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Autore: _Bri_    03/10/2021    7 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - Iscrizioni chiuse]
Per Kingsley Shacklebolt, Ministro della Magia da ormai otto anni, la questione Azkaban era un tarlo fisso da diverso tempo. Da quando Voldemort era stato sconfitto, molte erano le rivoluzioni che il mago aveva adottato per migliorare l’intero sistema magico, eppure quello era un problema a cui non aveva ancora trovato una soluzione.
Ma se il Ministro avesse avuto infine un'illuminazione? Sarebbe possibile, sebbene con metodi forse poco ortodossi, cambiare le persone per renderle migliori? Magari promettendo loro un "Good Place"?
Beh, non vi rimane che prendere parte "inconsapevolmente" al suo programma di riabilitazione, per scoprirlo!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Hermione Granger, Kingsley Shacklebolt, Maghi fanfiction interattive, Percy Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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CHAPTER 2
Fatti non foste a viver come bruti
 

“Sono sicuro che la seconda, sarà quella buona. “
 
 
Quattordici tentativi più tardi…
 
Michael, braccia spalancate sulla sua scrivania e guancia abbandonata sul piano, in una posa che non lanciava di certo messaggi equivocabili: quella era rassegnazione, pura e semplice rassegnazione.
Seduto davanti a lui, lievemente più composto ma egualmente distrutto, c’era Justin. L’uomo teneva un blocco in mano e faticosamente segnava l’ultimo di una lunghissima serie di appunti, mentre Michael borbottava lamentoso.
 
- Questa volta cos’è andato storto? Non lo capisco più. -
 
- Purtroppo Sebastian è entrato nella porta d’oro. – Rispose Justin con voce arrochita, stanco e provato da una settimana devastante. Dopo il primo caso di obliviazione di massa, il secondo era accaduto ben prima della presentazione del Middle Place. Infatti pare che Keira si fosse impuntata in preda a una crisi isterica, gridando che non fosse possibile quello che le era capitato ed era uscita dallo studio immersa in una valle di lacrime. A quel punto tutti gli altri si erano svegliati dal loro torpore indotto e avevano dato via al club dell’isteria collettiva. Tutti, tranne Ben che si guardava intorno con l’aria trasognante di un bambino al luna park e Andy il quale, ancora una volta, sembrava non credere minimamente a cosa stesse accadendo.
 
- Ok. Forza e coraggio. – Michael si tirò su con estrema fatica, spianò le mani sul giaciglio che fino a quel momento aveva ospitato metà del suo corpo e puntò gli occhi chiari in quelli di Justin. –Cerchiamo di capire se ci sono delle dinamiche che si ripetono. -
 
Justin raddrizzò la schiena e preso un ampio respiro, scorse le pagine a ritroso, fin quando non puntò l’indice su qualcosa che egli stesso aveva precedentemente appuntato.
 
- Sai, è davvero molto interessante vedere cosa sta accadendo… tendenzialmente ad ogni riavvio le cose cambiano di volta in volta, tranne per tre o quattro elementi. Ad esempio Andy Foer… - Disse, dopo aver cerchiato una parola: - Non ha mai avuto una reazione diversa, mai. Ad ogni risveglio, ha detto sempre la stessa cosa, ovvero che crede che tutto sia frutto della sua immaginazione. -
 
- Affascinante, una mente estremamente razionale oserei dire, ma non mi sembra comunque un ostacolo al momento; insomma che si crogioli pure nella sua idea. Cos’altro? – Chiese poi Michael, lievemente ringalluzzito da quel resoconto.
 
- Ben… Patrick Goldwasser. Lui sembra sempre non essere molto presente a se stesso, ma anche in questo caso direi che non è un problema. Robin Sycamore si dispera tutte le volte, credo sia davvero molto affezionata a quel suo animale, forse dovremmo trovare il modo di premiarla con una visita, nel caso si ritrovi a guadagnare abbastanza punti più avanti. -
 
- Potrebbe essere un’idea, certo. E poi? -
 
- Per il resto direi che i nostri riavvii sono stati causati da eventi randomici, ad esempio come nel caso di Tyson e il suo falò. -
 
- Benedetto ragazzo! – Esclamò Michael – Per poco non dava fuoco a tutto il distretto! Ci siamo assicurati di avergli tolto l’accendino? -
 
- Affermativo. – Justin annuì, ma subito dopo si bloccò con le sopracciglia aggrottate e lo sguardo fisso sul suo blocco d’appunti.
 
- Tutto bene? – Chiese apprensivo Michael.
 
- Si ma, ecco… il problema più grande è Blue Jean Fleetwood. – Esasperato, Justin chiuse il blocco di appunti. – Ben cinque volte non solo mi ha riconosciuto, ma non ha creduto alle nostre versioni. Non so più cosa fare con lei! -
 
- Cos’è che le abbiamo detto? -
 
- Una volta ho fatto finta di nulla, un paio di altre, beh… che avesse replicato un’immagine conosciuta, insomma che avesse dato casualmente la mia faccia all’angelo Justin. -
 
- Debole. Una scusa debole. – Michael si alzò e prese a camminare per lo studio, mentre si sfregava il mento in maniera assorta. Dopo tanto rimuginare, il magi-architetto sgranò gli occhi e alzò l’indice, piroettando infine su se stesso in modo da poter guardare Justin: - Mi è venuta un’idea! E credo che questa volta la soluzione potrebbe reggere. -
 
 
Al Quindicesimo riavvio, tutto parve filare liscio.
Le cavie si erano studiate vicendevolmente, riconoscendosi fra simili. Ad esempio i giovincelli del gruppo, capirono di essere stati tutti nella casa di Godric, Seeley e Nil si erano battuti il cinque e Ross aveva preso subito a confabulare con Seeley riguardo a roba sulle scope e tutto sommato la situazione sembrava sotto controllo, per Angelo e Arcangelo.
Certo, lo sguardo attento di Blue Jean continuava a indugiare sul buon Justin, ma questa volta l’uomo non poteva essere preso alla sprovvista.
Così, arrivò il momento di smistare i virgulti nelle loro case…
 
- Cosa straca… - l’imprecazione di Robin fu presto censurata da un urlo e nel sentirlo i suoi compagni d’alloggio si scambiarono uno sguardo interdetto.
All’apparenza, vista da fuori, la casa che avrebbe ospitato Robin, Blue Jean, Leonard e Andy sembrava graziosa. Da fuori, per l’appunto. La strega uscì dalla propria stanza con un’espressione inorridita sul volto coperto di panna e crema pasticciera.
 
- Perché?! – Chiese con le braccia spalancate in direzione dell’angelo Justin, purtroppo per lui presente per accompagnare quegli ospiti nel giro di casa. Nel vedere quella che aveva l’aria di essere un residuo di torta colare dalla faccia di Robin, Justin dovette trattenersi dal correre a cercare quel folle del magiarchitetto che era stato costretto ad affiancare. Pensò, difatti, che lanciare delle torte in faccia a Robin fosse davvero troppo e che in alcun modo sarebbe stato utile alla riabilitazione di quella strega dalla bacchetta lesta e i piedi avidi di scarpe di lusso. Purtroppo Justin arrivò anche alla conclusione che con ogni probabilità, ogni scelta di Michael era stata approvata dal Ministro in persona e vista la sua condizione personale, era meglio starsene zitti e farsi gli affari propri.
 
- Regole del Middle Place, signorina Sycamore. -
 
- Quindi vuoi dirmi che ogni volta che devo mettere piede dentro la mia camera sono costretta a beccarmi una torta in faccia?! Ma questa è una barbarie! -
 
Ma poi Robin entrò in maniera definitiva in camera e comprese presto che la torta fosse l’aspetto meno drammatico di tutta quella faccenda: la sua stanza era tappezzata da immagini di pagliacci. Orribili e malefici pagliacci.
 
- Per fortuna c’è una scarpiera!- Le parole fluttuarono dalla sua bocca con tono sollevato e di speranza, ma un secondo urlo permeò la casa di quel gruppo di cavie, nel momento esatto in cui Robin, sbirciandone l’interno, si rese conto che quella conteneva, per buona parte, scarpe da ginnastica demodé over ottanta. Vi erano anche delle favolose scarpe con tacchi vertiginosi, ma appena Robin tentò di infilarne un paio, si rese conto che tutte erano di un numero più piccolo rispetto al suo.
Mentre Robin si disperava all’interno della propria stanza, Justin seguì con lo sguardo Leonard il quale, a sua volta, lanciava occhiate intorno a sé, probabilmente alla ricerca della sua camera. Infine gli occhi del più giovane si soffermarono su una scala a chiocciola dall’aria particolarmente scomoda.
 
- Non dovrò mica salire lì sopra, s-spero… -
 
- Temo di sì. – Si limitò a rispondere Justin, così che Leonard sbuffando a più riprese e borbottando fra sé, cominciò a salire la scala, al termine della quale si trovava una botola.
 
- Morirò di fatica ogni volta! – Si lamentò nella solitudine della sua stanza. Lo sguardo schermato dagli occhiali da vista saltò ad analizzare ogni centimetro della propria stanza e persino una mente decisamente meno arguta di Leonard si sarebbe resa conto che alla conta dei mobili fondamentali per affrontare quella stramba vita ultraterrena, mancasse una cosa.
 
- Mi scusi signor Angelo, - Leonard si affacciò dalla botola per rivolgersi a Justin; quest’ultimo stava tentando di ignorare Blue Jean, che gli ronzava intorno neanche fosse fatto di miele.
 
- Qualche problema per caso? – L’assistente di Michael ne approfittò per salire le scale con rapidità e superare Blue Jean, così Leonard, dopo essersi grattato il mento, indicò quella soffitta un po’ sguarnita.
 
- Non trovo il letto; capisco che questo non sia il paradiso, ma non potrei evitare di dormire sul pavimento?-
 
Leonard finì per allarmarsi appena comprese che in realtà un letto c’era e come; infatti Justin aveva sfilato la propria bacchetta dalla tasca della sua giacca e l’aveva puntata verso un piccolo divano a due posti, che si aprì come una caramella scartata.
 
- Il letto è fatto in modo tale da richiudersi automaticamente se non viene utilizzato per cinque minuti. -
 
- Quindi sarò costretto a doverlo tirare giù ogni volta?! -
 
Justin si limitò ad alzare le spalle e scese le scale per raggiungere gli altri due componenti di quella casa, lasciando Leonard a un lamento frustrato; forse alla fin fine la sua pigrizia avrebbe avuto la meglio sulla scomodità e sarebbe finito a dormire sul pavimento.
 
Ora veniva il turno di Blue Jean. Alla donna non importava affatto che la sua stanza fosse asettica, con finestre dai vetri spessi quanto carta velina, quadri storti attaccati troppo in alto per poter essere raddrizzati e, anche nel suo caso, divano-letto da dover aprire ogni santo giorno; Blue Jean sapeva che avrebbe trovato un modo per migliorare la sua permanenza in quel purgatorio bislacco. Tutta l’attenzione della strega, era catalizzata dall’angelo Justin, al quale si avvicinò di soppiatto non appena quello scese dalla camera di Leonard.
 
- Devo chiederti una c… -
 
Ma Justin la interruppe alzando una mano ed evitando di guardarla negli occhi.
 
- Dovrà aspettare signorina Fleetwood. Ho l’ordine di controllare che ognuno di voi abbia preso visione della propria stanza; se vuole lamentarsi per qualcosa dovrà rivolgersi direttamente all’Arcangelo. -
 
- Ehi… aspetta! – Decisa a non farsi mettere da parte, Blue Jean corse sgraziatamente dietro Justin, il quale a sua volta seguiva Andy Foer. Quel ragazzo guardava la targhetta affissa alla porta dell’ultima stanza rimasta inesplorata, sulla quale era inciso il suo nome; poi prese un gran respiro, allungò la mano sulla maniglia e infine vi entrò.
Così Andy, seguito da Justin, seguito da Blue Jean, seguita non si sa bene per quale motivo da Robin che si era ripulita il viso, cominciò l’accurata ispezione della camera a lui assegnata. Ogni mobile sembrava al proprio posto: un letto dall’aspetto comodo era esposto nella corretta posizione, proprio accanto alla finestra che dava sul retro della casa (e per questo isolata), persino munita di tapparelle. Una cassettiera, un armadio e oltretutto una libreria con moltissimi libri componevano l’ambiente e Andy, pian piano, sentì il proprio corpo rilassarsi. Si avvicinò comunque alla libreria (seguito ovviamente da Justin, seguito da Blue Jean, seguita da Robin che si lamentava di quanto quella fosse la stanza migliore di casa), ma un primo campanello di allarme risuonò nella testa del mago: buona parte dei libri ospitati nella sua libreria possedevano dei titoli che Andy non aveva mai sentito. Molto strano, pensò il giovanotto da accanito lettore dei più svariati generi qual era. Allungò una mano per afferrare un libro dalla rilegatura morbida di scarsa qualità e rimase, per qualche istante, ad osservare pensieroso l’orrido disegno in copertina, che andava illustrando un folletto dal ghigno malandrino che rincorreva una strega dalla tunica succinta.
 
-Questo Duncan Rice (1) deve essere proprio uno strano soggetto. – Borbottò Andy, prima di sobbalzare quando sentì la voce di Robin spuntare dalla sua spalla destra :- Guarda guarda Andy Foer, nascondi proprio un animo sporcaccione! –
 
Andy ripose con rapidità il libro e tentò di controbattere, ma Justin spense sul nascere il focherello della discussione.
 
- Devo occuparmi degli altri. Possiamo andare signor Foer? -
 
Quando tutti uscirono dalla sua stanza, Andy tirò un sospiro di sollievo. Alla fin fine dei libri un po’ bricconcelli erano il male minore, ragionò soddisfatto il ragazzo che si apprestava a dare vita ad una nuova ritualità prima di uscire e chiudere a chiave la propria stanza. Toccò quindi il legno della porta ancora aperta con la punta della scarpa sinistra per tre volte, fece due passi indietro e poi superò la soglia, piroettò su se stesso e allungò la mano per tirare a sé la maniglia, quand’ecco che si rese infine conto di quale tiro diabolico gli era stato inferto.
Perché se una cosa infima poteva essere fatta ad Andy Foer, era privarlo della sua privacy.
La mano tremò, ordunque, mentre tentava invano di afferrare una chiave inesistente che avrebbe impedito a quel branco di strani inquilini di entrare a loro piacimento in camera sua.
Da fuori Justin e gli altri sentirono un grido disperato e lo pseudo angelo socchiuse gli occhi: era stato sciocco a pensare che, in fondo, fosse andato tutto fin troppo bene fino a quel momento.
 
Contemporaneamente in un’altra folle dimora…
 
Dopo un’attenta analisi della sua stanza, Sebastian arrivò alla conclusione che, tutto sommato, gli sembrava che quell’ambiente facesse al caso suo. Non gli rimaneva, a quel punto, che seguire il giro turistico condotto dall’Arcangelo Michael, il quale aveva appena accompagnato Keira a visitare la sua stanza. Anche quest’ultima era rimasta particolarmente entusiasta e aveva cominciato a parlare a profusione, illustrando a Michael, Ross e Lucas come avrebbero potuto migliorare quella casetta, in modo da viverla nel miglior modo possibile. Ambedue non sembravamo dare mostra di particolare entusiasmo nel sentir chiacchierare la bionda strega che sprizzava entusiasmo da ogni poro.
Sebastian osservò a lungo quella sua ex compagnia di casa, che mai avrebbe potuto dimenticare, nemmeno avesse vissuto sette vite; sebbene di qualche anno più piccola, già ai primi anni di Hogwarts Keira Peacock aveva svelato la sua personalità frizzante e abbacinante, ragion per cui non c’era membro della casa di Corvonero che non avesse un’idea ben chiara di lei. Al contrario, quando si erano ritrovati poche ore prima a condividere l’amara sorpresa di essere deceduti e finiti in quel posto, con la speranza di avere la possibilità di trasferirsi presto nel Good Place, Keira non aveva dato mostra di riconoscerlo. Pazienza, aveva pensato Sebastian, d’altronde non erano mai stati amici e lui per primo sapeva di essere abbastanza schivo e di entrare in confidenza solo con un numero ristretto di persone. Ma in un certo qual modo lo confortava sapere che, nonostante fosse morto precocemente, a seguire quel percorso verso l’eterno migliore c’erano persone che conosceva, seppur di sfuggita. Keira non era infatti l’unica che Sebastian aveva in mente – sarebbe stato impossibile rimuovere dalla mente quel soggetto di Andy Foer- ma se nel caso dell’ex corvonero più grande di lui Sebastian non faticava a capire per quale motivo non fosse finito in paradiso, diverso era per Keira.
Già, per quale motivo Keira Peacock, anche lei tanto giovane, si trovava nel Middle Place? E così Sebastian rivolse semplicemente la domanda a Keira, mentre la ragazza dava una sbirciata dalla soglia alla camera di Ross.
 
- Come mai sei finita qui invece di andare direttamente nel Good Place? -
 
Il quesito fece sussultare la giovane strega; la prima reazione fu voltarsi verso Sebastian e fissarlo con gli occhi sgranati e una sfumatura di colpevolezza ben visibile sul viso, che al ragazzo fece venir da sorridere. Le avrebbe volentieri detto che non c’era nulla di cui vergognarsi, visto che tutti loro se si trovavano lì non dovevano essere proprio dei santi fatti e finiti. Beh, Sebastian non ebbe il tempo di tentare una rassicurazione, in quanto Keira lo afferrò per il braccio e lo allontanò dalla portata d’orecchie dell’Arcangelo.
 
- Cosa ti salta in mente?! Non sono domande da fare!- Sussurrò concitata lei, portando il mago ad inarcare il sopracciglio con eloquenza, prima di risponderle: - Calmati, non credevo fosse una domanda tanto sconveniente, volevo d… -
Le mani di Keira andarono a tappare la bocca di Sebastian, il quale rimase così basito da quel gesto che non riuscì a fare nulla, se non rimanere immobile e ascoltare quel sibilo sommesso che uscì fuori dalla ex compagna di casa: - C’è stato un errore, ne sono sicura! Stai pur certo che riuscirò a dimostrarlo!-
 
- Tutto bene voi due? – Chiese Michael; il magi-architetto avrebbe fatto di tutto pur di ignorare le rimostranze di Ross e gli appellativi coloriti che stava utilizzando per descrivere la sua stanza super organizzata e la schifosa lavagna gigante su cui sarebbe stata costretta ad appuntare, ogni singolo giorno, i buoni propositi della sua giornata. Per questo aveva spostato l’attenzione su quei due e attratto dal comportamento bizzarro di Keira, era finito per ignorare totalmente la ex grifondoro. A quel punto Keira aveva spiegato un gran sorriso nella sua direzione: - Certo che si! -
 
- Vorrei essere certo che anche il signor  Hughes la pensi allo stesso modo. -
 
Sebastian colse l’occasione per allontanare le mani di Keira dalla sua bocca; proprio quest’ultima aveva ricercato il suo sguardo, così Sebastian accennò un sorriso in direzione dell’Arcangelo: - Si si, tutto bene, ecco… - Sebastian decise che avrebbe assecondato Keira, nonostante non era arrivato nemmeno lontanamente a comprendere come mai avesse reagito in quel modo: - Keira mi ha… aiutato. Stavo per dire una parolaccia, quindi mi ha tappato la bocca per evitare di farmi detrarre punti. –
 
Apparentemente convinto, Michael spiegò il suo candido sorriso: - Sono così contento che abbiate già iniziato ad aiutarvi a vicenda. Andate avanti così e state pur certi che uscire… emh passerete rapidamente al Good Place! Signorina Sagan, forse qualcosa non le è chiaro? –
 
Spostando nuovamente l’attenzione su Ross, braccia incrociate e piede tamburellino, Michael dette modo a Keira e Sebastian di allontanarsi dalla sua vista.
 
- Quella cosa lì è proprio necessaria? -
 
- Quella lavagna, signorina Sagan, è uno dei tanti mezzi che la aiuteranno ad apportare i giusti miglioramenti nella sua vita. Vedrà… - Il magi-architetto sotto copertura picchiettò la spalla della minuta streghetta: - … è tutta questione di pratica e pazienza; sono certo che una volta superati i primi giorni, diventerà sempre più semplice e naturale! Un po’ come smettere di fumare… la prima settimana è la più difficile, ma poi il percorso diventa una lenta discesa! -
 
Ma Ross non slacciò le braccia e se possibile assottigliò ancor più gli occhi, assumendo un’espressione molto dubbiosa: - E tu che diamine ne sai dell’astinenza da nicotina? Non vorrai mica dirmi che pure voi arcangeli avete le vostre dipendenze. –
 
- Non credo mi sarebbe possibile spiegare in pochi minuti gli alti e inumani meccanismi che muovono la dinastia di noi angeli, signorina Sagan; le basti sapere che noi tutto conosciamo. Ora… - Michael poggiò le mani sulle spalle di Ross e la condusse davanti all’enorme lavagna che occupava buona parte di una parete, dopodiché le passò un pennarello: - Perché non inizia oggi a segnare i suoi buoni propositi per la giornata? -
 
- Mi stai prendendo per il culo?-
 
Michael sgranò gli occhi, visibilmente sconvolto dalla scurrilità volata via dalla bocca di quella strega apparentemente tanto graziosa: - Linguaggio! Non le detrarrò punti solo perché siamo al primo giorno (seee… magari fosse il primo), ma vorrei specificare che non c’è alcun motivo per rivolgersi al sottoscritto in questo modo; io sono qui per aiutarvi! –
 
- Ah si? E allora perché questa lavagna di merda è posizionata come se fossi più alta di trenta centimetri, eh? Fammi il piacere, signor Arcangelo, vedi di compiere un miracolo e abbassare questa cosa. -
 
Dopo aver attraversato cinquanta sfumature di rosso e aver sistemato la lavagna di Ross, Michael si avviò verso la stanza di Lucas, l’ultimo rimasto ad essere accolto in quella casa. Con grande stupore, però, si accorse che il ragazzo non fosse nella sua bellissima stanza ad attenderlo con compostezza.
 
Già. Lucas. Lo stesso Lucas che, senza alcuna  voglia di aspettare, era filato via alla prima occasione per andare ad ispezionare qualcosa che aveva catalizzato totalmente la sua attenzione solo un paio di ore prima proprio mentre l’arcangelo Michael, accompagnato dal suo assistent’angelo, aveva illustrato loro per somme righe il “Middle Place”.
Michael era stato chiaro e questo Lucas non poteva di certo negarlo: era assolutamente vietato tentare di varcare la grande porta dorata, di cui l’accesso era permesso solo e soltanto a lui, Justin e qualche collaboratore occasionale che avrebbe fatto visita al Middle Place di tanto in tanto. Lucas aveva provato a mordersi forte il labbro e tentare di resistere alla tentazione, ci aveva provato davvero, anche se non gli era propriamente chiaro quale pena gli sarebbe costata, se lo avessero per caso beccato a tentare l’effrazione della porta. Ma visto che in quel momento si trovava a pochi metri dal magnifico portone, era chiaro che non era riuscito a trattenere la curiosità. E a quanto poté constatare Lucas, una volta assottigliati gli occhi per mettere bene a fuoco ciò che lo circondava, non era stato il solo pronto ad infrangere subito una regola dell’Arcangelo.
 
- Cerchi qualcosa?-
 
Nel sentire la voce alle sue spalle, Miranda accompagnò un salto ampio a un gridolino acuto e Lucas dovette esibirsi in una mossa d’agilità improbabile, visto che la strega si era voltata in un battibaleno e aveva cercato di mollargli un gancio.
 
- Wowowo, calmati! – Gridò lui, alzando le mani. Appena Miranda si rese conto che ad attentare alla sua vita trapassata non era nessuno dei due angeli, bensì un altro sfortunato defunto, subito cominciò a fargli segno di abbassare la voce.
 
- Che diamine urli?! Vuoi un lasciapassare diretto per l’inferno? Perché è quello che accadrà di certo, se ci scoprono qui! -
 
- Se scoprono te, vorrai dire. Sei te che vagavi qui davanti con aria sospetta. -
 
Miranda aggrottò le sopracciglia e inchiodò gli occhi in quelli di Lucas; per dare un tocco minaccioso al suo aspetto squisitamente fanciullesco, allacciò le mani ai fianchi che Molly Weasley in confronto non sei nessuno: - Ah si? E tu perché mai saresti proprio qui? –
 
- Beh, avevo voglia di fare una passeggiata. –Concluse con serenità Lucas facendo spallucce; ovviamente Miranda non solo non aveva creduto a una singola parola di quel mago, ma aveva avuto anche la conferma della sua cattiva fede quando, dopo vari secondi di silenzio, Lucas le chiese a bassa voce: - Sei riuscita a sbirciare, almeno? -
 
Come se quello fosse il suo più grande amico, con la spigliatezza che la distingueva Miranda gli afferrò il braccio e gli fece segno di chinarsi; per quanto la ragazza fosse abbastanza alta, non arrivava comunque al metro e ottantatré del giovane ex tassorosso.
 
- Sono abbastanza certa che non ci sia modo di aprirla senza l’uso della magia; inoltre dallo spiraglio in basso, mi sembra non esca nemmeno un filo di luce. Non so te, ma io mi sono sempre immaginata il paradiso come un posto molto luminoso. Mi toccherà riparametrare il mio immaginario a questo punto. -
 
Miranda andò avanti a parlare per un bel po’ e Lucas fu in grado di fare finta di ascoltarla, nonostante il suo pensiero era concentrato su altro. A pensarci bene, infatti, Lucas era certo di aver incrociato più volte Miranda fra i corridoi di Hogwarts e sapeva anche perché riusciva ad associare il suo nome al suo aspetto fisico con così tanta semplicità.
 
- Senti, mi piacerebbe continuare a parlare di orde di rane addestrate per buttare giù portoni paradisiaci, ma credo non sia il caso di continuare a stare qui davanti. -
 
- Oh. – Miranda batté un paio di volte le palpebre come si fosse appena svegliata, poi sussultò e trascinò lontano Lucas. La più giovane arrivò a presentarsi allungando la mano solo una volta arrivati davanti a uno dei tanti negozi di frozen yogurt che tappezzavano il Middle Place.
 
- Io comunque sono, cioè ero  Miranda Temple, ma puoi sempre chiamarmi Mira. -
 
- Lucas, piacere. Comunque io so chi sei, tuo padre, sai… -
 
Nel sentir nominare il padre, la prima reazione di Miranda fu roteare gli occhi al cielo: - Non mi dire, un altro fan dei Flag Smashers, immagino! –
 
- Non posso negarlo. – Lucas accennò un sorriso e alzò di nuovo le spalle: - Sono un appassionato di musica rock e tuo padre e i suoi sono davvero bravi. -
 
- So bene che sono bravi, non è questo. – Miranda sbuffò prima ancora che la consapevolezza di non essere più sullo stesso piano dimensionale della sua famiglia, potesse colpirla con prepotenza.
 
- Cavolo, io sono… sono morta. -
 
Con lo sguardo assente, velatamente incredulo e la bocca rimasta semiaperta, Miranda rimase immobile mentre Lucas non sapeva bene che cosa fare. Certo, era chiaro fossero morti e il suo primo istinto, derivato da un egoismo emotivo insito nella sua persona, lo avrebbe portato a dire che certo che era così, erano stecchiti, chiaro. Fortunatamente Lucas possedeva abbastanza acume per stabilire che un atteggiamento tanto schietto non gli avrebbe di certo fatto guadagnare i punti necessari per uscire quanto prima dal Middle Place, ragion per cui scelse intelligentemente la via del silenzio.
Proprio mentre Lucas, ormai rassegnato al fatto che quella persona appena conosciuta aveva bisogno di essere consolata, stava per allungare una mano per concedere pacche sulla spalla, il suo sguardo fu catturato dalla figura di un ragazzo che, dopo essersi guardato intorno, aveva cominciato a correre in direzione della porta dorata. A quel punto Miranda parve riprendersi, tutta la tristezza spazzata via in un batter baleno, così afferrò di nuovo il braccio di Lucas e lo trascinò all’inseguimento del ragazzo. Alla richiesta di qualche tipo di spiegazione, Miranda rispose che magari quel ragazzo che aveva fatto parte della sua casa ai tempi di Hogwarts, stava andando a tentare di scassinare la porta e loro avrebbero dovuto dargli supporto. Lucas non obiettò, preferendo seguire quella strega piuttosto che tornare in quell’orribile stanza dalle pareti di bosco vivo.
 
E di nuovo il sommo Arcangelo…
 
Le tristi sfumature di beige sfilavano davanti ai suoi occhi caldi, senza che Brunilde battesse in alcun modo ciglio. Chiarissimo, era scontato che la sua camera avrebbe avuto tutte le tinte del colore più noioso e detestabile sulla terra. La ragazza era infatti consapevole che anche non si trovasse in quello che veniva appellato “Middle Place”, sarebbe stato lo stesso, tanta era la sfiga che da sempre si portava dietro.
Mentre Michael illustrava alla giovane la propria stanza, ignorando per altro che il resto dei componenti di quella casa si erano dati alla macchia, Brunilde non riuscì a fare a meno di sorridere; se qualcuno le avesse chiesto per quale diavolo di motivo stava sorridendo, lei avrebbe risposto che stava pensando alla sua morte.
Beh, ma cosa ci sarà mai da sorridere? Solo i folli sorriderebbero nel pensare alla propria morte.
Di norma, ma quello era un caso eccezionale, in quanto Nil non stava sorridendo per la sventura in sé (al contrario, lei avrebbe preferito vivere fino alla vecchiaia, è chiaro), ma per il modo in cui essa era avvenuta: perché ovviamente, una sfigata come lei non poteva che essere morta a causa di un vaso di fiori che le era piombato in testa! Già, una di quelle sventure che di norma succedono solo nei film, era stata la causa della sua morte. Che cosa avrebbero dovuto scrivere i suoi familiari sulla sua lapide, eh? “Qui giace Brunilde, figlia adorata, sorella compianta, privata della vita dalla sua stessa sfiga nera”, di sicuro il suo epitaffio sarà suonato più o meno così.
 
- E questo è quanto. – Finalmente Michael aveva smesso di parlare; che cosa avesse detto fino a quel momento, Brunilde non lo sapeva; ogni tanto aveva captato qualche strana parola come fulgide stelline, obiettivo vitale, successo assicurato, ma estrapolate dal contesto non avevano alcun senso. Dato che la ragazza aveva avuto la fortuna di non aver ricevuto domande da parte dell’Arcangelo, che l’avrebbero portata a fare una grandissima figura di merda visto che non aveva idea di quale fosse l’argomento trattato, sapeva che per la legge del contrappasso le sarebbe successo qualcosa di terribile (ribadire non costa nulla: Brunilde Pedretti che aveva avuto un colpo di fortuna?), così cominciò a prepararsi mentalmente al peggio mentre chiedeva a Michael di essere congedata: voleva andare a vedere come se la stesse cavando Seeley, suo caro amico e casualmente deceduto precocemente proprio come lei.
E ora che ci pensava, come era possibile che anche Seeley fosse morto? Lentamente un pensiero nefasto si fece spazio nella testa di Nil, pervasa da un brivido gelido che l’aveva portata a sussultare.
 
- Signorina Pedretti, non so se sia l’effetto del beige che le fa da sfondo, ma la trovo particolarmente pallida. Sicuro tutto bene? -
 
E Brunilde mentì, perché non poteva di certo dire all’Arcangelo che aveva appena avuto il terrore che la sua sfiga avesse valicato ogni confine, per finire ad essersi agganciata al suo amico Seeley tanto da…
Insomma, Seeley non era mica morto per colpa sua e della sua jella, vero?
In ogni caso avrebbe dovuto scoprirlo quanto prima, così trovò la prima scusa che le venne in mente per congedare Michael e correre da Seeley.
 
- Veramente… no. Insomma, lei ci ha detto che siamo morti ma che a causa della permanenza nel Middle Place, abbiamo mantenuto delle funzioni umane, giusto? Beh… -
 
Brunilde si massaggiò la pancia con eloquenza, così Michael capì che era giusto lasciare la giovane a fare la conoscenza del gabinetto di casa.
 
*
 
Justin aveva ingenuamente creduto che il giro nella casa di quei quattro folgorati, sarebbe stato l’ostacolo maggiore. Questo, perché non aveva assolutamente fatto i conti con Ben, quel bel giovanotto che osservava con sguardo vacuo l’interno della propria stanza, rimanendo sulla soglia.
 
- Signor Goldwasser, se ci pensa non è così difficile, deve solo indossare le ciabatte. -
 
La maggior parte delle stanze nascondevano tranelli fastidiosi o custodivano elementi quasi intollerabili per i poveri finti-trapassati; a seguito della seconda obliviazione di massa, Justin aveva chiesto spiegazioni a Michael sul motivo per il quale quei poveretti dovevano entrare a contatto con delle cose che li portavano a provare molto fastidio, ma il magi-architetto aveva risposto che ogni cosa era stata pensata per rafforzare lo spirito dei soggetti selezionati per far parte dell’esperimento e che avrebbe dovuto fidarsi di lui. Comunque la stanza di Ben era perfetta in ogni suo angolo e a differenza delle altre non celava insidie. C’era solo una minuscola questioncina che Ben avrebbe dovuto affrontare ogni volta  prima di mettere piede nella stanza, ovvero togliersi le scarpe e indossare delle pantofole.
 
- Signor Goldwasser, mi ha capito?- Justin tentò di tirare fuori tutta la pazienza di cui era munito, ma quella si stava andando ad esaurire con velocità disarmante.
 
- Ho fame. Preparerò un panino per me e per Seeley; ne vuoi uno? -
 
Ben aveva totalmente glissato su quanto detto da Justin, comportandosi come se non lo avesse proprio ascoltato; quest’ultimo era stato preso totalmente in contropiede e aveva balbettato qualcosa mentre, incredulo, aveva seguito Ben fino alla cucina.
 
- Signor Goldwasser, io non ho tempo da perdere… -
 
- Questa è una cosa strana da dire se si è morti. – Commentò con leggerezza Ben, mentre tirava fuori dal frigorifero pane in cassetta, affettati, barattoli di salsa e si apprestava a preparare degli ipercaloricissimi sandwich; Justin dovette mordersi il labbro. Era davvero difficile agire facendo credere di essere uno stracavolo di angelo, che pensava e agiva come un angelo.
 
- Quello che intendevo dire in realtà è che… -
 
- Maionese? -
 
- Grazie ma non ho fame. Insomma signor Goldwasser, non vuole proprio tentare di entrare in camera? -
 
Fu in quel momento che Seeley sbucò dalla propria camera da letto e puntò dritto verso Justin, l’indice a puntellare il petto dell’uomo: - Sentimi un po’, che vuol dire quella roba che ho visto in camera, eh? –
 
- Giuro che non ha la minima idea di cosa stia parlando, signor Harmon. – La tentazione di obliviare di nuovo tutti e scappare, si stava facendo sempre più forte in Justin.
 
- Altro che angeli, voi siete qui per torturarci! Quello è letteralmente l’inferno! – Gridò Seeley indicando la propria camera, prendendo poi a lamentarsi della quantità smisurata di inutili chincaglierie, impossibili da rimuovere, che occupavano quasi tutta la superficie calpestabile e dell’armadio, pieno solo e soltanto di completi eleganti: - Io quella roba non la metto, quanto è vero che Godric Grifondoro ballava il merenghe! -
 
- Godric Grifondoro ballava il merenghe? – Chiese stupito Ben, che nel frattempo aveva finito di preparare due panini e ne stava porgendo uno a Seeley. Quest’ultimo guardò il sandwich come fosse ripieno di muco di erumpent: - Grazie amico, ma quella roba non la mangio e non dovresti farlo nemmeno tu, se vuoi rimanere in vita ancora a lungo. -
 
- Continuo ad essere confuso, non eravamo morti? – Chiese quindi Ben, mentre Justin si era reso conto che la situazione, in quella casa, gli stesse sfuggendo totalmente di mano. Il peggio arrivò quando Brunilde Pedretti spalancò la porta d’ingresso e corse in direzione di Seeley ignorando gli altri due: - Devi assolutamente dirmi come sei morto!-
 
- Ah cazzo è vero, sono morto! – Si consapevolizzò Seeley.
 
- Ah ecco, allora puoi mangiare tutto quello che vuoi! – Disse Ben, allungando il panino al coinquilino.
 
- Dai qua, lo mangio io! – Nil afferrò il sandwich con sguardo spiritato, lo addentò e poi si presentò a Ben, non evitando di sputacchiare pezzi di panino ovunque.
E Justin lo sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma tutto quel caos lo stava mandando in confusione, ragion per cui filò via di nascosto, lasciando quel bislacco trio ad autogestirsi.
La situazione era dunque la seguente: Brunilde continuava a chiedere compulsivamente a Seeley come fosse morto, Ben sembrava genuinamente attratto da quella bellissima ragazza che dimostrava di apprezzare il suo panino e che intermezzava lo sguardo spiritato a occhiatine compiaciute a Ben, mentre Seeley teneva le braccia incrociate e tentava di ricordare come fosse morto.
 
- Chiaro! Adesso ricordo! – Ringalluzzito dall’essersi ricordato la sua triste dipartita, subito Seeley si rabbuiò: - Io… oh Nil, non la credevo possibile una cosa così. Tutta la mia vita passata a cavallo di una scopa e poi mi sono schiantato. -
 
Il sospiro amaro di Seeley contrastò con il grido di giubilo di Brunilde, così il ragazzo guardò l’amica con occhi sgranati: - Sei solo contenta che sia crepato, o che lo sia perché sono caduto da una scopa? Pensavo mi volessi bene! –
 
Resasi conto della gaffe, Nil ritrovò in fretta un certo aplomb che le permise di spiegare a Seeley che il suo entusiasmo derivava dall’aver scoperto che la sua morte non c’entrasse nulla con la sfiga che la perseguitava. Seeley non ci mise molto a rasserenarsi: conosceva ormai bene Nil e non aveva alcuna difficoltà ad afferrare al volo i suoi collegamenti mentali.
Così i due amici si avviarono verso l’ingresso del piccolo appartamento pronti a raggiungere l’arcangelo Michael e il resto dei defunti che condividevano con loro quel distretto del Middle Place. Pare che Michael fosse intenzionato a festeggiare con loro l’inizio di quella che aveva definito una nuova ed entusiasmante avventura!, senza che fosse chiaro a nessuno che cosa intendesse dire. I due trovarono così Ben scalzo e felicemente sdraiato sul divano del modesto salottino.
 
- Tutto ok amico? – Chiese Seeley con ingenuità, al che Ben alzò un pollice verso di lui, prima di dichiarare che il divano sarebbe stato il suo giaciglio riposante per tutta la sua permanenza nel Middle Place. Del resto, affermò poi per tranquillizzare Seeley, lui c’era abituato.
 
Nei pressi della  mistica Porta dorata…
 
Sarebbe filato tutto quanto liscio e lui si sarebbe comportato bene, davvero. Peccato che l’Arcangelo Michael, nel parlare delle regole che avrebbero dovuto rispettare, aveva sottolineato che era assolutamente vietato anche solo tentare di varcare la grande porta dorata. Per Tyson se quell’essere divino non avesse aggiunto la parolina vietato, non sarebbe successo niente e con ogni probabilità avrebbe ignorato totalmente quella porta. Ma la sua curiosità aveva raggiunto il picco massimo e durante tutto il tempo della visita di quella che sarebbe stata la sua nuova casa, il suo pensiero si era concentrato solo ed esclusivamente lì.
Motivo per il quale, ovviamente, appena ne aveva avuto l’occasione Tyson era corso a cercare quella porta, non potendo davvero resistere alla tentazione; già era stato costretto a reprimere il desiderio di distruggere qualsiasi cosa gli capitasse sotto mano a seguito della privazione dal proprio accendino, ragion per cui Tyson sentiva che almeno quella sbirciatina doveva concedersela.
Forse lo avrebbero scoperto, forse la pena sarebbe stata filare dritto all’Evil Place, ma la mente era ormai obnubilata dalla visione di se stesso alle prese con quella porta che, sicuramente, nascondeva incredibili meraviglie.
Così si era ritrovato davanti ad essa, mastodontica e sgargiante (e decisamente kitsch, chi diavolo ne aveva progettato il design?) e le mani avevano cominciato a sudare, tanta era l’agitazione.
 
- Toh, un altro birbantello come me! -
 
Nel voltarsi alla sua sinistra, Tyson tentò di rallentare il battito nel momento in cui si rese conto che a rivolgersi a lui era stata una dei defunti; Robin lo guardava con stampato in viso un sorriso a trentadue denti e uno strano fare agitato che la faceva ballare da una gamba all’altra. L’attenzione di Tyson venne attirata nell’immediato dal basso e deglutì quando si rese conto che la parte scoperta dei piedi della ragazza, ovvero quella che non era chiuso in un paio di vertiginose decolleté verde smeraldo, erano gonfi e paonazzi come cotechini appena cotti.
 
- Io non… ero qui per caso! E comunque tu hai un problema con quelle, lo sai? -
 
- Seeee, per caso! Ma chi vuoi prendere in giro, gioia? – Tentando di mostrare nonchalance, Robin si fece ancora più vicina a Tyson: - Ho interpretato il tuo sguardo e i segnali del tuo corpo e ho capito… io e te siamo della stessa pasta, affoghiamo nella nostra sete di conoscenza! -
 
- In realtà… ecco… - Tyson non sapeva bene se fidarsi; e se quello fosse stato un tranello e quella Robin non fosse che una complice dei piani alti per indurre in tentazione tutti loro? Così Tyson tornò a guardare la strega, il suo sorriso furbetto, ma soprattutto i suoi piedi visibilmente chiusi in scarpe troppo strette per lei.
 
- Sai, forse hai sbagliato scarpe, credo che i tuoi piedi… -
 
-Ssssh! Non dirlo!- La strega lo mise subito a tacere e dall’espressione mutata tanto repentinamente e la palese drammatica condizione dei suoi piedi, Tyson capì che probabilmente quella non era che una poverina come tutti loro.
 
- Non vi sarete dati mica appuntamento?! Anche voi pronti a sbirciare? Ottimo, ci uniamo a voi! -
 
Insomma, dopo Tyson e Robin, anche Miranda e Lucas erano tornati a presidiare la mistica porta e dopo di loro, anche Keira e Sebastian, Ross che aveva appena incrociato Brunilde, ben e Seeley e che si era accodata a quest’ultimo (continuava a dire fosse uno dei pochi esseri viventi sopportabili), poi ancora tutti gli altri. In buona sostanza tutti i detenuti avevano avuto la stessa identica idea, tranne Leonard che non aveva ben capito come fosse finito lì insieme al coinquilino Andy, che mostrava palesi segni di nevrosi.
 
- Hai visto fanciulletto? – Robin dette di gomito a Tyson: - Ora che siamo praticamente tutti puoi smetterla di tremare. Ehi tu! Che numero porti? – Chiese poi rivolta a Keira, che indossava con nonchalance un paio di Manolo Blahnik dal disegno perfetto.
 
Tutto quel gran vociferare venne interrotto dalla voce imperiosa di Justin, giunto come per magia al fianco di Michael.
 
- L’Arcangelo sovrintendente a questo distretto aveva specificato che vi sareste dovuti incontrare davanti al negozio Frozen Yogurt dell’ala sudest e specialmente che è severamente vietato girovagare davanti a quella! – Spazientito, ed era praticamente impossibile fargli perdere la pazienza, Justin indicò la gigantesca porta con un movimento rigido: - Cos’è che non vi è ben chiaro? -
 
- Suvvia mio giovane assistente. – Michael strinse la spalla di Justin: - Un po’ di curiosità non ha mai ucciso nessuno, non ti pare? -
 
- Ma quindi siamo o non siamo morti?! – La domanda di Ben, dalla voce alterata data dall’incapacità di comprensione, emerse dalla piccola folla.
 
- Si, signor Goldwasser, è solo un modo di dire. – Specificò con pazienza Michael: - Capisco perché fate così, avete passato la vostra intensa, seppur breve esistenza a infrangere le regole e per voi è un’abitudine dura a morire. Ma se volete guadagnarvi il Good Place è bene che capiate che le cose devono cambiare. -
 
- Cambiare, cambiare, io mi sono già rotta i coglioni!- Robin si accorse troppo tardi di aver infranto di nuovo la regola riguardante il linguaggio scurrile, così Michael cominciò a predicare che non avrebbe potuto tollerare ulteriori sgarri al regolamento, quando un “Ora basta!” fece voltare tutti: Blue Jean teneva una mano agganciata al fianco e un braccio teso, ad indicare Justin; un sorriso sinistro si fece largo sul volto della donna e gli altri poterono giurare di percepire un lieve rivolo gelido oltrepassare i loro corpi.
 
- Questo sarà il tuo Getsemani (2), Justin Grant! So chi sei e dimostrerò che questa non è che una pagliacciata! -
 
Ebbene il momento era giunto. Ancora una volta Blue Jean Fleetwood aveva ricordato chi fosse. I due si guardavano con attenzione, lei con il fuoco della vittoria a farle brillare lo sguardo, lui con occhi sottili e meditabondi, in attesa di schivare quel colpo che sarebbe potuto risultare fatale per il progetto al quale era stato assegnato. Ma quella volta no, non ci sarebbe riuscita; Justin aveva pensato a lungo ad una soluzione assieme a Michael ed era fermamente convinto che, se fosse rimasto quieto e impassibile, l’avrebbero sfangata.
 
- Questo è un grande fraintendimento. – Le parole uscirono dalla bocca di Justin con tono pacato, senza ansia velata a cucirne la frase.
 
- Non ci provare! Non so per quale diavolo di motivo il capo dell’ufficio del Trasporto Magico inglese si trovi con… con questo individuo qui- disse indicando Michael – a prendersi gioco di noi, ma noi pretendiamo di sapere qualcosa, subito! -
 
Fu a quel punto che l’attenzione di tutti toccò i massimi livelli; un borbottio si diffuse fra essi, ma una lieve e posata risata di Justin mise tutti a tacere.
 
- Deve essere davvero difficile accettare la propria morte, lo capisco. Così difficile che si è pronti ad attaccarsi a qualsiasi cosa, pur di dimostrare il contrario. – Justin allacciò le mani dietro la schiena, lanciò un’occhiata al cerchio di persone che si era formato intorno a lui e Blue Jean, infine tornò a fissare quest’ultima: - Inoltre nel tuo caso il destino si è preso beffa di te e ciò mi spezza il cuore, davvero. Sappi che è così, io sono Justin Grant! -
 
Un coro di stupore saltò di bocca in bocca, ma Justin alzò una mano per chiedere di nuovo la parola: - Ma non lo stesso Justin Grant che intendi tu. Io… io sono il suo trisavolo Justin Grant! Grazie al mio buon cuore, ma specialmente alla mia condotta integerrima sulla Terra… - Nel sentire quest’ultima affermazione Michael dovette sforzarsi di non roteare gli occhi al cielo - … Mi è stato concesso, una volta passato a miglior vita, di salire di livello. Per questo motivo la mia anima si è asservita al divino e mi sono fatto angelo, per lavorare al fianco di Michael. Per il resto, il caso ha voluto che il mio trisnipote mi somigli in maniera impressionante. –
 
I giovani reclusi si scambiarono occhiate; alcuni rimasero in silenzio, mentre altri annuirono e commentarono, asserendo che effettivamente come discorso non faceva una piega. Justin e Michael li avevano in pugno, ora non rimaneva che attendere la reazione di Blue Jean, la quale aveva stretto le braccia sotto il seno ed era rimasta in un silenzio contrito.
Infine, dopo un minuto buono, la donna annuì: - Ha senso. – Concluse e dentro di sé Justin gioì come un bambino alle prese col suo primo volo su una scopa.
Non avrebbero dovuto obliviare il gruppo, non quel giorno.
 
Quella stessa sera...
 
Kingsley passò ad Hermione, seduta davanti a lui nel suo ufficio, un documento che la ragazza avrebbe dovuto analizzare. Ancora una volta si era fatto molto tardi e quei due erano finiti per rimanere al Ministero fino all’ora di cena. Quando il Ministro pensava alla sua assistente, per la maggior parte del tempo era convinto che non ci potesse essere candidato migliore per ricoprire quella posizione e per ambire al suo ruolo; d’altro canto erano entrambi così stacanovisti, che ogni tanto Kingsley arrivava a pensare che forse avrebbe avuto bisogno di qualcuno un tantino più accidioso, giusto per controbilanciarlo.
Il mago passò una mano dietro al collo per rilassare la tensione della lunga giornata di lavoro, quando il suo sguardo cadde sulla finestra alla sua destra.
 
- Un gufo per te, suppongo. – Commentò Hermione ancora nel pieno delle energie; così la ragazza scattò in piedi e aprì la finestra per far entrare il rapace, quando i suoi occhi si strabuzzarono.
 
- Cosa diavolo hanno combinato a questo poverino?! -
 
Il candido barbagianni che porgeva la zampina col messaggio al Ministro, aveva a fluttuargli sulla testa una finta piccola aureola; inoltre Hermione poteva giurare di intravedere uno strano bagliore luminescente  emanarsi dalle ali.
Kingsley parve non battere ciglio, così prese il messaggio e congedò il gufo, per poi rispondere distrattamente ad Hermione mentre srotolava la pergamena: - Affari segreti del Ministero. –
 
- E quali saranno mai questi affari segreti, per conciare il barbagianni in quella maniera? -
 
il Ministro inforcò gli occhiali da lettura e poi ricordò ad Hermione che non era ancora lei il Ministro, ragion per cui non era d’obbligo che venisse a conoscenza di tutto quello che accadeva al Ministero.
Fortemente risentita ma senza possibilità di ribattere, Hermione tornò sbuffando alle sue carte, nonostante morisse dalla voglia di sapere cosa contenesse di tanto importante quel messaggio, da catturare a quel modo l’attenzione del Ministro.
 
Aggiornamento numero sei.
Tutto procede per il meglio! Oramai i nostri piccoli malviventi si sono abituati all’ambiente e mostrano già i primi segni di cambiamento. Sono fiducioso nel dirti che nel giro di poco saremo in grado di ottenere davvero ottimi risultati!
Per quanto riguarda Justin Grant, anche in questo caso mi sento di rassicurarti: si sta comportando nel migliore dei modi e sta risultando di grande aiuto per il sottoscritto. Sono sicuro che anche nel suo caso hai preso la decisione giusta.
Ora devo andare, una delle cavie ha richiesto un incontro con l’Arcangelo Michael… è tutto così divertente!
 
P.S.
Piaciuto l’outfit di Marcello il barbagianni pazzerello? Non sembra sia venuto dritto dritto dal Paradiso?
 
Michael
 
-Hermione- la richiamò Kingsley, mentre piegava la pergamena –Non fare quella faccia imbronciata. Sono certo che sapendo di cosa si tratta questa roba, saresti ben felice di non esserne messa a parte!-
 
Il mattino seguente, ore 7:00 AM
 
Un gran baccano si levò dalle stanze di Keira e Bastian, che nel giro di un paio di minuti si erano ritrovati sul corridoio, con lo sguardo spiritato e i capelli dritti. Il giorno prima non era stato loro ben chiaro perché i compagni si lamentassero delle proprie stanze, ma questo divenne ovvio a entrambi quando, alle sette del mattino, i loro sonni vennero interrotti dallo squillare feroce di una sveglia nascosta chissà dove. Sia l’uno che l’altra erano saltati in piedi, alla ricerca di quello strumento del demonio, per poi capire, purtroppo, che l’unico modo per mettere fine al suono assordante era quello di uscire dalla propria stanza e iniziare la giornata accantonando ogni forma di pigrizia.
Ebbero idea, i due poveri sfortunati, che quella sarebbe stata la loro traumatizzante condanna, che non li avrebbe risparmiati un solo singolo mattino. L’unico modo per salvarsi, era tentare di fare di tutto per passare il più velocemente possibile al Good Place.
 
 


(1) Duncan Rice è il padre di Tallulah, mitico oc di Demoiselle_Anne inserita nell'interattiva Phoenix Feather Camp di Signorina Granger. E si, è uno scrittore di romanzi erotici.
(2) Il Getsemani è il luogo in cui Gesù si ritirò a pregare dopo l'ultima cena prima di essere crocifisso.
 
Sono in un ritardo imbarazzante rispetto al mio solito? Si, è chiaro e non posso che scusarmi di questo. Mi spiace davvero, purtroppo ad unirsi alle vacanze estive, agli impegni improrogabili e al lavoro matto e disperato, ci si è messa l’ispirazione che è venuta a mancare per parecchio tempo. Detto questo eccomi qui con questo capitolo e i suoi folli protagonisti.
Questa volta ho solo una domandina per voi e vi chiedo di rispondermi quanto prima, in modo che io possa iniziare ad improntare il capitolo appena ne avrò l’occasione.
 
In quale modo il vostro oc scarica la tensione? Che ne so, ama tirare pugni ai cuscini, oppure dipinge, o pratica qualche sport?
 
Detto questo spero che il capitolo vi sia piaciuto e mi scuso ancora per il ritardo! Per i superstiti che partecipano a Bastardi Senza Gloria, ci vediamo su quei lidi quanto prima.
 
Bri
   
 
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