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Autore: Belarus    06/10/2020    1 recensioni
"Dall’alto dei suoi due metri e delle batoste prese nella sua breve vita, Kidd la osservò mordicchiarsi la bocca e un pensiero lo investì, facendogli lanciare di mal grazia la rivettatrice nel carrello degli attrezzi.
«Che si fottano loro e tutta la classe dirigente di Marijoa. Puoi stare da me.» annunciò serio, facendo scappare a Killer la saldatrice accesa di mano."

[AyaKiddAU con la simpatica collaborazione di Law in veste di vicino]
Storia partecipante{o quasi} al Writober2020 indetto su Fanwriter.it
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Shiawasenashi - La morte felice
Genere: Generale, Commedia.
Prompt: Nuvole
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Trafalgar Law; Pirati Heart
Note: Seconda shot della raccolta, questa volta tutta incentrata su Law, più o meno. Nella mia AU è il vicino di Kidd, il suo appartamento infatti come scoprirete è esattamente di fronte a quello di Kidd sebbene siano separati da una piazza e i due beh, hanno il rapporto che hanno anche nel manga, solo con la complicanza Aya. Ho dedicato il capitolo a Law dato che oggi è il suo compleanno e una cena fuori, anche se post fuga come in questo caso, mi sembrava adatta. Spero qualcuno possa apprezzare e ringrazio quelli che hanno letto la prima shot dal più profondo del mio arido cuoricino~ Merciiiii~




#02. Nuvole





Si conoscevano da appena mezza giornata ed aiutarla a nascondersi, nell’astanteria dell’ospedale, da una pattuglia di ronda che la cercava per riportarla di peso a casa non era di per sé un incontro ottimista, ma già l’avevano invitata ad uscire. Con l’autocontrollo di un branco di adolescenti in piena crisi ormonale e fregandosene del fatto che fosse la donna di Eustass-ya, scattavano da un lato all’altro del tavolo come schegge impazzite e in meno di cinque minuti avevano riempito il tavolo dell’Awashima’s Restaurant di così tanta roba tipica del quartiere da minacciare di farlo spezzare in due per il peso. Ma a lei ovviamente la cosa divertiva, la divertiva da morire glielo si leggeva in viso, dal modo in cui arricciava il naso, dal tono della sua risata, cristallina e disinteressata. Stava gioendo come una bambina tra altri bambini e per quanto Law fosse ormai rassegnato e abituato al fracasso dei suoi amici, non lo era affatto all’idea di star seduto di fianco alla donna di quello zuccone piantagrane di Eustass-ya.
«Queste patatine hanno un sapore strano…» la sentì commentare tra un morso e un altro, inclinando il capo rossiccio per osservare ciò che reggeva tra le dita sottili.
«Sono nuvole di drago, non patatine. Dentro ci sono granchio e gamberi piccanti disidratati.» puntualizzò, mandandone giù una nell’attesa del proprio pesce senza staccarle gli occhi di dosso.
Le teneva tra due dita, quasi aggiungerne una in più non sarebbe stato bene. Non era disgustata, anzi, ma i suoi modi avevano qualcosa di strano, qualcosa che per quanto Law si sforzasse non c’entrava nulla con quella testa calda del suo vicino di casa e tutto con il luogo da cui lei veniva invece. Era una sorta di distacco che dovevano averle inculcato, ogni movimento calcolato e misurato quasi l’avesse recitato dopo anni d’allenamento e prove. Era impeccabile, nello starsene seduta e nel fare conversazione. Una bambola da esposizione che dall’esposizione però, era scappata. E sulle sue gambe per di più.
Non gli c’era voluto molto per fare due più due, era senza modestia abbastanza intelligente da trarre conclusioni e d’altronde, le voci su quella ragazza di nobile famiglia svanita nel nulla mesi prima avevano fatto il giro dell’intera città. Era venuta persino la Marina a cercarla nel loro quartiere, eppure nulla. Nessuno ne aveva saputo niente e le autorità ancora la cercavano, in una impresa quasi del tutto impossibile in una città come quella, con i suoi angoli ciechi e la moltitudine di problemi che la attanagliavano. Ce l’avrebbero fatta se lei avesse recitato il suo copione, ma ad Aya – Law lo stava vedendo con i suoi occhi – il copione andava bene nella forma, non nella pratica. Come o cosa avesse finito per fare insieme ad uno come Eustass-ya a lui non era chiaro, di certo però finché se ne sarebbe stata sotto la sua ombra non l’avrebbero ripresa neppure da morta. Aveva avuto difficoltà persino lui, trovandola sotto un lettino, nel suo reparto, durante il suo turno, non confidava che i metodi di persuasione degli idioti in divisa lo superassero in alcun modo. Aveva tirato ad indovinare e da quello che aveva sentito, si era immaginato solo una ragazzina viziata, ignara di come girava davvero il mondo lontano dal piedistallo su cui l’avevano fatta nascere e sull’orlo del pianto per una condizione cui non era abituata. Non si sarebbe sorpreso sino a quella mattina di scoprire che l’avevano ritrovata cadavere in qualche canale vicino al fiume, nelle zone del porto con tre o quattro sorpresine addosso lasciate da dei gentiluomini o su un marciapiede, sfruttata, su lungo le strade che portavano fuori città. La vita girava a quel modo in fondo, Law lo aveva sperimentato a proprio discapito e fare affidamento su chi sta ai piani alti è persino peggio dello scavarsi una fossa da soli. Eppure Aya era lì. Era di fianco a lui, sana e salva, rideva e aveva persino stretto un rapporto con uno degli uomini meno socievoli di tutto il continente. Com’era successo? Che cosa aveva di speciale in fondo da cavarsela là dove altri sarebbe sprofondati? Perché qualcosa, qualcosa di grosso, doveva averlo per aver fatto breccia in un duro d’orecchie come Eustass Kidd e di certo, non stava nascosto sotto la camicetta. Law non aveva un’ottima opinione del suo rumoroso vicino, ma gli riconosceva occhio nelle scelte di vita, perché in una qualche bizzarra maniera erano le sue stesse scelte. E più si sforzava, più non capiva e voleva, pretendeva di sapere. Per questo aveva accettato di invitarla a cena, gli si era persino seduto di fianco e… e si era perso qualcosa a giudicare dal silenzio che gli regnava attorno in quel momento.
Ignara dei suoi pensieri, Aya stava ad occhi sgranati fissandosi le mani e all’altro capo del tavolo, Penguin e Shachi si contrassero in una smorfia quasi di dolore fisico.
«Abbiamo pensato potessero piacerle ecco… ha detto che ama il cibo piccante… siamo stati sgarbati, sumimasen.» si scusò dopo un lungo momento di silenzio Penguin per entrambi e insieme abbassarono la testa sin quasi a toccare con i loro cappelli i piatti.
Riallacciato al discorso, Law si toccò il ponte del naso e tra la testa che pulsava per quelle scenate assurde in cui solo i suoi amici, quasi fratelli, potevano andare a ficcarsi, la guardò in silenzio, affatto intenzionato a metter bocca nella questione pur di soddisfare la propria curiosità.
Era un gioco pericoloso, si rischiava più di una litigata con una sconosciuta prendendosi quel genere di confidenze con qualcuno che veniva da quelle famiglie, ma aveva il sentore che non sarebbe andato di nuovo tutto da copione.
E Aya difatti li osservò stupita e riuscì, sforzandosi senza ragione per di più, a trattenere la risata che le avevano provocato evidentemente solo un misero istante prima di esplodere cristallina.
«Sgarbati?! Le adoro! Da oggi saranno il mio snack preferito! Volete mettere la prospettiva di masticare le scaglie di drago strappate a mia madre? È un sogno che diventa realtà!» approvò entusiasta, pulendosi le dita dalla polvere rosa che vi era rimasta appiccicata.
«Ma non sono scaglie vere O-jochu.» precisò come una voce fuori campo Bepo, ricevendo uno scappellotto da manuale da Shachi e Penguin che quasi lo ribaltò dalla panca su cui stava seduto, benché fosse di molto più grosso di entrambi.
«Lo sa brutto stupido, scherzava per tirarci fuori dall’impiccio!» strepitarono all’unisono, già dimentichi della figuraccia cui erano scampati.
«Sumimasen…»
E in quel caos ritrovato e familiare, Trafalgar si girò completamente a guardarla, mentre si portava una mano alla bocca per non esplodere tra quell’euforia e gli parve quasi che Aya fosse sempre stata lì, in quel posto tra lui e Shachi, a ridere e cercare di calmare i suoi amici dall’azzuffarsi come bambini al tavolo di un ristorante cinese. Eppure si conoscevano da così poco, di lei sapeva lo stretto indispensabile e di certo era sufficientemente pericoloso da rendere palese che no, non avrebbe dovuto fissarla a quel modo, ma non riusciva né tantomeno voleva smettere. E non lo fece neppure quando Aya si girò a ricambiare l’occhiata con un sorriso genuino che le arricciò il naso persino più di quanto non avessero fatto le risate.
«Portatemi qui più spesso, vi va?» si sentì proporre di colpo e gli parve quasi un invito del destino a saziare la sua curiosità, il che era assurdo considerato che lui al destino non credeva affatto.
«Aye.» acconsentì appena udibile tra il caos, ma già con un ghigno, mentre il cameriere arrivava in soccorso a separarli con il suo piatto di pesce alla griglia fumante.
Dove diavolo l’aveva trovata Eustass-ya?






  
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