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Autore: _Joanna_    09/04/2020    1 recensioni
1943.
Il mondo magico e quello Babbano sono sconvolti dalla guerra, il primo travolto dalla follia di Grindelwald, il secondo dalla crudeltà del Terzo Reich e alleati.
Nel frattempo, il giovane Tom Riddle sta per iniziare il suo sesto anno a Hogwarts, e il suo cammino e quello di una giovane Maganò potrebbero presto incrociarsi.
Uno squarcio su alcuni degli episodi più significativi della saga, tra guerre, timori e duelli epici.
Genere: Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Armando Dippet, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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1.1


Prologo








Era un luminoso e freddo pomeriggio di aprile. Il vento soffiava a raffiche violente, mentre Charlotte percorreva l'ultimo tratto di strada deserta. Svoltò l'angolo, appena in tempo per notare un ometto tarchiato sgattaiolare veloce dentro una bassa abitazione dall'aspetto fatiscente: non era insolito, dopo l'ultima incursione aerea tedesca, le persone tendevano a lasciare la relativa sicurezza delle loro case il meno possibile.

Svoltò di nuovo a destra, poi a sinistra, imboccando infine lo stretto vicolo che conduceva alla sua casa. Lì il vento si insinuava fischiando, gelido e sferzante; si strinse nel cappotto e accelerò il passo.
Salì rapida i pochi gradini e, giunta davanti alla porta, cominciò a ravanare dentro la borsa, alla ricerca delle chiavi.
«Ma dove diamine si saranno cacciate» mormorò sbuffando, continuando a rovistare frenetica tra le molte tasche interne. D'un tratto, udì la serratura scattare, quindi la porta  venne aperta e sulla soglia fece capolino la minuta figura di Browny, l'elfo domestico, che era al servizio della sua famiglia da oltre quarant'anni.
«Ehm» si schiarì la voce Charlotte «Grazie, Browny».
Per tutta risposta, l'elfo si limito a scuotere la piccola testa grinzosa, borbottando qualcosa a metà tra il rassegnato e il disgustato.
Decise di ignorarlo e varcò rapidamente l'ingresso; subito dopo, Browny schioccò le dita e la porta si chiuse alle sue spalle, quindi, trascinando rumorosamente i piedi sul pavimento, si allontanò in direzione della cucina.
In quel momento, suo fratello Albert stava scendendo le scale. Indossava un completo blu scuro, molto elegante, notò Charlotte, anche se non ricordava che i suoi genitori avessero in programma di ricevere ospiti quel giorno.
«Sei tornata prima» osservò Albert, raggiungendola.
«Infatti» ribatté lei, in tono piatto.
Suo fratello non diede segno di voler approfondire la questione; si avvicinò invece al grande specchio posto sulla parete destra dell'ingresso, accanto agli appendi abiti.
«Che te ne pare?» le chiese, ammirando il suo riflesso.
«Stai molto bene» rispose Charlotte, neutra ma cordiale.
«Già» concordò lui.
Charlotte si  tolse e il cappotto, quindi, cercando di simulare un tono disinvolto, domandò «Si tratta di un'occasione importante?»
Albert ammiccò al suo riflesso «Lo spero» dichiarò e, senza aggiungere altro, si diresse verso il salotto.
Charlotte scosse la testa e, appeso il soprabito, seguì il fratello.
«Nulla di che, Madre» lo sentì intanto dire, mentre dava le spalle alla grande finestra che si affacciava sull'ampio giardino sul retro. A differenza degli altri della zona, il loro cortile era verde e rigoglioso; la primavera sembrava essere esplosa solo in quel pezzo di terra. Il resto del quartiere, infatti, era grigio e spoglio, tetro quanto quei tempi incerti e pericolosi.
Charlotte avanzò, senza riuscire a reprimere un moto di pacata incredulità. Nonostante vi fosse ovviamente abituata, dopo aver passato la mattinata tra lo squallore delle vita londinese, piegata dalla guerra, la sua casa sembrava semplicemente irreale, fuori dal tempo.
Il salone, poi, era forse la stanza più bella dell'abitazione. Spazioso e ben arredato, si affacciava appunto sul cortile di dietro. Le due alte finestre fornivano una generosa illuminazione, mentre il grande camino di marmo giallo Siena, situato nel mezzo, fungeva efficientemente da fonte di calore.
I due divani di pelle scura, in perfetto contrasto con il marmo, erano disposti a L vicino alla parete di sinistra, mentre due poltrone, anch'esse di pelle scura, erano posizionate di fronte al camino, insieme a un bel tappeto spesso e finemente intessuto in complicati ricami neri e gialli, che richiamavano l'appartenenza secolare della famiglia alla Casa Tassorosso.
Due grandi piante da interno facevano la guardia ai lati della porta, mentre il lato destro della sala era occupato da un grande tavolo di lucido legno nero e da una voluminosa libreria, appoggiata contro il muro; infine, le pareti erano tappezzate da molti quadri ricercati.
I suoi genitori erano accomodati sulle poltrone e si stavano godendo il dolce tepore del fuoco.
In quell'istante, sua madre si voltò verso di lei.
«Sei tornata presto, cara» osservò; Charlotte si limitò ad annuire.
Avrebbe potuto raccontare che al lavoro avevano avuto un problema con l'ultima fornitura di carta carbone; ormai il commercio era al collasso e le poche fabbriche ancora in funzione erano state completamente riconvertite alla produzione bellica. Gli operai specializzati erano sottoposti a turni massacranti per soddisfare le richieste del Governo, mentre la bassa manovalanza era stata mandata a rinfoltire le fila dell'esercito, o a lavorare nei campi, affinché le derrate alimentari potessero rimanere garantite a militari e popolazione civile.
Non era rimasto spazio per altro e da troppo tempo Charlotte si sentiva stupida a recarsi ogni giorno al lavoro, nell'enorme British Library, a catalogare e riordinare i pesanti volumi che nessuno, ormai, aveva più voglia di consultare.
Ma, appunto, non fece parola di questo ai suoi genitori; saperlo, non avrebbe fatto altro che infastidirli, e avrebbe riaperto la vecchia ferita mai del tutto rimarginata, la vergogna che loro, con grande fatica, avevano sempre tentato di ignorare, dimenticare: Charlotte era una Maganò.

   Quando, da bambina, Charlotte non aveva dato segni di alcuna abilità magica, i suoi genitori non si erano particolarmente preoccupati. Dopotutto, zia Beatrice, la sorella di suo padre, non era stata capace di far saltare un tappo fino alla veneranda età di undici anni, due mesi e sei giorni, una data memorabile, visto che appena una settimana dopo si era ritrovata a bordo dell'Espresso per Hogwarts.
«C'è ancora tempo» ripeteva sempre suo padre, gioviale, ogni volta che qualcuno sollevava l'argomento.
Ma i giorni passavano e, per quanto gli sforzi di far manifestare i suoi poteri si facessero via via sempre più intensi, i risultati non arrivavano.
Alla fine, ad arrivare era stato il suo primo giorno di scuola. Quel primo settembre Charlotte aveva salutato mestamente suo fratello Albert alla stazione, quindi, avvilita, era tornata a casa insieme a sua madre e a sua sorella Elizabeth, più piccola di sei anni (per l'immensa gioia dei suoi genitori, Lizzy aveva iniziato a manifestare i suoi poteri l'anno seguente).
Comunque, la delusione nei profondi e gentili occhi di sua madre era stata palpabile, per quanto lei si fosse sforzata di non darlo a vedere; quanto a suo padre, si era rinchiuso nel suo studio, per riemergerne due giorni dopo, con il volto tirato e stanco e una pergamena stretta tra le dita, annunciando che aveva appena iscritto Charlotte a un prestigioso collegio olandese. Un ottimo istituto, davvero, ma pur sempre una scuola inequivocabilmente Babbana.
In capo a una settimana erano stati fatti tutti preparativi, quindi era stata messa su una nave e scortata all'Erasmiaans Gymnasium di Rotterdam .
Il primo anno era stato terribile; Charlotte non era riuscita a fare amicizia con nessuno. Quel mondo, così diverso a quello cui era stata abituata, le era parso subito estraneo, ostile.
Ma l'anno seguente era stato migliore e alla fine era riuscita a inserirsi completamente, scoprendosi desiderosa di appartenere alla società Babbana, dove non solo poteva sentirsi accettata, ma nella quale poteva anche emergere.
Si era appassionata alle lingue antiche e, una volta diplomatasi, aveva proseguito i suoi studi acquisendo una certa competenza nelle lingue germaniche e norrene, motivo per il quale era stata presto assunta presso la prestigiosa British Library di Londra. Purtroppo, proprio in quegli anni, era scoppiata la più sanguinosa guerra che il mondo avesse mai visto, e l'Europa intera ne era stata colpita duramente.
Il banale intoppo di quel giorno non sarebbe stato l'unico, lo sapeva, e ben presto il Direttore della Biblioteca si sarebbe dovuto arrendere all'evidenza: la cultura, i libri vecchi e polverosi, il millenario sapere racchiuso tra quelle mura non poteva avere la precedenza sulle centinaia di morti che ogni giorno andavano ad aggiungersi alla già tragicamente lunga lista di caduti durante quel conflitto assurdo.
Charlotte avrebbe perso il lavoro, e con esso l'unico strumento che aveva trovato per rendere, se non fieri, almeno non completamente delusi, i suoi genitori.
E se il mondo Babbano non aveva più nulla da offrirle, di certo non avrebbe trovato posto in quello magico, dove un'altra guerra, altrettanto folle e crudele, ne stava minando e forse cambiando per sempre le fondamenta.
Se le due anime dell'Inghilterra fossero state sconfitte, per Babbani e Maghinò sarebbe stata la fine.

   «Madre!» gridò Lizzy, irrompendo nella sala, strappando Charlotte da quei pensieri foschi e preoccupanti. «Madre» ripeté «Non trovo la mia bilancia!» continuò agitata.
Sua sorella Elizabeth, che frequentava il quinto anno a Hogwarts, era tornata a casa una settimana prima per trascorrere le vacanze pasquali in famiglia; tuttavia, benché mancassero ancora cinque giorni alla ripresa delle lezioni, aveva deciso di tornare a scuola l'indomani mattina. Non poteva biasimarla: la Londra Babbana non era un luogo  particolarmente eccitante per una strega adolescente; se poi si sommava il fatto che un grappolo di bombe potesse pioverti addosso in qualunque momento, non c'era da stupirsi che Lizzy avesse deciso di anticipare la sua partenza.
«Ho detto a Browny di pulirla per bene, cara» stava intanto dicendo sua madre «Era tutta annerita dal fumo» aggiunse, davanti allo sguardo confuso di Elizabeth «Probabilmente ha dimenticato di riportartela» continuò, prima di chiamare, con voce ferma e decisa, il nome dell'elfo. Browny si materializzò all'istante davanti al camino «La padrona ha chiamato Browny» gracchiò in tono ossequioso, chinando il capo grinzoso e, così facendo, le lunghe orecchie flosce traballarono vistosamente.
«Hai pulito la bilancia di Elizabeth, come ti avevo ordinato?» chiese sua madre.
«Sì, padrona» assicurò lui.
«E cosa aspetti a riportarmela?» esclamò Lizzy, irritata.
Suo padre, che fino a quel momento non aveva mostrato segni di interesse per la vicenda, si voltò, squadrando la figlia minore.
«Che cosa significa questo tono, Elizabeth?» la rimproverò, serio.
«Ma-» tentò di protestare lei, allungando il braccio a indicare il vecchio elfo, come a voler dire che era lui ad aver sbagliato e a meritare il richiamo.
«Non ti permetto di avere questo atteggiamento» la zittì suo padre, in tono definitivo.
Lizzy tacque, ma i suoi occhi continuarono a mandare lampi.
Nello sguardo dell'elfo il disagio era evidente «Browny ha dimenticato di riportarla nella stanza della padroncina» ammise infatti «Browny è molto dispiaciuto» si scusò.
«Non importa, Browny» lo rassicurò sua madre, con un sorriso.
L’elfo chinò la testa, grato, poi, con uno schiocco sonoro, si Smaterializzò, verosimilmente per ottemperare all'incarico lasciato incompiuto.
Albert, che fino a quel momento si era limitato a osservare la scena con scarso interesse, intervenne «Si sta facendo tardi, devo andare».
Charlotte, che non aveva la minima idea di quale fosse l'evento a cui il fratello rischiava di tardare, studiò attentamente i volti compiaciuti dei genitori.
Doveva trattarsi di qualcosa di importante, forse una possibile promozione al Ministero, dove Albert lavorava ormai da cinque anni, anche se lei non sapeva di preciso con quale funzione.
Ma nessuno aggiunse altro e suo fratello, con un ultimo saluto generale, gettò un po' di polvere nel camino, vi saltò dentro e scomparve, inghiottito dalle fiamme smeraldine; un istante più tardi, il fuoco rossastro tornò a scoppiettare vivace.
«Ho alcuni documenti da consultare» annunciò suo padre, poco dopo.

Charlotte, che era rimasta a fissare il punto in cui suo fratello si era volatilizzato, si riscosse.
Elizabeth aveva già lasciato la stanza, probabilmente per continuare a fare i bagagli.
Charlotte decise di ritirarsi in camera sua; era stata una giornata pesante e l'unica cosa che desiderava era gettarsi anche lei tra le fiamme verdi e sparire.
Si sarebbe dovuta accontentare di un bagno caldo.




  
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