Longanimity
pazienza
o tolleranza di fronte alle
avversità
Albus non gli crede, non crede che ciò che ha proposto sia possibile,
ma a
Gellert non importa, ha imparato ad essere tollerante – il mondo si
spezza
sempre sotto la sua volontà, e stavolta non sarà diverso, lui si
spezzerà sotto la sua volontà.
Gellert siede in giardino, fissando la bambina dalle mani magre che
trucida i
fiori. I suoi fratelli stanno litigando nel salone, le voci arrivano
attutite
dalla porta lasciata schiusa, ma lei sembra tranquilla. Ogni volta che
alza lo
sguardo velato sullo straniero dagli occhi verdi, si scioglie in un
sorriso
luminosissimo.
Le si avvicina appena, allunga una mano per sfiorarle i capelli – lei
pare
quasi non accorgersene, le dita piene di lividi che, instancabili,
cercano di
intrecciare corone di narcisi e falliscono.
“Era solo una maledetta bambina, e tu hai il coraggio di dare la colpa
a lei?”
“Non intendevo niente del genere, Aberforth, come sempre sembri
fraintendere
ogni mia parola. È una predisposizione alla stupidità, la tua, o lo fai
di
proposito, solo per indispettirmi?”
“Mi disgusti.”
Il sopracciglio dorato di Gellert si inarca appena. I movimenti della
ragazzina
si fanno più convulsi, nevrotici come un tic.
“Era solo una maledetta bambina...”
Gellert le sfiora i
capelli, seguendo il profilo sfuggente di una tempia – lei trema
appena,
come suo fratello ogni volta in cui lui gli affonda i denti nella gola,
e
Gellert si martoria un labbro al pensiero di quanto il mondo sia un
posto
atroce, un posto atroce che deve essere ricondotto sulla retta via, ma
ci
penserà lui, ci penseranno loro, sarà una rivoluzione grandiosa.
Ariana si lascia
sfuggire un sospiro evanescente, mentre ascolta le voci dei suoi
famigliari
alzarsi sempre di più. I narcisi iniziano a vibrare attorno a lei, come
se
fossero attraversati da una febbrile smania di alzarsi in volo e
danzare –
come quand’era una bambina di sette anni che giocava nel boschetto di
betulle a
pochi passi da casa, come quand’era una bambina di sette anni che amava
intrecciare corone di fiori, di narcisi bianchi, soltanto narcisi
bianchi.
“Sei un essere ripugnante! Tu e quello straniero dalla faccia
arrogante che
porti sempre in casa nostra.”
“Smettila immediatamente, Aberforth. Gellert non ti ha mai mancato di
rispetto
e non vedo proprio perché tu debba rivol-”
“Credi che non vi
senta, la notte? Credi che non sappia che dorme nel tuo letto?”
“Tu non sai proprio niente, tu non capisci niente.”
“Io invece penso di capire fin troppo.”
Le urla della lite ormai sono così forti che si sentono fino in strada,
Ariana
inizia a dondolare su se stessa, gemendo piano. Gellert la fissa,
diviso tra il
desiderio di correre in casa per ridurre in silenzio quel miserabile
ragazzino
e la consapevolezza di dover restare insieme a lei – perché Albus
sa
difendersi, mentre lei invece no, non quella bambina innocente che
faceva
volare le corolle che spezzava per errore, non quella bambina che
rideva forte
(troppo forte) attirando disgrazie.
Lei trema sempre di più, lo straniero sente la rabbia crepitare appena
sotto
pelle, così le afferra il mento e solleva quel suo volto inespressivo
verso di
sé. È la prima volta che le è così vicino, è la prima volta che la
tocca, il
suo sguardo assente lo fa rabbrividire – un affronto insopportabile
e un
ostacolo insormontabile –, la sente respirare contro la propria
bocca e i
brividi gli straziano la nuca.
“Sei solo un ragazzino ingrato!”
“E tu un vigliacco, e anche un illuso!”
Ariana geme, è un suono pietoso a metà tra un singhiozzo e un sussurro –
ma
lei non parla, non parla più da quando quei ragazzini Babbani sono
arrivati
nella radura e le hanno chiesto che cosa stesse facendo, come mai i
fiori
danzassero nel cielo tutt’intorno a lei e perché ridesse così forte, e
lei (ha
solo sette anni è una bambina non sente il pericolo) ha risposto “Lo so
fare da
sempre, è il mio retaggio”, così orgogliosa di poter usare
correttamente una di
quelle parole difficili che suo fratello Albus si diverte sempre a
insegnarle,
ma non lo sa, che saranno le ultime parole che dirà, non lo sa che è la
risposta sbagliata, lei sta ancora ridendo quando il primo calcio le
strappa un
gemito e i narcisi crollano a terra, inerti.
Gellert si china di più su di lei e le accarezza il viso – i fiori
squarciati che li circondano vibrano, lei ha gli occhi sgranati,
enormi, folli,
ma lo straniero non perde la speranza, le avversità si aggirano si
demoliscono si smembrano, e lui non sa portare pazienza ma sa
essere
tollerante.
“Ti piacerebbe sentire una storia, Ariana?”
Lei non risponde – non può – ma la bocca non le trema più.
Lo
straniero le parla con
quella voce dolce, e Ariana lo ascolta, incantata.
Lui descrive un mondo perfetto in cui nessuno le farà mai più male,
dove i
narcisi non smetteranno mai di volare – Gellert sogna un paradiso
estinto in
cui tutto è possibile, persino riportarla in vita, persino respirarle
sulla
gola.
Le parla finché non cala la sera, sordi alla lite che si sta consumando
nel
salone, e lei non maciulla i fiori e non guarda niente che non sia lui,
le dita
martoriate che riposano – magari i lividi guariranno, pensa lui,
allontanandosi appena da lei quando sente una porta sbattere in
lontananza.
Albus sosta sulla soglia, lo sguardo velato e l’espressione impassibile
che
allo straniero ricorda lei, e lo ascolta parlare per qualche minuto –
non c’è
niente di strano, Gellert ha una voce meravigliosa e lei sembra felice,
con le
mani magre che riposano sulla gonna sporca del verde dell’erba, non
sono
nemmeno vicini, ma sente comunque l’inquietudine bucargli lo
stomaco.
Albus si chiede quanto lei capisca, ma non ha il cuore di fermare
Gellert e le
bugie al miele che le offre – è impossibile, vorrebbe urlare,
invece si
avvicina e affonda le dita nei capelli di lui in una carezza piena di
dispiacere.
“Ama sentirti parlare.”
Gellert solleva lo sguardo, rivolgendogli un sorriso luminosissimo,
prima di
saltare in piedi e seguirlo al piano di sopra – i narcisi vibrano
appena,
abbandonati, ma tutte quelle crepe nessuno le nota.
Note dell’Autrice
Buonasera,
cari lettori!
Torno con questo nuovo capitolo, in cui c’è l’ennesima lite, con
risvolti
diversi. Il senso di riproporre scene simili è far intuire al meglio la
prigionia
di Albus, e come Gellert la sovverta. Finalmente vi ho raccontato anche
cos’è
successo ad Ariana, anche se penso che ormai fosse intuibile.
Ah, spero si capisca, ma preferisco specificarlo lo stesso: Albus NON
ha visto
Gellert toccare Ariana, ma solo parlarle, ma è comunque inquieto senza
sapersi
spiegare perché.
Lasciatemi un parere, se vi va.
Mary