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Autore: robyzn7d    09/09/2021    3 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
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STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIII
Una dolce sconfitta 

 
 
 
 
 
 
 
Se lo avesse capito prima che era di certe conferme che il suo ego aveva bisogno, avrebbe potuto anche dargliele.
O forse non ci sarebbe riuscito lo stesso.  
Amore.
Da quando lei ha bisogno di sentirsi dire certe sciocchezze? Non c’era già abbastanza amore su quella nave? Da quando aveva iniziato ad essere così bisognosa di conferme più esplicite? 
A questo pensava Zoro, fuori, sul ponte, mentre il suo corpo riprendeva a bagnarsi ancora una volta dalla pioggia incessante come eterna tortura. Era servita la lezione della sera prima, ma l’aria dentro era diventata così irrespirabile che lo stare fuori sotto alla pioggia era quasi preferibile, mentre continuava a vagare con la mente, come bloccato sul posto, con le mani sulla ringhiera del secondo piano della nave. 
 
Freddo. 
Un brivido di gelo lo aveva attraversato dalla punta della testa fino alla schiena, procurandogli una fitta lancinante al petto quando lei aveva lasciato la stanza. Tutta la calma che era riuscito a raccogliere era sparita in un lampo, ripiombandolo in uno stato di agitazione immediata, un’emozione che non era abituato a dover gestire. Combattere un dolore, un insulto, una delusione, un tradimento reali, poteva essere infinitamente meno difficile che passare una notte a lottare coi fantasmi di quelle parole uscite direttamente dalla sua bocca. Erano state piuttosto semplici ma, a Zoro, non erano piaciute. Pungenti e fredde come quella stessa notte, come lei quando si metteva in posizione di difesa. 
Lontano dalle sue mani, dalla sua voce, dai suoi occhi, dal suo collo, dal suo profumo, l’aria era sembrata più fresca e la sua mente aveva ripreso lucidità. 
L’aveva guardata voltarsi, seguita con l’occhio mentre scendeva dal letto e, mesta, andava via; nel freddo di quella notte lunghissima, con la pioggia che faceva rumore e con i bollori della sua pelle ancora provata. Avrebbe potuto fermarla, avrebbe potuto chiederle un chiarimento. Ma rimase lì, fermo, nella consapevolezza di aver deciso per la cosa più giusta, e di aver bisogno di spazio da lei per poter respirare. 
 
Le nubi cariche di pioggia oscuravano il cielo, riversando al suolo, senza sosta, in enormi pozze d’acqua. Acqua non pulita che, confondendosi con lo sporco del ponte, diventava ancora più scura. 
Zoro era proprio lì, ripresosi dalla febbre, ma ferito dentro, intento a raggiungere la palestra all’oscuro del medico. 
Sentiva il puzzo acre dell'acqua invadergli le narici con prepotenza, al punto che, paradossalmente, più respirava e più si irritava. A lui non piaceva sentirsi così, soprattutto se quel fastidio nasceva come effetto provocato da altri. O qualcun’altra. 
Fu impossibile evitare di riportare la mente a qualche minuto prima. 
 
 
“Qual è il problema, me lo spieghi?” s’incaponì lui, cercando di farle comprendere il proprio punto di vista quando l’aveva incontrava in cucina quella mattina, sotto lo sguardo preoccupato di Rin, e incuriosito di Robin, Rufy e Usop, che ringraziavano per l’assenza di Sanji. 
S’impose di respirare lentamente, per riprendere pieno controllo dei suoi pensieri. Zoro se ne era stato a rimuginare su chissà cosa per molto tempo quella notte, nel letto, decidendo che avrebbe dovuto mettere più distanza tra lui e Nami, in modo da lasciarle spazio senza nemmeno capirne il motivo; ma era difficile quando vivevano sulla stessa nave, soprattutto se incontrandola, con quello sguardo furioso nei suoi confronti, gli si drizzavano i nervi. 
 
Quella specie di lite sembrava particolarmente strana agli altri membri della ciurma, perché era chiaro a tutti ormai che lui sembrava si stesse pian piano avvicinando a Nami e lei, nonostante le sue reazioni esagerate, sembrava felice che lui ci provasse. 
 
Sbuffò, la rossa, accavallando le gambe, seduta sul divano mentre lui, pronto per andare ad allenarsi, vicino alla porta, si era voltato a guardarla con le rughe della fronte parecchio evidenti. 
“Allora? Sto aspettando una spiegazione per questa tua dannata rabbia! E che sia sincera!” 
“Perché non lo dici a loro” la ragazza indicò gli amici con la mano, senza mai distogliere lo sguardo da lui “…quello che mi hai proposto.” 
Lo spadaccino diventò bordeaux, imprecando silenzioso per il fatto che quella stupida stava spifferando le loro cose private a tutti. 
Calò il silenzio. 
 
“Insomma! Volete parlare?!” 
Sbottò Usop alzandosi in piedi e sbattendo le mani sul tavolo. “Possibile che non riusciate a stare in sintonia per più di un giorno?” 
 
Nami vide Zoro irrigidirsi, come sempre accadeva quando lui si rendeva conto che i suoi pensieri potessero essere sbandierati pubblicamente a causa della vena sadica di lei nel volerlo mettere costantemente in imbarazzo. 
 
Stava piovendo talmente tanto che tutto quel mondo si era come sgretolato ad un certo punto, lentamente, impercettibilmente. Lei poteva diventare un uragano vero e proprio, e avrebbe dovuto aspettarselo, lui, che avrebbe potuto ricadergli addosso proprio fin da subito. 
Invece stava solo attendendo, serrando i denti, osservandola negli occhi e udendo il cielo rabbioso da dietro le sue spalle. Non riusciva a smettere di fissarla, dalla rabbia, dal nervoso, ma soprattutto dalla confusione. Perché non la capiva? Cosa voleva insinuare? Lui le aveva fatto la proposta più giusta, cos’altro voleva di più? Cos’altro ancora poteva darle? Le stava dando tutto, pure la sua libertà. Cos’altro c’era che non si era presa da lui?
Poi, un fruscio.
 
“Zoro mi ha proposto il matrimonio.” 
 
Gli abitanti della cucina sgranarono gli occhi all’unisono, in reazioni divertite e sconvolte.
'Possibile che siano già a questo punto?’ Pensava Usop, mentre cercava di smettere di muovere gli occhi come uno squilibrato.
Che coraggio.’ A Rufy era perfino volato il cappello sul pavimento, e aveva impiegato molto più tempo del solito per andarlo a recuperare.
Robin sorrise come al solito, poco sbalordita m colpita da quell’avventatezza. 
Ma la ladra aveva tenuto ben calda e in serbo per dopo alla platea la sua frase ad effetto, accennando quel suo mezzo sorriso furbo e monello, come fosse una bambina capricciosa che stava per spararla grossa. 
 
“Ma lo ha fatto per far nascere Rin. Non per un gesto d’amore nei miei confronti.” 
 
Eccolo, quel dolore uscire allo scoperto. Quel tono pungente. 
Era questo allora, per questo motivo quel cielo colorato era diventato grigio. Era semplicemente per questo. Lui non poteva fermarlo, quello scoppio di dolore. 
Nami non stava nemmeno sperando che fosse finalmente arrivato il momento di confessare i suoi veri sentimenti - se ne aveva di nuovi per lei da dichiarare - voleva solo sfogarsi, voleva solo pungerlo nel suo orgoglio e fargliela pagare. 
“E questo che sono gli uomini d’onore? E il mio di orgoglio, allora? Come dovrei sentirmi? Come un oggetto usato per uno scopo?” 
Le bocche spalancate di Usop e Rin cadere a terra si potevano sentire senza bisogno di vederle. Robin aveva sospirato, rimangiandosi la serenità di poco prima, e Rufy, beh, era Rufy, probabilmente non aveva capito più il senso del discorso, visto come continuava ad ascoltare con un punto di domanda schiaffato sulla faccia, mentre raccoglieva il cappello da terra. 
Tacque per un po’, Zoro, indisponendola. Ma prima che Nami potesse insultarlo malamente, il ragazzo si decise a controbattere. 
“Smettila di raccontare bugie o quella che tu pensi sia la verità.” 
Sollevando gli occhi al cielo, la ragazza stava per lasciar andare un verso insofferente, ma lui non aveva finito, seppur stanco e arrendevole. “Un po’ più di fiducia non ti farebbe male, sai?” 
 “Fiducia un corno!” 
L’irritazione di Nami era alle stelle.
Si tolse la scarpa e la lanciò verso il verde che, però, svelto, era fuggito dalla porta, richiudendola alle sue spalle prima che potesse colpirlo, ricadendo così a terra.  
 
 
 
 
 
Quella notte, la navigatrice, ritornata silenziosa nel suo letto con una morsa che le stringeva lo stomaco, soprappensiero, aveva mosso una mano in aria, sfiorando il vuoto, il buio. Non era riuscita a dormire, proprio no, riposare tranquillamente sembrava oramai un’utopia, perciò, aveva quelle occhiaie e lo sguardo pesante che tutti potevano sentire. 
Prima o poi tutto sarebbe tornato normale? No, niente sarebbe più potuto tornare normale. Lei non sarebbe tornata normale. Perché ciò che stava vivendo la stava cambiando, le stava facendo scoprire verità che non poteva nemmeno immaginare.
Se avesse accettato di fare anche lei la cosa giusta, avrebbe probabilmente sofferto tutti i giorni, avrebbe perso il suo di orgoglio ad accettare una vita con Zoro sapendo che lui non l’avrebbe mai voluta altrimenti, vivendo senza quella scintilla che lei invece sentiva dentro voler accendere e bruciare all’infinito. E se, scegliendo la sua dignità di donna, avesse rinunciato a fare la “cosa giusta”, allora sarebbe stata una persona orribile agli occhi di tutti. Anche a quelli di lui. Anche ai suoi. 
Aveva stretto in un pugno quella mano che aveva osservato volteggiare per ore sugli occhi. La stessa mano che lui aveva stretto qualche sera prima. 
 
Nami non avrebbe mai potuto dimenticare. Non avrebbe dimenticato della figlia che avrebbero potuto avere, cui si era ritrovata ad amare, non avrebbe dimenticato che quella linea temporale esisteva, ed esisteva tutto ciò che aveva provato. I ricordi non sarebbero mai svaniti. 
Ma il ricordo più vivido, quello che mai in assoluto l’avrebbe abbandonata, era nero come l’oscurità e verde come la speranza. Si, verde come la speranza, come quel verde assurdo dei suoi capelli. Lui era la speranza, la sua, l’unica. 
Ormai finiva sempre a pensare con le iridi spalancate a ricordi e momenti in cui gli vedevano così vicini, eppure ora erano così lontani. 
 
Ma la sua mano era stata sulla sua quella sera in un gesto così inequivocabile di sicurezza e sintonia, tanto che ne aveva sentito il cuore vicino, quasi come a poterlo toccare… perché era lì, lo aveva nella mano, in quella stretta che non aveva lasciato spazio al farlo battere. 
Aveva i brividi in tutto il corpo, seguendo la linea immaginaria che racchiudeva i loro ultimi contatti fisici. 
L’aveva afferrata, lui, qualche sera prima, e anche se solo per un secondo, anche se solo per una stupida pillola, aveva creduto di sentirlo quell’ardore, quella eccitazione per lei. Si erano incontrati per un breve attimo e poi si erano separati. Come sempre accadeva ormai da un tempo infinito. 
Sentì una strana sensazione nel corpo, allungando le gambe e contorcendosi, in preda a lascivi pensieri. Aveva dimenticato come in quell’episodio le aveva sfiorato la pelle, afferrata per le gambe con sicurezza, in tutto il suo vigore, con uno sguardo intenso quasi spaventoso ma abbastanza caldo da mandarla in ebollizione. Non ci aveva mai veramente riflettuto a quell’incontro, talmente era stata presa dalle sue paure e dalla storia di Rin. 
Chissà se lui lo ricordava, chissà cosa avesse provato. 
“Stai alludendo che tu sei più speciale per me?” 
Le aveva detto in preda a quel gioco elettrizzante, con un ghigno sfrontato sulla bocca. E quella bocca…se la ricordava bene a due centimetri dalla sua. Sicuramente, Zoro, non lo aveva mai visto così, sotto quella veste di amante. Ma fu inebriante ricordare e stuzzicante risentire. Si era spinto oltre quella sera, ed era da lui farlo, ma solo in un combattimento. Anche se quella volta la ricordava così, come una specie di scontro tra loro. Eppure, lei sapeva che quella dannata pillola non spingeva a commettere azioni non volute, poiché l’aveva assunta lei stessa, e quella volta non aveva fatto altro che cercare una sua carezza, perché la voleva. 
Sgranò gli occhi nel buio. Perché non ci aveva pensato prima? Vabbè, in fondo è anche un uomo, con gli occhi e le mani e…si sentì bruciare a quel pensiero. E lei non poteva essergli davvero indifferente come invece lui faceva credere. Anzi, lo sapeva, perché lo aveva sentito più volte da quel corpo. Il corpo è più sincero della mente, si ripeteva. 
Si era portata quella stessa mano sulla fronte a sentire se stesse ancora bollendo per la febbre o per altro, dal momento che si era ritrovata a pensare alla parte più intima di Zoro…e non si trattava dei sentimenti. 
D’altronde, per mettere al mondo Rin non serviva certo il matrimonio. Non serviva farsi chissà quale promessa ufficiale in un qualsiasi rito. 
Ancora le gambe che si stringevano e contorcevano, mentre pensava a lei con Zoro in un altro rito, decisamente meno adatto ad un pubblico. Era forse impazzita? Perché lui era nudo sopra di lei e la guardava come aveva fatto quella sera? 
Chiuse gli occhi in preda ai brividi. Non era da sola in quel letto e si stava decisamente muovendo un po’ troppo, rischiando di svegliare Robin e farsi scoprire eccitata come non lo era mai stata prima. 
Ma quello sguardo. Non aveva nemmeno bisogno di soffermarsi sul corpo di lui poiché quel ghigno che le aveva presentato quella sera, con quegli occhi accesi e impazziti, bastava e avanzava per non sentirsi più con i piedi per terra. Aveva spinto la sua mente a non pensarci più per troppo tempo. 
Si ricordava di quell’autocontrollo che lo avrebbe fatto fermare seppur in balia di un farmaco, anche se per prima era stata lei a levarselo di dosso. 
Perché lo aveva fatto? 
Perché sapeva che Zoro si sarebbe sentito tremendamente in colpa se avesse finito per toccarla ancora di più. Ma anche perché aveva avuto paura. Paura di quello che aveva provato. 
Zoro non era certo quello che può definirsi un gentiluomo, ma non l’avrebbe mai messa in imbarazzo tirando fuori il discorso su quella sera. Avevano entrambi fatto finita di niente, come se non fosse mai successo. 
 
Ancora nel buio, si strinse al cuscino freddo, provando sollievo dal momento che ancora un po’ scottava.
Era sempre quella la sua sfida: ragione contro cuore. Nami non sapeva a chi dar retta. 
Ma a cosa sarebbe servito dar spazio ai suoi sentimenti se tanto Zoro era quello che era?
A cosa sarebbe servito avere rimpianti, chiedersi ‘cosa sarebbe successo se…’ se tanto la verità era sotto ai suoi occhi?
Nulla, poiché lui era così testardo e non avrebbe mai aggiunto altro, non avrebbe mai esposto veramente sé stesso più di così. L’unico tormentone, il suo, era questa dannata fiducia. Per lui, Nami, doveva fidarsi, doveva lasciarlo fare. Ma come poteva lei accettare un simil rischio? Fosse stato un combattimento, gli avrebbe dato carta bianca, ma in altre questioni come poteva lasciare davvero tutta quella responsabilità a lui? Uno che non capiva la differenza tra amicizia ed essere sposati. 
Ma poi, nonostante la rabbia dovuta al fatto che lui le avesse fatto quella proposta senza prendere in considerazione i suoi sentimenti, si addolcì, pensando a quanto però era stato buono, mettendo la bambina al primo posto, arrivando addirittura a proporle il matrimonio. E dal momento che non era necessario sposarsi per mettere al mondo un bambino, lo era stato, a suo modo, un gentiluomo. 
Ancora un brivido dietro alla schiena che la costrinse a tirare i piedi verso il bordo del letto e attorcigliare le dita, con ancora quell‘immagine di lui che la guardava con quello sguardo che aveva rivelato tante cose, compreso un lato peccaminoso. 
Questo almeno fino alla mattina, quando se l’era ritrovato per caso in cucina, entrato solo a prendere una rapida colazione da consumare direttamente in palestra. 
Si erano fissati entrambi, senza dirsi niente ma rendendo d’improvviso l’atmosfera della stanza tesa. Fu involontaria la sua rabbia, se fino alla notte si era eccitata ad immaginarlo fare tentativi con lei per mettere al mondo un bambino, e in quel momento erano prevalsi i sentimenti che pensava non avrebbero mai trovato riscontro, fulminandolo a vista, e riservandogli sguardi acidi e velenosi, che lo mandavano fuori di testa. 
Lo aveva messo in imbarazzo anche in quell’occasione. Ma ben gli stava. Doveva sforzarsi di più a capire la questione se voleva che lei stesse più rilassata. 
 
 
 
 
 
“Vi sta sfuggendo un particolare estremamente importante” 
Annunciò, Robin, dopo la fuga di Zoro, mentre finiva di consumare la sua colazione, guardando in direzione della compagna. 
“E quale sarebbe?” 
Nami aveva lasciato il divano per andare a riacciuffare la sua scarpa da vicino alla porta. 
“Vi state dimenticando che se Rin è nata, c’è un motivo.” 
Nami a primo impatto non capì, come del resto anche gli altri abitanti della stanza, tranne la bambina, che sospirava affranta ma consapevole, girando il cucchiaio nel latte con i cereali. 
Il capitano si stava spazzolando anche le colazioni degli altri assenti, coraggioso e consapevole che si sarebbe poi imbattuto nelle ire del cuoco. “Ma Nami qual è il problema” disse tra un morso e l’altro “Zoro ti vuole bene.” Sorrise con tutti i suoi denti in vista, ingenuo, e mostrando anche i residui di cibo alla cartografa che intanto aveva una vena che le scoppiava in fronte. 
“Ho capito!” Usop batté un pugno sull’altra sua mano. “Robin ha ragione!” Si alzò in piedi. “Voi ora state affrontando in anticipo una scelta che i voi stessi del futuro hanno preso.” 
“Fin qua ci sono arrivata anche io.” La rossa era indecisa se prendere posto al tavolo o raggiungere quel cretino e suonargliele. 
“Sì, ma state dimenticando che se Rin è nata c’è un motivo, e state dimenticando il motivo, è cioè proprio l’amore.”
 Il cecchino era soddisfatto. Una soddisfazione che morì subito, dal momento che l’espressione di Nami non era cambiata di una virgola. 
“Hai ragione Usopuccio.” Rin lo indicò con il cucchiaio, che però dalla fretta e dalla forza usata, gli aveva lanciato anche il latte con tanto di cereali a seguito. “Ops” 
“Ma sei scema?” le urlò, ripulendosi con un fazzoletto, per poi continuare a parlare con Nami. “Stolta, non capisci? Non saresti mai stata con Zoro senza che ci fosse amore tra voi. Anche perché lo sappiamo tutti che non ha un briciolo di un quattrino…perciò non potresti starci insieme per un secondo fine dedito al denaro! Quei due del futuro siete voi, agite e pensate le stesse cose allo stesso modo di quelli che siete.” 
Sentiva le gambe tremare sotto di lei, presa all‘improvviso da una brutta vergogna che le si leggeva tutta in faccia. In un attimo aveva pensato ai sogni di quella notte, all’eccitazione, al suo lato sorprendentemente sconcio, che in molti avrebbero considerato immorale. Se lei aveva avuto questi pensieri su Zoro, allora gli aveva avuti anche la Nami del futuro, e forse erano finiti insieme proprio per questo. Si portò una mano a coprire tutta faccia, era diventata viola, con la paura di essere scoperta quando sentì Robin cadere in una risata folgorante. 
“Che succede?” Chiese Usop confuso. 
La rossa avrebbe tanto voluto sparire da lì e buttarsi in mare. “Niente, niente.” Muoveva le mani in aria come una pazza furiosa. 
“Sta pensando al sesso” disse Rin senza peli sulla lingua, scuotendo la testa. 
Usop cadde dalla sedia e Rufy sputò fuori tutto il latte. 
“BRUTTA SCIAGURATA” il colore violaceo della sua pelle era appena diventato rosso peperone. “CHI DIAVOLO TI INSEGNA CERTE COSE.” 
“Ho imparato tutto da voi.”
Finì di bere il contenuto con tranquillità, mentre Nami aveva un infarto in atto. 
“Sentì un po’, tu” Usop si avvicinò alla bambina, cercando di parlare a bassa voce “visto che sai già tutto di questa roba, si daranno molto da fare quei due?” Con la mano indicò Nami che capì al volo quale fosse il suo interesse. In mano aveva ancora la scarpa, e sul volto comparve un ghigno di vendetta. 
“Quando non vogliono essere disturbati, si chiudono sempre in camera con la chiave…e mi lasciano con voi.” 
Ma prima che il cecchino potesse replicare era finito steso a terra con il tacco conficcato così bene in fronte da lasciargli il segno. 
La rossa era a pezzi, affaticata per quelle sensazioni, eccitata per quella rivelazione, imbarazzata per la presenza di un pubblico a quella vergogna. Stressata, si appoggiò nuovamente al divano dietro al tavolo nascondendo il viso nelle sue braccia. 
“Dai Nami.” L’archeologa richiamò la sua attenzione. “Hai sentito, no? Vi divertirete parecchio.” 
Nami alzò la testa per fulminarla col suo sguardo peggiore. 
“Quello fa tutto il samurai ligio al dovere e poi…” Usop si stava ricomponendo. “Meno male Sanji non è qua o sarebbe morto sul colpo.” 
“Beh, ligio al dovere lo è…no? Ai doveri matrimoniali.” Franky era appena entrato in cucina ridendo a per di fiato, divertito parecchio da tutto quel discorso che aveva certamente catturato la sua attenzione anche da lontano. 
“Hai sentito tutto anche tu?” Nami si rimise composta, ma sempre più profondata nella vergogna. 
“Si sente tutto qua fuori.” Rispose il cyborg, sghignazzando come un pervertito. 
Ecco, ora poteva buttarsi in mare, pensava, mentre sperava che quel selvaggio dalla testa verde non avesse sentito nulla. 
L’archeologa le andò vicino, sedendosi accanto a lei e passandole una mano sul braccio a mo di carezza. 
“Senti” incominciò. “Tu hai ragione, non é una valida richiesta di matrimonio. Dovete prima chiarirvi e capire cosa provate.” Le sorrise, capendo da quello sguardo inferocito che sotto c’era anche una bella dose di confusione e paura persistenti. “Però”, aveva catturato l’attenzione di Nami che, sentita quella nota di dissenso, non poteva che storcere il naso. “Anche lo spadaccino ha ragione. Rin esiste, perché esistete voi, insieme. Non scordarti di questo.” 
La rossa alzò il capo guardando i volti dei presenti, uno ad uno, tutti profondamente concordi con l’archeologa. 
“Io mi fido di Zoro.” Rufy aveva finalmente finito di mangiare. “Non dovresti mai dubitare di lui, Nami. Qualsiasi argomento si tratta.” 
Si rinfilò il cappello sulla testa. 
Eh insomma. 
Pensava la rossa, escludendo già molti argomenti dalla lista mentale immaginaria che stava facendo. 
“Quelli che contano.” 
Aggiunse Robin, anticipandone il pensiero e finendo la frase del suo capitano, con cui si scambiò poi un sorriso. 
“Sei d’accordo anche tu, Rin?” 
Nami la stava guardando, si era accorta che presa dalla sua emotività, le aveva dedicato poche attenzioni quella mattina. La bambina fece spallucce. “È inutile combattere con te.” Stava svuotando il cesto dei biscotti sul tavolo in attesa di trovarne uno, ma Rufy aveva fatto piazza pulita. “Io posso dirti che sono venuta al mondo per amore e non per sbaglio, ma tanto tu troverai sempre il pelo nell’uovo.” 
“Potesti non saperlo” dissero entrambe, la rossa come risposta alla sua constatazione e la bambina prevedendola nella sua logica, imitandola teatralmente nella voce. 
Nami si portò una mano al collo come reazione, rendendosi conto che la figlia la conosceva proprio bene e che soprattutto era diventata prevedibile. 
“Visto?” Rin la indicò, mentre Franky le stava porgendo due biscotti che aveva preso dallo scaffale in alto, per lei. La bimba lo ringraziò con sguardo illuminato. 
“Arrangiatevi.” Aggiunse poi, azzannando il biscotto. “Basta che mi facciate nascere!” 
 
 
 
 
Aveva fatto un respiro profondo, mentre si trovava sul ponte, bagnandosi ancora una volta sotto quell’acqua piovana. Si maledì per non essere tornata in camera a recuperare prima l’impermeabile, ma quel coraggio che stava cercando di acquisire sarebbe durato poco, perciò avrebbe dovuto approfittarne subito. E così, mentre Robin, Rufy e Rin avevano iniziato a studiare e fare esercizio per imparare a usare il frutto, cercando di prendere qualcosa anche dall’esperienza di bambino fruttato del capitano e non solo dell’archeologa, Nami si stava dirigendo a passo svelto in palestra. Non era ancora sicura sul da farsi, se picchiarlo, urlargli contro, parlarci serenamente o…
E la vide ancora quell’immagine di loro due sul letto, lui con quella sua espressione da assatanato che le stringe le cosce. 
Ma che diavolo mi prende.
Avanzava coraggiosa.
  
È un destino crudele il nostro. I sentimenti di Zoro esistono, ed esistono anche i miei, ed esiste Rin, per quanto ci lasciamo cadere nelle allodole pensando che non riguarda noi, non ci riguarda adesso. Ciò che è stato e cioè che sarà poi, quanto è reale per noi? 
 
Aveva aperto la porta con sicurezza, senza nemmeno bussare, talmente era arrogante e piena di sé. 
 
Immersa nei suoi pensieri, non si era resa conto che Zoro, lasciando cadere a terra due pesi il triplo più grandi di lui che teneva in mano, stava raggiungendola. Probabilmente aveva avvertito della sua presenza prima ancora che varcasse quella soglia privata.  
“Che cavolo fai qua?” 
Il suo tono non tranquillo era parecchio alterato.
Nami non sapeva che lui aveva bisogno di spazio, lo stesso che lei gli stava togliendo ancora una volta. 
“Non hai nessun altro da torturare? Fammi il piacere, trovati un altro passatempo.” 
“Ho qualcosa da proporti.” 
Sospirò già scocciato, mentre lei, esausta, aveva tagliato corto ogni possibile immediata diatriba, non prima però di essersi guardata un attimo intorno, pensando a come dirglielo. 
“Allora?” 
La esortò nervoso, riprendendo a guardarla. Ma lei adesso si era ossessionata a fissarlo sul torace nudo, grondante di sudore. 
Riprenditi. 
“Se è ancora per la questione del matrimonio, mettici pure una pietra sopra.”
Ma lei non parlava più, era rimasta imbambolata, perdendo di vista tutti i suoi buoni propositi. 
Ma lui era impaziente, voleva sapere oppure voleva starsene solo. 
“Non posso leggerti nella mente, vuota il sacco.” 
Tremò, risvegliandosi da quello stato comatoso. Da quando aveva risvegliato le immagini di quella notte, stava torturando mente e corpo, iniziando a sentirsi un po’ depravata. 
Forse è colpa dei residui di febbre.
Si autoconvinceva.
Doveva richiuderle dentro un cassetto col lucchetto o avrebbe dato di matto. 
“Non c’è bisogno del matrimonio per far nascere Rin.” 
Svelta si tappò la bocca con una mano. L’aveva detto a voce alta. Aveva detto quello che non doveva assolutamente dire. Ma era proprio diventata scema? 
Iniziò a tremare, scossa da sé stessa. 
Vide sul viso di Zoro un’espressione confusa, quasi incredula, che poi trasformò in un ghigno, quasi simile a quello di quella sera. 
“È questo che sei venuta a propormi?” 
 
Nami era sconvolta, e lui proprio questo non riusciva a capirlo. Ma perché l’aveva detto se la imbarazzava tanto? 
Però per lui era così bella in quel momento, imbarazzata oltre ogni limite, che avrebbe voluto infierire su di lei ancora per un po’. 
Ingoiando tutta la saliva che si era bloccata nella sua cavità orale, Nami riuscì a riprendere la sua dignità, cercando di uscire da quella figuraccia. 
“Voglio dire” distese un braccio verso di lui. “Che senza amore io non mi sposo. Ho il mio orgoglio, non ti pare?” 
Lui sbuffò contrariato, ma soprattutto esasperato, spegnando velocemente quello stato di ebollizione che si stava già impadronendo di lui. Però, decise di assecondarla, era troppo uno spasso per privarsi di quel teatrino. 
“Ma non sono così orribile da negare a Rin l’esistenza, perciò…” 
“Perciò…” ripeté Zoro con una strana voce in gola. Eccolo di nuovo, faceva in fretta a tornare effervescente ammiccando in quel modo eccitante. 
“Hai capito!” 
Puntualizzò, distogliendo lo sguardo rossa in volto, maledicendosi per essere finita da sola come un’allocca in quella stupida trappola. Si auto sabotava da sola, senza bisogno di altrettanti nemici. 
Ma nonostante l’idea che lei gli stava proponendo gli fece ribollire il sangue, lui cercò di mantenere un contegno, decidendo di affrontare comunque quella pecca nel discorso. 
 
“Mi spieghi cos’è questa storia dell’amore di cui continui a blaterare tanto?” 
Lei cadde dalle nuvole. Si voltò a guardarlo con stupore dimenticando l’imbarazzo in cui si era cacciata da sola. 
“Come sarebbe?” mormorò con la voce spezzata dalla sorpresa di sentire lui così caldo, quasi volenteroso di avvicinarsi.
Vide giusto in tempo quella mano allungarsi verso lei ma fermandosi all’altezza del cuore senza arrivare mai a toccarla. “Non ti basta quello che c’è già? Cosa credi che sia, secondo te?” 
Le sarebbe servita una seduta di rianimazione, dal momento che era andata nel panico come una stupida per non essere riuscita a cogliere quel movimento. 
Che fosse bisognoso anche lui di un contatto fisico? E allora come sempre si era saputo controllare perfettamente. Mentre lei…
Comunque, era così ingenuo. Ma come faceva a non capire? 
“Zoro...”
Richiamò la sua attenzione, socchiudendo appena gli occhi per riaprigli subito. “Lo so anche io che ci vogliamo bene.”
Lo vide incrociare le braccia e guardare altrove imbronciato e serio. Sicuramente pensava a tutto quel marasma che gli era caduto addosso. A lui. Proprio a lui. Era sinceramente a disagio. E lei non era da meno. Eppure, adesso stavano lì, sotto lo stesso tetto, l’uno di fronte all’altra, impacciati. 
Chiusa la parentesi del matrimonio e della futura figlia, avrebbero continuato a parlare come i due amici di una volta senza responsabilità o sarebbero tornati alla freddezza della della sera prima? 
Non lo sapevano bene neanche loro. O almeno, lei non lo sapeva. Per lui la reazione di Nami era stata oltremodo eccessiva. 
“Mi hai messa a disagio con le tua stupida proposta!” sbottò improvvisamente lei, dando un pugno alla spalla del futuro partner, in cerca di contatto. “Potevi stare zitto?” 
Lui si voltò a guardarla nero inviso, con le venature della fronte pronte a scoppiare. 
“TI HO PROPOSTO LA COSA PIÙ GIUSTA DA FARE!” 
“Non m’importa della cosa giusta!” ribatteva lei convinta. “Io voglio di più, lo capisci?” 
Zoro, fattosi serio, la scrutò. Cercava di dimenticare quanto si sentisse caldo affondando nei suoi profondi occhi ramati, quelli che aveva visto per la prima volta molti anni prima. Forse era l’istinto di protezione che provava verso di lei a farlo parlare, ma sentiva di non aver ancora colmato quel suo dubbio incessante. 
“Ma cos’é di più?” 
Le chiese, senza smettere di fissarla. Voleva capire. Voleva approfondire stavolta o non se ne toglieva piede. Ma alzò un sopracciglio quando vide la reazione di Nami a quella domanda, spaesata. Ma lei lo sapeva cosa voleva o gli stava solo facendo perdere tempo? 
“B-e i-io, ecco…io”
Si era inceppata per un attimo prima di ritrovare il motivo principale che l’aveva condotta li, a risolvere, a capire. 
"Facciamo così” si era mossa verso di lui, lasciandolo subito interdetto, ma, ancor di più, preoccupato di scoprire in che altra situazione imbarazzante avrebbe voluto ficcarcelo. Si era fatta notevolmente più vicina, poggiando le mani tra le sue spalle e il torace costringendo a sciogliere le sue braccia incrociate al petto e facendolo sempre più grugnire per quel contatto improvviso. 
La guardò senza capire, aspettando il peggio, finché lei non smorzò la tensione…, o meglio, l’aumentò. 
“Penso che dovresti” la sentì ispirare silenziosa, dettaglio che gli fece alzare il sopracciglio verso l’alto, timoroso “…baciarmi.” 
Zoro inizialmente sembrò non sentire, ma poi il suo sguardo si fece sorpreso, ma senza perdere quella nota di severità che da sempre caratterizzava il suo viso. 
“Ma come ti viene in mente...”
“Non fare troppe storie!” 
Non era una supplica, ma un po’ ne aveva le sembianze. Nami riprovò ad afferrarlo, ma stavolta per il collo. 
“Dobbiamo toglierci questo pensiero… per capire cosa significa tutto questo…e dopo ci lasceremo questa storia alle spalle una volta per tutte.”
Nami era quasi spaventata da sé stessa, e dal coraggio che aveva avuto nel chiederlo. 
E lui nemmeno era riuscito a controllare il suo stupore, rimanendo esterrefatto tutto il tempo. In altra occasione avrebbe urlato, si sarebbe lamentato, ma adesso non riusciva ad alterarsi del tutto, talmente rimasto senza parole da una simile richiesta.
Affogavano però uno negli occhi dell’altra, vicini e vulnerabili come altre poche volte erano stati. 
“É fuori discussione!” Aveva però ribattuto dopo, con una strana apprensione addosso che non avrebbe voluto avere e l’occhio più grande del solito che esprimeva tutta la sua contrarietà. “Ma che razza di proposte fai!”
Un lamento che lei aveva già immaginato sarebbe successo, mentre lo vedeva tentar di uscire da quella trappola anche fisicamente. Ma Nami lo aveva ben arpionato al collo, preparata alla sua fuga, alla sua contrarietà. 
“Siamo i genitori di Rin! Ciò significa che dovremmo pur baciarci, no?”
“Ma io che ne so…sicuramente non così, non in questo modo!”
“E quale sarebbe il modo giusto?” 
Nami puntava il piede sul pavimento, battendolo nervosa in modo compulsivo, mentre lui muoveva le braccia cercando di difendersi da quel suo modo di fare frettoloso e arrogante. 
“Ed io che ne so!” 
“Fifone!”
“Che cosa?”
Nami sussultò quando lo vide cambiare espressione e farsi più serio, perdendo forse un briciolo di quel controllo che normalmente riusciva a gestire. Sentì due braccia afferrarla da dietro la schiena, diminuendo ancora di più quella distanza che li separava.
E lei non fece nessuna pressione per allontanarlo.
Entrambi non poterono non subire le conseguenze che quel contatto di corpi provocava. Lei ad un certo punto pensava di aver esagerato, di essersi spinta troppo in là, dal momento che lo aveva sottovalutato, visto che non pensava che lui lo avrebbe fatto per davvero, che avrebbe ceduto per così poco, che avrebbe acconsentito in qualche modo. 
“Allora forza…baciami!” 
Ciononostante, continuava a provocarlo, ad insistere, a vedere se entrambi avrebbero superato quello strano test del destino. 
“Piantala di ordinarmelo!” 
Quasi lo urlò nel suo orecchio quel lamento, sentendosi d’improvviso così tanto sotto pressione come se quel gesto pesasse tutto sulle sue spalle. 
Aveva smesso di guardarla, nervoso per quella ulteriore prova che doveva superare.
Nami pure aveva distolto lo sguardo, agitata, in preda ai brividi nel punto dove la stava toccando con le mani sulla sua pelle ancora un po’ umida per via della pioggia.
 
Perché era così testarda? Ma non sentiva i loro corpi fremere al solo contatto? Di quante altre sicurezze aveva bisogno? 
 
Zoro si chinò su di lei, che fu costretta a voltarsi nuovamente per guardarlo dritto in faccia. 
Era arrivato il momento. 
Ma quella tensione non faceva per lei, incapace di aspettare, ansiosa di un’attesa del genere…
“É necessario farlo, Zoro. Ci aiuterà a capire. E vedrai che ho ragion...” 
E in un attimo, dopo aver avvicinato la propria guancia sulla sua in una carezza, lo sentì piombare su di lei, sulle sue labbra, non dandole nemmeno il tempo di terminare la frase. Nami si aggrappò al suo collo con tutte le sue forze, andando a ghermirlo per la nuca, totalmente meravigliata da quella presa di posizione che non si sarebbe aspettata. 
Stavano ambedue trattenendo il respiro, forse nella speranza che insieme ad esso si sarebbe fermato anche il tempo. 
Lo sentì affondare con la lingua dentro di lei, che lo lasciò fare, che non aveva opposto nessuna resistenza, totalmente sconvolta di quel contatto morbido e bagnato. Sconvolta dalla piega degli eventi. Sconvolta da lui che aveva dimostrato di avere del coraggio in ogni campo. Anche in quello.
Zoro aveva agito. Lo aveva fatto per davvero! E non la stava solo baciando, come da richiesta. Lui la stava…assaggiando? Amando? Attirato dalle sue labbra, dal suo sapore, da quel richiamo che era un suono melodico acuto e dal ritmo impazzito. Non riusciva a staccarsene, non riusciva ad interromperlo. 
Le mani di lui si stringevano dietro alla sua schiena, tenendole poi ferme sulla vita di Nami, mentre cercava di ritrovare l’aria respirandole sulla bocca ora semiaperta, mentre usciva da lei. 
Servì qualche secondo perché in entrambi si affermasse la consapevolezza di ciò che si stava compiendo. 
“Stavi parlando trop…”
Stava per dire flebilmente, guardandola negli occhi che si stavano aprendo, per smorzare quell’atmosfera e darsi un contegno che sentiva di stare perdendo. Ma Nami, che non aveva smesso di guardarlo sulle labbra da quando aveva aperto gli occhi, incapace di sostenerne lo sguardo, si era, d’impulso, rigettata sulle labbra di lui, attirata da quel fuoco, da quel desiderio che non si poteva più nascondere. 
Zoro l’aveva lasciata fare, perché in realtà lo aveva solo che anticipato. La stava divorando, non sembrando mai sazio, muovendo le labbra frenetico in quella risposta; lei si stringeva al suo collo, impaurita che qualcuno potesse mettere fine a quella unione che aveva tanto voluto provare. Un’unione indescrivibile che sembrava potesse porre fine a ogni suo tormento.
 
Ma fu proprio Nami, ad un certo punto, in un momento in cui aveva realizzato di non sapersi controllare, la prima a divincolarsi, anche se era ancora dentro l’abbraccio di Zoro.
 
"È troppo così...” 
Il suo tono non era convinto, anzi, sembrava quasi tremante, rifletteva la paura che l’aveva accompagnata sinora. “Non possiamo permettere alle emozioni di sopraffarci...” 
“Mi pare sia tardi per questo.” 
Lo spadaccino, con il tono assuefatto da quel bellissimo scambio di saliva, aveva dovuto allontanare la bocca dalla sua, in uno stato di confusione che non aveva mai provato…si era improvvisamente ritrovato partecipe di quel gesto che gli era piaciuto, che lo aveva quasi risvegliato da qualcosa che aveva sempre oppresso, ed era stupito del fatto di non volerci mettere la parola fine. 
“Zoro…” 
Il tono di Nami era supplichevole con gli occhi da cerbiatta impaurita. E solo allora lui la lasciò libera dalla sua presa sulla schiena senza insistere, ritrovando una fetta di autocontrollo. 
I lineamenti tondi del viso di Nami mutarono, e anche i suoi occhi, che non si staccarono da quelli di lui, erano diventati enigmatici.
Era spaventata? Era eccitata? Era entrambe le cose? 
“Devo andare…a controllare la situazione fuori…” disse con pochissima fermezza e credibilità. 
Stava scappando. 
E lui lo sapeva. 
 
La giovane non era riuscita a resistere; appena uscita dalla palestra si era appoggiata alla balaustra, tenendo gli occhi chiusi e tirando lunghi e affannati respiri che prima si era obbligata di trattenere.
Non sapeva che Zoro era rimasto lì, immobile, a guardare quella porta chiusa, totalmente sconvolto. 
 
Una sensazione orribile li aggredì entrambi nello stesso momento; la sensazione di aver toccato quel picco di estasi e di aver intrapreso subito una scomoda discesa verso il baratro avendo appena complicato le cose; come fosse stata una fine e non un inizio. 
 
Nami era fuggita rapida come una ladra, come solo lei sapeva fare. E sì, lo aveva ripulito. Era diventato una sua vittima. Gli aveva fatto assaggiare quell’Amore di cui tanto parlava e poi era fuggita. 
Le spiegazioni per Zoro potevano essere due: o lui non era abbastanza per lei, come aveva creduto giorni prima, o lei aveva avuto semplicemente paura di scoprire che invece lo fosse anche più di quel che aveva immaginato di volere. 
E lui era davvero più convinto della seconda opzione, poiché lui stesso la condivideva, dopo quello che avevano appena condiviso e sentito divamparli dentro. 
Quell’oblio, quel doloroso oblio dell’attesa sarebbe però rimasto privato, chiuso, finché lei non avrebbe deciso di affrontarlo.
 
   
 
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