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Autore: _katherine_lls    26/11/2021    0 recensioni
A tre anni dalla fine di Hogwarts, Hermione è tornata a vivere nel mondo babbano insieme alla figlia Alhena, una piccola peste bionda.
A tre anni dalla fine di Hogwarts, Draco ha appena preso in mano gli affari di famiglia, ancora tra gli scapoli più ambiti del mondo magico e senza alcuna intenzione di accasarsi.
Ad entrambi la guerra aveva portato via molto e l'unico modo in cui riuscivano a darsi pace era crogiolandosi nel silenzio, scorrendo tra i ricordi come se fossero le pagine di un libro, cercando di trovare un senso a quei vuoti lasciati tanto nella memoria quanto nel cuore.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ero andata avanti lo stesso facendo finta di niente, facendo finta che andasse tutto bene e facendo credere agli altri che non ero affatto preoccupata.  Avevo imparato dal migliore a mentire. Ero tutto fuorché tranquilla, avevo paura. Quel dannato mangiamorte l’aveva portato via dalla battaglia l’aveva portato via da me, chissà dove.

Ero andata avanti lo stesso, in silenzio. Non ricordavo molto, non sentivo nulla, solo un vuoto all’altezza dello stomaco, sempre pronto a ricordarmi che qualcosa non andava. 

E poi c’era lei.

La luce che mi aveva condotta fuori da quel tunnel infinito, colei che mi aveva salvata dalla disperazione più totale. Non ricordavo nulla. Eppure era così simile a lui che era impossibile sbagliarsi. Stessi capelli biondi, stessi occhi plumbei, stessa pelle chiara e soprattutto stesso carattere.

Da me aveva preso solamente i capelli ricci, la forma degli occhi e la voglia di studiare. 

Quando era nata nessuno aveva avuto dubbi, ma allora perché non ricordavo nulla? Allora perché lui non è qui con noi? Ma soprattutto come è capitato che io e lui abbiamo una figlia insieme?

Ho provato a chiedere ai miei amici, mi hanno risposto che non sapevano nulla. Ed era vero, di quel poco che ricordo so che era il segreto che conservavo con maggior cura. 

Ho fatto incantesimi su incantesimi per recuperare i ricordi, ma nulla.

Alla sua nascita ho tagliato i rapporti con tutti. Non sopportavano che li avessi tenuti all’oscuro di tutto e probabilmente non tolleravano nemmeno la mia scelta, magari mi incolpavano pure della morte di Ronald. In fondo si era sacrificato per me, per la ragazza che nonostante tutte le belle promesse l’aveva tradito.

 

***

 

-Mamma, mamma!-  strillava impazzita mia figlia cercando di prendere i biscotti al cioccolato dalla credenza.

-Arrivo Alhena!- dissi raggiungendola con un sorriso e passandole i biscotti.

Alhena Granger, la mia bambina. Aveva a malapena tre anni ma sapeva già fare magie, era una piccola peste cocciuta e vendicativa, come il padre. 

-Mamma, andiamo alla spiaggia oggi?- mi chiese guardandomi con gli occhioni da cucciolo ai quali io non avevo mai saputo resistere.

-Certo tesoro, ma solo poco, poi la mamma deve andare a lavoro e tu dalla nonna!- le risposi prendendola in braccio e scoccandole un sonoro bacio sulla guancia. 

-Si, nonna Jane!- sorrise cominciando a dimenarsi. La misi giù e corse come un fulmine fuori dalla cucina, probabilmente in camera a prendere il libro da portare a mia madre.

Adorava il mare, sin da piccola ce la portavo tutte le mattine. Mi piaceva passare le ore ascoltando il rumore delle onde che s'infrangevano sugli scogli mentre stringevo tra le braccia la mia piccola, così simile a lui. 

-Mamma, andiamo?- mi chiese comparendo sulla soglia della cucina tenendo stretto a sé il suo peluche preferito e il libro di fiabe.

-Certo!- recuperai la bacchetta e la giacca e materializzai entrambe sulla spiaggia. Era un po’ avventato, ma di lunedì mattina alle sette e mezza di solito non c’è nessuno. E quanto avrei voluto che anche quella mattina fosse stato così. 

Invece c’era qualcuno che, per grazia ricevuta, non mi aveva vista comparire dal nulla con una bambina in braccio sul lungomare. 

Posai a terra Alhena che aveva cominciato a protestare. Le tolsi le scarpe e con un incantesimo non verbale accorciai i pantaloni. Corse verso il mare mentre l’ennesima onda si infrangeva sugli scogli e poi arrivava alla sabbia. Il mare sembrava essere in tempesta e alcune nuvole si addensavano all’orizzonte. Guardai un ultima volta Alhena e sorrisi: aveva le manine piene di sabbia e stava cercando di raccogliere le conchiglie più belle che il mare portava. Lanciai un'occhiata all’uomo che, a pochi metri da noi, guardava il mare con le mani nelle tasche dei jeans. Mi ricordava terribilmente qualcuno. Mi ricordava qualcosa, un periodo dove probabilmente ero stata felice, ma non ricordavo quando, non ricordavo niente…

L’ennesimo vuoto all’altezza dello stomaco come quando mi soffermavo troppo sul viso della mia bambina. L’ennesima sensazione di precipitare nel vuoto.

Distolsi lo sguardo. Nonostante tutti i miei tentativi per cercare di recuperare la memoria non c’ero ancora riuscita, non ero ancora riuscita a trovare tutti i miei ricordi, nemmeno a rivedere il suo viso in sogno. 

Diedi le spalle al mare e cercai di distrarmi mentre recuperavo un telo dalla borsa e il telefono. Ero diventata un avvocato di successo nella Londra babbana. Ero diventata qualcuno anche tra i babbani, nonostante avessi Alhena. Il telefono cominciò a squillare nella mia mano. Era Cristina.

-Pronto!- risposi. Probabilmente mi stava chiamando per chiedere a che ora avevo intenzione di arrivare questa mattina in ufficio. Era una sorta di capo, coordinava il lavoro di tutti nonostante nessuno le avesse mai assegnato ufficialmente quel compito. Diciamo che era un capo ufficioso. 

-Hermy! Stamattina c’è solo il processo, se vuoi puoi restare a casa a fare scartoffie!- disse e immaginai la sua faccia dall’altra parte del telefono. Probabilmente stava ridendo come sempre. Era una persona solare ed era stata una mia compagna di università. 

-E dirlo prima?- le chiesi con un sorriso. 

-Scusa Hermione, è stato appena annullato un processo perché l’altro avvocato doveva arrivare con l’aereo ma non ha potuto decollare a causa del maltempo!-

-Stai tranquilla, passo a prendermi un po’ di carte e avviso mia madre che oggi tengo io Alhena! Ci vediamo dopo!- le dissi e chiusi la conversazione. Cristina era una sorta di migliore amica  nel mondo dei miei genitori. Sembrerà strano ma non erano in molte a fare la fila per essere amiche di una madre giovane e single che passava le sue giornate al lavoro, che non aveva tempo di uscire e che al cinema andava a vedere solo i cartoni della Disney. 

Controllai velocemente le email, tutte di lavoro. Le avrei guardate dopo. Stesi il telo da mare lottando contro il vento che si era alzato e che mi aveva buttato la sabbia bianca e fine negli occhi. 

Avevo tutti i capelli spettinati e più crespi del solito. 

-Mamma!- urlò mia figlia spaventata. Mi girai terrorizzata. Era entrata in acqua. Non entrava mai da sola. Aveva paura del mare e delle onde. Avevo le gambe di pietra, non riuscivo a muovermi. Il sangue mi si era gelato. Provai a correre verso il bagnasciuga ma riuscivo a malapena a muovere un passo e l’ennesima folata di vento mi gettò la sabbia negli occhi. 

Un’onda più alta delle altre si stagliava contro l’orizzonte, le nuvole nere non erano più così lontane e sembravano minacciose. Non me ne ero accorta. Vidi con la coda dell’occhio l’uomo togliere le mani dalle tasche e sfilarsi velocemente la giacca, scalciando le scarpe per toglierle. Poi entrò in acqua. Era troppo lontano anche lui. In un attimo l’onda fu sopra la testa della mia bambina, Alhena andò completamente sott’acqua, vedevo solo le mani che si muovevano sulla superficie. Un'altra onda seguì la prima e le mie gambe cominciarono finalmente a muoversi mentre lo sconosciuto era arrivato nel punto dove prima c’era mia figlia. Si guardò intorno spaventato e poi si tuffò mentre anche io arrivai sul bagnasciuga e scalciai le décolleté nere. Entrai in acqua e repressi a fatica un brivido. Ero terrorizzata, l’acqua era ghiacciata e non vedevo più Alhena. L’ennesima onda mi bagnò la camicetta bianca mentre dello sconosciuto non c’erano ancora tracce. Passarono dei secondi che sembravano ore mentre io continuavo ad avanzare fregandomene dei sassi e degli scogli che mi ferivano i piedi. L’acqua mi arrivava sopra la pancia e all’arrivo della nuova onda fui costretta a saltare per non andare anche io con la testa sotto. Dopo un tempo infinito l’uomo ritornò in superficie stringendo tra le braccia la mia bambina. Era parecchio lontano da dove ero io e probabilmente non arrivava nemmeno a toccare con i piedi il fondale. Una nuova onda lo gettò di nuovo sott’acqua ma poi uscì subito e cominciò a nuotare verso di me tenendo Alhena fuori dalla portata del mare. Altre onde si infransero sugli scogli e altre lo gettarono di nuovo sott’acqua prima che riuscisse ad arrivarmi vicino, dove si toccava e dove l’acqua arrivava a malapena alla pancia. 

Le lacrime di paura e di gioia si mescolarono all’acqua del mare e alla pioggia che cominciava a scendere dal cielo. L’uomo continuava ad avanzare verso il bagnasciuga senza prestarmi troppa attenzione e io lo seguii in silenzio ancora scossa. Con lo sguardo offuscato raccolsi le nostre scarpe e la sua giacca. Lo sconosciuto andò verso la piccola insenatura della roccia dove avevo lasciato l’asciugamano e lo avvolse delicatamente intorno al corpicino di Alhena che cominciava a tossire in cerca d’aria. Era viva.

-Grazie!- mormorai arrivando alle spalle dello sconosciuto e guardando gli occhi di mia figlia pieni di lacrime.

-Granger!- sbottò lui irrigidendo i muscoli delle spalle e posando la bambina sulla sabbia. La terra mi mancò sotto i piedi. Stavo precipitando nel vuoto pur restando ferma, mi mancava l’aria, non respiravo. 

Lui.

La sua voce, quanto mi era mancata la sua voce. Un vuoto all’altezza dello stomaco, una fitta al cuore. Un dolore che mi spezzava in due. Mi piegai su me stessa tenendo una mano sullo stomaco.

-Granger, stai male?- mi chiese preoccupato girandosi verso di me. La sua voce era così fredda, la sua voce non era quella che io ricordavo eppure ci assomigliava così tanto. 

-Non è niente Malfoy!- risposi secca cercando di recuperare un po’ di contegno e avvicinandomi alla mia bambina,  cercando disperatamente di tenere nello stomaco la colazione. Guardai la piccola, così simile a lui, gli stessi capelli biondi da sembrare bianchi erano appiccicati alla fronte e gli stessi occhi plumbei non lasciavano trapelare niente. Dello stesso colore del mare in tempesta. Così simili che nessuno avrebbe avuto dubbi. Presi la borsa da mare e tirai fuori l’unico telo che era rimasto per passarlo a Malfoy ricevendo in cambio un occhiata parecchio stupita. 

-Ti prenderai un malanno!- gli spiegai lanciandogli il telo mare.

-Anche tu se è per questo Granger!-

-Non ti preoccupare per me!- risposi. Lui prese l’asciugamano in silenzio e poi si avvicinò a me coprendoci entrambi. Nessuno di noi due a quanto pare sapeva che fine avesse fatto la bacchetta ed eravamo troppo stanchi per riuscire a fare incantesimi senza. Un brivido mi corse lungo la spina dorsale, diedi la colpa al freddo ma sapevo che non era così. Di nuovo il vuoto e la sensazione di precipitare si impossessarono di me, le stesse sensazioni che provavo guardando mia figlia. Così simile a lui da fugare ogni dubbio. Così simili che…

“Draco, io ti devo dire una cosa!”

“Dimmi!”        

“Io sono incinta!”

La consapevolezza mi piovve addosso in un secondo. Guardai la mia bambina con un frammento dei miei ricordi fisso in testa. Sua figlia. Draco. Alhena era la figlia di Draco. 

Vidi con la coda dell’occhio lui che scrutava la bambina attento. Di sicuro non gli erano sfuggiti i capelli dello stesso colore e gli occhi identici, nemmeno gli era sfuggito il modo di fare della bambina o il suo portamento che nonostante avesse appena rischiato di morire soffocata dal mare non aveva perso. Stava seduta con le schiena dritta fissandosi le manine che giocavano con l’asciugamano e alternando qualche volta lo sguardo curioso da me a Malfoy. Anche lui alternava uno sguardo curioso da me alla bambina e poi fissava il mare. Era così palese, ma così impossibile.

“Herm, dove vai?”

“Torno alla torre, è quasi l’alba. Tu continua a dormire Draco!”

Ancora un altro ricordo e un altro brivido freddo. Lui mi guardò stupito e si avvicinò ancora di più. Il suo profumo era lo stesso di quello del ricordo. Muschio bianco mescolato a tabacco, non aveva perso il vizio di fumare.

“Dray, dovresti smetterla!”

“Di fare cosa?”

“Di fumare, va a finire che prima o poi ci lasci le penne!”

Un altro ricordo. 

-Granger, c’è qualcosa che ti sei dimenticata di dirmi?- mi chiese facendo un cenno del capo verso la bambina che aveva smesso di prestarci attenzione. 

-In realtà no Malfoy, non che mi ricordi!- mormorai e lo vidi annuire lentamente. Non so che risposta si aspettasse. 

“Puoi promettermi una cosa?”

“Si”

“Promettimi che saremo sempre sinceri tra di noi, nel bene e nel male”

“Te lo prometto, e tu?”
“E tu cosa?”

“Tu me lo prometti?”

“Te lo prometto!”

Ed ero stata sincera anche questa volta. Gli avevo detto la verità, ammesso che ricordavo poco, che non sapevo quasi niente, che un vuoto all’altezza dello stomaco mi opprimeva costantemente. 

-Granger, stai bene?- mi chiese. Mi accorsi solo in quel momento che avevo i suoi occhi, così simili a quelli di Alhena, puntati addosso. 

-Si, credo di sì!-

-Mamma?- chiamò la piccola portando l’attenzione di entrambi su di lei. Sapevo che Malfoy ormai aveva pochi dubbi su chi fosse realmente il padre della piccina. Allora perché non diceva niente? Perché non mi faceva quella domanda che temevo da anni? Perché non toglieva tutti i miei dubbi per una buona volta o mi faceva vedere i suoi ricordi? Perché lui si ricordava tutto vero?

-Ho fame!- disse e io scivolai fuori dalla presa delle braccia di Malfoy che si erano avvolte attorno al mio corpo per trattenere l’asciugamano. Presi dalla borsa un pacchetto di biscotti al cioccolato e due mele verdi. 

Quelle che mangiavamo sempre ad Hogwarts. Erano le nostre preferite, saremmo stati capaci di mangiarle a tutte le ore del giorno e a volerne ancora.

Aprii il pacchetto di biscotti mentre un altro brivido mi correva lungo la colonna vertebrale. Diedi la colpa al vento freddo che soffiava quel giorno e che continuava a bagnarci di pioggia, ma sapevo bene che il vento non centrava niente, solo era troppo difficile ammettere il contrario. Diedi alcuni biscotti ad Alhena e poi rimisi il sacchetto all’interno della borsa. Lanciai una mela a Malfoy che la prese al volo strappandomi un mezzo sogghigno.

“Ammettilo che sono più bravo di Potty!”

“Lo sai che io di Quidditch non ci capisco niente. È già tanto se distinguo il manico della scopa dalla palla!”

“Andiamo Hermione! Anche un babbano capirebbe che sono più bravo io e che Potty non riesce a prendere il boccino nemmeno se questo gli sfreccia sotto il naso!”

Mi guardò divertito. Si ricordava anche lui? perché standogli vicino non ritornavano subito tutti i ricordi ma ne tornavano solo alcuni?

-Grazie Granger!- sorrise lui addentando la mela. Una scena già vista mille volte. Nei sotterranei, nella stanza delle necessità, nella torre di astronomia, in riva al lago nero, al confine della foresta proibita

-Mamma? Chi è il signore?- chiese a un certo punto Alhena facendomi andare di traverso il boccone. Dovevo immaginarmi una domanda del genere. In fondo aveva preso dal padre.

“Senti Granger, come va con Pel di Carota?”

“Malfoy, illuminami! Perché la cosa dovrebbe interessarti?”

Non sapevo cosa rispondere. Di sicuro non potevo dirle che lui era il suo papà. Non ne ero certa nemmeno io. Non ricordavo niente. Cosa potevo dirle? Avrebbe continuato a fare domande, avrebbe continuato a chiedere finché non le avessi dato una risposta soddisfacente.

“Andiamo Granger, è pura curiosità. Che ti costa?”

“Malfoy sei più pettegolo di una donna!”

“Non mi hai risposto!”

“La cosa non ti riguarda!”

“Non lo sai che è buona educazione rispondere alle domande?”

“Tu lo sai che è buona educazione non importunare la gente durante la lezione con domande idiote?”

-Ciao, piccola, io sono Draco, Draco Malfoy!- disse Malfoy avvicinandosi alla bambina e posandole un leggero bacio sulla fronte. Riuscii a malapena a trattenere un sorriso, quella frase l’avevo già sentita da lui ma anche da Alhena.

-E tu chi sei?-

-Io sono Alhena, Alhena Granger!- rispose la piccola e vidi Malfoy sorridere. Non c’erano più dubbi. Lo sapevamo entrambi. Ma continuavamo a fare finta di niente. Preferivo far finta che lui fosse solo un perfetto estraneo, non il padre di mia figlia. Ma soprattutto non volevo che lui entrasse nelle nostre vite adesso e ce le sconvolgesse completamente. Avevo passato diversi anni a cercare di diventare qualcuno nel mondo babbano dopo che ero stata “costretta” ad abbandonare quello magico. Non volevo tornare indietro, non volevo mollare tutto e tornare ad essere l’eroina della seconda guerra magica. Ma qualcosa mi diceva che lui non avrebbe capito.

Il mio cellulare cominciò a squillare, nuovamente. Lo recuperai dal fondo della borsa dove era finito.

-Mamma?-

-Ciao Hermione, sono già le otto, non dovresti essere in ufficio tu?- mi chiese preoccupata mia madre. Avevo perso di vista l’orario. Ed era dannatamente tardi.

-Scusa mamma, c’è stato un imprevisto, mi ha telefonata Cristina ha detto che per oggi non devo andare, tengo io Alhena!-

-Sicura?-

-Si, si tranquilla. Ci sentiamo dopo mami!-  le dissi e chiusi la conversazione. Gli occhi di Malfoy mi stavano trapassando la schiena coperta solo dalla leggera camicia di cotone ancora bagnata.

-Non andiamo dalla nonna?- chiese Alhena allungando una mano per prendere un altro biscotto cercando di passare inosservata mentre Malfoy tratteneva a fatica una risata.

-Serpeverde fino al midollo!- soffiò il biondastro e mi girai appena per rifilargli un occhiataccia gelida che gli chiuse la bocca ma che non gli impedì di continuare a ridere ancora un po’, sempre in silenzio.

-No piccola. La zia Cristina mi ha detto che oggi posso stare tutto il giorno con te. Vuoi?- le chiesi. Alhena annuì felice strappandomi un mezzo sorriso. Aveva anche smesso di piovere. Con un debole incantesimo non verbale richiamai la mia bacchetta che era persa da qualche parte nella spiaggia o sul fondale. Richiamai anche quella di Malfoy e gliela lanciai sbagliando ovviamente mira.

“Hermy, fammi un favore. La prossima volta la mela passamela, non tirarmela in testa!”

“Se avessi voluto farlo apposta non ci sarei riuscita”

“Chissà perché non avevo dubbi!”

-Granger, facciamo finta che la tua mira sia migliorata!- berciò lui chinandosi per recuperare la bacchetta che era finita sulla sabbia.

-Grazie di tutto Malfoy!- dissi asciugando i nostri vestiti e piegando velocemente gli asciugamani. Dovevo riuscire a passare in ufficio e a tornare a casa prima che ricominciasse a piovere e non avevo ancora abbastanza forza per materializzare me e la piccola a casa. O meglio non ero abbastanza concentrata per poter essere certa di non fare nessun errore. 

-Aspetta Granger!- mi urlò dietro Malfoy mentre io con la piccola in braccio andavo verso il limitare della spiaggia. Le lacrime mi segnavano il viso facendo colare il mascara ma facevo finta di non accorgermene. Non dovevo girarmi altrimenti non sarei più riuscita a trattenermi. Di nuovo la sensazione di vuoto si era impossessata di me nonostante facessi di tutto per non sentirla ed evitassi di pensare a lui che a grandi falcate mi stava seguendo.

Mi raggiunse e mi tirò per un braccio per farmi girare. Non volevo, ma lui era decisamente più forte di me e io avevo la borsa e Alhena che mi impedivano parecchi movimenti. Mi tirò verso di se e passò le sue braccia dietro la mia schiena trascinandomi in un abbraccio che non avevo chiesto ma di cui avevo decisamente bisogno. Mi sentivo a casa. Alhena appoggiò la testa sulla sua spalla e io sul suo petto. Mi mancava tutto questo, mi mancava tanto quello che potevamo diventare. Invece eravamo due persone diverse con due vite distinte. Non mi era sfuggito l’anello d’oro bianco e d’oro giallo che portava al dito anche se lui cercava di nasconderlo. Mi era quasi familiare però ero sicura di non averlo mai visto. 

Non saremmo mai potuti essere quella famiglia che io desideravo per Alhena.

-Devo andare!- dissi scivolando via dall’abbraccio e strappando mia figlia al suo papà. Dovevo andare prima di pentirmi. Ricominciai a camminare verso la strada per chiamare un taxi e questa volta lui non provò a fermarmi. 

Ricordo solo di essere salita e aver comunicato all’autista l’indirizzo del mio ufficio prima di crollare in un pianto silenzioso ma senza fine. Con gli occhi annebbiati dalle lacrime lo vidi sulla spiaggia: fermo, con le mani nelle tasche dei jeans che guardava la macchina allontanarsi lentamente. 

 

***

 

A volte succedono cose che non si è preparati ad affrontare. Non riesco a farmi capire. Non riesco a fare capire a nessuno quello che mi sta succedendo. Non riesco a spiegarlo nemmeno a me stessa…

 

***

 
  
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