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Autore: alessandroago_94    27/07/2020    12 recensioni
Alex è un giovane uomo pieno di dubbi e di voglia di mettere in carreggiata la propria vita, che spesso gli appare senza senso. È infatti vittima di un’ossessione, quella riguardante una persona idealizzata, o forse un suo stesso personaggio inventato; il fantomatico G.
Alla ricerca costante di questa persona si aggiunge una ricerca interiore, quella riguardante sé stesso.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, l’agente James Barley, prossimo al pensionamento, si ritrova immischiato in una vicenda quasi assurda. Immerso in una società dell’orrore dove regnano bugie e disonestà, e dove sono solo i soldi a fare la differenza tra gli esseri umani, indagherà a riguardo di una clinica privata in cui si effettuano strani e proibiti esperimenti.
Le due vicende si intrecciano, anche se non si incontrano mai definitivamente. Possibile che anche questo racconto sia tutta una grande bugia? Un Limbo, appunto. Un Limbo dei Bugiardi. Un luogo immaginario in cui regnano solo le maschere.
Genere: Azione, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo quattordici

CAPITOLO QUATTORDICI

 

 

 

 

 

 

 

“Non sprecare tempo a discutere

su come dovrebbe essere una brava persona.

Fai in modo di esserlo”.

Marco Aurelio.

 

“Molti uomini, come i bambini,

vogliono una cosa ma non le sue

conseguenze”.

José Ortega y Gasset.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Come hanno potuto farmi questo? Io li rovino.

Solo a questo penso, mentre torno a casa.

Il cellulare squilla continuamente, mia moglie e i miei figli saranno ansiosi di scoprire cosa mi sia successo, ma più la vicenda si infittisce e confonde, meno voglia ho di parlarne.

Mi hanno revocato il distintivo speciale e mi hanno appena declassato, con la scusa di aver portato documenti falsi. Un’audiocassetta, poi, che adesso non si usa neanche più? Nessuno sa più usarle, nemmeno registrare con quelle.

Mi hanno incastrato e fatto fare una figuraccia.

Che fare, ora? Andare a cercare quell’infermiera e denunciarla per aver intralciato le indagini? Sicuramente no, la signora Stradford ha detto che c’è lei dietro a quei documenti che ho ricevuto, quindi se colpissi una persona pagata da lei sarebbe ancora peggio, avrei anche altri avversari. Ho sbagliato quando le ho permesso di prendere confidenza con me e con il caso riguardante suo padre.

A un certo punto, ho tutto chiaro; anche se mi costa molto, devo chiamare il numero che la signorina mi ha lasciato qualche ora prima e che ancora conservo nella tasca dei pantaloni. Devo parlarle quanto meno per dirle in faccia come mi ha rovinato e che figura mi ha fatto fare; ormai la mia carriera è finita, posso anche permettermi di dire le cose in faccia.

In preda alla furia della disperazione, parcheggio a lato della strada e mi affretto a comporre quel numero senza pensarci due volte, altrimenti potrei pentirmene.

Naturalmente squilla, libero.

“Agente speciale Barley” afferma la quasi innaturale voce suadente eppure allo stesso tempo inconfondibile della signorina Stradford.

“Non ho nemmeno bisogno di presentarmi, eh” affermo a mia volta, “aspettava una mia telefonata, sapeva bene in che guaio mi ha cacciato. E non stia nemmeno più a chiamarmi agente speciale, d’ora in poi mi toccheranno solo scartoffie e semafori rotti”.

“Come… io?” quasi stride con fare innocente, “io proprio no, al massimo è lei che si è cacciato in un bel guaio da solo. Cosa le avevo detto?”

“Vuole prendermi anche in giro, eh?” mi arrabbio.

“Non se la prenda, Barley. Le volevo solo ricordare come mi fossi sgolata a dirle che non doveva fare mosse avventate, poiché non sarebbero state ben gradite dai suoi superiori”.

Noto che ha già glissato sull’agente speciale, ma solo per una frazione di secondo, dal tanto che sono preso da ciò di cui stiamo parlando.

“Se quello che mi ha consegnato è vero, e rappresenta la verità, perché mi hanno trattato da bugiardo? Perché tutto è stato distrutto e cestinato? Perché adesso sono nella merda fino al collo e ci ho fatto una figura del cazzo? Eh?”

Mi lascia sfogare a dovere, prima di tornare a parlare con grande calma.

“Se lei crede che la verità possa facilmente vincere sul male e sul potere, be’, si è fatto un’idea sbagliata della realtà americana” replica.

“Eh no, eh…” la interrompo, non voglio che inizi a dire stronzate così grosse da potermi compromettere ancora di più.

“La linea è protetta, agente. Nessuno può ascoltarci. Ma dove ha vissuto finora, in quale mondo? I soldi possono aprire così tante porte, come vede, da potermi permettere di non essere mai intercettata. Ed è solo il minimo che io posso ottenere. Uno schiocco di dita, tre o quattro mila dollari ed ecco che qualcuno tradisce e saltano fuori tonnellate di prove schiaccianti”.

Resto in silenzio.

“Barley, credo sia meglio se ci parliamo faccia a faccia…”.

“Non penso proprio. Sta interferendo nelle indagini…”.

“Ma quale indagini?” e ride, per un istante, “quali, che domani firmerà la loro archiviazione? Quali, che adesso lei è ufficialmente fuori dal giro? Ora non è più nessuno, è solo un guarda-semafori, come mi ha appena detto. Può parlare serenamente con me”.

“Come fa a sapere tutto?” le domando, perplesso e ferito per i dettagli riportati, attenti e umilianti nella loro precisione.

“Gliel’ho detto; qualche dollaro elargito ed ecco che ci sono fughe di notizie, e gli uccellini cinguettano. Deve ancora capire come funziona il mondo, sto notando”.

“Be’, se sono un idiota fallito, un guarda-semafori, si trovi un altro agente disposto ad aiutarla. Io non posso più”.

Non mi lascia dire altro.

“Forse non ha nemmeno capito, nella sua mente semplice, che da ora in poi dovrà fare il mio gioco. Sarà proprio costretto a farlo, sa? Perché è in pericolo, ne va della sua vita e di quella della sua famiglia…”.

“Lei non sa cosa sta dicendo” dichiaro, “una pazza linguacciuta”.

“Pazza o meno, Barley, non si muoverà da lì. Ho già fatto localizzare la sua automobile grazie al segnale del suo cellulare, e i miei uomini sono già da lei, apra la portiera e si faccia accompagnare da me. In modo pacifico, s’intende”.

“Ma…” non riesco a dire altro. Questa è pazza.

Però… butto l’occhio nello specchietto retrovisore e vedo diverse figure che, immerse nell’ombra, sono già presso la mia macchina.

Fiondo la mano verso la chiave inserita nel cruscotto, ma la portiera si apre all’improvviso e una mano mi afferra saldamente.

“Che cazzo, lei è proprio pazza…” il telefono mi scivola via dalla mano sinistra mentre l’altra agguanta il volante, nella speranza di opporre resistenza, ma è tutto inutile. Queste sono braccia esperte e abili in questo genere di impieghi.

Mi trascinano fuori dall’abitacolo con facilità, faccio solo in tempo ad ascoltare le ultime parole pronunciate dalla Stradford, prima di perdere il contatto uditivo con il mio cellulare.

“Mi ringrazierà per quello che le sta accadendo, e lo farà anche presto, non si preoccupi”.

 

“Non ho la gnocca, non mi interessa”.

La mia risposta accende gli iridi di G, che mi dona un’altra occhiata profonda e pesantissima.

“Che significa? Non sarai mica uno di quelli sbagliati”.

Resto in silenzio, a lui però non sembra interessare particolarmente il voler calare di nuovo la lama.

“So che a molti non piace la fica, ma solo perché non l’hanno mai provata. Non sanno cosa vuol dire intingerci il biscotto, no? Quanto godi e quanto puoi far godere. Pensa che basta molto poco, ragazzo, molto poco”.

Inizia a infastidirmi, sposto lo sguardo ovunque e cerco di concentrarmi solo sul rossore sempre più evidente del mio viso.

“Prima devi usare la lingua, poi usi la tua asticella e spingi un po’, di tanto in tanto ti fermi, se no tutto finisce troppo presto…”.

Batto un pugno sul tavolo, inconsapevole di interrompere quel che secondo lui dev’essere una sorta di prova di eterosessualità.

Una cosa che mi ha sempre fatto particolarmente incazzare è quando gli uomini più grandi spiegano con tanta volgarità ai giovani come si fa a scopare, come se al giorno d’oggi per fare sesso servisse ogni volta il consulto degli anziani. Con un Internet farcito di porno di ogni genere, è da veri idioti mettersi a fare questi discorsi. Forse li fa solo per vantarsi al mio cospetto, chissà…

“Che ti prende?!” è sorpreso dal mio colpo di testa, ma non me ne pento. Almeno ha finito di scassare con il suo racconto osé.

“Francesco, tutto bene?” Sì, bravo, sbaglia anche nome. Buonanotte.

Mi alzo e me ne vado, l’abbandono così a sé stesso, cazzo me ne.

Mi allontano da lui quasi di corsa, attraverso la strada e il mio unico obiettivo diventa, improvvisamente…

 

…il mio orticello. Mi accoccolo tra piante da frutto e ortaggi come se mi attendessi conforto dalla Madre Terra.

E la terapia pare funzionare subito, poiché poco dopo già mi sento leggermente meglio.

Perché l’essere umano è così stupido, idiota, disgustoso? Perché? G è un uomo dall’apparenza di spessore, eppure appena molla la lingua diventa uno zoticone di primo grado. Può una bellezza fisica al suo culmine, pochi istanti prima di sfiorire per sempre, essere solo la scorza per un animo così inconsistente?

Ma, soprattutto, quante maschere ha G?

Se da una parte posso affermare di essere una frana completa con gli esseri umani, dall’altra posso scommettere che o ho avuto sfortuna con le persone, oppure tutte hanno un lato oscuro da paura. Conoscere il G gioviale fa bene all’animo, ma vedere il suo lato becero, be’, è una coltellata dritta al cuore.

Ecco, solo ora inizio a sentirmi meglio, quando il terreno sembra scaldarsi sotto di me e avverto una rinnovata armonia con il cosmo e tutto quello che mi circonda. Grazie a Dio che l’Universo non è composto solo da persone, se no che palle, che schifo, che grande sperpero di materiale organico.

Guardo ciò che mi circonda, ciò che non è umano, e ritrovo la pace dei sensi.

G? Affanculo, G.

Però, ecco che più mi calmo e più inizio a pensare di nuovo a lui, a quanto io voglia renderlo appetibile per me. Sono malato, vero? Cerco di rendere una persona migliore di quello che è, nella mia mente; di renderla perfetta per me, cioè ciò che nella realtà non è affatto.

G non è la persona giusta, sia per la differenza complessiva e sia per la mentalità, eppure mi piace pensarlo dolce, buono, con quella maschera che indossa qualche volta, insomma. Mi piace immaginarlo così, al di là della realtà.

Sbaglio e mi faccio solo del male, ora me ne accorgo e ne sono per la prima volta consapevole, ma che ci posso fare? Ho sempre avuto una immaginazione troppo fervida per essere arginata.

Sapesse G quante storie del cazzo sviluppo nella mia mente, e quanti intrecci infidi! Altroché le sue spiegazioni a riguardo del sesso.

Eppure, ecco che G mi manca già, tanto tanto. Non G come persona, ma come maschera. E se anche quella maschera non rispecchiasse una realtà, neppure momentanea? Ma per favore, beato cervello, lasciami un po’ in pace a meditare.

Adesso sono qui, al sicuro con Madre Terra, cullato dai suoi figli vegetali e animali; sono al sicuro. È tutto a posto, devo solo inspirare ed espirare lentamente per un po’, poi tutto tornerà come prima, potrò tornare a sorridere e a riprendere in mano la mia vita dopo un’oretta di imbarazzante confusione.

Il mio viso già riprende gradualmente il suo colorito naturale.

   
 
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