Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Sian    13/04/2020    3 recensioni
Raccolta di One Shot su momenti speciali della coppia Miwako Sato e Wataru Takagi.
Ispirata ai colori. Come primo capitolo vi è l'indice delle one shot: troverete lì la trama di ognuna.
#1. Rosso, Natale. "Il rosso. Trovava che stesse particolarmente bene sulle sue guance."
#2. Verde, Quadrifoglio. "Il verde. La speranza di aver trovato un po’ di fortuna nella vita."
#3. Giallo, Birra. "Il giallo. L’allegria di certi momenti indimenticabili." / lime
#4. Nero, Lutto. "Il nero. Forse solo il silenzio avrebbe potuto rappresentare questo colore." / contenuti forti, tematiche delicate
#5. Rosa, Pelle. "Il rosa. Il complice desiderio di aversi accanto, per sempre." / lemon, erotico
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

All the colors that remind me of you


* Verde *
* Quadrifoglio *

Il verde. La speranza di aver trovato un po’ di fortuna nella vita.

***

Wataru Takagi aveva appena chiuso lo scatolone contenente i suoi effetti personali. La sua scrivania dell’ufficio omicidi della polizia di Niigata era vuota. Da quando aveva incominciato a lavorare nella polizia della sua città natale, da poco più di due anni, aveva accumulato alcuni oggetti ricordo nella scrivania.

Erano per la maggior parte disegni e statuine che gli aveva regalato suo nipote, Tatsuo Takagi, figlio di suo fratello maggiore, Junichi Takagi. Voleva molto bene a quel bambino. Avrebbe presto incominciato la prima elementare, d’altronde mancava meno di un mese al nuovo anno scolastico. Si assicurava, non appena poteva passare del tempo con lui, che crescesse in modo sano e soprattutto amato dai suoi genitori.

Non avrebbe mai perdonato quello scalmanato di suo fratello se gli avesse fatto passare un’infanzia come quella che era capitata a loro, per colpa dei loro genitori irresponsabili e assenti. Dunque aveva chiesto a suo nipote di riferirgli qualsiasi cosa che gli fosse sembrata strana. E ora che doveva trasferirsi in un’altra città lo aveva rassicurato che sarebbe tornato a salutarlo, anche solo per portarlo a vedere qualche partita di calcio insieme.

Prese lo scatolone pieno di ricordi che Tatsuo aveva creato con le sue manine, dedicati a Wataru-ojisan. Lo portò fuori dall’ufficio, pronto a viaggiare assieme agli altri scatoloni provenienti da casa sua, che erano già in macchina.

«Allora, Takagi-kun. Parti domani, giusto?» Un suo collega lo fermò appena fuori dall’edificio. Nonostante tutti quelli della polizia di Niigata lo avessero già salutato, alcuni di loro non volevano vedere un altro amico trasferirsi a Tokyo, motivo per cui cercavano un ultimo dialogo.

La partenza era inevitabile, Takagi aveva accettato il trasferimento alla polizia di Tokyo, dopo la proposta dei suoi superiori della polizia di Niigata. Sarebbero rimasti comunque amici, ma sapevano che la lontananza sarebbe stata difficile, nessuno lo avrebbe mai sostituito, né all’ufficio omicidi di Niigata né quando uscivano insieme per una serata tranquilla tra amici.

«Già. Partirò domattina presto. Vorrei arrivare prima di mezzogiorno nel nuovo appartamento. Ci sono ancora così tante cose che devo sbrigare!» Wataru appoggiò lo scatolone per terra, benché fosse leggero. Anche lui avrebbe voluto intrattenersi ancora un po’ con i colleghi con cui aveva frequentato l’accademia di polizia.

«So bene che hai la testa sulle spalle, ma non lasciarti trascinare dalla vita di Tokyo.» Intervenne un secondo collega dandogli una gomitata e facendogli l’occhiolino. Erano forse anche un pochino invidiosi del suo trasferimento in una città molto più grande.

Wataru rise. «Tranquillo. Sarò a Tokyo per lavoro, non di certo per andare a divertirmi tutte le sere.»

«L’ho sempre detto che qui alla polizia di Niigata sei sprecato.» Incrociò le braccia il primo collega squadrando il loro amico. Gli riconosceva grandi capacità.

«Concordo. Sei così ligio al lavoro che te lo sei proprio meritato il trasferimento alla polizia metropolitana di Tokyo!» Annuì il secondo sorridendogli. La maggior parte dei colleghi si era proposto per il trasferimento a Tokyo. La polizia della metropoli aveva richiesto ulteriori agenti in quanto la criminalità nella capitale era salita.

Ma il fortunato ad essere stato scelto per il trasferimento fu Takagi: il sovraintendente della polizia di Niigata credeva fermamente in uno dei suoi sottoposti più giovani. Era uno dei più abili nelle indagini, aveva del vero e proprio talento per quel lavoro. Ed era giusto spronarlo in un ambiente più gratificante. Soprattutto se aveva avuto da sempre l’obiettivo di far parte della polizia giapponese.

Wataru doveva essere soddisfatto di sé stesso: aveva raggiunto con successo la sua aspirazione, cresciuta dopo che aveva assistito più volte alle liti tra i suoi genitori. All’età di sette anni aveva avuto il coraggio di chiamare la polizia che era intervenuta per calmare suo padre, Noboru Takagi; in preda all’alcool aveva iniziato a picchiare sua madre, Kaede.

Se c’era una cosa che Wataru non avrebbe mai capito, erano proprio le motivazioni dei criminali. Non esisteva nessuna giustificazione che permetteva di fare del male ad un’altra persona, e questo l’aveva imparato a sue spese.

«Chissà quanto lavoro ci sarà da svolgere lì...» Il collega lo guardò comprensivo. Forse, era un bene che fosse stato scelto Takagi. Di sicuro nessun altro oltre a lui sarebbe stato in grado di gestire una grande mole di lavoro.

«Davvero! Nonostante Niigata sia una grande città, qui al nostro distretto è sempre tutto molto tranquillo.» Continuò l’altro collega.

«Non stancarti troppo»

«E ogni tanto scrivici qualcosa»

«Mancano pochi giorni al tuo ventiquattresimo compleanno...!»

«Ti farò i miei auguri il 6 Marzo, spero potrai rispondere al cellulare!»

«Certo! Vi farò sapere com’è vivere a Tokyo. E ci sentiremo sicuramente anche per il mio compleanno.» Wataru gli sorrise. Erano così apprensivi nei suoi confronti. Non aveva avuto nemmeno il tempo di ringraziarli per le belle parole che gli avevano rivolto; erano così frenetici che non gli avevano lasciato lo spazio per delle risposte, sicuramente non sapevano darsi un controllo a differenza sua.

«Ah, Takagi-kun! Non dimenticare di invitarci al tuo matrimonio.» Il primo collega gli passò un braccio dietro al collo.

«Infatti, sono sicuro che lì a Tokyo ci saranno tante ragazze interessanti.» Anche l’altro collega lo punzecchiò.

«Ma quale matrimonio?! Non sono fidanzato con nessuno!» E ci risiamo, lo stavano nuovamente prendendo in giro. Quante volte gli avevano già proposto di provare ad uscire con qualche ragazza solo per divertirsi un po’? Non sarebbe mai stato come loro. Non vedeva alcun divertimento a uscire con le ragazze solo per... No. Decisamente. E avrebbe continuato a rifiutare i loro inviti e frecciatine varie. Era un gioco pericoloso e ogni volta glielo rammentava. Non voleva che i suoi amici si trovassero in una situazione che non avrebbero saputo gestire a nemmeno ventiquattro anni.

Gli ricordava proprio la sua infanzia passata in totale assenza dei suoi genitori giovani e irresponsabili. Avevano giocato troppo appena finita la scuola superiore e il risultato ne era stato di sposarsi per convenienza e dover crescere tre figli senza volerlo. Ma alla loro età volere e dovere erano due cose ben distinte e chiaramente il divertimento veniva prima del dovere.

Così Wataru si era ritrovato per la maggior parte del tempo a dover badare a sé stesso sin da piccolo, in quanto suo fratello maggiore Junichi era libero di fare ciò che più voleva ogni giorno, e la responsabilità di doversi prendere cura di un membro della famiglia era completamente inesistente per lui.

Ma questo era un messaggio innato in Wataru. Oltre a prendersi cura di sé stesso, aveva imparato a cucinare all’età di cinque anni, solamente per sfamare la sua sorellina appena nata, Haruko Takagi.

Fortunatamente a prendersi cura della sorellina non era più completamente da solo. Kaede a quei tempi era rinsavita realizzando che era suo dovere prendersi cura delle creature che aveva messo al mondo. Ma Noboru, troppo egoista e geloso, non la pensava allo stesso modo: disprezzava le attenzioni che Kaede dava ai suoi figli, dopo anni di divertimento sfrenato, solo per una marmocchia a cui bisognava cambiare il pannolino; non sopportava che Kaede non si divertisse più con lui come quando non erano ancora genitori.

Wataru si ritrovava spesso a pensare a come sarebbe stata la sua vita se non avesse avuto il coraggio di chiamare la polizia che intervenne nella loro vita, separandoli dal padre. Da quel momento la sua famiglia era vissuta in due case diverse. Suo fratello maggiore Junichi, nonostante non avesse mai avuto un senso delle regole, capì che tutto ciò che finora era successo era sbagliato. Si propose dunque di tenere d’occhio suo padre sotto lo stesso tetto, mentre Wataru andò a vivere con sua sorella minore Haruko e sua madre Kaede.

Fu in quel periodo della sua vita che decise la professione che avrebbe svolto da grande. E ora il suo impegno per diventare un ottimo poliziotto lo aveva premiato raggiungendo la polizia metropolitana di Tokyo. Proseguì i saluti con i suoi amici di Niigata, pronto ad iniziare una nuova vita a Tokyo, per lasciarsi il suo passato alle spalle.

«Certo, certo...» Affermò Wataru poco convinto. Si liberò dalle prese dei suoi colleghi, riprendendo lo scatolone tra le mani. «Ci sentiamo, d’accordo?»

«D’accordo. Allora speriamo di sentire buone notizie da parte tua.» Ghignò il secondo collega salutandolo.

«Passatela bene, Takagi-kun!» Lo salutò anche il primo.


***

Aveva sistemato tutti gli scatoloni in casa e aveva già acquistato le prime cose necessarie. L’appartamento che aveva trovato in affitto non era male. Fortunatamente non era uno dei più piccoli, anzi, per una sola persona era quasi fin troppo grande.

Uscì per raggiungere la centrale della polizia metropolitana di Tokyo, per dare un’occhiata al luogo dove avrebbe lavorato dal giorno successivo. Era stato assegnato all'ufficio di investigazione, prima divisione, sezione omicidi. Avrebbe fatto parte della prima squadra investigativa.

Si presentò in centrale per conoscere il posto e i suoi colleghi. «Mi chiamo Wataru Takagi, ho quasi ventiquattro anni. Ho lavorato per la polizia di Niigata per più di un anno, facevo parte dell’ufficio omicidi. Farò del mio meglio qui a Tokyo!» Fece un breve inchino formale, a cui risposero anche i suoi nuovi colleghi, i quali si presentarono a loro volta. Quel pomeriggio erano in corso delle indagini: infatti non erano tutti presenti in centrale.

«Miwako Sato, vice ispettrice. Purtroppo l’ispettore Juzo Megure e il vice ispettore Ninzaburo Shiratori non possono essere qui oggi, stanno indagando su una scena di un crimine. Porgo i loro saluti. Per questo momento faccio le loro veci qui in ufficio» La donna gli porse la mano per stringerla augurandogli un buon lavoro assieme alla loro squadra investigativa.

Le strinse la mano. Nonostante fosse una donna e le sue mani erano più piccole rispetto le sue, aveva una forza che lo impressionò. Si ritrovò, per la prima volta nella sua vita, ad ammirare il viso di una ragazza. Aveva uno sguardo così fermo e deciso. I suoi occhi erano molto espressivi, oltre che estremamente graziosi. Aveva qualcosa in più rispetto a tutte le altre ragazze che aveva incontrato finora.

Lasciò la presa dalla sua mano. Si sentiva osservato dagli altri colleghi. Non avrebbe dovuto fissarla. Non la conosceva, e per quanto ne sapesse, nonostante non portasse nessun anello, poteva benissimo essere già impegnata. Dissolse lo sguardo dalla donna; forse studiare la disposizione dell’ufficio l’avrebbe aiutato a far scendere l’imbarazzo che era riuscito a creare da solo. L’aveva sempre pensato che sarebbe stato impacciato in una situazione del genere. E i suoi dubbi vennero confermati dal rossore che crebbe sulle sue guance.

«Bene. L’ispettore Megure mi ha chiesto di presentarti l’agente Wataru Date. Sarai affiancato a lui nelle indagini. Ha molta esperienza alle spalle e sarà di certo un ottimo mentore.» Sato gli presentò un uomo molto forte. Teneva uno stuzzicadenti in bocca. Sembrava quasi un poliziotto teppista, proprio uno di quelli che solitamente torchiava fino all’ultima informazione ogni testimone e ogni criminale. Aveva da imparare molto da un tipo del genere. Incuteva timore al primo sguardo. Ed era sicuramente uno dei più forti presenti in quella stanza. Inoltre trovò buffo che condividessero lo stesso nome.

«Piacere. Sono entusiasta di avere un allievo. Spero che lavoreremo bene insieme!» Anche la sua voce era molto forte. Gli porse la mano. Ma non si aspettava di certo di essere letteralmente stritolato nella sua stretta di mano.

Avrebbe voluto restare impassibile ma il dolore era così forte che fu impossibile evitare di lamentarsi espressivamente con una smorfia di dolore. Date rise con gusto. «Qui bisogna mettere su un po’ più di muscoli!»

Il pomeriggio proseguì nella tranquillità delle scartoffie d’ufficio, in attesa del ritorno della squadra investigativa di Megure e Shiratori.

Nonostante Wataru fosse lì solamente per conoscere il luogo, e avrebbe potuto lasciare la centrale appena avrebbe voluto, sentiva il dovere di aiutare i colleghi ad inserire i dati nei gestionali. Soprattutto il suo mentore. Non sembrava cavarsela per nulla con il computer. Lo aiutò dettandogli le corrette informazioni da inserire in merito ad un caso di qualche settimana prima. Il suo collega digitava molto lentamente, forse per via delle dita grosse che riuscivano a schiacciare quattro tasti insieme.

Mentre Date finiva di inserire ciò che gli aveva dettato, Wataru notò che da quella scrivania aveva una vista perfetta su quella della vice ispettrice. Si perse a guardarla. Aveva sempre quello sguardo così severo. Stava scrivendo su un foglio, con molta concentrazione. Era così...

«Bella, vero?» Il suo mentore lo riportò alla realtà. Se n’era accorto che si era distratto. Chissà quanto tempo era passato da quando la stava osservando. Che figura! E non era nemmeno il primo giorno di lavoro pagato.

Ora che ci pensava, avrebbe pensato ad un’altra parola per descrivere quella ragazza. Non era semplicemente bella. Era così attraente. «Se te lo stessi chiedendo, non è fidanzata.»

«No che non me lo stavo chiedendo! Ed in ogni caso non la stavo nemmeno guardando.» Arrossì per la situazione in cui si era cacciato. La sua espressione tradiva completamente le sue parole.

Questo suscitò una risata da parte di Date. «Certo che sei coraggioso a provare con scarsi risultati a mentirmi in questo modo.» Aveva già capito di che pasta era fatto il nuovo arrivato. Avrebbe sicuramente lavorato con piacere assieme a lui.

Promise a sé stesso che durante il lavoro non avrebbe mai dovuto cedere ad alcuna tentazione. Forse avevano ragione i suoi amici di Niigata. A Tokyo avrebbe trovato per davvero una ragazza interessante. Ed era la prima volta che provava delle sensazioni così strane. Sarebbe riuscito a lavorare oggettivamente nella stessa sezione? Doveva imparare a convivere con quelle nuove emozioni che si facevano presenti ogni volta che i suoi occhi finivano per osservarla.


***


La maggior parte degli agenti aveva finito il proprio lavoro, uscendo così dalla centrale. Erano rimasti in pochi a terminare ancora qualche scartoffia. La vice ispettrice Sato aveva già finito, ma sarebbe rimasta in attesa del rientro dell’ispettore e del vice ispettore assieme alla loro squadra.

Date sembrava tirare per le lunghe l’ultima cartelletta da inserire nella gestione. Che lo stesse facendo apposta?

«Takagi-san. Sei ancora qui?» Sato si era avvicinata alla scrivania dove ormai stavano ancora lavorando solo loro.

Sussultò. Stava parlando con lui. Un momento, dov’era finita la sua voce? Non riusciva nemmeno a formulare una risposta nella sua testa.

Date rise. «Aveva intenzione di restare ad aiutarmi finché non avessi finito anch’io.» Si alzò dalla sedia, spegnendo il computer. «Abbiamo finito proprio ora.»

Cosa? Che significava? Ma se stavano ancora inserendo l’ultima informazione... Cosa stava cercando di fare il suo mentore?! Sì alzò anche lui, trovandosi di fronte a lui lo sguardo divertito della ragazza che lo stava chiaramente studiando.

«Guarda che non ti mangio mica. Sembra che hai perso la lingua!» Sato cercò di creare un ambiente più cordiale, forse era stata troppo fredda e le sarebbe dispiaciuto avere una brutta impressione sul nuovo arrivato.

«Ora che ci penso... Adesso andrò sicuramente a casa. Devo ancora sistemare tutto!» Fece per avviarsi verso il corridoio, per sbrogliarsi da quella situazione. Doveva ancora imparare a gestire tutte quelle sensazioni, di cui quella ragazza conosciuta a malapena da qualche ora del pomeriggio ne era la causa.

«Ti accompagno fino all’ingresso. Domani ti farò fare un giro della centrale, che ne pensi?» Date lo raggiunse. Almeno così non sarebbe rimasto in ufficio per il primo giorno di lavoro.

«Ah, ottima idea. Ti ringrazio.» Sì, forse era meglio. Doveva ancora imparare a gestire tutto quel groviglio di sensazioni che quella ragazza gli lasciava dentro di sé. E ci avrebbe dovuto convivere per lavorare insieme al meglio. Avvicinarsi piano piano al luogo di lavoro era una saggia decisione. Si avviarono verso il corridoio.

Si accorsero una volta in corridoio che anche Sato stava uscendo con loro. «Mi unisco a voi, se non vi dispiace. Un po’ d’aria fresca dopo questa giornata farà bene anche a me. Devo attendere il rientro dell’ispettore.»

Il trio scese all’ingresso principale della centrale. Era tutto così nuovo per Wataru, la città era immensa. Nonostante ci fossero palazzi ovunque, l’ingresso alla centrale di polizia era piuttosto verde. Poteva notare delle aiuole ben tenute.

«Avete notato che quell'aiuola è piena di...» si avvicinò per vedere meglio che tipo di piantina fosse. «Quadrifogli!»

«Ti piace la natura Takagi-kun?» Date si avvicinò anche lui per osservare tutti quei quadrifogli. Era ben strano trovarne così tanti in una sola aiuola, soprattutto considerando di essere in una metropoli.

«Beh, sì. La trovo interessante. Ogni essere vivente ha la propria storia da portare avanti.»

«Posso chiederti che cosa ti ha portato ad intraprendere questa carriera?» Date era curioso, Takagi sembrava un bravissimo ragazzo. Forse avrebbero potuto insegnarsi molte cose a vicenda. D’altronde lo aveva appena detto anche il suo nuovo collega. Ognuno aveva le proprie esperienze vissute. E gli esseri umani le avrebbero condivise.

Wataru fissò quei quadrifogli, nascondendo il suo passato. «In realtà, nulla di particolare.» Non ne aveva mai parlato con nessuno di tutto ciò che aveva passato. Nemmeno con i suoi colleghi di Niigata, che avevano infatti sempre frainteso le sue parole.

«Beh, sicuramente ci sarà stato un motivo. Non è un lavoro adatto a tutti.» Sato si aggiunse alla discussione raccogliendo un quadrifoglio. «Si dice che se una persona trova un quadrifoglio, questi gli porterà molta fortuna. Dunque, qualsiasi sia stata la tua motivazione... Sicuramente sei sulla strada giusta, Takagi-kun.» Gli porse quel quadrifoglio. Aveva capito che era un tipo timido e riservato. Sperava veramente che quei quadrifogli verdi gli potessero portare tanta fortuna.

Prese tra le mani il quadrifoglio che Sato aveva raccolto, abbozzandole un sorriso. Lo avrebbe sicuramente conservato, magari in uno dei suoi libri preferiti. Se solo avesse potuto dimenticare ciò che aveva passato. Sperava che quei quadrifogli verdi gli portassero per davvero tanta fortuna.


Il verde. La speranza di aver trovato un po’ di fortuna nella vita.


   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Sian