Scarpe.
La luce del sole gli ferisce
gli occhi; li socchiude, chiedendosi come sia possibile che i raggi lo
raggiungano con tanta forza nel dormitorio di Serpeverde e perché la testa gli
faccia così male. Non ricorda neanche che il suo letto sia mai stato così
scomodo.
C’è molto, troppo verde
intorno a lui. E qualcosa di duro che decisamente non è il suo materasso
gli preme contro la schiena. Draco spalanca gli occhi di colpo, realizzando di
non trovarsi affatto nel dormitorio. È semisdraiato contro il tronco di un
albero; non molto lontano da lui scorge il sentiero che collega Hogwarts a
Hogsmeade.
Se solo la testa non
pulsasse così tanto… rivede mentalmente Zabini offrirgli, ghignando, un muffin.
Maledetto, l’ha avvelenato per scherzo?
«Oh, ti sei svegliato!»
Una voce squillante lo
riscuote bruscamente dal tentativo di fare mente locale.
«Sei quasi svenuto in mezzo
alla strada. Ti hanno attaccato i nargilli? Sospetto di sì» spiega rapida una Corvonero
vagamente familiare, piegandosi sulle ginocchia per guardarlo negli occhi.
Draco abbassa lo sguardo,
confermando un dettaglio colto di sfuggita. È ancora troppo stordito per
reagire come si converrebbe, ma riesce comunque ad assumere un tono indignato.
«Perché indossi le mie scarpe?»
Lei gli sorride. «Secondo
mio padre per capire una persona bisogna mettersi nelle sue scarpe» racconta,
convinta. «Volevo provare. Ho capito perché sei sempre così cupo e scontroso: le
tue sono troppo serie e scomode!»
Draco aggrotta la fronte, offeso
più dal fatto che la sconosciuta abbia definito scomode le sue pregiate
calzature in cuoio che non dal suo semplice indossarle.
«Le mie scarpe vanno
benissimo» protesta, guardandola torvo, «e io non sono affatto cupo».
«Oh, sì, ma non è solo colpa
tua o delle scarpe» replica lei, con voce sognante. «Piaci molto ai
gorgosprizzi, sai? Dovresti stare più attento».
«Sei tutta strana» sbotta
lui, meno acido di quanto vorrebbe. Non riesce a inquadrarla; se almeno
sapesse chi è.
«Non sei il primo a dirlo»,
commenta lei con un’alzata di spalle. «Mi chiamo Luna. Luna Lovegood» aggiunge
poi, squadrandolo con curiosità. «E tu sei Draco Malfoy».
«Non funzionano così le
presentazioni».
Luna sorride enigmatica.
«Hai bisogno di aiuto per tornare?»
«No» risponde rapido, senza
neanche provare prima ad alzarsi.
«Allora alla prossima, Draco
Malfoy».
Toglie le scarpe e si incammina,
scalza, lasciandolo a processare l’assurdo incontro appena avvenuto.
Sono passati mesi dalla
battaglia. Sua madre l’ha convinto a tornare a Hogwarts, a concludere gli
studi. A fingere di avere una vita normale.
Non pensa sia possibile. Sul
treno nessuno gli rivolge la parola, gli studenti evitano il suo scompartimento
– solo Zabini l’ha raggiunto; anche lui è tornato.
«Sei diverso» commenta
Blaise, squadrandolo. «Quelle scarpe… non sono da Malfoy».
Quasi si strozza – sperava non
si notasse. «Volevo un cambiamento» mormora, mantenendo un tono neutro.
Sono sulla carrozza quando
li raggiunge una ragazza – Draco quasi non crede ai suoi occhi.
Luna Lovegood sorride
sognante. «Mi piacciono le tue scarpe» afferma, sedendosi.
Draco ignora l’occhiata
dubbiosa di Blaise – forse l’anno non andrà così male.