Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: robyzn7d    19/09/2021    3 recensioni
“Quante assurdità in questa storia.”
Nami, seduta sul letto, ancora quello dell’infermeria, aveva ascoltato tutto il racconto informativo di quella mattina narrato da Robin, sulle vicende bizzarre della misteriosa bambina apparsa per caso nelle loro vite.
“Come al solito a quel testone di Rufy non interessa indagare” strinse i pugni “io voglio sapere tutto, invece.”
_____________________________
STORIA REVISIONATA
Datele una seconda possibilità, chissà che non ve ne pentirete!
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mugiwara, Nami, Roronoa Zoro, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XV
Il rumore del presente

 
 
 
 
 
 
 
Un gesto delicato le sfiorava la guancia, e poi dalla cute fino ai capelli. Partiva dalla fronte fin dietro alla testa, dopodiché faceva una piccola pausa per riprendere da capo. Un movimento ritmico costante che la rilassava incredibilmente. 
Era coccolata. 
Ma si sentiva come se fosse finita sotto lo scafo di una nave. Aveva dolore alla testa, ma soprattutto le faceva male dietro al collo e al braccio destro. Un braccio destro che non riusciva nemmeno più a muovere.
Stava aprendo piano gli occhi, che sentiva così pesanti, e la vide subito la proprietaria di quella mano che la faceva sentire così al sicuro, seduta accanto a lei nel letto con con sguardo estremamente triste e gli occhi stanchi, che fissava il logpose ben legato al suo braccio. 
“Ehi.” 
Quella voce calda e dolce le diede subito il ben svegliata quando vide i suoi occhi aperti scrutare tutto, distogliendo immediatamente lo sguardo dall’accessorio nautico. 
“Che é successo?” chiese allarmata a Nami, cercando di riportare la mente allo scontro del pomeriggio, senza riuscire a fare memoria “ricordo di aver visto… e...” si alzò troppo bruscamente con il busto facendosi male. 
“USOP! LA WADO!” quasi si strozzò “Non posso permettermi di perderla!” 
Vide la madre sorriderle e nello stesso momento riempire un bicchiere d’acqua, e così si rese immediatamente conto di avere la gola secchissima. 
“Non preoccuparti di questo. È stato proprio Usop a portarti al sicuro sulla Sunny.” 
Nami le mise una mano dietro alla testa per aiutarla a bere, ma senza sfiorarle il collo dolorante. Rin però non riusciva proprio a capire il perché non potesse farlo da sola. 
“La tua spada è proprio qua, con te.” 
Le indicò la parete di fianco, dove si posò immediato il suo occhio, notando, oltre che la sua Wado, la presenza di altre tre spade ben poggiate al muro. Faceva un certo effetto vedere le due Wado una accanto all’altra. Il suo cuore tornò nel petto e lo sguardo più sereno sulla sua mamma. “Ho perso i sensi… e dopo…dopo che è successo?” 
La rossa annuì, appoggiando il bicchiere nuovamente sul mobile accanto al letto. La fece stendere meglio con il capo sul cuscino sistemandolo più comodamente alla spalliera per farla appoggiare ma senza sdraiarsi del tutto, in modo da rimanere quasi seduta. La guardò con gli occhi lucidi facendole un’altra carezza sulla guancia.
“E dopo è arrivato tuo padre.” 
La bambina sorrise, estremamente fiera, scambiando con Nami uno sguardo di intesa, per poi farsi distrarre proprio da un rumore familiare: qualcuno al suo fianco stava beatamente russando. Alzò un sopracciglio facendo sorridere la rossa. In effetti se ci ci stavano le spade, ci stava il proprietario. Zoro, infatti, seduto sull’altro letto attaccato al suo, con le braccia dietro alla testa e le gambe incrociate, dormiva senza farsi troppi problemi. 
“Era preoccupato anche lui”
Nami non impiegò molto tempo a capire i sentimenti della figlia “ma poi si è addormentato come al suo solito.” 
Rin aveva notato lo sguardo della madre quando si era posato su Zoro: racchiudeva emozioni diverse, ma sembrava soprattutto sopraffatta dall’ansia. Ma fu proprio in quel momento, guardando alla sua destra, che si rese conto del suo braccio completamente ingessato, spalancò occhi e bocca in preda all’agitazione. 
“Ma che…” 
Nami cercò di essere forte per lei, provando a non metterle addosso ulteriore malumore, ma se pur si sforzasse non riusciva a nascondere quella nota triste dal suo volto.
“È solo per poco tempo, passerà in fretta, vedrai.” Provò sbadatamente a riparare al danno prima che Rin potesse farsi prendere dallo sconforto, ma la bambina non sembrava affatto preoccupata per sé stessa, anzi si ricompose in fretta, era dotata di grande autocontrollo. 
“Non posso allenarmi, però!” 
Il suo tono leggermente triste raggelò Nami, che non sapeva come consolarla. 
“Una brava spadaccina approfitterebbe per allenare solo il braccio sinistro.”  
Zoro, ancora con l’occhio chiuso, si svegliava sempre nei momenti che più catturavano il suo interesse. Tanto che Nami non riusciva mai a capire se dormisse per davvero o se facesse finta a volte. 
Rin annuì determinata, fissandolo orgogliosa. “Farò così!” 
Nami fulminò il compagno, contrariata, con una vena che le pulsava in fronte “Una brava spadaccina che capisce quando deve riposare non esiste nel manuale?” 
Lui però la ignorò subito, staccandosi dalla spalliera che lo aveva sostenuto fino a quel momento e, mettendosi seduto di sbieco, aprì l’occhio concentrandosi solo sulla bambina che già rideva. “Tutto bene?” 
Si addolcì un po’, toccandole il piede avvolto dal lenzuolo con la mano destra facendole il solletico e provocandole un gridolino di divertimento. 
“Si”rispose guardandolo a sua volta, completamente persa in lui. Nami scosse la testa divertita ma sorpresa dal fatto che lei era così a suo agio con Zoro. Non era proprio una cosa così usuale da vedere, e la colpì dritta al cuore. 
“Sanji ti ha preparato qualcosa da mangiare.” 
Li distrasse con molto rammarico da quel gioco bello da guardare, ma consapevole che Rin avesse urgente bisogno di energie. Prese così il vassoio lasciato dal cuoco contenente un piatto ricco di cibarie prelibate e nutrienti con al fianco una forchetta. “Mi ricordo che avevi una fame da lupi. Ti aiuto?” 
Le si illuminarono gli occhi, dato che in effetti il suo stomaco non aveva mai smesso di brontolare. 
“Userò solo il sinistro.” 
Nami si batté una mano sul viso, al contrario della reazione dello spadaccino, che invece sembrava così orgoglioso, ridendosela. 
“È chiaro che è tutta colpa tua!”  
Gli disse a bassa voce la compagna, guardandolo di sbieco. 
“Semmai dovresti ringraziarmi!” 
“Per averla resa come te?”
“Certo!” 
“E questi?”
 Rin prese in mano un pezzo di carota tagliata a forma di coniglietto. Dietro la testa di Zoro si formò una gocciolina di imbarazzo, oscurata dalle risatine di Nami. 
“Sanji ci tiene.” 
La bambina, in evidente stato di difficoltà, continuava a cercare di mangiare usando solo il braccio sinistro, riuscendo a prendere un boccone ogni tre che le cadevano sul vassoio. Nami la indicò con le mani, arresa, facendo capire a Zoro quanto fosse irritata di quella ottusità che avevano in comune. Ma lui non era affatto preoccupato. Anzi, era così fiero di quella determinazione e forza di volontà. 
 
“Siamo ripartiti?” chiese a Nami, ad un certo punto, mentre cercava di mangiare non distogliendo mai lo sguardo dal piatto.
La rossa, che aveva ripreso a fissare il logpose con un accenno di preoccupazione sul volto che non si poteva non notare, sembrava non averla proprio sentita.
“C’è qualcosa che non va?” 
La navigatrice in quel momento si riprese e le regalò un sorriso, quello più falso che sapeva fare, e che tutti in quella stanza conoscevano bene. “Va tutto bene.”  
 
Restituito il vassoio a Nami, avendone consumato solo una parte di quel cibo, Rin si lasciò cadere sul letto, era troppo esausta per combattere il genitore, in quel momento. 
“Credo proprio che farò un sonnellino!” e, aderendo perfettamente al cuscino, chiuse gli occhi e si addormentò due secondi dopo averlo annunciato, senza perdere troppo tempo. 
 
La cartografa le stava rimboccando le coperte in un tocco nervoso, e senza perdere quel velo di preoccupazione che aveva spiaccicato sulla faccia, facendo però attenzione a non colpirle il braccio ingessato, sistemandole meglio il cuscino su cui era poggiato. Rin era visibilmente sprofondata nel sonno, lo si percepiva anche da quel piccolo respiro che accompagnava il silenzio calato d’improvviso nella stanza. 
Zoro fissava Nami con occhio vigile, quasi invadente, senza lasciarle spazio. 
“Sta bene.” le disse pacato, incrociando le braccia al petto. “Tu invece dovresti uscire a prendere un po’ d’aria.” 
Ma lei non lo guardò nemmeno, talmente era concentrata sulle sue azioni. Se si fosse fermata a pensare a lui, in quel momento, sarebbe esplosa. E per quanto lo volesse al suo fianco, allo stesso tempo aveva bisogno di stare sola. Erano troppe da reggere tutte quelle emozioni. Non sapeva nemmeno più a che cavolo di soluzione erano arrivati. A che tipo di accordo. Al fatto che non sapesse nemmeno il suo parere di quel bacio. Anche se quell’abbraccio di qualche ora prima era stato ugualmente chiarissimo e allo stesso tempo per niente. 
“Non mi muovo di qui” le uscì durezza nella voce, determinata a non dargli ascolto. 
“Vuoi vegliarla anche tutta la notte?” 
Sul viso di Zoro si leggeva quanto non appoggiasse la sua eccessiva apprensione. “Sei così cocciuta!” 
Era spesso contrariato ai suoi modi di fare e agire davanti ai problemi. Ma Nami non lo rispondeva, concentrata nel volerlo ignorare a tutti i costi, e lui la vide stringere i lembi delle coperte con la mano sinistra, in preda al nervosismo. Lui la stava rendendo più agitata di quanto già non fosse. 
Quando non esternava le sue emozioni a parole, lo faceva con i gesti.
“Guarda che se n’è accorta anche lei...” 
Scoprì Nami guardarlo con la coda dell’occhio, mentre allentava la presa sulle coperte, sempre senza proferir parola. 
“Rin. Si é resa conto che non stai bene.” 
 
Era impazzita quando tornata sulla Sunny aveva scoperto che la sua miniatura aveva riportato delle ferite dovute alla caduta, facendosi male al braccio nel momento in cui, cadendo da quell’altezza, aveva portato tutto il suo peso su di esso. Chopper, che aveva agito tempestivamente, gli aveva tutti rassicurati dicendo loro che, anche se lo sembrava, non era grave, che quella frattura sarebbe guarita in fretta. 
E la stessa Rin non sembrava né dolorante e né arrabbiata per il fatto che lei non fosse riuscita a proteggerla. 
Ma ciononostante, Nami era demoralizzata lo stesso, affranta da quella sua impotenza. Si vergognava anche agli occhi di Zoro, per non essere riuscita a proteggere la figlia, come invece lui avrebbe fatto senza causarle dolori o danni collaterali. 
Quando erano rientrati dopo quella brutta disavventura, Chopper aveva già fatto l’ingessatura, e lei aveva perso la testa inveendo contro tutti. Tanto che poi la maggior parte di loro si era dileguata, lasciandola a sbollire. Con lei erano rimasti solo Zoro e Sanji, quest’ultimo andato via solo a fine serata per preparare la cena. Si sentiva così demoralizzata che aveva voglia solo di sprofondare in un letto al buio e non alzarsi più per un po’. 
“Te l’avevo detto che è tutto sbagliato.”
Le uscì così spontaneo, che se ne pentì subito; non avrebbe voluto dirlo, non avrebbe voluto esporsi più, non avrebbe voluto parlare. 
E la paura di far venire i sensi di colpa alla bambina era pure peggiore di quel suo modo di agire avventato. 
Ma lo sguardo di lui era severo, non più accondiscendente. Lo faceva arrabbiare come pochi quando faceva la vittima. 
“Se pensi che perderò tempo a consolarti per qualcosa che tu non vuoi vedere, ti sbagli di grosso.” 
Nami alzò il pugno in aria minacciando di volerlo colpire, ma si arrese nello stesso istante. Quando non aveva parole poteva usare solo la violenza. Ma quella volta lui non l’avrebbe risparmiata; era nervoso, fissandola in quel modo rigido che solo lui sapeva dedicarle quando non era contento di lei.
“Scalcia quanto ti pare.”   
 
Rimasero in silenzio per un po’ a vegliare quella bambina che nella loro vita futura sarebbe stata la loro figlia a tutti gli effetti. Come potevano essere spesso così in disaccordo e vivere allo stesso tempo momenti che facevano battere il cuore in quel modo irregolare? 
Come poteva lui essere sempre così rude e poi dedicarle un’attenzione così importante che andava ben oltre la sua immaginazione?
Zoro non distoglieva lo sguardo su Nami nemmeno per un attimo. Stava aspettando di vederla crollare da un momento all’altro. Perché lo sapeva che stava rivivendo un brutto momento. Più di uno, forse. Ma era così testarda da pensare solo a Rin, al non averle risparmiato quell’incidente, da dimenticare pure sé stessa. Si stava facendo divorare dall’inutile senso di colpa. 
Nami lo sentiva eccome quell’occhio addosso e la stava facendo impazzire. Si distraeva continuando a rimboccare le coperte, che erano pure eccessive, o ad accarezzare i capelli di Rin - tutto per evitare lui, di guardarlo, di parlarci, di affrontare i suoi sentimenti. 
“Standole continuamente addosso non cambierai le cose. Quel braccio rimarrà ingessato comunque.” 
Zoro vide quegli occhi grandi sbarrarsi. L’aveva provocata. Istintivamente Nami avanzò verso di lui alzando la mano in aria, pronta per schiaffeggiarlo con violenza - per davvero stavolta - con tutta la collera che aveva in corpo, andando in escandescenza. 
Ma perché le aveva detto così? Non capiva che quel ‘gesso’ le faceva male? Era la testimonianza della sua debolezza come donna, come madre, come pirata, come compagna. 
Ma quella era una delle poche volte in cui lui la fermava, in cui non le concedeva di picchiarlo, di essere il suo sfogo, bloccandole le braccia in modo deciso. 
“Non è stata colpa tua!” Zoro sentiva con la mano quel suo esile braccio che teneva ben stretto tremare “mettitelo bene in testa.” 
“STAI ZITTO!” 
Prevedendo che avrebbe svegliato Rin, si alzò in piedi caricandosela di peso sulla spalla. 
“Lasciami subito!” 
“Hai bisogno d’aria.” 
“Non voglio lasciarla sola! ZORO!” 
Lo colpì sulla schiena ripetutamente, mordendolo anche sul collo. Quello imprecò ma resistette, non mollando la presa. 
“Nessuno le farà del male! Sta bene!”
 
 
Una volta all’esterno, sul ponte, la rimise in piedi sbarrandole però l’entrata per non farla passare, consapevole che si sarebbe probabilmente preso tutta la sua furia. 
Nami strinse i denti, muovendo entrambe le braccia in modo minaccioso per cercare di impaurirlo. Ma lui non aveva intenzione di cedere. “Rin sta bene!” C’era solo fermezza nel suo sguardo, nessun ripensamento, nessuna voglia di darle ragione.
“Zoro!” Ma un’aria di prepotenza volteggiava su Nami, sempre più ingombrante, in risposta al suo essere così risoluto. “Fammi passare subito!”
“No!” 
“ZORO!!!”
Ma appena arrivata sull’orlo del precipizio, l’aria fresca le era entrata dentro ai polmoni e L’aveva accarezzata dalla testa ai piedi, risvegliandole la pelle. Fu anche un sollievo per quegli occhi stanchi, dandole finalmente una tregua. Aveva il fiato corto e la voce bloccata, strozzata nella gola. 
Anche lui ansimava appena, ma non per la fatica, non per la situazione, ma per aver avuto un altro contatto fisico con lei. Un’altra vicinanza col suo corpo. 
Si portò una mano al collo toccandosi il punto dolente: lo aveva morso per davvero quella scema! 
 
“Sei stanca!” 
Aveva quietato di poco il tono, guardandosi la mano con un po’ di sangue sopra. “È stata una dura giornata per tutti.” 
Nami si arrese, e, sospirando sconsolata, lo lasciò perdere. Gli dava le spalle per non guardarlo in faccia, troppe paure avrebbe potuto scorgerci. Però sapeva che lui aveva ragione, era stata una giornata dura, impegnativa, e non solo fisicamente. 
Partita con quel bacio che le aveva rovinato la vita fino alla perdita di sé stessa, il risvolto disgustoso con quei pirati della malora e la rabbia per non aver impedito a Rin quell’incidente. 
E senza contare tutto il peso che aveva addosso ogni volta che lui la guardava o la toccava. Si era più agitata per le sue mani sopra la pelle che per l’azione di per sé. Quel continuo corpo a corpo erano solo preliminari per qualcosa di più che sarebbe senz’altro accaduta. Questa verità la mandava completamente ai matti. 
“Mi dispiace per il morso.” 
Aveva poi ceduto, facendosi cullare dall’aria fresca che un po’ era riuscita indirettamente a calmarla. Ma ancora evitava di guardarlo, anche se si sentiva un po’ in colpa per tutto quello che gli faceva sempre passare. 
 
Erano in viaggio già da un po’, si erano lasciati dietro quella gentaglia, che uomini non si potevano certo chiamare. Ora dovevano essere solo un ricordo lontano, ma in realtà non era proprio così. Tutto il male rimaneva sempre bene impresso nel cuore. 
Lui faceva il duro ma era lì con lei, come sempre. Scontroso ma presente. Severo ma preoccupato. Rude ma attento.
Era un’ombra. 
La sua ombra. 
Anche se non aveva alcuna intenzione di fare il babysitter. E anche lui aveva bisogno di riposare mentre lei continuava a succhiargli tutte le energie. Ne ebbe la certezza quando la vide stringere il cornicione della nave dentro i suoi palmi piccoli e stanchi.
 
“Mi hai strappato la pelle!” 
Si stava ancora tamponando il collo con la mano. 
“Ti ho detto che mi dispiace!” 
Finalmente si era voltata a guardarlo, con quegli occhi grandi e dispiaciuti, che rubavano tutto lo spazio che c’era tra loro. 
 
Nella mente dello spadaccino si ripresentarono le immagini della mattina in palestra. In quel momento in cui aveva perso il controllo e approfittato della situazione. Lui aveva un autocontrollo saldo, ma non così saldo come credeva; con lei, in un modo o nell’altro, cedeva. 
 
Avrei dovuto andarmene. Avrei dovuto rifiutarmi di baciarla. 
 
Perché ora quel ricordo era una tortura. E rendeva una tortura anche tutto il resto, tutti gli scontri e incontri che stavano avendo. Ma dopo aver dato sfogo alle sue pulsioni in quel combattimento, poteva ammettere dentro di sé qualcosa che né alla luce del sole e né al calar della notte avrebbe mai potuto rivelare: se ce ne fosse stata l’occasione, voleva farlo ancora. Anche adesso. 
Il ricordo della morbidezza delle labbra di Nami gli strappò un sussultò involontario che a lei ovviamente non sfuggì. 
 
Ho davvero perso il controllo stamattina, come uno stupido. 
 
Rimuginò tra sé, avendo una strana sensazione di quel momento che stava vivendo, di lui che si lasciava andare agli impulsi, e con lei in agguato che voleva mettere una fine o trovare l’inizio tra loro. 
Lui aveva paura si fosse spezzato qualcosa in Nami, magari anche lui stesso l’aveva spaventata in qualche modo con quel bacio avventato e indecente, che fremeva di esistere, iniziando a credere di non essere più colui che poteva ripararla.
Tutto il proprio autocontrollo, però, venne meno quando scorse in lei due occhi accesi, carichi di amore incondizionato. Eh si, l’aveva letta dentro anche quella mattina. L’aveva sentita fremere per lui. 
Ma ricordando che Nami aveva detto categoricamente che non l’avrebbe sposato mai, si sentì nuovamente confuso. Che significava quello sguardo? Era sicuro che ogni tassello sarebbe poi tornato al posto giusto da solo. Nami era testarda, ma Rin esisteva. Era un dato di fatto. E lui non avrebbe dovuto preoccuparsene eccessivamente.  
 
 
Naturalmente, le loro voci avevano attirato i compagni, il che li costrinse a rallentare. A fermare quegli sguardi carichi di troppi sentimenti compressi in uno. Sanji e Robin erano accorsi sul ponte, e notando quella tensione, quella strana calma, insieme alla contraddittorietà delle urla di prima, si resero conto che si trattava delle loro questioni personali cui non avrebbero dovuto proferir parola. Anche Franky era presente, testimone di quello scontro quasi invisibile che, di vedetta, osservava tutto con il cannocchiale, restando silenzioso. 
 
 
Nami era scivolata a terra, sedendosi vicino alla ringhiera, ma senza appoggiarsi. Faceva di tutto per non crollare. Non poteva farlo di nuovo. Non doveva approfittare di lui e richiamare la sua pietà per farsi abbracciare come quella sera. Anche se doveva ammettere che le era piaciuto essere intrappolata in quel calore. Rin aveva ragione, non erano azioni abituali per Zoro, e dunque sapeva renderle uniche.
Lo avrebbe portato allo sfinimento però, se lo sentiva. D’altra parte, non poteva nemmeno frenare le sue emozioni solo perché lui era fatto così.
Per un attimo vide il volto di Rin davanti a lei, e pensò alle sue debolezze, a quel bisogno di esprimere le sue emozioni, ma a quel modo severo con cui le sapeva ben reprimere. Sgranò gli occhi. Era davvero figlia loro, e se non la smettevano di giocare l’avrebbero rovinata, le avrebbero fatto indirettamente del male. 
“Che ti prende?” 
Ovviamente notava tutto, e quando non riusciva a capirlo da solo, chiedeva. 
“È colpa nostra se Rin ha paura di rivelare cosa prova.” 
Lui non disse nulla. Ma quelle parole lo avevano colpito. 
“È colpa nostra…” continuò a ripetere. Per una volta stava ammettendo apertamente che Rin era figlia loro, non solo di Zoro. 
“Allora ti sei finalmente rivista in lei!” 
La vide portarsi i capelli su un lato, riunirli tutti in una sola spalla.
Era agitata. 
La voce era diventata così bassa che sembrava stesse parlando più con se stessa che con lui. Come se ogni parola detta troppo velocemente rischiasse di scoprirla ai suoi occhi. 
Nami ora aveva la fronte corrucciata e le labbra serrate che trasudavano una dura amarezza.
E una domanda le sorse spontanea. 
“Tu sei riuscito a trovare punti di contatto con lo Zoro del futuro?” azzardò.
Il verde si ritrovò presto confuso, come se lei fosse ammattita di colpo. Era una domanda scomoda, molto scomoda, a trabocchetto anche, ma lei sentiva di avere il diritto di sapere anche di questo. 
Lo aveva messo alle strette. L’unica cosa che per ora lo legava al sé stesso del futuro era lei. Ma come poteva spiegarle questo? 
“Non so.” Gli uscì d’impulso. “Non ci ho pensato molto.” 
Bugiardo
Ed era vero in realtà, non ci aveva pensato molto. Però la risposta la sapeva. 
Quella che, a quanto pareva, era ormai la sua innamorata, lo fulminò incerta ma senza dubitare eccessivamente di lui. 
“Capisco.” 
Ma allora Zoro non aveva sentito per niente quello che lei aveva detto prima? Non sapeva leggere tra le righe? Dovevamo smetterla di giocare, anche per il bene di Rin. 
“E tu?” 
Sussultò.
Non credeva che le avrebbe chiesto lo stesso. 
Dannazione
“Nemmeno io.” 
Mentì. E si morse la lingua. Perché non ci riusciva?
Era come lui. 
Ma Zoro aveva appena sorriso senza farsi notare. Lo stava sottovalutando, ma lui l’aveva capita bene. Lei voleva sapere se sapesse il motivo del perché nel futuro sarebbero stati insieme. Voleva sapere ancora di quell’amore di cui tanto farneticava. Quindi capire quanto lui l’amasse adesso. Non le bastava vederlo? Continuò a sorridere interiormente lasciandola cuocere nel suo brodo. Doveva capirlo da sola, dall’istinto, dalle azioni, da quello che avevano, perché per lui era già abbastanza. 
 
“È meglio rientrare.” 
Finalmente si mosse, sbrigativo, con l’intenzione di andare a mangiare e magari farsi una dormita o anche starsene un po’ da solo. Anche lui era stanco. Anche lui voleva staccare da quei sentimenti caduti sopra la sua testa irrompendo con forza nella sua sfera protettiva fatta di sacrificio e rinunce.
Le porse però la mano per aiutarla ad alzarsi, una mano che lei accettò volentieri. Ma, un piccolo grido che le uscì dalla bocca, li fece preoccupare tutti e due, mandando a monte l’idea del riposo.
 
 
 
 
“Ma io non sono ferita!” 
Stava scrutandola meglio con l’occhio attento, dentro l’infermeria, adesso. “Ne sei certa?”
“Smettila di guardarmi, non ho nulla ti dico.” 
Ma lui non sembrava affatto convinto. Per fortuna che la renna stava entrando proprio in quel momento o quegli sguardi di fuoco avrebbero ustionato la stanza. 
Nami sospirò. 
“Io sto bene, davvero!” fu costretta a ribadire quando captò lo sguardo indagatore di Chopper sul suo corpo, mentre lei prendeva posto sulla sedia. 
“Zoro ha detto che sei stata aggredita.” 
Nami lo fulminò con lo sguardo ma lui continuava ad essere serio e per nulla ammutolito. Lei non voleva che nessuno di loro sapesse quello che le era successo, tranne lui e Usop, che ovviamente erano stati presenti.
In quel momento entrarono anche Sanji e Robin, preoccupati, assistendo alla visita e mettendola ulteriormente in agitazione, per la paura che quell’incidente avesse anche una sola possibilità venir fuori. 
“Toccale la schiena.” 
Lo spadaccino, sempre serio, si era rivolto direttamente al dottorino che, immediato, le passò una zampa sopra, beccandosi sempre uno sguardo furibondo da lei, che in tutti i modi cercava di farlo tacere senza proferir parola. Ma lui sembrava proprio non sentire. 
Non appena la zampa di Chopper scese verso il fondoschiena, le uscì un gridolino di dolore, allarmando i presenti. 
“Scusami Nami, posso controllare sotto la maglietta?” 
La navigatrice annuì, ormai arresa all’evidenza che forse qualche malanno se l’era preso. 
La renna alzò leggermente la maglia da dietro e vide - tutti videro, tranne la diretta interessata - un’ematoma violaceo che stava iniziando a formarsi sulla sua pelle. 
“Oh.” 
Chopper ci passò nuovamente la zampa appena più verso il fianco, provocandole un alto verso trattenuto che non era riuscita proprio ad evitare. 
Maledizione
“Che cosa è?”
Vide Zoro irrigidirsi, si stava facendo divorare di nuovo dall’ira più violenta. Lui lo aveva visto quel pirata inginocchiarsi sopra di lei con la forza.
“Hai preso un colpo forte alla schiena. Dovrò fare una visita più approfondita. Ma non ci sono danni interni.” 
Guardò il compagno spadaccino, voleva calmarlo con lo sguardo, voleva trasmettergli le sue emozioni, voleva dirgli che non era più così importante. Rin era al sicuro. Usop stava bene. Loro stavano lì, insieme. Non le importava più ormai. 
Ma lui sembrava non vederci e non sentirci. 
“Chopper, non é meglio farla subito questa visita?”
L’irascibilità di Sanji accompagnava la rabbia di Zoro, rendendo quella stanza un covo di emozioni negative trattenute. Nami le sentiva tutte attorno a lei. 
“Adesso le causerebbe solo altro dolore. Ma posso assicurare che é solo un danno esterno.” Rispose prima al cuoco per poi tornare da Nami, “posso darti questi antidolorifici per adesso.” 
Chopper la distolse dalla sua missione di quietare Zoro con lo sguardo, triste per non poterla guarire lì su due piedi. “Prendine subito uno, vedrai che almeno riuscirai a dormire.” 
“Va bene” gli regalò un sorriso “ma non sento niente se non mi appoggio.” 
Che fosse stata l’apprensione per la bambina a distrarla? Ora che era più calma avrebbe sentito il dolore? 
Mentre rifletteva, vide Zoro uscire dalla stanza con la coda dell’occhio. Si morse un labbro. Possibile che facesse tutto il tranquillo e poi si lasciasse governare dalle sue emozioni anche lui? 
“Ora ti spalmo una pomata speciale fatta da me. Aiuterà a velocizzare il suo corso.” 
“Grazie Chopper.” 
 
Zoro aveva tirato un pugno alla parete appena fuori dall’infermeria, talmente forte da lasciarci un segno. 
Se non ci fosse stata la minaccia per la vita di Rin non lo avrebbe mai permesso tutto quello. 
Ma Sanji lo aveva seguito fuori. 
“Allora?” Era dietro di lui, lo aveva colto in fallo. “Mi spieghi quel livido?” 
“Non devo spiegarti proprio niente!” 
“Non sai nemmeno proteggerla!” 
Gli sputò addosso tanto di quel veleno che lui sgranò gli occhi, guardandolo impazzito.
“Dove diavolo eri tu?” 
“Levati di torno!”
“Maledetto spadaccino inutile!” 
“Basta Sanji!” 
Nami li aveva raggiunti fuori dall’infermeria nel minor tempo possibile, non dando a Chopper nemmeno il tempo di abbassarle la maglietta sulla schiena che si stava appiccicando alla pomata. La abbassò lei con forza, superando Robin dopo averci scambiato uno sguardo d’intesa rassegnato, come a dirle ‘gli uomini sono stupidi’. 
“Zoro non c’entra nulla.” 
“Non devi difendermi!” la guardò malissimo. 
“Diamine quanto sei orgoglioso!” 
“Mi dite che diavolo é successo in quella taverna?” 
Il cuoco sentiva che non gli avevano detto tutta la verità. Si preparò ad accendere la sigaretta che curava il solito nervosismo. 
Nami si avvicinò a lui tirandolo per un braccio in segno di affetto.
“Sono solo scivolata sulla strada!” gli sorrise calorosa, ma lui non ci credeva affatto, continuando a fissare Zoro che invece non riusciva a nascondere niente. Lo stesso che, ricomponendosi, se ne andò, lasciandoli soli. 
 
“Nami, cara” 
Lei che stava ancora fissando il solco lasciato sulla parete dal quel pugno, sconvolta, si riconcentrò sull’amico alzando la testa, dal momento che ancora era attorcigliata al suo braccio senza accorgersi. “Umh?” 
“È furioso.” Ispirò il fumo, “quel cretino.” Ispirò ancora. “Se non vuoi dirmi cosa è successo, va bene. Ma quella rabbia non guarirà se non l’affronta.” 
“Guarire?” 
“Hai visto che ha fatto?” Indicò il solco che Nami aveva però già ben che notato. 
“Un animo ferito da sé stesso.” 
La rossa conosceva le motivazioni, sapeva cosa era accaduto. Ma non era chiaro, era stato così calmo tutto il tempo, come poteva essere esploso all’improvviso? 
“Ma non capisco…” si sentiva confusa, “prima non era così.” 
“Mi dispiace contraddirti Nami-san.” La guardò sinceramente negli occhi. “Lui ha quella ferita addosso da quando siete tornati.” 
Le mancò un battito. 
Era troppo presa da sé stessa per notarlo? 
Aveva allora fatto il forte per lei? Si era trattenuto per farle da sostegno senza esprimere le sue di emozioni al riguardo? 
‘È stata una giornata dura per tutti’, le aveva detto. 
Strinse i pugni. 
Il cuoco sentiva la necessità di volerla rassicurare, e non poteva nemmeno negare di essere un po’ in pena per quel cretino. Così decise di agire. “Vado a parlarci.” 
Ma Nami lo fermò all’istante con totale sicurezza.
“Grazie Sanji. Stavolta spetta a me.” 
 
 
Lo aveva seguito accelerando il passo, trovandolo così sul ponte, fermandolo in tempo prima che potesse chiudersi nel suo posto privato. 
“Mi hai detto di non sentirmi in colpa per Rin. Allora perché tu ti ci senti per me?” 
“Non è così.” 
Si fermò all’istante ma senza voltarsi. 
“Si è così, invece” era arrabbiata ma con la voce mozzata anche dall’agitazione. “Perché non mi dici mai cosa provi?” Lui continuò a stare in silenzio, dandole le spalle, ancora convinto di voler andare avanti e lasciarla perdere. “Sai quanti pugni vorrei tirare anch’io?”
Zoro la sentì quella sua voce piena di dolore. Lui lo aveva anticipato che sarebbe crollata, ma forse non era nemmeno così preparato a tutta quella rabbia che racchiudeva quel tono ferito. Si voltò a guardarla. Era rigida nel corpo, con le mani chiuse in due pugni lungo i fianchi. Ma a questo era abituato. Ciò che lo preoccupava era il suo sguardo, così pieno di sconforto. Allora prima si era trattenuta anche lei? 
“Quella lurida mano sul collo di Rin…io non potevo fermarlo…” era accecata dal fastidio, e più stringeva i pugni e più vedeva quella scena davanti ai suoi occhi. E la mente vagava, tornava a quando Arlong la costringeva a disegnare con la violenza. Non riusciva a placare quella rabbia, non riusciva a fermare quel ricordo, non riusciva a non sentirsi così impaurita da questo. Non poteva permettere che sua figlia vivesse lo stesso incubo finendo in mano di qualche pessimo pirata. 
“Sei stato tu a salvarci. A salvare Rin. Non io.” 
Sentì le gambe di Zoro muoversi lentamente e avvicinarsi a lei.
“Quello che ti hanno fatto…” lo sentì gelido, ancora in preda all‘ira, ogni suo muscolo ne era pervaso, anche se cercava di nasconderlo e non darlo a vedere “è da vigliacchi e da deboli.” 
I suoi occhi erano stretti in due fessure, in uno sguardo ancora troppo duro, il corpo intirizzito, quasi paralizzato. Almeno finché non lo vide sfiorarla sul braccio dove aveva la cicatrice più antica sotto al suo tatuaggio, e poi quella più fresca, dovuta al proiettile che aveva salvato Rin. 
Ma nonostante si lasciasse toccare, il suo sguardo non era cambiato. Stava soffrendo veramente. Era piena di collera. Aveva capito cosa con quel gesto, una carezza, stesse cercando di dirle, ma lei era così testarda. 
“Chiunque voglia approfittare di me mi minaccia sempre con la paura di fare del male alle persone a cui tengo. È perché sanno che non posso salvare nessuno.” 
Riuscì a rivelare quel macigno che si portava addosso, gridandolo al vento, perdendo una lacrima che finì sulla mano di Zoro, e che lei prontamente ripulì svelta credendo di cancellarla. “Maledizione.” 
“Ti sbagli.” 
Quella voce le arrivò dritta al cuore. L’aveva quasi urlato. Era stato così immediato nel risponderle che l’aveva spaventata. 
“Vedono la tua forza e la usano contro di te, stupida!” 
Nami voleva crederci con tutta se stessa, e nonostante quelle parole le avessero fatto piacere - sentirle da quella voce, poi - non era così convinta. Quasi che avrebbe piuttosto litigato con lui pur di avere ulteriori ragioni per sfogarsi. 
Vide il volto di Zoro curvarsi in una espressione davvero allarmata e contraria. “È proprio questa tua forza che gli spaventa. Tutti quanti loro là fuori.” Aveva preso una pausa per respirare, per imprimere quelle parole nell’aria una volta per tutte. “Hai pensato a Rin tutto il tempo senza accorgerti della tua ferita. Ti sei fatta sparare...” strinse la mano in un pugno. “Per lei ti sei lasciata toccare da quello schif…” 
Ma non riuscì mai a finire la frase. Nami aveva inconsciamente alzato i piedi e chiuso le sue labbra su quelle di lui. 
Forse per tutta quella tensione, forse perché per loro quelle chiacchiere erano il modo di dichiararsi amore, mettendo a nudo le paure e le debolezze. Forse perché quelle parole erano meglio di qualunque dichiarazione. Così, Nami aveva perso l’ultimo barlume di lucidità mentale che fino a quel momento le aveva impedito di abbandonarsi ai sensi. Tant’è che quando vide Zoro ritrarsi, per non spingerla a continuare, forse pensando che avesse preso un’abbaglio, lo agguantò per il bavero, strattonandolo e costringendolo a lasciarsi andare in un nuovo bacio, ancora più carico dei precedenti. 
E lui non si oppose più, anzi, dopo una iniziale sorpresa, affondò le dita della mano libera sul suo fianco, approfondendo quel contatto a lungo desiderato da entrambi. Stava rispondendo con una ferocia di cui poi, in seguito, di certo, si sarebbe vergognato. 
Le loro bocche non smisero un secondo di incontrarsi. Lui, che non era affatto idiota come spesso si credeva, ne approfittò per ghermirle le labbra con le proprie il più a lungo possibile. Fu un contatto lungo, infinito, difficile dopotutto quantificarne la reale durata, poiché staccarsi richiedeva uno sforzo che ormai non avevano più. 
Si baciarono con furore, non con dolcezza. 
Lui invase la sua bocca con la lingua lasciandola senza respiro, come volesse assaporare tutto il suo sapore e tenerselo per se per sempre, mordendola fino a che non la sentì gemere di piacere. O forse era dolore? Non lo sapeva. La razionalità era sparita per lasciare il posto all’istinto. 
Si erano urlati troppe parole quel giorno, si erano messi quasi a nudo, seppur involontariamente, poiché loro non ne avevano nessuna intenzione. Troppi contatti stretti. Troppa tensione. Troppa violenza. Zoro sentiva solo che la bocca di Nami era calda, le labbra che erano rosa e delicate all’inizio, adesso erano rosse e gonfie per via dei suoi continui affondi. 
 
“Zoro…” la voce bassa, resa roca dal piacere, di Nami, fu come una doccia fredda. Stava baciando una donna. La donna della sua vita; almeno, l’unica che avrebbe potuto diventarlo. 
E lei non era certo stata lì a lasciarlo fare. Lo aveva spinto contro alla parete, stringendolo forte con una mano, conficcandogli le unghie nell’avambraccio. Era tutta tensione che i loro corpi e la loro mente dovevano scaricare.  
Entrambi non poterono far altro che ammettere la realtà dei fatti: nulla sarebbe più stato come prima.
 
Trovata la forza per tornare a respirare, Nami si vergognò di sé stessa. Aveva immediatamente abbassato il viso, sfuggendo allo sguardo del verde e concentrandosi invece sul suo collo, puntando lì tutta l’attenzione. 
Lui che non le toccava la schiena ferita. Lui che stava ansimando, mettendo il collo pulsante in mostra, il torace che si vedeva sotto lo yukata e che alzava e abbassava ad un ritmo irregolare. Anche Zoro perdeva il controllo in quel modo. Anche lui poteva essere feroce con lei. Quei visi nascondevano tante, troppe, emozioni diverse. 
Rimasero così, mantenendo quella distanza per un po’, immobili. Lei ancora la mano conficcata nella sua pelle. Lui che ancora le stringeva un fianco. 
Anche il vento sembrava essersi fermato. 
 
Lo sentiva però leggermente più quieto adesso, sotto di sé. Aveva sbollito parte della rabbia. Nami aveva aperto la sua mano, quella ancora rimasta chiusa in un pugno, permettendo alle dita di Zoro di intrecciarsi alle sue. Stava cercando quella stessa emozione di quella sera di pioggia sul ponte, che adesso sembrava così lontana. E lui ricambiò, stringendole le dita. Era sicuramente meglio che parlare. 
Gli sparuti frammenti d’amore che l’avevano inizialmente spaventata, ora le apparivano come necessari. Era trepidante per questa sua avventatezza. Si sentiva coraggiosa. 
Quella mattina si erano uniti in una strana danza inaspettata che adesso si era ripetuta ancora più forte. Provando emozioni che avrebbero mai creduto esistessero. 
Ci sarebbe stato futuro per loro quindi? Era amore quello che aveva sentito? 
Forse. Probabilmente. Era certamente così. 
L’immaginarsi un futuro che non ci sarebbe mai stato era una ferita troppo grande da sopportare. Non c’era più tempo per rivangare quello che avrebbe potuto essere. O quello che avrebbe dovuto essere. Dovevano solo pensare al momento, al presente, a loro. A quel sentimento condiviso che però nessuno dei due voleva ammettere apertamente all’altro. 
 
Come una stupida lo guardava sul collo e rimuginava, era rimasta ancora bloccata lì a fissare quella sua pelle, ad ascoltare il suo respiro, ad annusare il suo odore, a pensare a quel calore sulla sua mano, alle sue dita che accarezzavano le sue, al tono severo ma caldo che le parlava e che si rivolgeva a lei nei suoi modi rozzi ma carichi di preoccupazione. 
Lei aveva sentito qualcosa. Eccome se l’aveva sentita. Era stato proprio quello che aveva sentito a farla cadere, a farla vacillare.
Il singolo momento in cui aveva sperato di avere ragione, cioè di non provare niente, e di non essere ricambiata, quel bacio aveva cambiato tutto. Forse mai completamente sarebbe tornata quella di prima. Perché lui sarebbe stato sempre lì, nella sua mente, nel suo cuore. Erano stati insieme per più che un istante adesso. Ed era bastato per sconvolgerle la vita, come aveva sempre fatto lui in ogni azione che era stata di impatto. 
 
Si era rilassata, Nami, e stava pian piano abbandonando i sensi di colpa, le paure e quella che pensava fosse una debolezza - lui aveva questo potere su di lei. Ma sembrava comunque voler mantenere il silenzio su quell’argomento. Anche se ormai chi voleva crederci al silenzio? Chi ci credeva più alle parole dopo quel bacio?
 
 
 
“…lo sai che la vita che abbiamo scelto comprende più che dei semplici rischi.” Le disse dopo un tempo che era sembrato più che infinto. “Ma Rin è forte, si vede. Non le succederà niente di quello che hai vissuto tu.” 
Il respiro le morì in gola. Come aveva fatto a capire le sue paure così fino in fondo? Sentiva la sua mano stringere la sua. 
Lui era lì.
“Io non lo permetterò.” 
Quasi che quella promessa volò via con il vento, ma questo non la rendeva meno reale. 
 
 
 
 
 
Un cyborg curioso, e con il cannocchiale in mano, sghignazzava. . .
 
 
 
 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: robyzn7d