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Autore: Signorina Granger    02/02/2021    2 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di "Wars of the Roses"]
I. Neit e Caroline
II. Ambrose
III. Clio & Riocard
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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II. Ambrose  


 
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Gennaio 1913, Southampton


 
“Si leggono cose veramente orribili sulle navi. Terribili.”
“Ah davvero?”
 
Le labbra di Riocard si distesero in un sorriso che il cugino non ricambiò, anzi: Ambrose annuì, serio in volto e risoluto, e aprì di fronte al cugino un vecchio foglio di giornale della Gazzetta del Profeta quasi lo avesse portato con sé proprio con quel fine.
 
“Esattamente. Vedi? Titanic affonda, tragedia, perdono la vita più di mille persone…”
“Ambrose, io non andrò a sbattere contro un iceberg nemmeno volendo, e si tratta di una storia vecchia.”
 
“Vecchia?! Era meno di un anno fa, idiota!”
Lo sguardo di Ambrose si fece quasi truce mentre si metteva le mani sui fianchi, guardando il cugino ridere con la fronte aggrottata.
“Senza contare che partì proprio da questo porto. Non lo vedi? Sono cattivi segni!”
“Ambrose, apprezzo il pensiero, ma davvero, non è necessario. Ho deciso di partire e partirò, non c’è verso che cambi idea.”
L’ex Grifondoro si sistemò distrattamente la sciarpa di lana addosso mentre Ambrose sospirava e alzava gli occhi al cielo: odiava ammetterlo, ma infondo sapeva che sarebbe stato impossibile far cambiare idea a quell’idiota di suo cugino.
 
Riocard invece sorrise, e gli mise una mano guantata sulla spalla prima di rivolgergli un’occhiata pregna del più sincero affetto:
“Ambrose, sono un mago. Se anche le cose dovessero mettersi male mi Smaterializzerò, non è una tragedia. E ricorda ciò che hai promesso… Le cose che ti scriverò dovrai tenertele per te.”
“Va bene, va bene… non capisco né perché tutti questi segreti, né l’urgenza di partire… ma so che non mi dirai niente, quindi porta pure il regale fondoschiena su quella nave, se ci tieni tanto.”
“Via, via, non fare così, prometto che non ti dimenticherò e che nessuno prenderà il tuo posto nel mio cuore.”
 
“Vorrei vedere.”
Ambrose ignorò il tono ironico del cugino, parlando con l’aria di chi si dà molta importanza prima che Riocard, sorridendo, lo abbracciasse.
“Mi mancherai Ric. Non stare via troppo a lungo.”
“E’ presto per dirlo… ma ti terrò aggiornato, lo prometto.”
 
Con un ultimo laconico sorriso Riocard raccolse il suo bagaglio e si allontanò con disinvoltura verso il ponticello che conduceva all’ingresso della nave sotto allo sguardo un po’ tetro di Ambrose, che restò a guardarlo per qualche istante prima di infilarsi le mani nelle tasche del cappotto e allontanarsi tra la ressa di persone venute a salutare i propri cari, pensieroso.
Sua zia se n’era andata un paio di settimane prima, e dopo giorni e giorni di silenzio Riocard se ne usciva – sconvolgendo tutti – che “partiva”. Il tutto quando Zio Theseus si era appena dimesso e il Ministero era tornato ai Cavendish.
Troppi, troppi cambiamenti in troppo poco tempo. E la cosa che più lo infastidiva era non sapere che cosa fosse successo da spingere suo cugino a quella decisione così repentina.
 
*
 
“Tu sai dov’è, vero? So che lo sai.”
Ambrose non rispose subito, prendendosi tempo mentre versava un goccio di whiskey nella tazza di thè che aveva di fronte. Elizabeth invece continuò a guardarlo con ostinata decisione, la tazza in mano e la fronte aggrottata mentre studiava le espressioni del cugino.
 
“Se lo sai, non vedo perché chiedermelo, Lizzy. Oh, non fare quel faccino, non guardarmi così. E’ Riocard che non vuole che nessuno sappia dove sia andato, credimi! Sai com’è fatto, è così terribilmente riservato…”
“Ma perché?! Perché se n’è andato così? Non mi ha neanche… non mi ha neanche salutata. Abbiamo saputo che se n’era andato da te.”
 
La giovane strega chinò il capo sul thè all’arancia che aveva davanti, incupendosi un poco e facendo sorridere con affetto Ambrose: appoggiata la tazza sul tavolino, il ragazzo allungò una mano per prendere quella della cugina, assicurandole che era stato così per tutti, non solo per lei.
 
“Credo che non l’avesse detto perché sapeva che avremmo tentato di fermarlo. Io stesso ci ho provato, effettivamente… le famiglie grandi e unite come le nostre si intromettono, lo sai anche tu.”
“Ha a che fare con la zia, vero? Perché è andata via così?”
“Questo non te lo so dire, Lizzy, lo giuro. Me lo sono chiesto anche io, ma Riocard non ha voluto farne parola… anzi, sembrava che il solo menzionare zia Alexis lo infastidisse molto, così ho lasciato perdere. Eppure credo che tuo padre e mia madre ne sappiano qualcosa… si fanno strani, quando la menzioniamo.”
Elizabeth sbuffò, addentando nervosamente un biscottino al burro prima di borbottare di detestare essere lasciata all’oscuro di qualcosa.
“Terribilmente vero. Sai, curiosa, diretta e perspicace come sei, saresti stata un’ottima giornalista.”
“Mh, probabile, ma preferisco lasciarti la gloria e non offuscarti con le mie doti, cuginetto… A proposito, papà mi ha detto che corre una certa voce su Burke che vuole andarsene in pensione. Sai dirmi niente a proposito?”
 
Un sorriso angelico fece capolino sulle labbra di Elizabeth, che scoccò un’occhiata divertita ad Ambrose mentre il ragazzo si stringeva nelle spalle, fingendo indifferenza:
“Può essere, sì, ma non accontenterò la tua fame di pettegolezzi, Lizzy. Non si sa nulla su chi lo succederà.”
Una mezza idea il giovane ce l’aveva, ma sfoderò il suo sorriso più adorabile mentre la cugina, abbandonando il suo, lo guardava di traverso:
“Non starai diventando noioso, vero Ambrose?!”
 
*
 
 
“Mamma, mamma! Dove sei?!”
 
Clara aprì la porta della camera dei genitori con impazienza, passando la grande stanza in rassegna alla ricerca della madre prima che la voce dolce di Amethyst giungesse dal vestibolo:
“Che cosa c’è tesoro?”
“Ah, eccoti… Si tratta di Ambrose.”
 
La giovane, appena tornata dal Ministero, attraversò la stanza e si fermò sulla soglia del vestibolo con un sorriso carico d’emozione sulle labbra: la madre, che teneva un Klaus in vena di coccole sulle ginocchia mentre si spazzolava i capelli rossi, si voltò e le rivolse un’occhiata sorpresa, invitandola a continuare.
“Nulla di grave, spero.”
“No, no, secondo te starei sorridendo, se così fosse?!”
“Beh, parla allora, non lasciarmi sulle spine!”
 
Accarezzando distrattamente la testa del piccolo Crup la donna aggrottò la fronte e guardò la figlia con il suo sguardo più indagatore, osservandola sfoderare il suo più largo sorriso prima di dire qualcosa con tono concitato:
“Sai che Burke va in pensione, no? Il capo di Ambrose. Bene, ai piani alti ho sentito che ci sono buone probabilità che gli succeda lui.”
“Davvero?! Ma se… Ma a Burke non andava molto a genio, o sbaglio?”
“Credo che all’inizio pensasse fosse raccomandato… sai, nipote del Ministro prima e poi anche del successivo… Ma dev’essersi ricreduto, e magari lo voleva mettere alla prova. Ma che importa, ciò che conta è il suo fantastico traguardo, no?”
Clara sorrise, piena di affetto e di orgoglio per l’amato fratello maggiore mentre Amethyst, alzandosi prendendo Klaus in braccio, annuiva e sorrideva di rimando:
“Assolutamente. Ma perché lui non ci ha detto nulla?”
“Forse voleva farci una sorpresa.”
“Beh, gliela faremo noi, la sorpresa. Credo che qui ci voglia proprio una bella festa a sorpresa, sai tesoro?”
 
Madre e figlia si scambiarono un sorriso complice, e dallo sguardo della donna Clara intuì che Amethyst avesse qualcosa di estremamente preciso in mente.
 
*
 
La sera di fine gennaio in cui Ambrose tornò a casa al termine dell’ultimo giorno di lavoro del suo capo –  dopo essere stato convocato nel suo ufficio – e trovò una quantità abnorme di ospiti e cibo ad accoglierlo, non se ne stupì particolarmente: conosceva sua madre, ed Amethyst, Clara e Colleen avevano l’aria di nascondere qualcosa già da qualche giorno, rivolgendogli sorrisetti divertiti quando pensavano di non essere viste.
Una festa a sorpresa, Ambrose se l’era anche aspettata. Guardandosi attorno, tra un saluto e una stretta di mano e l’altra, aveva persino quasi sperato di scorgere una ricciuta testa fulva tra gli ospiti.
Ma così non era stato: con un po’ di sconforto, Ambrose apprese che Riocard non c’era. Del resto era stata una speranza forse un po’ sciocca, pensare che sarebbe tornato proprio quella sera.
 
“Buonasera, Direttore.”


Le mani dietro la schiena e il suo sorriso più adorabile impresso sul volto, Elizabeth gli si avvicinò prima di abbracciarlo, stampandogli un grosso bacio su una guancia prima di sorridergli soddisfatta:
“Allora, sei felice?”
“Al 100%. Solo, sai… speravo di vedere Ric, credo.”
Il volto di Ambrose venne trasfigurato da un debole sorriso tirato, e anche la cugina si incupì leggermente mentre annuiva chinando la testa:
“Lo immagino. Mi dispiace che non ci sia, ma so che è fiero di te e felice quanto tutti noi, se non di più. Gliene avevi parlato?”
“Solo di sfuggita, dopotutto ne ho avuto l’assoluta certezza solo stasera… Pazienza. Tornerà quando se la sentirà di farlo.”
Elizabeth annuì, la fronte aggrottata mentre ancora si chiedeva cosa fosse successo al cugino, ma Ambrose non le diede il tempo di dar voce a quei pensieri: scorta la figura familiare di una strega proprio alle spalle della cugina, il maggiore le si rivolse con un’occhiata di sbieco.
“Strano che ci sia Julie, vero?”
“Di che parli? Io non se no proprio nulla, è tua madre che ha organizzato! Vado a prendere un cupcake.”
 
Sfoderato il suo sorriso più innocente, Elizabeth sparì tra la folla. Un paio di minuti dopo la giovane – che teneva effettivamente un dolcetto glassato al cioccolato in mano – raggiunse Clara e Colleen, entrambe sedute vicino al camino e avide di informazioni.
 
“Allora? L’ha vista?”
“Sì, direi di sì. Riuscite a vedere se stanno parlando?”
“No, dannazione, c’è troppa gente… Qualcuno me la dovrebbe presentare, però. Non so se posso davvero darle la mia benedizione basandomi solo sui vostri resoconti, e Ambrose è il mio fratellone adorato.”
Clara aggrottò leggermente la fronte mentre cercava di scorgere l’ex fidanzata del fratello tra la gente, e Colleen le assicurò che fosse perfetta per lui prima che Lizzy, addentando il dolcetto, le porgesse una mano:
“Beh, rimediamo subito, andiamo a presentarti. Ora che abbiamo sistemato Colleen e Thomas e Riocard s è defilato, Ambrose è il prossimo della lista da accasare.”
“Mi risulta che manchi anche tu, cugina.”


Mentre si allontanavano a braccetto e sotto lo sguardo divertito di Colleen, Clara lanciò alla maggiore un’occhiata di sbieco che però non sembrò impressionare Elizabeth, perché l’ex Serpeverde decretò di essersi ormai arresa alla zitellaggine prima di trascinarla verso Julie, che stava chiacchierando con un paio di altri colleghi di Ambrose.
A quel punto, una terribile consapevolezza pervase l’ex Grifondoro: una volta sistemato Ambrose, di certo la prossima della lista di Lizzy sarebbe stata lei.
 
Che Godric mi salvi
 
*
 
Giugno 1913, Southampton
 
 
 
“Ric!”
“Ciao serpe.”
 
Raggiunto il cugino prediletto – che lo accolse, leggermente abbronzato, con il medesimo sorriso di sempre – Ambrose lo strinse in un abbraccio serrato, asserendo che gli fosse mancato.
“Anche tu mi sei mancato. In effetti sono deluso, mi aspettavo di vederti venirmi ad accogliere sventolando un fazzoletto dalla terraferma!”
 
Riocard aggrottò la fronte cercando di simulare un’espressione addolorata, e il cugino rise prima di mettergli un braccio attorno alle spalle, gli occhi chiari luccicanti:
“Idiota… adesso andiamo da te, direi che hai parecchie cose da raccontarmi, e poi festeggiamo per bene il tuo ritorno con un po’ di whiskey.”
“Credo che anche tu abbia novità per me, Direttore. Come stanno gli altri?”
 
“Bene, non vedevano l’ora che tornassi… ma per stasera, ovviamente, sei prenotato per il tuo cugino preferito. E a proposito di persone che attendevano il tuo ritorno… sai, quando la incrociavo al Ministero o al pub di suo fratello, Miss Clio Cavendish era solita chiedermi di te.”
Le labbra sottili di Ambrose si distesero in un sorrisetto divertito mentre lanciava un’occhiata eloquente al cugino, ma Riocard restò pressoché impassibile, limitandosi ad una stretta di spalle prima di mormorare qualcosa a proposito di “normale cortesia”.
 
“Ma quale cortesia, razza di zucca vuota! Tranquillo, ora ne parliamo per bene davanti ad un bicchiere, ci pensa zio Ambrose a te.”
“Perché non pensi ai tuoi affari di cuore, invece che ai miei? Sai, diventi ogni giorno più simile a Lizzy, te lo devo dire.”
 
*
 
“Mi dici una cosa?”
“Che cosa?”
“Perché hai lasciato Julie?”
 
Sorpreso da quella domanda, Ambrose si appoggiò allo schienale della sedia prima di rispondere, gli azzurri fissi in quelli scuri di Clara, che gli sedeva di fronte mentre pranzavano insieme al Ministero.
“Non è che l’abbia proprio lasciata, a dire il vero… E’ che proveniamo da… ambienti diversi.”
“Pensavi che non sarebbe piaciuta alla nostra famiglia? Perché io sono sicura che a nostra madre potrebbe piacere molto. Le piacciono le ragazze intelligenti.”
“Questo lo so, ma anche lei la pensava come me. Julie, intendo… diceva che si sentiva un po’ in soggezione. Le famiglie come le nostre sono grandi, ingombranti. Non dev’essere semplice entrarvisi.”
 
Clara si strinse nelle spalle prima di portarsi un boccone di roastbeef alle labbra, asserendo che non avrebbe dovuto importargli più di tanto:
“Non sono nella tua testa, e non c’ero quando vi frequentavate. Ma se dovessi renderti conto che ti piace ancora… beh, non rifare lo stesso errore. Io ho lasciato Klaus per i motivi sbagliati, e non posso dire di non essermene pentita, a volte.”
 
Ambrose non rispose, però sorrise con affetto alla sorella minore: doveva esserci un motivo, se era reputata da tutti la più intelligente della famiglia.
 
*
 
 
“Julie?”
“Sì?”


“Pensi ancora quello che pensavi un paio d’anni fa?”


L’americana indugiò, poi appoggiò i fogli dell’articolo che gli stava consegnando sulla sua scrivania e abbozzò un debole sorriso:
“Sul fatto che saresti stato un ottimo Direttore? Certo.”
“Grazie, ma non mi riferivo a quello.”


Ambrose inclinò leggermente la testa, guardandola laconico mentre la strega si stringeva nelle spalle, sfoderando un piccolo sorriso di circostanza:
“Beh, abbiamo pensato che fosse meglio così, ricordi? Io sono solo una semplice giornalista americana, e tu sei un ricco inglese di buona famiglia. Per di più, all’epoca eri il nipote del Ministro.”
“Non lo sono più adesso.”


“Ma la tua rimane comunque la famiglia più in vista del Paese insieme ai Cavendish. Pensi che mi potrebbero mai accettare, Ambrose?”
 
In pubblico non lo chiamava mai per nome. In effetti, era da tanto che non lo chiamava Ambrose.  
Il mago distolse lo sguardo con un debole sospiro prima di ringraziarla per l’articolo, evitando di guardarla uscire dalla stanza.
 
 
*
 
 
“Come va con Clio?”
“Come va con Julie?”


“Sei scorretto.”
“Hai cominciato tu.”
 
Ambrose e Riocard, seduti uno accanto all’altro su due poltrone nel salotto del secondo, si scambiarono due identiche occhiate in tralice prima che Ambrose alzasse gli occhi al cielo, sollevando le mani in segno di resa:
“Va bene, lasciamo perdere. Facciamo un patto: io non te ne parlerò più finchè tu non ne parlerai a me.”
“D’accordo, come vuoi. Facciamo una passeggiata a cavallo? Mi annoia stare seduto a lungo a non fare niente.”
Riocard si alzò e Ambrose lo imitò con un sorriso, asserendo che fosse lo stesso ragazzino irrequieto e vagamente iperattivo di quando erano piccoli.
 
*
 
“Questa settimana Ambrose torna sempre tardi dal lavoro, l’hai notato anche tu?”
Colleen annuì mentre versava un goccio di latte nella sua tazza di thè, asserendo di averlo notato a sua volta mentre Elizabeth divorava biscottini al burro tenendo lo sguardo fisso sulla finestra, pensierosa.
Clara, seduta di fronte alla sorella minore, si portò la tazza alle labbra mormorando che magari aveva molto lavoro da fare.
“Oppure oltre a lui anche qualcun altro si prende delle ore di lavoro extra.”


Elizabeth sorrise, divertita, mentre Colleen carezzava distrattamente le orecchie di Lady Ophelia, che le stava sulle ginocchia cercando di elemosinare qualcosa da sgranocchiare.
“Ho idea che dobbiamo metterci in mezzo per smuovere le acque, senza di noi potrebbe volerci un’eternità. Sono sicura che infondo Ambrose pensi ancora a lei, lo frena solo il giudizio altrui.”
Elizabeth addentò un altro biscotto e Clara lanciò un’occhiata allucinata all’alzata per dolci ormai vuota, chiedendole quanti diavolo ne avesse mangiati mentre Colleen sorrideva allegra:
“L’altra volta ero io l’oggetto delle vostre macchinazioni, è bello stare dall’altra parte.”
“Che cosa proponi di fare, Tenente Lizzy?”
 
“Beh, Maggiore Clara, credo che… andrò in avanscoperta per tastare il terreno. Dobbiamo solo trovare una scusa per spiegare la mia presenza in redazione.”
 
*
 
“Lizzy, vuoi davvero dirmi che sei venuta fin qui per… portami il pranzo?!”
“Sono la tua amorevole, unica cugina, la cosa ti sorprende tanto?”


Elizabeth-Rose, in piedi davanti alla scrivania di Ambrose, lo guardò con un sorriso innocente che avrebbe potuto convincere chiunque.
Chiunque, eccetto che per i suoi familiari.
Il giovane direttore, infatti, accettò il cestello con un po’ di scetticismo, guardando la bottiglia di vetro piena di succo di zucca prima di rivolgerlesi con tono sospettoso:
“Non hai messo un filtro d’amore qui dentro, vero?”
“Ambrose caro, come ti sorge un pensiero simile? Lo sai che è illegale usarli, e io sono una Signorina per bene.”


“D’accordo…”
Stava per chiederle di assaggiare qualcosa di ciò che gli aveva portato – giusto per precauzione – quando qualcuno bussò alla porta. Elizabeth si voltò giusto in tempo per vedere Julie fermarsi sulla soglia, osservandola con curiosità:
“Oh, scusa, non sapevo avessi visite.”
“Non fa nulla, me ne vado subito. A presto Ambrose.”
 
Sorridendo angelica, Elizabeth lo salutò con un bacio aereo prima di uscire dalla stanza con un saluto educato a Julie, che si rivolse al Direttore con un sorriso:
“Tua cugina è davvero carina. Scusa se ti ho dato del tu davanti a lei, mi è uscito spontaneo.”
“Sì, carina… quanto un leone.”
 
 
 
“Allora, che hai visto?”
“Nulla di che, pensa che credeva avessi messo un filtro d’amore nel cibo! Che pensiero assurdo!”
Elizabeth scosse la testa con disapprovazione, e Clara si astenne dal farle notare che non fosse un pensiero poi così irrazionale.
 
“Comunque, lei è entrata proprio mentre parlavamo. Gli ha parlato dandogli del tu, e tecnicamente lui è il suo capo… E vedessi come si guardano. Ah, che carini!”
Elizabeth sorrise, assumendo un’espressione intenerita che fece ridacchiare la cugina, che stava trascorrendo la pausa pranzo con lei:
“Dovresti farlo per lavoro, sai? Una sorta di… consulente per matrimoni.”
“Sarebbe un’idea, sì. Ma a proposito di lavoro, tu non ce l’hai, per caso, un collega carino?”
 
“Vuoi che ti presenti qualcuno?”
Non per me, sciocca, per te!”     Elizabeth sbuffò, chiedendosi perché tutti i suoi parenti diventassero incredibilmente tonti quando si parlava di relazioni romantiche.
“Uno dei pochi che ha circa la nostra età è Ezra Cavendish, quindi.. sì e no. Anzi, devo andare, altrimenti mi farà una ramanzina infinita.”
 
*
 
Julie Anderson stava per liberare la scrivania e andarsene a casa – aveva passato tutte le ore di lavoro della giornata a scrivere e riscrivere l’intervista fatta allo sgradevolissimo Capitano della nazionale di Quidditch britannica, maledicendo per quanto le era possibile il suo capo per averglielo assegnato – quando una figura familiare si era fermata sulla soglia dell’ufficio.
“Finito l’articolo?”
“Credo di sì. Vuoi darci un’occhiata?”
“Sì, domani.”
Julie alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio quando vide Ambrose sorriderle, quasi divertito, due bicchiere in una mano e una bottiglia nell’altra.
 
“Vuoi farti perdonare per l’incarico odioso che mi hai assegnato?”
“Non sei tu quella che proclama la parità dei sessi? Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere scrivere un articolo su qualcosa che in genere viene assegnato solo agli uomini. Ahia!”
 
Raggiunta la scrivania della collega, aveva appoggiato i bicchieri sulla superficie di legno prima di essere colpito da un numero del giorno arrotolato.
“Peccato che l’intervistato fosse il più orribile dei misogini. Pensava fossi la tua assistente.”
“Non è il primo a pensarlo.”
 
“Non farei l’assistente neanche per lo stipendio del Ministro della Magia.”
 
Sbuffando, la strega prese il bicchiere che Ambrose le porse con un lieve brontolio, guardandolo sorriderle divertito:
“Neanche la mia?”
“Soprattutto la tua. Dicono che i capi di bell’aspetto siano pericolosi.”
“Ma io sono un agnellino!”


Di fronte alla teatrale obbiezione del ragazzo Julie aveva riso, guardandolo divertita e forse anche con un po’ di malinconia.
 
*
 
“A volte penso di aver sbagliato.”
“A fare cosa?”
 
“Non offendere l’intelligenza di entrambi.”
Seduto accanto a lei, i bicchieri ormai vuoti sulla scrivania, Ambrose alzò lo sguardo dalla propria mano – che sfiorava quella di Julie – e lanciò un’occhiata in tralice alla strega, che gli sorrise gentilemente di rimando.
“Quel che è stato è stato, Ambrose.”
“Questo lo so. Ma si può sempre rimediare, no? Se non è troppo tardi.”
L’espressione del mago si fece più tesa, quasi tetra, mentre distoglieva lo sguardo. Stava per versarsi altro whiskey quando Julie lo fermò, parlandogli con dolcezza:
 
Sei un incorreggibile stupido. Certo che non è troppo tardi. Non per me almeno.”
Per un istante Ambrose esitò, guardandola sorpreso. Poi sorrise – il sorriso più bello del mondo, pensò Julie arrossendo un poco – e si sporse verso di lei per prenderle il viso tra le mani e baciarla.
 
Nelle ultime settimane si era ritrovato spesso a chiedersi se non fosse tardi per avere ripensamenti, per dirle che era stato stupido a lasciarsi condizionare dal giudizio altrui.
Evidentemente, avrebbe dovuto ammettere a Riocard e a Lizzy di essersi sbagliato e che loro invece erano sempre stati nel giusto.
Merlino, quanto odiava dar ragione ai suoi cugini.
 
*
 
“Di che cosa vuoi parlarci, tesoro?”
 
Amethyst si rivolse al primogenito – nonché unico figlio maschio prima di una lunga serie di fiocchi rosa, motivo per cui la donna aveva sempre avuto per lui un particolare occhio di riguardo – con un sorriso, le mani giunte e appoggiate sul tavolo di fronte a cui era seduta mentre il marito, accanto a lei, guardava a sua volta il figlio con curiosità.
Ambrose ricambiò il sorriso della madre, in piedi dall’altro lato del tavolo, e verso del whiskey in un bicchiere di cristallo prima di allungarlo a John. Giusto per allietare la notizia.
 
“Volevo comunicarvi la mia decisione di fidanzarmi ufficialmente con Julie Anderson… e questa volta niente mi farà cambiare idea, come ho detto anche a lei. So che non è il più vantaggioso dei matrimoni, ma ho tre sorelle minori che potranno farne al posto mio. E la famiglia di Julie non è certo povera.”
“Ambrose…”
“So che avevate aspettative diverse per me, ma non vi ho mai dato problemi. Ho sempre fatto ciò che dovevo, non ho mai fatto nulla che potesse mettere la famiglia in imbarazzo… credo di poter dire di essere stato un figlio esemplare, vero mamma?”
“Senza dubbio, tesoro. Sai che ti vogliamo bene.”
Amethyst gli sorrise con calore, e Ambrose ricambiò prima di annuire:
“Lo zio ti fece sposare papà, giusto? Non ne era felice, ma lo fece per il tuo bene. Me l’ha detto lui.”
 
John sbuffò, borbottando qualcosa a bassa voce mentre la moglie, dopo un istante di esitazione, annuiva con un piccolo sorriso.
 
“Sì, è così.”
“Allora penso che se fosse qui sarebbe d’accordo con me. Non trovate?”
 
Amethyst scoppiò a ridere mentre si alzava in piedi, facendo il giro del tavolo per abbracciarlo con calore:
“Sei scorretto, tesoro, mettendola così. Ma di nuovo, devo ritrovarmi d’accordo con te. John?”
I due si voltarono sincronicamente verso il padrone di casa, che sbuffò piano prima di fare un piccolo cenno con la testa:
“Dovremo parlare della dote, ma… credo che si possa fare, sì. Del resto, quella di tua madre era abbastanza ingente per crescere generazioni di Bouchard.”
 
“Mi fa piacere che siate d’accordo, perché tra dieci minuti ho una Passaporta da prendere per New York per chiedere la mano di Julie ai suoi genitori, quindi temo che avreste avuto poca scelta… Ci vediamo stasera.”
Sorridendo allegro, Ambrose diede un bacio sulla guancia della madre e poi si diresse verso la porta della stanza sotto gli sguardi – sbigottito per il padre, divertito per Amethyst – dei genitori. Aperta la porta, il mago dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere quando si trovò davanti Clara e Colleen, che sobbalzarono e ammutolirono nell’essere state colte in flagrante.
“Stavate forse origliando, mie dolci sorelline?”
“No, figurati, passavamo per caso… Vieni Cherry, andiamo a dare da mangiare a Lady Ophelia e a Klaus. Dobbiamo farti le congratulazioni?”  Presa la minore a braccetto, Clara lo guardò con curiosità, inclinando leggermente la testa mentre un sorriso si faceva largo sulle sue labbra:

“Non ancora, me le farete stasera quando sarà di ritorno.”
 
Con un largo sorriso e gli occhi celesti luccicanti, Ambrose si allontanò più allegro che mai sotto gli sguardi divertiti delle sorelle proprio mentre la voce di Amethyst giungeva alle loro orecchie:
 
“Non stavate certo origliando, vero ragazze?! Non ho cresciuto delle pettegole!”
“Mamma, suvvia, è il gene di zia Gwendoline, e zio Theo dice che quando tu e lei prendete il thè insieme tutta Londra trema.”
 
*
 
 
Maggio 1916
 
 
“Ma vuoi stare fermo?! Non riesco a farti il nodo ben dritto, se continui a dondolarti avanti e indietro!”
“Scusa, sono un po’ nervoso. Mia madre?”
“Piange.”
“Colleen?”
“Piange.”
“Mio padre?”
“Cerca le scorte di alcol che tua madre ha nascosto.”
“Clara?”
“Passa fazzoletti a Colleen.”
“Zio Theo?”
“Consola tua madre.”
“Zia Gwendoline?”
“Da ordini a destra e a sinistra per far si che tutto sia perfetto.”
“E Lizzy?”
“Da ordini insieme a zia Gwen.”
 
Riflettendo sulle parole del cugino Ambrose annuì, dicendosi che dopotutto tutto andava come previsto mentre Riocard, soddisfatto, finiva di armeggiare con la sua cravatta con un sorriso soddisfatto:
“Ma guarda che bel nodo Eldredge ho fatto. Merito dei complimenti.”
“Certo Ric, ripensando alle mie nozze tutti ricorderanno le tue abilità cravattiste, non temere. Chi te l’ha insegnato, questo nodo assurdo?”
 
Ambrose lanciò una fugace occhiata alla sua cravatta blu prima di guardare il cugino con curiosità: Riocard, che stava andando verso la porta, si fermò sulla soglia e gli sorrise con la mano stretta attorno al pomello.
 
“Zio George. Diceva che è il nodo delle grandi occasioni. E dei gran signori. Lui l’allacciava sempre così… E diceva che quando sarei diventato Ministro avrei dovuto farlo a mia volta.”
“Se sapesse quello che hai fatto con le sue ultime volontà ti strangolerebbe, ho idea.”


“Forse, voleva che tutto andasse sempre come da lui previsto… ma non sempre le cose vanno secondo i piani. Forza serpe, so che vuoi farti ammirare, ma non vorrai arrivare dopo la sposa, spero.”
Ambrose seguì il cugino fuori dalla stanza sbuffando un poco, lanciando un’occhiata torva ai loro completi identici:
“Merlino non voglia, la mamma mi prenderebbe per un orecchio. Ma qualcuno mi spiega perché ci hanno fatto vestire uguali?! Sembriamo dei gemellini! Sento già le prese in giro delle mie sorelle.”
 
*
 

 
Garnet 2b6b9f7bfb7fe5df36f832b3a4ed3137e Ivy Bouchard-Saint-ClairIvy


 
“Papà! Papà, guarda, la nonna mi ha portato un gattino!”
 
Quando sua figlia Ivy gli corse incontro brandendo un micino dal lungo pelo chiaro, con l’estremità della coda, le orecchie e le zampine sfumate di nero, Ambrose si mise le mani sui fianchi e lanciò un’occhiata di traverso alla madre, che stava attraversando il giardino tenendo Garnet in braccio.
 
“E chi se ne occuperà?”
“Io! La nonna ha detto che devo trovargli un nome… vado a chiedere alla mamma.”
La piccola Ivy, che aveva ereditato come Clara gli occhi castani della nonna paterna, sorrise allegra prima di correre in salotto dalla madre per mostrare il nuovo arrivato in famiglia anche a lei.
 
“Mamma, perché ogni volta in cui vieni a trovarci porti dei regali?”
Ambrose accolse la madre con un sospiro esasperato, cercando di ostentare disapprovazione mentre Amethyst accarezzava i capelli rossi del nipotino accoccolatolesi sulla spalla:
“Perché svolgo il mio ruolo di nonna con molta serietà. E poi Ivy diceva da mesi di volere un gatto.”
“Già, peccato che finirà come con Colleen e Lady Ophelia, e si dimenticherà sempre di nutrirlo!”
 
Ambrose alzò gli occhi al cielo, rassegnandosi all’idea di dover badare anche al gatto – e pregando che Klaus non cercasse di azzannarlo – mentre Garnet, sfoderato il suo sorriso più irresistibile, chiedeva alla nonna se poteva avere un cucciolo anche lui.
“Ma certo! Che cucciolo vuoi, tesorino?”
Non se ne parla nemmeno.”


“Ambrose, non essere noioso.”
Amethyst lo superò senza battere ciglio per raggiungere nuora e nipote, non badando al sorrisetto compiaciuto e pestifero che Garnet rivolse al padre.
Scoccato al figlio uno sguardo d’avvertimento, Ambrose avrebbe quasi voluto intimargli di non fare il furbetto. Ma non poteva, perché come Riocard ripeteva sempre con estrema saggezza, quel bambino era semplicemente uguale a lui quando aveva la sua età.
“Vorrei un Crup come Klaus!”
 
Ambrose accolse le parole del bambino con una buona dose di terrore, ricordando fin troppo bene tutti i danni che Klaus aveva combinato da cucciolo, prima che riuscissero ad educarlo a dovere. Che fossero creature piccole quanto distruttive era cosa nota, e aveva perso il conto delle occasioni in cui Amethyst lo aveva maledetto per averne portato uno in casa sua.
Quasi come se l’avesse letto nel pensiero, la donna si voltò e gli rivolse il più amabile dei sorrisi, gli occhi castani animati da una particolare luce divertita.
O forse addirittura vendicativa.
 
“Ma certo tesoro. Papà ne sarà felicissimo.”
Amethyst mise il nipotino sul pavimento, invitandolo dolcemente ad andare a vedere il nuovo gattino insieme ad Ivy, che già stava chiedendo alla madre se poteva spazzolarlo, infiocchettarlo e fargli il bagno.
Ridendo, Julie cercò di spiegarle che il gattino non era affatto uno dei suoi peluche o bambolotti, mentre il piccolo felino tentava di liberarsi dalla presa ferrea della bimba.
 
E tu saresti l’innocente Tassorosso che tutti credono, mamma? Io dico che ho preso da te, non da papà.”
“Tesoro, ormai dovresti averlo capito, che il piglio dispettoso fa parte dell’eredità della nostra famiglia assieme ai capelli rossi.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Buonasera!
Finalmente ecco la seconda OS sul nostro adorato Ambrose <3
Scusate se ci sto mettendo un po’ a sfornarle, ma pian pian le finirò, non temete XD
A presto con quella di un’altra coppietta u.u
Signorina Granger
   
 
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