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Autore: Risa_chan    26/01/2021    2 recensioni
Era entrato in un’aspirale e non sapeva come uscirne, no, non voleva uscirne, perché Hinata prendeva un pezzo di cuore a chiunque incontrasse. Se lo prendeva e se lo portava via.
Ed eri felice di darlo.
* NO SPOILER FREE* *OIHINA*
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tooru Oikawa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Capitolo cinque


 
 
 
 
 
L’infrangersi dell’acqua sulla sabbia e il verso dei gabbiani, era la colonna sonora che accompagnava Toruu e Shoyo mentre camminavano in riva al mare.
Il cielo era tinto di una tonalità accesa di rosa che andava confondendosi con il blu, sempre più scuro, della sera che si stava avvicinando.
Toruu osservava la nuca rossa di Shoyo mentre camminava ad un passo davanti a lui fischiettando una canzone a lui sconosciuta.
I capelli di Hinata erano insoliti per un ragazzo giapponese perché erano chiari ed accesi.
Oikawa si ricordò di un commento che una volta aveva letto sbirciando uno dei manga di sua sorella: “desiderava ardentemente accarezzare i suoi capelli rossi come un tramonto estivo.”
L’aveva trovata la cosa più ridicola che avesse mai sentito, e ripensandoci non aveva cambiato idea. Era stupido perché i capelli di Shoyo non assomigliavano affatto ad un tramonto.
La tonalità di rosso di Shoyo era luminosa e virava verso l’arancio, molto simile al colore dei mandarini.  I capelli di Hinata non gli ricordavano un sole che moriva, ma il sole che picchiava nel punto più alto del cielo, nel giorno più lungo.
Poi di botto tornò alla realtà: “Cosa diavolo mi passa per la testa?”
 Rise beffardo il suo grillo parlante: “Da quando ti sei innamorato?”   
La risposta era così ovvia e chiara e non c’era nulla di cui stupirsi. Provare tanta gelosia qualche ora prima aveva acceso una nuova consapevolezza che Toruu aveva cercato di ignorare, tentando di trattenere l’inevitabile spegnendo le fiamme con una misera coperta. Prima cercando di mantenere le distanze facendo finta di non essere attratto da Hinata, poi, ripetendosi che presto sarebbe tutto finito e lui sarebbe stato bene.
Oikawa era un pessimo bugiardo e uno stupido.
Toruu non vedeva Hinata, lo scrutava cercando di memorizzare il più piccolo dettaglio, non lo sentiva ma lo ascoltava cogliendo ogni vibrazione della sua voce come mai prima di allora aveva fatto con qualcuno. 
«Che pensi?»
Hinata aveva reclinato la testa verso di lui quasi a sfiorargli la camicia azzurra; gli sorrise, «Ti piace il tramonto brasiliano?»
«È molto suggestivo.»
In realtà, in quel momento, il tramonto brasiliano era l’ultimo dei suoi pensieri. A lui importava solo tenersi Shoyo per sé per il resto dei suoi giorni.
Shoyo accordò il suo passo con il suo, affiancandolo e in silenzio, gli prese la mano.
Hinata limitava la calma al campo di gioco, nei momenti in cui la partita esigeva tutta la sua concentrazione; diveniva il predatore fermo nell’ombra che aspettava la sua preda.  Il resto del tempo era energico e vivace.
Toruu non sapeva cosa aspettarsi da quella calma improvvisa, una tempesta in arrivo? Un colpo basso che lo avrebbe fatto capitolare?
Arrivati in una insenatura costellata di scogli neri che assomigliavano a meteoriti, Shoyo sorrise: «Non so molto di te, raccontami qualcosa!»
L’attacco era iniziato veloce trovando Toruu, completamente impreparato.
«Di che tipo?»
«Il tipo di musica preferita, il genere di film, per esempio, ami i fumetti?»
Toruu senza pensarci troppo rispose: «Musica giapponese, amo molto la fantascienza, star teck, Star war…»
«Wow, sul serio?!» esclamò Shoyo con gli occhi che brillavano per il divertimento.
«Non è…» Toruu cercò di tirarsi fuori dall’imbarazzo, «mi piacciono non che impazzisca per loro.»
Non poteva certo raccontargli della sua piccola collezione di pupazzetti, o di navicelle che conservava insieme alle pile di riviste sulla pallavolo.
«È figo invece,» Shoyo rafforzò la stretta sulla sua mano, e gli occhi brillarono ancora di più sotto la luce del sole che moriva.
«Non ho mai visto nessuno film ma mi piacerebbe farlo,» continuò quasi sopraffatto dall’emozione, «potremmo guardarli insieme un giorno?»
Se avesse potuto gli avrebbe consegnato l’universo infiocchettato, con tutte le stelle e i pianeti, altroché.
 
Toruu si protese per baciarlo, Hinata ricambiò il suo bacio felice mordendogli il labbro inferiore, prima di approfondire il bacio.
Dapprima, cercava disperatamente un contatto più intimo, ma sfuggiva via quando Toruu cercava di accontentarlo. Giocavano acchiapparello: quando la lingua di Hinata toccava la sua, era lui che doveva rincorrerlo per avere il suo premio.
Un bacio lento, mille baci più brevi ed urgenti, poi di nuovo tornavano ad assaporare il gusto di una lenta agonia.
Il suo unico sole era un demone affamato travestito da angelo, pronto a mangiarsi la sua anima, a piccoli morsi, bacio dopo bacio.
 
«Ti va di dormire da me, sta sera?»
Toruu rispose leggermente stordito: «ok…»
 Cercò le labbra di Hinata, ma lui si spostò ridacchiando: «È ora di far festa!»
 
***
 
 Sulla spiaggia avevano allestito un gazebo di legno ricoperto da un sottile velo bianco e da rami d’edera come pista da ballo, la band suonava su un palchetto lì accanto e ovviamente un chiosco vendeva rum ed altri alcolici ai ballerini assetati dallo sforzo e dal caldo.
Le luci della città che si intravedevano sullo sfondo, il mare ormai scuro rendevano quel posto ancora più incantevole.
Rio sapeva accogliere nelle sue braccia amorevoli, scuotere con i ritmi incalzanti della musica, incantarti con le sue bellezze. Si era trovato più volte a pensare che, non gli sarebbe dispiaciuto viverci, magari trovarsi una squadra con cui fare un contratto…ma Oikawa era un tipo troppo fedele per lasciare i suoi compagni di squadra, abbandonare i legami creati in Argentina, là aveva trovato il modello di gioco a cui aspirare, quello che lo aveva fatto innamorare della pallavolo senza che questo amore si spegnesse mai.
Eppure lì, a Rio, aveva fatto tabula rasa un'altra volta, era stato di nuovo ricondotto alle basi della pallavolo e aveva trovato ancora di più.
 
Hinata cercò più volte di convincerlo a buttarsi in pista senza nessun risultato; decise quindi di provare con il rum.  
Neanche quello servì; dopo aver bevuto due bicchieri Toruu non voleva cedere alla richiesta.
«Il grande Re è uno timido!» lo prese in giro ghignazzando, felice di avergli trovato un punto debole.
«Non è quello!»
Hinata continuava a sostenere il contrario ma, ad un certo punto, venne colto da un dubbio a cui non aveva pensato.
«È perché siamo due uomini?» chiese prima di affrettarsi a rassicurarlo, «non è un problema, non ti avrei portato qui se non fosse sicuro.»
Nei suoi occhi poteva leggere il dispiacere di non aver riflettuto abbastanza dando per scontato qualcosa che, purtroppo ancora non lo era.
«Oh no, Chibi-chan, di quel che pensa la gente non m’importa,» Toruu si grattò una guancia, «è che non so ballare.»
La reazione di Shoyo fu fulminea, non gli diede tempo di rendersi conto, che già si trovavano in pista avvinghiati l’uno all’altro.
«Lasciati guidare, vedrai che è facile!»
Scoppiò a ridere cercando di imitare quello che l’altro faceva.
Il corpo rilassato, il busto leggermente proteso in avanti: un passo indietro, un passo di lato, un passo davanti, poi di nuovo da capo.
«Non guardarti i piedi, guarda me.»
Quello poteva farlo.
Un po’ goffo, non tanto sicuro come avrebbe desiderato, Toruu danzava lasciandosi guidare dal suo compagno e dalla musica.
Tra un riso e l’altro si muovevano sulla pista acquistando via maggiore scioltezza e minor imbarazzo.  Si divertirono così tanto che ballarono un altro pezzo e un altro, ogni tanto si riposavano preferendo osservare le altre coppie ballare prima di riprendere a scatenarsi.
  «Ti sta piacendo, eh?»
Toruu strinse la presa su Shoyo mentre ballavano: «E’ più facile di quanto pensassi e poi…»
«E poi?»
«Ho avuto un insegnante niente male!» disse Toruu.
Shoyo scoppiò a ridere fermandosi quando la canzone finì. Alcuni ballerini rimasero, altri si allontanarono lasciando il posto ad altre coppie che aspettavano a bordo pista.
«Ti va di andarcene?» chiese
«Sì, credo sia ora…»
Oikawa non si ricordava l’ultima volta che si era ubriacato, non pensava di esserlo mai stato.  Neanche quella sera aveva ecceduto con i bicchieri, ma non riusciva a trovare nessun’altra parola che descrivesse il suo senso di abbandono, l’euforia che aveva in corpo.
Ci si poteva ubriacare di felicità?
 
Arrivati alla porta dell’appartamento di Hinata, questo gli fece segno di non fare rumore. Non voleva disturbare il suo inquilino semmai fosse stato a casa.
Shoyo sbirciò dentro prima di fargli cenno di venire avanti; il salotto era buio, lo afferrò per il polso per guidarlo verso la sua stanza.
Durante il tragitto inciamparono nel divano, poi urtarono un tavolino facendo quasi cadere la grossa lampada posizionata sopra.
Scoppiarono a ridere rumorosamente dimenticandosi completamente che, in quel modo, avrebbero potuto svegliare Pedro se non tutta la palazzina.
«Forse è il caso di accendere le luci, Chibi-chan»
Hinata ridacchiò per l’imbarazzo: «Non ci ho proprio pensato.»
Un attimo dopo la stanza si riempì di luce.
Shoyo aveva le labbra turgide, gli occhi lucidi e i capelli scompigliati più del solito, sembrava malfermo nelle gambe, sebbene la colpa era imputabile al rum, preferiva dare la colpa a sé stesso e alla lunga pomiciata che avevano avuto fuori poco prima.
«Vieni, la mia camera è la seconda a destra.»
 
***
Il giorno dell’amichevole arrivò, Oikawa sarebbe partito il giorno dopo.
Hinata e Oikawa avevano passato ogni secondo del loro tempo libero insieme, giocando a beach volley, facendo l’amore, oppure ridere e parlare.
Shoyo sentiva che non poteva bastare.
Strani pensieri si stavano facendo strada nella testa di Shoyo, come calcolare la distanza tra Rio e San Juan.
Aveva anche cercato su Google Maps, “Siano benedetti gli smartphone”, talmente convinto che il Brasile e l’Argentina fossero vicine.
Pensieri che aveva deciso di condividere anche con Toruu mentre stavano cenando la sera prima dell’amichevole.
Oikawa sputò l’acqua che stava bevendo per evitare di strozzarsi: «Cosa hai detto?»
Hinata non si sentiva più sicuro di quello che stava dicendo ma continuò lo stesso: «Sono solo quattro ore di volo, potremmo organizzarci se vogliamo…»
«Non credo di aver compreso, Chibi-chan, di cosa stiamo parlando?»
Tutto di un fiato Hinata espresse il suo piano: «tra Rio e Buono Aires ci sono tre ore di volo, poi potrei prendere un altro che mi porterebbe a San Juan in un’ora, è fattibile.»
Toruu aveva capito benissimo il senso del discorso, ma qualcosa si era spento nel cervello, dovuto ad un’esplosione nucleare che aveva disintegrato i suoi neuroni.
Shoyo stava pensando di venirlo a trovare, di continuare quella relazione nonostante tutto?
 Doveva chiedere per esserne sicuro: «Vuoi venirmi a trovare?»
«Sì, No…» Shoyo sembrava nel pallone, si diede due schiaffi in faccia prima di proseguire, «Non è solo quello, penso che possa funzionare tra noi, non dobbiamo mollare!»
Toruu sorrise dolcemente, spostò una ciocca rossa dalla fronte di Hinata, felice e disperato al tempo stesso; avrebbe tanto voluto potersi illudere che quella bugia fosse la verità, ma davanti a lui vedeva solo un muro immenso. La sola forza di volontà, in quel caso, non sarebbe servita.
«Non sai quanto questo mi faccia felice,» disse Oikawa.
Hinata lo interruppe più entusiasta di prima: «Davvero? Perché io non voglio rinunciare a nulla, né alla pallavolo né a te!»
Aveva rinunciato a Tobio un anno prima convinto che avrebbe dovuto mettere tutto sé stesso per migliorarsi come giocatore.  Non avrebbe perso Tobio perché si erano ripromessi di rimanere insieme fino alla cima del mondo. Ma non erano stati codardi? Avevano lasciato da parte i loro sentimenti per eliminare una complicazione dolorosa.
Non sempre la strada più facile è quella giusta.
 «Lo so, ma non sempre possiamo scegliere.» disse il grande re.
«Non rimarrai a Rio per sempre, ma non è il punto più insidioso,» Toruu strinse con forza la bottiglietta che teneva in una mano, «gli allenamenti, i tornei impiegano la maggior parte del nostro tempo e delle nostre energie, ammesso di riuscire a vederci qualche volta, sarebbero incontri brevi ed insignificanti.»
Oikawa parlava senza prendere fiato arrabbiato con il destino perché gli stava togliendo una delle cose più belle della sua vita.
«Ne varrebbe la pena…» sussurrò Shoyo.
Con il cuore spezzato Toruu rispose: «Ogni secondo, ma finirebbe per farci ancora più male.»
Hinata non seppe ribattere.
 
 
***
 
Shoyo arrivò al palazzetto in largo anticipo; aveva chiesto un permesso al lavoro ed ora si trovava lì ad aspettare che la partita iniziasse.
 In passato aveva avuto il terrore di dover rimanere ad osservare il match da fuori campo.
Hinata aveva tante cose da fare e così poco tempo per farle. Perché andare a casa quando avrebbe potuto allenarsi fino a tardi? Perché poltrire sul letto anziché cercare di apprendere nuove tecniche per rimanere in campo? Doveva giocare il più possibile, fosse schiacciare, ricevere, murare, la sua fame era insaziabile.
Sottovalutava l’importanza di essere un raccattapalle fin a quando non vi era stato costretto.
Prendersi il tempo per osservare e decidere la strategia era la fondamentale regola che aveva appreso durante il campo di allenamento alla Shiratorizawa.
Osservare il campo da fuori gli aveva aperto un mondo nuovo davanti agli occhi, una fonte di informazioni preziose che, mentre era in campo aveva ignorato.
L’idea di fermarsi per giocare a beach-volley era nata grazia a quell’esperienza. Era andato in Brasile perché aveva sentito la necessità di dedicarsi al perfezionamento di ciò che aveva imparato al club di pallavolo senza andare di fretta.
 
Gustò ogni singolo minuto della partita di Toruu, prese appunti mentali sugli schemi e sulle tecniche utilizzate dai giocatori.
A fine partita scese dagli spalti e raggiunse il campo grazie ad un pass che Oikawa gli aveva dato la sera prima.
«Ecco, Chibi-chan,» lo accolse Toruu con un sorriso sornione facendogli segno di avvicinarsi, «non essere timido!»
Riuscì ad ottenere qualche autografo, parlare di pallavolo con diversi giocatori del Juan Carlos, prima di tornare a casa.
In mezzo a giocatori professionisti alti e grossi il doppio di lui, Shoyo era nel suo elemento naturale. Riusciva sempre a brillare più degli altri con la sua sola presenza.  Anche se non stava giocando ma chiacchierando allegramente come un qualsiasi fan di fronte al suo idolo.
Oikawa voleva ricordarlo così nella mente, vivace e sorridente come un bambino a natale. Niente espressioni tristi, niente addi, solo arrivederci.
Shoyo glielo aveva promesso.
***
 
 Le ruote della valigia facevano rumore mentre Toruu lo trascinava sulle pietre della strada.
Hinata camminava accanto a lui portandosi la sua bicicletta dietro: dopo aver accompagnato per un tratto Toruu, sarebbe andato diretto a lavoro.
 
Oikawa respirò profondamente prima di tendere la mano: «Va bene, prediti cura di te, Chib… Shoyo.»
Non aveva mai chiamato il ragazzo con il suo nome, uno stupido modo di rimanere impenetrabile, ma oramai era inutile.
Gli occhi di Hinata si riempirono di lacrime ricambiando la stretta: «Signorsì, grazie!»
«Sono io che ti ringrazio.»  
«Tornerai a casa tra due anni giusto?»
«Sì.»
«Io…» Oikawa cercò le parole per quell’addio ma si rese conto che non lo era per davvero, perciò concluse con l’unica verità che conosceva.
  «Vi batterò tutti, quindi preparati.»
«Sì!»
«Cerca di sembrare più spaventato, comunque ci vediamo!»
Toruu si voltò per proseguire ma un richiamo lo fermò sul posto; Hinata lasciò cadere la sua bicicletta e corse verso di lui, in mezzo alle strisce pedonali, un ultimo sfiorarsi delle labbra: «Non è la fine, te lo prometto.»
 
 
OLIMPIADI TOKYO 2021
 
Gino e Gabriel, meglio conosciuti come “I fratelli pagami una birra”, se ne stavano belli comodi, seduti ne loro salotto, guardando le olimpiadi di pallavolo.
Tutto il mondo aveva superato le difficoltà ed aveva vinto.
Prima del fischio d’inizio di Argentina- Giappone, la telecamera immortalò un abbraccio fra due giocatori ben conosciuti a i due fratelli.
«Guarda, è Ninja Shoyo, e quello è…» esclamò Gino.
 Però fu Gabriel a riconoscere Oikawa per primo: «Ken Wankenabe*!»
Nessuno poteva immaginare cosa significasse davvero quell’abbraccio.
 Stretti ‘uno all’altro, Toruu e Shoyo sorrisero.
 
 
*Oikawa si presenta così quando i fratelli delle bevute sfidando lui e Shoyo, nella ff non l’ho specificato, ma mi piaceva troppo la scena che c’era nel manga per modificarla. ^.- 

 Risa notebook

E finalmente siamo giunti alla fine di quest'avvetura; con un grande e imperdonabile ritardo, sono riuscita a scrivere la parla fine. Me ne scuso: purtroppo ho avuto un momento di crisi con la trama, tendo ad essere lenta ed incostante  e  come se non bastasse ,mi sono ammalata e non ho potuto scrivere per parecchio.  
Ala fine credo di essere riuscita a raggiungere l'obbiettivo finale, questa fine era l'unica sensata per me. Non è un lieto fine ma neache un finale triste. Forse è rimasto qualcosa in sospeso (mea culpa perchè faccio programmi, m'impongo una scaletta ma non rispetto mai), ma ho in mente di raccontavi un altra storia legata a Whipstich.
Perciò rimente sitonizzati!
Kiss
Risa



 
   
 
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