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Autore: Mercurionos    13/04/2020    2 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 13 – La Solitudine dei Guerrieri Invincibili, Parte 3 – Anno 1, 3/17 Brumaio

Per quale motivo sarebbe stato un “disastro” come saiyan? Per… quello? Per quel motivo lui sarebbe un fallimento totale? Non solo erano sopravvissuti in pochi, ma lui avrebbe avuto il coraggio di sprecare la sua esistenza con insulse fantasticherie? Forse si era salvato al posto di qualche altro forte e fiero guerriero saiyan, forse migliore di lui. Nonostante la giornata si fosse conclusa tra risate e scherzi, Radish, solitamente il primo a ridere e a sdrammatizzare, non rideva. Ansimò, sorrise un paio di volte. Ma il suo cervello era troppo impegnato, preso a decifrare quelle parole pronunciate da Vegeta.

“Ma… è davvero così palese…?”
Radish si stava godendo il panorama dalla terrazza della torre dei dormitori. Benché fosse molto bella e curata, anche se a nessuno fosse chiaro da chi, raramente gli studenti vi si recavano. Le piastrelle bianche e lucenti, le numerose panchine e qualche albero la rendevano un luogo abbastanza accogliente, sebbene nessuno volesse mai approfittarne. Forse perché la maggior parte degli studenti era in grado di volare, forse perché a nessuno interessava qualcosa di simile, provare un’esperienza un minimo piacevole.

“Forse sbaglio io.” Continuava a pensare Radish. Quelle poche volte che aveva visto insieme sua madre e suo padre li ricordava sorridenti, come felici. Ma ricordava anche che, per un motivo a lui non molto chiaro, considerava quel comportamento come sbagliato. Per dei saiyan, perlomeno.
“Ma perché? Perché è sbagliato?”

Radish non riusciva proprio a comprendere come mai i saiyan non dovessero intraprendere relazioni di “quel” tipo. Li limita sul campo di battaglia? Potrebbe essere: è più necessario focalizzarsi sul proprio obiettivo, sull’uccidere ogni nemico. Non era stata la prima volta che Vegeta lo spronava ad arrabbiarsi, a far scatenare la propria ira. In preda alla furia i saiyan diventano ancora più temibili quando combattono. E poi, al culmine del loro istinto battagliero, possono trasformarsi in scimmioni. Giganteschi e fortissimi, l’incarnazione della furia del guerriero saiyan perfetto. Radish si piegò in avanti, appoggiando il mento sulle braccia giunte sopra la ringhiera della terrazza.

“Non mi sembra che QUELLA sia la forma definitiva dei saiyan. Il super saiyan me lo immaginavo diverso. Più… figo.”

I saiyan non avevano bisogno dell’amore, né della compagnia di nessuno. Perché allora a Radish pareva che desiderasse proprio quello? Perché era felice quando poteva stare con Pump? Perché ricorda sempre con un sorriso gli anni passati con lei, giorni monotoni, caratterizzati soltanto da agricoltura e combattimento? Non aveva mai ricevuto troppe attenzioni da lei, ciò nonostante quello pieno di preoccupazioni per l’altra era sempre stato lui. Se la vedeva davanti, e mai sapeva cosa potesse dirle. Forse perché proprio non lo sapeva, o forse perché era davvero sbagliato, per un saiyan.

I saiyan ricercano la forza, il primo posto nella catena alimentare. Un singolo saiyan è sufficiente per conquistare un intero pianeta, non ha bisogno dell’aiuto di nessuno, di nessuno che lo sproni, di nessuno che apprezzi il suo lavoro, di nessuno che sia felice quando torni a casa, di nessuno che gli sorrida soltanto vedendolo, di nessuno che lo ami…

SBRANG!
Senza accorgersene, Radish aveva sfondato con un pugno la balaustra d’acciaio. Si guardò la mano, e si accorse che provava dolore. I suoi confusi pensieri si riordinarono. Nessuno aveva senso, ma combaciavano l’uno con l’altro. Forse era lui sbagliato, forse le sue idee erano sbagliate; forse non era adatto, forse non avrebbe mai concluso nulla.
“E CHI SE NE FREGA!”

Però… a chi importava? A lui no di certo. A Vegeta non importava niente di nessuno, nonostante passasse stranamente molto tempo insieme a Mirk. Ai suoi compagni non importava. Poi non c’era nessun altro. A nessuno importava. Tra l’altro, se pure Vegeta aveva capito che gli piacesse Pump, allora lo avevano capito anche i muri. Ma forse proprio a LEI non era chiaro, forse la sua opinione di Radish era diversa.

Radish saltò giù dal palazzo e si fece cadere verso il cortile dell’istituto. Finalmente riuscì a respirare a pieni polmoni, sentì il suo animo più leggero. Non aveva sentito il bisogno di dirlo a nessuno, ma era infine riuscito a confessare a sé stesso i propri sentimenti. Mentre ancora stava cadendo, indossò lo scouter: guardò rapido che ore fossero. Se non era accaduto nulla di strano, probabilmente Mirk e Vegeta si stavano allenando. Radish allora liberò il proprio ki e si mise a volare e in pochi istanti riuscì a raggiungere Pump. Gli fece un cenno con il capo e lei gli rispose come era solita fare, chiudendo gli occhi e sorridendo.

Insieme allora lasciarono la scuola, diretti verso il consueto luogo di allenamento del principe, ma, questa volta, il giovane saiyan dai capelli lunghi accettò e comprese di essere felice.

“In piedi! Inchino!”
Qualche giorno più tardi, alla fine della lezione di Scienze Militari, Vegeta venne trattenuto nell’aula fino a quando tutti gli altri studenti non se ne fossero andati in mensa. “Allora, – chiese leggermente infastidito e, ancor peggio, affamato – cosa c’è? Non andiamo a mangiare?”
Radish lo fissava dritto dritto, con gli occhi sbarrati dalla determinazione e anche un poco dal timore che Vegeta avrebbe potuto incrinargli qualche vertebra.
“Oggi non andiamo ai club.”
“Bella scoperta, capellone.”
“Andiamo a vedere cosa fa Pump.”
“Cosa? No.”
“E invece sì.”
Vegeta si parò di fronte al compagno, gonfiando il petto e incrociando le braccia come era solito fare per farsi più grande: “Ho detto no.”
“Eddai Vegeta! Puoi anche evitare di allenarti un giorno e vedere come se la cava Pump, no?”
“Sei insopportabile. Se vuoi andare a vedere cosa combina, divertiti. Io ho di meglio da fare.”
“Cioè? Passare il pomeriggio con Mirk?” Ribatté Radish con tono sarcastico.
“Sì. No, aspetta, cosa intendi?”
“Esattamente quello che ho detto. Andiamo a vedere cosa fa Pump.”
“Sei davvero insopportabile. Ma va bene. Però ora fammi mangiare o ti ammazzo.”
“Andiamo.”
E così, come una bella coppietta shonen-ai canonica quanto Bio-Broly, Vegeta e Radish si incamminarono verso la mensa.

Circa un’ora più tardi si erano separati dal loro usuale gruppetto di compagni e avevano abbandonato al proprio solitario destino Mirk, che per fortuna aveva compreso in fretta quali fossero le intenzioni dei due curiosi saiyan. Questi, muovendosi guardinghi come un paio di spie in territorio nemico, attraversarono lentamente la sezione 1.A, fino a raggiungere il corridoio esterno. Se vi foste persi, leggete il capitolo extra della storia “Utopia Accademica”, ora nei migliori siti di fanfiction e nelle più prestigiose latterie del Canton Ticino.
L’aula di cultura, la più grande di tutte le altre, era la prima che si trovarono davanti. Come Radish ben sapeva, spiare le attività del club di cultura sarebbe stato molto più semplice che seguire quelle di cucina: la stanza del club era infatti munita di vetri riflettenti, forse per permettere ai partecipanti di concentrarsi più facilmente.

La classe era divisa in modo equo tra maschi e femmine, fatto peculiare considerando che al N.I.S.B.A. nove studenti su dieci erano uomini. Vegeta non impiegò molto a ridacchiare e a commentare con un’osservazione leggermente maschilista, a cui Radish non volle replicare per ovvi motivi. Ovvi motivi che comprendono la vendicatività di Vegeta e nemmeno un grammo di “Political Correctness”. Siamo nello spazio e stiamo parlando di alieni in grado di trasformarsi sia in scimmioni di venti metri che in figoni dai capelli luminosi, figurarsi se a qualcuno importa della forma delle gonadi di qualcun altro. Vegeta è semplicemente un poco antipatico, tutto qua, ma è anche in grado di far saltare in aria mezzo continente con un singolo singulto esofageo, quindi è meglio dargli corda.

Nonostante riuscissero a vedere perfettamente cosa succedesse all’interno dell’aula, Radish e Vegeta non potevano sentire nulla, date le pareti perfettamente insonorizzate. La ventina di partecipanti si era già tolta l’armatura e i guanti quando i due saiyan erano arrivati, rimanendo vestiti soltanto con l’undersuit grigia e gli stivali. Notando questo particolare, Radish fece di minuto in minuto più fatica a non fissare troppo insistentemente Pump, la cui graziosa corporatura veniva elegantemente delineata dalla divisa cenerina. Vegeta invece passava in rassegna ogni singolo studente, però si lasciò sfuggire una sua certa abitudine.

“Maniaco.” Si sentì dire da Radish.
“Come scusa?”
“Hai capito bene, piantala.”
“Piantala cosa?” Disse innervosito Vegeta, cominciando ad arrossire leggermente.
“Ogni volta che guardi certe ragazze le fissi per un istante e cominci a ridacchiare come un demente. Certe volte ti metti anche ad annuire come se approvassi le loro…”
Vegeta corrugò la fronte: “Finiscila! E tu allora, non riesci a guardarla per più di due secondi?”
Radish non rispose e nel corridoio calò nuovamente il silenzio.

Al gesto del professore, un uomo alto e relativamente anziano, gli studenti si disposero su tre file, composti sull’attenti. Uno dopo l’altro si fecero avanti ed eseguirono svariati salti, accompagnati da capriole e giravolte e terminando sempre con un atterraggio accurato e saldo. E proprio in quel momento Vegeta mostrò i sintomi di un attacco di panico: “Pump… perde il… proprio tempo… CON QUESTO?”
“Stai calmo! – intervenne Radish – Qual è il problema? Non è mica il club di combattimento!”
“Stare… CALMO? Io passo le giornate a spaccarmi le ossa e questi buffoni BALLANO?!? Ma che cazzo!”
“Piantala e stai a guardare. Dylia mi aveva spiegato un po’ cosa fanno.”

Una volta che il professore ebbe corretto, perfezionato ed approvato i movimenti di tutti gli studenti, si recò in un angolo della stanza e batté le mani severo. Gli alunni scattarono verso le pareti dell’aula, poggiandovi una mano ciascuno, poi accadde l’impensabile. Compiendo balzi rapidissimi e repentini di muro in muro, i membri del club di cultura si affrontarono in una serrata lotta di schivate e proiezioni composte dagli stessi abili movimenti che avevano sfoggiato all’inizio della lezione: piroette e giravolte si susseguivano senza sosta agili e silenziose come il vento mattutino, ma, ciò nonostante, si respirava un’intensa aria di sfida come nel bel mezzo di un combattimento vero e proprio. Lo stupore fece impressione anche all’altezzoso principe dei saiyan, che non potè non rimanere a bocca aperta ad una tale dimostrazione di abilità.

Lo scontro di danza aerea proseguì fino a quando tutti i presenti si erano lasciati cadere a terra, provati e confusi dalle numerose giravolte che erano stati costretti a compiere. Tutti, tranne due, come nei migliori cliché delle migliori commedie romantiche. Due stupende guerriere che continuavano a lanciarsi in perfetti movimenti carichi di entusiasmo, di energia cinetica e anche di un pizzico di sincero divertimento, spostamenti e gesti simmetrici che le facevano sembrare identiche. Esatto, proprio loro, Dylia e Pump, che come riflesse da uno specchio invisibile continuavano ad affrontarsi in eleganti capriole e balzi che farebbero morire d’invidia ogni ballerina dell’Opéra di Parigi. I loro movimenti graziosi e le spaccate aeree erano delicati quanto una flebile nevicata, ma precisi e raffinati quanto il più abile degli assassini: ciò che era nato in quella stanza era al contempo una sfida di ballo ma anche il più peculiare degli scontri di arti marziali, uno in cui nessun concorrente avrebbe potuto sfiorare il proprio avversario.

Vegeta era rimasto sinceramente impressionato da cotanta dimostrazione di perizia elusiva. Dopotutto, se si può interpretare una qualsiasi componente della realtà tramite il lessico della scazzottata, allora Vegeta non può far altro che gradire. Anche Radish era rimasto stupito, ma la sua attenzione si era fulmineamente rivolta alla persona che proprio in quel momento era entrata nell’aula, e che entrambi i saiyan non avevano notato passare alle proprie spalle. Balbettando lievemente spaventato, tentò di catturare l’interesse del principe strattonandogli un braccio.
“Vevevevevevevevegetatata…”
“Ehi, ma che vuoi? Lasciami stare!”
“Gua-a-a-a-a-ardadadada quelelello liiiiiiiii…”
“Ma che problemi hai? Chi hai vivivivivivivivivistototototototo…”
“Ma ma ma ma è proproprio lulului?”
“Chechecheche cici ffffa quququi?”
Un uomo dalla stazza titanica si era introdotto nell’aula, dirigendosi subito dal professore che lo salutò con un sorriso solare e un rapido scontro di pugni. Le ragazze presenti in aula si riunirono in fretta, pronte ad accoglierlo con entusiasmo.

Radish deglutì con non poca fatica: “Ma è Rikoom? QUEL Rikoom?” Ma Vegeta non rispose, bastava guardare il suo volto sbigottito e confuso. Tante domande si stavano sovrapponendo nella mente del principe, ma una in particolare stava avendo il sopravvento: “Perché?”. Rikoom salutò gli studenti esibendosi in pose esageratamente ridicole, che le alunne apprezzarono nonostante tutto, poi riprese a parlare con il docente. In seguito, i due saiyan osservarono un comportamento particolare dilagare nell’aula: un paio di occhi dopo l’altro, a partire da quelli dei due adulti, cominciarono a spostarsi verso le finestre a specchio.

Poi i ragazzi notarono un altro particolare: Rikoom stava indicando nella loro direzione. Radish scambiò una fugace occhiata con Vegeta e subito compresero: tutti sapevano della loro presenza; i membri del club non potevano vedere i saiyan, ma ora erano stati informati che qualcuno li stava osservando. Terrorizzato, Radish fece scattare la vista verso Pump: non servì metterla a fuoco per comprendere che era divenuta paonazza, solo lei, in mezzo alla classe; Dylia invece stava ridacchiando. Quindi non solo tutta la classe sapeva che due studenti avevano seguito con attenzione la loro attività pomeridiana, ma a quanto pare sapevano che quei due studenti erano dei saiyan. E di saiyan ne erano rimasti ben pochi (non contando fratelli dimenticati e guerrieri reietti su pianeti ai confini del cosmo), e pochi istanti dopo si sarebbero fiondati in una folle corsa vero l’uscita dell’accademia.

Note dell'Autore:
Spero siate riusciti ad apprezzare, perlomeno non a trovare di difficile lettura, il passaggio dall’incipit più introspettivo alla conclusione ben più tranquilla e rilassata. In ogni caso spero che vi sia piaciuto il capitolo, l’ho scritto in un periodo un po’ teso e pieno di impegni, e vorrei essere in grado di dedicare più tempo alla scrittura. Mi fa molto piacere ricevere quelle poche recensioni che mi vengono lasciate, mi stupisce che siano tutte così positive e interessate, grazie mille per il supporto!


Che succede dall’altra parte dello specchio? Non perdetevi assolutamente la fine del capitolo!
   
 
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