendeva rassegnato la sentenza della docente; la McGranitt iniziava a credere di dover affidare le sorti di quei due ragazzi al Direttore della loro Casa, Horace avrebbe preso una decisione molto meno drastica della sua, avrebbe giocato la carta del cognomi e almeno Albus ne sarebbe uscito senza conseguenze. Minerva però non operava come il suo collega, lei non possedeva nel suo ufficio un elenco medio-corto di studenti prediletti, quella donna decideva sulla base di ciò che aveva sotto gli occhi, indipendentemente dalle abilità accademiche dei suoi alunni o dei loro genitori. Aveva percepito già dal principio di quell’anno il disagio di Albus e Scorpius, aveva perciò lasciato che si avvicinassero, credeva che ciò potesse essere positivo, erano in fondo compagni, frequentavano gli stessi luoghi e un’amicizia tra loro avrebbe giovato al loro benessere e all’armonia dell’intera Scuola. Dalla parte opposta c’era l’ultima Grifondoro che si sarebbe aspettata di dover punire, non perché i suoi genitori fossero stati così rispettosi delle regole durante i loro anni scolastici, anzi tutto il contrario, ma quella ragazza aveva dimostrato di essere molto razionale e timorata delle regole. La Preside si fece forza con un nuovo sospiro, si trovava in difficoltà con ognuno di loro, non desiderava infierire, ma allo stesso tempo avrebbe dovuto prevenire ulteriori trasgressioni simili a quella. Si rivolse proprio all’unica ragazza di quel nuovo e inusuale trio, confidando nel fatto che non fosse altrettanto esplosivo come quello formato dai genitori di Albus e Rose, e che lei, come successe in passato, fosse la più ragionevole.
«Signorina Granger-Weasley, cos’hai da dire in tua difesa?»
«Nulla, signora Preside, sono colpevole tanto quanto i miei compagni»
Scorpius non riuscì a tacere davanti a quell’ammissione di colpa, non era in grado, dopo le confidenze che si erano scambiati, di non ammettere le sue uniche responsabilità. Purtroppo per la McGranitt quei tre ragazzi stavano dimostrando di essere tutt’altro che codardi; se quell’interrogatorio fosse proseguito tutta la notte, molto probabilmente si sarebbero assunti la colpa a turno, onorevole per certi punti di vista, ma non d’aiuto per lei, la cui testa stava scoppiando.
«È colpa mia, professoressa, l’idea è stata mia, non punisca anche Rose e Albus»
Il ragazzo non si prese il disturbo di accertarsi della reazione di lei, era quasi certo però che la giovane Grifondoro si fosse voltata incredula verso lui, ignorando la presenza del cugino, ancora piuttosto assonnato, tra loro. Quando finalmente Scorpius incrociò gli occhi azzurri di Rose, vi lesse anche tanta gratitudine e non solo per essersi addossato ogni responsabilità di quella bravata, anche per essersi sforzato di ascoltarla con mente aperta e sguardo libero da pregiudizi.
«Questa mi giunge nuova, un Malfoy che protegge una Granger-Weasley e un Potter, il mondo sta davvero cambiando e credo che dovremo accettare sia le conseguenze positive che quelle meno piacevoli. Considerato il luogo in cui vi ho trovati, deduco aveste in programma una partita a Quidditch non autorizzata. Ma, ripeto, posso solo dedurre, io non posso sapere quali fossero le vostre reali intenzioni, quindi non vi butterò fuori dalle vostre squadre esattamente come vi ci ho fatti entrare, però vi sospendo temporaneamente dagli allenamenti con la speranza che riusciate a capire l’importanza delle regole di questa Scuola fin dal primo anno. Ora voglio che torniate nei vostri rispettivi dormitori e che ci restiate fino alle prime lezioni di domattina»
Si voltarono verso l’uscita senza osare ribattere, tutti e tre erano pienamente consapevoli di essere stati graziati, o almeno così speravano; saltare qualche ora di allenamento non avrebbe compromesso per Albus e Scorpius la loro posizione nella squadra, mentre a Rose quella pausa forzata sarebbe servita per mettere ordine fra ciò che serbava nel cuore; venne spontaneo alla ragazza dare voce ai suoi pensieri proprio quando ebbero rimesso piede nel corridoio, lei tra i tre era senz’altro la più turbata, gli altri due, benché avessero qualche attrito in famiglia da gestire, necessitavano solo di affogare sul cuscino le ultime ore di quella giornata, che, per certi versi, era stata in linea con quella festa autunnale.
«Poco male, avrò il tempo per trovare il coraggio di rimontare su una scopa»
Scorpius comprese facilmente il significato delle parole di Rose, per Albus invece furono più criptiche, come se si fosse perso qualcosa, ma non escluse che la sua confusione potesse essere dovuta al sonno.
 
 
[1 novembre 2017 ore 10:02 a.m. – Ministero della Magia inglese – Redazione Gazzetta del Profeta]
 
Ginny Weasley in Potter aveva guadagnato un ufficio spazioso, dotato di ogni comfort, un angolo del Ministero in cui occuparsi del suo adorato Quidditch … seduta ad una scrivania, impegnata a raccontare le gesta in campo dei suoi colleghi. Era stato quello il destino dell’abile Cercatrice delle Holyhead Harpies che ella stessa aveva scelto, dando la priorità alla sua famiglia, a differenza del passo che suo marito non era mai riuscito a compiere, benché non fosse indifferente alla sofferenza dei suoi figli. Non era pratica di materia giornalistica, ma dopo aver sentito decine di radiocronache nell’arco della sua carriera, quel mondo non aveva più segreti per lei, né in campo né dietro gli spalti; era senza dubbio tra le più qualificate per riscoprire quel ruolo vacante, in suo soccorso erano giunti anni di esperienza. Non era riuscita particolarmente a riposare la notte appena passata, non era certa del motivo principale, forse le ansie accumulate per quel nuovo lavoro oppure il fatto di aver trascorso per l’ennesima volta quelle ore di riposo in solitudine; avrebbe tante volte voluto che ci fosse stata l’occasione di condividere con Harry le sue preoccupazioni, probabilmente quell’uomo l’avrebbe solo rimproverata di nuovo per aver essersi ritirata dalla squadra, non aveva dubbi di aver preso la strada giusta per il benessere della sua famiglia, ma lei era davvero mortificata per aver lasciato Angelina in difficoltà nella ricerca di una sostituta. Dopo tante discussioni con suo marito, iniziava a credere che Harry potesse aver ragione, aveva preso una decisione troppo affrettata, lasciando inevitabili strascichi dietro sé, l’unico pensiero che riuscita ad infonderle forza in quell’ufficio era quello dei suoi figli; forse non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui, ma le mancava la squadra, sentiva la mancanza di sfrecciare sulla sua scopa e del vento tra i capelli.
Quando quella mattina le vennero consegnate due lettere, una delle quali spedita direttamente dalla Grande Mela, si ricordò il vero motivo ed anche il più importante che l’aveva spinta a prendere quella decisione sofferta che Harry continuava a comprendere solo in parte. Sollevò la penna dalla stesura dei suoi articoli e decise di dedicare qualche minuto a quelle missive; iniziò dalle parole della sua migliore amica, di cui sentiva già la mancanza, anche se l’aveva vista qualche giorno prima in occasione del weekend. Sperava tanto che leggere quella lettera l’avrebbe fatta sentire più vicina a lei, anche a chilometri di distanza. Quando Hermione le aveva comunicato la partenza, si era sentita spaesata, stava lasciando Londra proprio in un periodo in cui il cambiamento faceva da padrone nella vita di Ginny con tutti gli effetti collaterali sul suo rapporto di coppia; la cognata era tra le sue poche certezze, anche solo un thè in sua compagnia nei pochi secondi di pausa avrebbe giovato al suo umore. L’ultimogenita di casa Weasley non era però priva di empatia, almeno non tanto quanto il fratello più giovane, ed era consapevole che quell’impiego Oltre Oceano era tutto tranne un viaggio di piacere. Hermione aveva sigillato la busta con il timbro del Macusa, l’aveva probabilmente spedita dal suo nuovo ufficio e in mancanza di altro aveva usato quello, ricordando alla cognata quanto fossero lontane, come se lei non ci pensasse già ogni santissimo giorno; era paradossale, proprio in quel periodo che avrebbero potuto vedersi di più all’interno del Ministero, lei veniva trasferita per mettere le sue competenze al servizio di un’altra istituzione. Estrasse il foglio bianco e prima di iniziare a leggerne il contenuto, gettò un’occhiata alla porta chiusa per essere certa di poter contare sulla privacy del suo ufficio.
 

 

Ciao, cognata preferita.

Come stai? Non dirmi che ti sta ancora stretto quell’ufficio, pagherei non so quanti galeoni per tornare nel mio ufficio londinese. Mi manca tutto di Londra.

Qui sempre il solito, stanno sfruttando la mia presenza nei modi più svariati, sia per l’esperienza che ho sui diritti delle creature magiche sia per le mie conoscenze sulla Legge Magica.

Non voglio però tediarti oltre, avrai la giornata piena di impegni, quindi arrivo subito al dunque. Da quando sono partita, faccio una certa fatica a comunicare con Ron, alle lettere non risponde nemmeno per sbaglio e il telefono di casa suona sempre a vuoto. Mi sai dire cosa sta combinando mio marito? So che l’ho visto pochi giorni fa, ma non mi dà la possibilità di chiedergli come stia e come stiano i nostri figli, soprattutto Rose, era l’unico canale per avere notizie di quella ragazza, visto che persiste nel suo silenzio; immagino che la mia partenza non abbia favorito il rapporto tra me e mia figlia, o almeno questo è ciò che mi ha riferito Ron quando ci siamo visti. Mi fido di lui, so che al Ministero sta svolgendo un lavoro encomiabile, mi piacerebbe solo sentire la sua voce durante la settimana o veder arrivare qualche sua lettera di risposta. Sono certa sia a casa quando chiamo e non sia impegnato in altro, sto bene attenta a rispettare il fuso orario. Ricordagli, se puoi, di preferire la posta babbana, qui non amano particolarmente i gufi (sono riuscita a dare uno strappo alla regola per oggi), gli ho già scritto l’indirizzo dell’appartamento in cui alloggio, spero non lo abbia perso.

Ginny, sento che si sta allontanando, non ci siamo lasciati benissimo l’altro giorno e da qui non so come comunicare in altro modo con lui.

Abito al numero 501 della Lexinghton Avenue, per qualsiasi cosa scrivi a questo indirizzo. Mi mancate tanto, per favore, ricordalo anche a Ron. Ti sarei grata se riuscissi a mediare per me. Aspetto tue notizie.

Sempre a te vicina,

Hermione

 
 

La donna rimase frastornata dalle notizie ricevute, dall’ultimo dialogo che le due avevano avuto di persona le era parso di avvertire tensione tra Hermione e Ron, ma non credeva certo fossero arrivati al punto di non rivolgersi più nemmeno la parola. Ginny non aveva alcun dubbio sul fatto che l’astio di Ron verso la moglie fosse esagerato e fuori luogo.
«Ho un fratello del tutto idiota»
Si dedicò subito dopo alla seconda lettera che le era sopraggiunta da Hogwarts, allontanando per qualche minuto dalla mente i problemi che si erano insinuati tra il fratello e la cognata; stavolta tra le sue mani passò una pergamena ingiallita incisa da un inchiostro scuro e spesso; Ginny passò l’indice su quelle righe asciutte, capì subito da dove fossero state spedite, prima ancora di iniziare la lettura; benché fossero entrati da tempo nel ventunesimo secolo, l’anziana docente non era mai stata pronta ad abbandonare le vecchie abitudini per lasciare spazio al progresso. La commozione per il passato lasciò presto il posto all’esasperazione, non appena ebbe iniziato a leggere le parole della McGranitt: era una convocazione, un’ennesima convocazione per il secondogenito. Appoggiandosi con i gomiti alla scrivania, si portò le mani sul volto; era disperata, non sapeva più come aiutare suo figlio ed era evidente quanto la conversazione di qualche settimana prima con il padre non avesse giovato all’umore di quel ragazzo. La Preside non aveva mancato di sottolineare in quella lettera che Albus non era in grado di rispettare le semplici regole della Scuola e si faceva trascinare con troppa facilità in scorribande notturne.
 - Provi ad indovinare da chi può aver preso –
Aveva inoltre raccomandato la sua ex studentessa di avvertire il fratello, perché, a quanto sembrava dalla breve ricostruzione dei fatti, anche la nipote era stata coinvolta. Ginny, non avendo molti dettagli, decise, in compagnia di quella pergamena e della lettera di Hermione, di cercare Ron ed Harry per il Ministero, avrebbe dovuto dare loro più di una notizia.
 
 
[Ministero della Magia londinese - Campo di allenamento]
 
«Harry, piano!»
Ron era stato trascinato dal cognato – che fino a quel momento credeva fosse anche il suo migliore amico – nel cortile adibito all’esercitazione degli Auror che lavoravano per il Ministero. Erano lì da più di un’ora, perché Harry sosteneva che la bacchetta dell’amico fosse arrugginita ed effettivamente era la verità, non eseguiva uno Schiantesimo ormai da svariati anni; non avrebbe quindi potuto, sempre secondo l’opinione del capo delle guardie, affrontare quella inflessibile Accademia senza prima un ripasso dei principali incantesimi di difesa e di attacco. A nulla valsero i tentativi di Ron di ricordargli quanto lavoro avesse da sbrigare in ufficio, i plichi sulla sua scrivania continuavano a lievitare ed Harry non gli stava dando un istante di tregua nemmeno per elaborare un piano di difesa dai suoi ripetuti attacchi. Il malcapitato ringraziò il cielo per i diversi ripari di cui era dotato il campo; si slacciò la giacca che era tutto tranne indicata per un duello e cercò di riprendere fiato, a furia di fuggire dagli attacchi di Harry aveva la fronte imperlata di sudore freddo, complice anche l’aria fresca di inizio novembre. Non aveva tempo di stare a lungo al gioco del cognato, avrebbe iniziato il corso a gennaio e, per come erano iniziate quelle lezioni di ripasso non richieste, Ron sarebbe arrivato nell’anno nuovo già sfinito. Si era sporto, sperando che Harry avesse finito di giocare e di divertirsi alle sue spalle, ma non appena Ron uscì allo scoperto, l’Auror tornò immediatamente alla carica.
«Bombarda»
Il cognato aveva indirizzato contro il povero Ron un incantesimo che avrebbe avuto su di lui conseguenze devastanti, se non fosse riuscito con un timido Protego a respingerlo e a difendersi appena in tempo.
«Ehi, sei impazzito? Mi piacerebbe tornare a casa vivo da mio figlio»
Harry si bloccò per un’istante a quella ingenua considerazione, lo aveva intenerito; aveva anch’egli il fiato corto, si stava impegnando per provocare nell’amico una contro offensiva.
«Ron, gli Auror non lavorano solo in ufficio, ma spesso e volentieri agiscono sul campo. Io sarei felice di lavorare con te, ma tu sai a cosa stai andando incontro frequentando quell’Accademia, vero?»
«Lo so, ne sono consapevole, ma non voglio che mi uccida prima tu e Hugo rimanga solo, visto che su Hermione non posso contare»
Ogni parola che uscita dalla bocca di Ron era percepita da Harry l’una più triste dell’altra. Hermione era davvero partita lasciando un vuoto immenso nel cuore dei suoi cari; il Ministero e lo scorrere delle loro giornate non erano gli stessi senza di lei. Harry per allontanare la tristezza che si era impossessata di entrambi, tornò ad attaccarlo con i più svariati incantesimi, premurandosi ovviamente di evitare i più letali.
«Harry, per la miseria! Non sono più così abile, sono fuori allenamento. Ho dimenticato la maggior parte dei tuoi insegnamenti»
Il cognato afferrò subito il riferimento al periodo in cui aveva infuso buona parte delle sue conoscenze agli amici, quando insieme avevano creato la loro organizzazione segreta, soprannominandola Esercito di Silente. Allo stato attuale esisteva un unico Albus ed era suo figlio; ogni volta che Harry pensava a quell’uomo non poteva evitare di lasciarsi prendere da una velata malinconia e provava la stessa identica sensazione quando pronunciava a voce alta il nome di quel ragazzo, in pratica si era condannato da solo per il resto della vita. Le ammissioni di Ron però lo spaventarono anche, l’amico non poteva essere sprovvisto delle basi di quegli incantesimi, lui ne avrebbe necessitato per difendersi e ciò avrebbe fatto la notevole differenza tra la vita e la morte. Se Ron pensava di colmare quelle grosse lacune durante quel corso, si sbagliava di grosso, quelle conoscenze venivano date per scontate e assodate, ciò che veniva impartito era ad un livello superiore di un semplice Schiantesimo; gli avrebbe chiesto di evocare un Patronus, se ne fosse stato ancora in grado, ma preferì continuare a testare le sue abilità nel duello diretto, alla fine avrebbe ceduto e tentato un qualsiasi attacco gli fosse venuto in mente.
«Depulso!»
Harry iniziò a pronunciare quelle formule con una certa impazienza e all’ennesimo tentativo riuscì persino a sfiorarlo.
«Harry! Racconti tu che fine mi hai fatto fare oggi?»
«Ron, devi reagire»
«Non voglio attaccarti, di grazia, perché dovrei!»
«Temo piuttosto tu non sappia attaccarmi»
Harry fece un ultimo tentativo provocandolo e colpendolo nell’orgoglio con il colpo più basso che gli avesse inferto quella mattina. Quando finalmente Ron era in procinto di riscoprire le sue doti di duellante, la voce della sorella fermò le sue intenzioni a mezz’aria.
«Tieni giù quella bacchetta da mio marito, Ron, e inizia a vergognarti per come ti comporti»
Era convinto che la causa del rimprovero di Ginny andasse attribuita a quel duello insensato e per una volta si scoprì totalmente d’accordo con la sorella.
«Guarda che è stato Harry a provocarmi, io sarei rimasto tranquillo nel mio ufficio, il lavoro non mi manca di certo»
«Ed Harry ti ha anche suggerito di essere cafone con tua moglie?»
Entrambi gli uomini puntarono lo sguardo su di lei, il più spaesato sembrava essere Harry, Ron era già arrivato alle sue conclusioni.
«Si è lamentata con te?»
«È preoccupata, razza di idiota»
«Le sue preoccupazioni svanirebbero se fosse a Londra e non avrebbe necessità di avere nostre notizie, vedrebbe con i suoi occhi come stiamo, quindi non è un problema mio, ha fatto le sue scelte, come di consueto senza consultarmi. Non mi meraviglia che sua figlia dalla Scozia non le voglia più parlare neanche via carteggio, se l’è voluta»
Ginny si stava avvicinando di qualche passo a lui forse per fargli tornare il buon senso a suon di vergate, ma Harry glielo impedì frapponendo dolcemente tra loro un braccio, suggerendole così di calmarsi; nonostante il saggio suggerimento del marito, non poté proprio esimersi dall’insultarlo.
«La mia migliore amica ha sposato un deficiente e mi dispiace che lo sconsiderato sia anche mio fratello»
«Peccato che ora lo stesso deficiente si sia messo sulle proprie spalle le sorti del Ministero e della famiglia. Hai ragione sono proprio un cretino, nessuno al mio posto lo avrebbe fatto. Dille che non me ne faccio nulla delle sue lettere, proprio un beato cavolo, se le può anche tenere e non le risponderò finché non avrà riacquistato quel senno che tanto amavo. Immagino abbia mancato di dirti che ho fatto l'impossibile pur di trattenerla a Londra, ho fatto un ultimo tentativo persino in aeroporto. Ginny, mi lasci esterrefatto, tu hai fatto scelte diverse, come puoi comprenderla?»
La donna indugiò a rispondergli, non sapeva farlo, ciò che però le era piuttosto chiaro era che il comportamento vendicativo di Ron avrebbe presto causato uno squarcio insanabile nel loro rapporto ed era certa che non era ciò che suo fratello desiderava.
«Ron, lei può avere le sue colpe, ma così facendo la perdi»
«Tranquilla, se vuole, conosce la strada di casa, peccato non voglia prenderla, giusto?»
«Siete solo due testoni»
«Sì, certo, torno al mio lavoro, tuo marito mi ha fatto perdere fin troppo tempo»
Ron ripose la bacchetta demoralizzato e sarcastico, ma Ginny gli sfiorò appena quell’insolita giacca elegante all’altezza del petto per invitarlo ad attendere prima di tornare in ufficio; a lei faceva un certo effetto vedere il fratello in quelle vesti e in quel ruolo, non avrebbe mai scommesso un singolo zellino di percepire un giorno in lui un’aria così distinta, i loro genitori dovevano essere senz’altro molto orgogliosi. Ginny gli allungò la lettera di Hermione con pacatezza, non aveva alcun senso inveirgli contro, almeno non in quel momento, se ne accorse tardi, le parole sofferte di sua moglie sarebbero state molto più efficaci di qualsiasi rimprovero.
«Leggila, non mi dà l'idea di una donna che voglia abbandonare la sua famiglia»
Attese una risposta dal fratello che non arrivò, era certa stesse riflettendo sul da farsi e nei suoi occhi chiari, così simili ai suoi, iniziò ad intravedere anche una punta di dispiacere oltre il rancore.
«Non puoi tornare al lavoro ora, anzi nessuno di noi può, dobbiamo raggiungere Hogwarts»
Stavolta Ginny passò risoluta la lettera della Preside al marito e lui non indugiò a leggerla sotto lo sguardo curioso di Ron; fu questione di una frazione di secondo, il tempo per Harry di arrivare fino al punto e l’Auror sbottò furioso, mandando al diavolo l’invidiabile calma che aveva mostrato negli ultimi minuti.
«Ginny, io stavolta metto Albus sottochiave, giuro che lo faccio!»
«Cos'è successo di così grave?»
Fu Ginny a fare chiarezza tra i dubbi del fratello, Harry non sembrava nelle condizioni di formulare un discorso di senso compiuto.
«Albus e Rose sono finiti nei guai e la Preside ci ha convocati nel suo ufficio»
«Adesso basta, la scusa che non sono presente non regge più e non lo giustifica per tutto ciò che combina»
Harry si avviò verso l’uscita che si affacciava sull’atrio del Ministero, ma Ginny non si preoccupò di fermarlo, conosceva la sua destinazione e sperò che all’arrivo fosse meno infuriato; la donna rimase piuttosto a scrutare lo sguardo demoralizzato e perso del fratello dopo le notizie ricevute, temeva quasi di essere stata troppo dura nei suoi confronti.
«Ron. A cosa stai pensando? Perché fissi il vuoto?»
«Rose sta accusando l'assenza di Hermione e da solo non riesco a farla stare meglio»
 
 
[Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Torre di Grifondoro – Ingresso Sala Comune di Grifondoro]
 
Ron raggiunse Hogwarts insieme al cognato e alla sorella, non aveva altra scelta, la Preside stessa aveva richiesto un colloquio con i genitori di quei ragazzi. Peccato Rose potesse fare affidamento solo sulla presenza del padre, il quale però non era indistruttibile davanti alle numerose responsabilità. Avvertire Hermione sarebbe stato inutile e controproducente, avrebbe inventato la sua solita impossibilità ad essere presente e lui non aveva alcuna voglia di prendere altro nervoso per colpa della moglie.
Prima di incontrare la McGranitt però necessitava di vedere sua figlia; non voleva sgridarla, in fondo non sapeva ancora con precisione cosa fosse successo, sospettava infatti di essere lui ad avere bisogno di lei. L’aveva cercata in ogni luogo in cui credeva possibile la ragazza potesse trovarsi, comprese biblioteca e Sala Grande. Ron intuì non fosse una buona idea girovagare per il Castello, era consapevole che nelle ultime settimane la notizia della sua temporanea delega a Ministro fosse rimbalzata sulla Gazzetta del Profeta e quindi anche tra quelle mura; se solo quei professori e quegli studenti, specie i più grandi, fossero stati a conoscenza dell’insofferenza che provava in quelle vesti, non si sarebbero rivolti a lui con tale formalità al suo passaggio; dell’uomo che amava la notorietà in quell’occasione era rimasto ben poco, non aveva l’umore giusto per pensarci. La Torre di Grifondoro fu l’ultimo posto a venirgli in mente ed anche l’unico a non avere ancora controllato; si era diretto proprio lì, alzando il passo e percorrendo lo stesso tragitto che aveva seguito lungo i sei anni di permanenza nel Castello; aveva una gran voglia di rivederla, forse andare in suo soccorso, poteva solo presupporre avesse scoperto della partenza della madre da fonti terze, lui certo non aveva trovato il coraggio di informarla. A Ron bastò superare le scale magiche per iniziare a sentire delicati singhiozzi provenire dall’ala più interna del settimo piano. Il fiato dell’uomo era diventato corto nel tentativo di trovare più velocemente la figlia, perciò non ebbe altra scelta che coprire più lentamente gli ultimi metri che gli restavano per raggiungerla, ammesso che il pianto soffocato davvero provenisse da lei. Quando si trovò abbastanza vicino al quadro della Signora Grassa, intravide una figura accovacciata ai piedi dell’ingresso della Sala Comune dei Grifondoro, appoggiata con la schiena contro la parete e il viso - nascosto dai lunghi capelli – immerso tra le ginocchia, strette forte dalle braccia contro il petto. Ron si accovacciò a sua volta davanti a lei e le porse una carezza sulla testa, sperando di infonderle conforto, contava sul fatto che lo riconoscesse al tatto e non si spaventasse. Rose alzò istantaneamente lo sguardo sul padre, ma la sua presenza, piuttosto che cessare quel pianto, la commosse ancora di più.
«Papà, che bello che tu sia qui»
La ragazza non si interrogò sul motivo della sua presenza, gli gettò le braccia al collo con una certa veemenza, rischiando di fargli perdere l’equilibrio da quella posizione precaria; Rose non si era nemmeno accorta di averlo travolto e lui, riuscendo a non cadere per un soffio, le accarezzò la schiena cercando di tranquillizzarla.
«Non piangere, Rose, ci sono io, non sei sola»
Si sfogava sulla spalla del padre, ignorando del tutto che potesse essere arrabbiato con lei per la trasgressione della sera precedente e per la punizione. Vedere la figlia in quelle condizioni non faceva altro che aumentare la rabbia nei confronti della moglie. Rose era cresciuta negli ultimi anni e faceva una certa fatica a sostenere il suo peso troppo a lungo in quella posizione, così la invitò con dolcezza a sollevarsi; non appena gli occhi arrossati della ragazza incrociarono quelli di Ron, quest’ultimo si premurò di scostarle qualche ciocca di capelli dalle guance umide. Furono quelle carezze a rinsavirla e a consentirle di ricordare il motivo reale della presenza del padre.
«M-mi dispiace, papà, non volevo disturbarti, sarai stato impegnato. Non sono stata espulsa, ho solo ricevuto una piccola punizione ... tanto non me la sento di giocare in questo periodo»
Non aveva alcun dubbio sul fatto che sua figlia non fosse stata cacciata da quella Scuola, la conosceva abbastanza bene da credere che non avesse fatto nulla di così irreparabile; lo lasciarono perplesso però le sue parole, era palesemente demoralizzata e demotivata.
«Intendi giocare a Quidditch? Eri così contenta quando sei entrata nella squadra. Tesoro, cos'è cambiato? È per la partenza della mamma? Ultimamente sono il primo a non aver voglia di parlarle, ma …»
Si rese conto tardi di aver parlato troppo davanti alla figlia, si morse la lingua, ma ormai il danno era stato fatto.
«Nemmeno tu le parli?»
«Raramente … ma solo perché a New York ha tanto lavoro da sbrigare, sai, in America tutto scorre più veloce»
Tentò di rimediare al suo errore come meglio poté, ma non era facile imbrogliarla, non lo era mai stato fin dalla più tenera età, aveva ereditato la perspicacia di Hermione.
«Papà, non sono più una bambina. Non potete o non volete sentirvi? C’è una grande differenza»
Ron si passò le dita tra i capelli a disagio, riflettendo sulle parole che fossero più convenienti come risposta; paradossalmente avrebbe gradito un suggerimento dalla stessa donna che lo aveva messo in difficoltà, lei sarebbe stata molto più abile in simili circostanze, lui era troppo schietto e avrebbe rischiato di ferire la figlia con un’amara verità.
«Eh va bene, Rose, tanto poi lo scopri ugualmente. Sono io a non rispondere, ma posso garantirti che lei chiede spesso di te e di Hugo. Le piacerebbe poterti scrivere, ma a New York la posta via gufo è poco apprezzata. Se ti andasse di scriverle, posso spedire io la lettera, mi ha lasciato il suo indirizzo»
Lo aveva ascoltato con attenzione, eppure le sfuggiva il motivo per il quale lui per primo non desiderasse scriverle.
«Papà, sei arrabbiato molto con la mamma, vero?»
«Abbastanza … anzi, nella lettera, se gliela dovessi scrivere, puoi anche dirle che tuo fratello sta bene e manca tanto a lui? Mi faresti un grande favore»
«Siamo arrivati a questo punto? Devo farti da messaggera?»
Ron si alzò, quella conversazione stava prendendo una piega che non gli piaceva per niente. Aveva però riflettuto sulle parole della sorella, vedere sua figlia gli aveva aperto gli occhi e si era reso conto di sbagliare nei confronti di Rose, era giusto che favorisse un riavvicinamento tra lei e la madre.
«Papà, chiamala»
Anche lei aveva abbandonato la sua posizione accovacciata intenzionata a convincerlo.
«Rose … smettila subito, non sono affari tuoi e non lo diventeranno perché siamo i tuoi genitori. Il rapporto che abbiamo con te ed Hugo è su tutt’altro livello rispetto a quello che abbiamo tra noi, quindi non intrometterti. Non accetto consigli da mia figlia su come io debba gestire la relazione con sua madre. È abbastanza chiaro così?»
«Proprio perché siete i miei genitori, sono anche affari miei. Papà, ma chi vuoi prendere in giro, tu sei poco più di scarso con le donne, hai bisogno di aiuto ed io te lo sto offrendo»
Ron reagì nell’unico modo possibile davanti a quelle insistenze, iniziò ad avviarsi verso l’ufficio della Preside cercando di ignorarla, ma era impossibile se lei continuava a frapporsi sul suo cammino; si stava sforzando di mantenere fin troppa calma, in altre circostanze forse le avrebbe urlato contro, ma non gli parve il caso dopo aver assistito alla disperazione di quella ragazza.
«Rose, ora basta, stai esagerando, stai superando un limite che non è di tua competenza, se sono abile oppure no a rapportarmi con mia moglie non ti deve interessare»
«Dammi una spiegazione, allora. Avete smesso di parlavi da un giorno all’altro senza un valido motivo? Io non credo, deve essere successo qualcosa, forse la partenza della mamma e tu sai qualcosa che io non so. Papà, non voglio che tu e la mamma vi lasciate, è già abbastanza difficile così, lei lontana e tu sempre impegnato al lavoro. Ho il diritto di sapere perché sei così infuriato con lei tanto da toglierle la parola, non tenermi all’oscuro, ti prego»
«Nemmeno tu mi hai detto perché non ti va più di giocare a Quidditch, quindi siamo pari. Ora, se vuoi scusarmi, avrei grazie a te un appuntamento poco piacevole con la McGranitt»
L’aveva lasciata sola nel mezzo del corridoio senza una risposta. Era arrabbiata lei per prima con la madre, lo era da diverso tempo, ma non riusciva ad accettare che i suoi genitori discutessero, qualunque fosse il motivo e di chiunque fosse la colpa.
 
 
[Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Ufficio del professore di Erbologia]
 
Ginny aveva previsto male, Harry non si era affatto tranquillizzato giungendo ad Hogwarts, anzi il tragitto – anche se breve con la Materializzazione – lo aveva reso ancora più irrequieto. Necessitava di confrontarsi con qualcuno che conoscesse Albus fin dalla più tenera età; parlarne con sua moglie, ritagliandosi qualche secondo dalla frenetica routine, avrebbe significato cadere nei soliti discorsi, di cui portavano gli strascichi ormai da settimane, non era decisamente la candidata perfetta per riscoprire un po’ di serenità e provare ad infonderla al figlio. Aveva perciò deciso di bussare alla porta di un caro amico, che, in quanto padrino di Albus e ora suo docente, avrebbe potuto aiutarlo a comprendere i tormenti di quel ragazzo. Quando il professore concesse ad Harry il permesso di entrare, senza nemmeno domandare chi fosse, lo trovò seduto sulla scrivania, intento nella lettura di qualche foglio, che l’ospite non riusciva a decifrare, mentre gustava biscotti al cioccolato. Neville accolse l’amico con un grande sorriso, sorpreso e felice di vederlo, non ricordava di avere in programma qualche appuntamento con lui.
«Harry, ciao. Ti va un biscotto? Li ha preparati Hannah, sono buoni»
Neville gli allungò con entusiasmo un sacchetto pieno di quei dolci; involontariamente quel gesto aveva favorito un ricordo ancora vivido nella mente di Harry che riguarda proprio la donna con cui avrebbe a breve dovuto trattare della situazione del figlio.
«Adesso Hannah ti cucina biscotti? Va un po’ meglio tra voi?»
Le guance del docente si imporporarono, non era sua intenzione incentivare quella conversazione, la sua offerta era stata semplice cortesia.
«Non saprei, ultimamente sembriamo più amici che sposati, ma almeno mi rivolge la parola e questa credo sia una grande conquista per noi. Seamus le ha detto che riavvicinarsi a me avrebbe potuto giovare alla sua salute, credo abbia preso alla lettera i consigli del suo medimago di fiducia. Poco male, mi piacciono queste prescrizioni mediche, almeno guadagno le sue prelibatezze. Dai, fammi compagnia, prendi un paio di biscotti»
Harry aveva lo stomaco chiuso a causa della tensione, ma non voleva offenderlo rifiutando la sua offerta, Neville gli stava rivolgendo un sorriso imbarazzato, così alla fine si arrese e afferrò un biscotto a caso.
«Tu perché sei qui? Non penso per parlare di Hannah, anche perché non avrei molto altro da dirti»
Rifletté un istante sulla domanda dell’amico, non sapeva da dove iniziare; si era reso conto in quel momento che quell’incursione nel suo ufficio avrebbe potuto disturbarlo, Harry non sapeva di cosa lui si stesse occupando prima che lo interrompesse e nemmeno si era premurato di chiederglielo prima di entrare.
«Ti ho disturbato, stavi lavorando»
Neville posò rapidamente sul ripiano della cattedra quei fogli, si passò subito dopo una mano sul petto e sui pantaloni per eliminare le briciole di cioccolato, di cui era sicuro essersi riempito con distrazione, e si diede infine una scrollata alle mani pronto per prestare ad Harry la massima attenzione.
«Le esercitazioni dei miei studenti possono aspettare. Sono in pausa, ho appena terminato una lezione, quindi sono a tua completa disposizione»
«Dovrei parlarti di Albus»
«Allora ti serve un colloquio formale? Vuoi sapere il suo rendimento scolastico?»
Non gli sarebbe dispiaciuto saperlo, ma era consapevole di dover prendere un appuntamento per quello e non approfittare del legame che aveva con il docente di suo figlio; Harry trovava raramente il tempo per spedire un gufo e domandargli come se la stesse cavando con le discipline, si rese conto in quel periodo che la frenetica routine di lavoro non gli desse nemmeno modo di soffermarsi a pensare ai suoi figli; non aveva avuto nemmeno occasione di chiedere a Ginny qualche informazione a riguardo, ultimamente con lei scambiava solo frasi di circostanza, non aveva la più pallida idea se sua moglie ne sapesse di più.
«No, Neville … Lui ti parla? Ti dice come sta? Perché io non so più come stia mio figlio, continuo solo a ricevere convocazioni da parte della McGranitt e credo che andremo avanti così almeno fino alla fine dell’anno, finché non capisco cosa lo faccia stare così male e come poter rimediare. Mi sembrava di aver aiutato i ragazzi con la presenza di Teddy, invece ho risolto poco»
Neville lo vide sospirare sofferente, Harry aveva ragione, quello era molto più di un colloquio tra genitore e docente, era una confidenza, cercava la spalla di un amico su cui sfogare le sue frustrazioni. Il professore di Erbologia allontanò dalla scrivania – da cui non si alzò – la sedia per invitarlo ad accomodarsi. Harry indugiò pochi secondi prima di dargli retta, anzi gli aveva dato l’occasione di un appoggio, l’agitazione che provava gli faceva tremare le gambe.
«Neville, sono un disastro e Albus lo sa»
«Harry, non credo di essere la persona più indicata per dispensare consigli a riguardo, ma ho la sensazione che tuo figlio ti stimi e non avrebbe alcun motivo per non farlo»
I motivi invece c’erano eccome, aveva la percezione di aver perso di vista le sue priorità; proprio Harry che non aveva potuto godere di una famiglia, sentiva solo in quel momento di trascurare quella che insieme a Ginny aveva costruito e che amava così tanto. Non riusciva a capire come fosse riuscito ad arrivare a quel punto, non era in grado di mettere a fuoco il percorso che negli anni scorsi aveva fatto, nella sua mente era tutto sfocato. Dove aveva sbagliato?
«Neville, non mi stimerei nemmeno io. Sto facendo mancare a mio figlio tutto ciò che ho sempre desiderato. Non ho mai potuto, per ovvie ragioni, instaurare un rapporto con mio padre ed Albus ha un padre stupido, con il quale comunque non riesce ad instaurare un rapporto normale»
«Harry, adesso basta piangersi addosso, Albus ha un padre ed è ciò che conta di più, io e te sappiamo molto bene quanto possa mancare la presenza di una figura paterna. Non sei assente, quel ragazzo ha portato con sé ad Hogwarts insieme ai bagagli anche tutti i tuoi valori. Ti somiglia, Harry, ti somiglia davvero tanto, sei l’unico a non vederlo. Se tu non fossi stato al suo fianco, Albus sarebbe totalmente diverso. Stai solo accusando i colpi del passato, ti capisco, se avessi avuto figli probabilmente mi sarei posto i tuoi stessi problemi, senza un esempio non è semplice. Harry, continua a seguire il tuo cuore, non ti farà sbagliare»
Gli aveva posato una mano sulla spalla per infondergli coraggio; Harry era stato talmente concentrato su di sè da non capire che Neville aveva vissuto un passato simile al suo, lui meglio di chiunque altro avrebbe potuto comprendere ciò che provava; il professore era in grado, più facilmente di altri, di restituirgli un’immagine veritiera, come se gli avesse dato modo di vedere il suo riflesso che, a detta dell’amico, aveva infuso sul figlio.
 
 
[Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts – Cancello d’ingresso]
 
Draco Malfoy era bloccato al confine con i territori di Hogwarts, non era sicuro di voler entrare di nuovo in quel Castello. Cosa gli avrebbe detto stavolta la Preside? Scorpius era diventato ufficialmente amico di quel Potter e la McGranitt voleva comunicarglielo con gioia? Non lo poteva accettare, non lo avrebbe mai accettato, come d’altronde era sempre stato contrario all’idea di favorire l’amicizia tra Purosangue e Mezzosangue, ma ovviamente a nessuno importava della sua opinione. La pressione della mano della moglie sulla sua lo fece riemergere dai pensieri e in parte lo rasserenò, gli diede la percezione che le sue certezze e il suo orgoglio non sarebbero crollati tutti insieme quella mattina.
 


 
Ciao ragazzi!
 
Ho avuto l’impressione di aver trascurato un po’ i ragazzi ad Hogwarts nei capitoli precedenti, spero di aver recuperato in questa occasione, non perdendo di vista la trama generale della storia 😊
 
Spero di cuore che stiate tutti bene (di salute e d’umore). Vi ringrazio sempre tanto per continuare a leggere questa storia. So che non sarà facile, ma vi auguro comunque di trascorrere una Pasqua serena, almeno il più serena possibile <3
 
Alla prossima!
Un abbraccio grande
-Vale
   
 
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