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Autore: ciocoreto    26/05/2020    3 recensioni
Provò a scappare ancora una volta, ma non glielo lasciai fare. Lo afferrai per entrambe le braccia, strattonandolo e costringendolo a fronteggiarmi. Gli urlai contro come una furia: «L'ho baciata perché mi andava, Hinata! Perché sono una persona libera! E dal momento che tu non c'entri nulla con questa storia, spiegami la tua ridicola sceneggiata, prima che ti riempia di pugni!»
Alzai il pugno in aria, ma il mio colpo si fermò lì.
Hinata aveva chiuso gli occhi, la bocca era deformata in una smorfia e tremava nel tentativo di trattenere i singhiozzi. Stava piangendo.
Le parole mi morirono in gola. Perché? Perché non riesco a capire, Hinata?
{Raccolta KageHina partecipante alla Hugs&KissesChallenge indetta da carlotta.97 sul forum di EFP.}
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Steps










- L'amore è come una bomba -










   Secondo giorno di ritiro.
   Il mio autocontrollo era al limite.

   «Kageyama! Hai intenzione di finire l'acqua calda? Sei dentro da mezzora!»

   Al limite, sul punto di attaccare al muro quell'idiota di Hinata e fargli male. Quel genere di male, si intende.
   Lui mi fissava da dietro il vetro appannato della doccia, i pugni stretti e quel suo solito broncio offeso stampato in faccia. Il bagno era in comune, la doccia una per squadra, e lui era la seconda sera che veniva a farmi fretta quando arrivava il mio turno. Lo stava facendo volontariamente.
   Aprii il vetro scorrevole e lo agguantai per il collo della maglia, cercando di tirarlo dentro. Il fatto che fossi completamente nudo davanti a lui non mi toccava minimamente. Se non avesse voluto guardare, non sarebbe nemmeno dovuto venire lì.

   Si mise a sbraitare, opponendo resistenza e tirando dalla parte opposta. «Oi! Che fai?»

   Lo trascinai dentro con tutti i vestiti, ciabatte comprese. Richiusi la cabina doccia e lo spinsi contro il muro, tenendolo ancora per la maglia ormai fradicia come tutto il resto. Soltanto allora smise di dimenarsi e puntò gli occhi nei miei. Il mio viso era a un soffio dal suo.

   «Piantala di provocarmi», sussurrai, mentre vedevo il suo sguardo cadere sulle mie labbra. «Lo so che lo stai facendo apposta.»

   Due giorni che eravamo lì, due giorni che non lo sfioravo nemmeno con un dito. Stavo impazzendo, e a quanto pareva anche lui. Me ne diede la conferma infilandomi avidamente la lingua in bocca e ribaltando la situazione: ora quello contro al muro ero io, con entrambe le sue mani aggrappate ai capelli bagnati dietro alla mia nuca.
   Era quello che voleva quel piccolo stratega sin dall'inizio. Era quello che volevo io.
   Mentre lui mordeva il mio labbro inferiore tra mugugni e sospiri, le mie mani viaggiavano sul suo corpo, accarezzando i muscoli della sua schiena da sopra la sua maglietta bianca, ormai completamente trasparente. Non sapevo come muovermi, ma in un certo senso lo sapevo perfettamente.
   Hinata si staccò dalle mie labbra soltanto per riprendere fiato, guardandomi in estasi. Bastava il suo viso ad eccitarmi: la sua espressione, gli occhi lucidi, la bocca umida e gonfia, le gote rosse e i capelli incollati alla fronte. Nemmeno io riuscivo a spiegarmi quelle ondate di calore misto a piacere che sentivo nel basso ventre.
   Soltanto in quel momento realizzai la situazione e mi vergognai della mia erezione. Non volevo che se ne accorgesse, anche se sapevo che probabilmente lo aveva già fatto da un pezzo. Lo costrinsi a ruotare su se stesso e a darmi la schiena, poi lo strinsi da dietro, nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
   Non mi ero mai sentito così.

   «Kageyama?» mormorò lui con un velo di preoccupazione nel tono della voce.

   Non risposi, lo abbracciai soltanto, forse ancora più stretto. Lasciai che l'acqua scorresse su di noi e sperai che bastasse per tranquillizzarmi. Invece non fu così. Sentivo di avere il viso in fiamme, ma mai quanto il mio membro.

   Non posso chiedergli una cosa del genere, pensai quasi tremando, mentre nella mia testa compariva l'immagine perfetta di quello che avrei voluto che accadesse in quel momento.

   «Kageyama», mormorò Hinata, e lo sentii sorridere anche senza vederlo.

   Sciolse quell'abbraccio e si voltò. Sì, sorrideva, anche se riuscivo a malapena a guardarlo in faccia. Si avvicinò in modo che i nostri nasi si sfiorassero e puntò gli occhi nei miei.

   «Lasciami fare», sussurrò e si leccò le labbra.

   Mi fece tremare.
   Scese lungo il mio corpo non staccando gli occhi dai miei, increduli e forse anche un po' impauriti, fino a quando non fu in ginocchio, il viso davanti al mio membro eretto e più coraggioso di me.
   Sapevo che Hinata non aveva mai fatto una cosa del genere prima di allora, eppure mascherava bene la sua agitazione. O forse non era agitato, forse era solo... eccitato. Mi voleva e basta.
   Entrai in una specie di bolla in cui ogni suono era ovattato, in cui riuscivo soltanto a percepire poche e confuse informazioni.
   Il muro freddo contro il quale mi abbandonai con la schiena, pregando che aiutasse le mie gambe instabili a reggermi in piedi.
   Quegli occhi che mi guardavano dal basso.
   La bocca di Hinata che si chiudeva calda attorno a me, che succhiava.
   Il mio rantolo strozzato, bloccato in gola.
   La sensazione di esplodere da un momento all'altro.
   L'orgasmo.











   
 
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