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Autore: Kim WinterNight    20/04/2022    1 recensioni
Storia incentrata su Mike Patton.
DAL TESTO:
C’è qualcosa che mi distrae.
Una voce tra le voci, uno speaker alla radio, un mormorio in mezzo a una folla impossibile.
È sempre così alla stazione della metro, ma stavolta un fattore diverso mi attrae. Non me lo so spiegare, ma succede.
Quella voce parla di sette casi. Sette casi di qualcosa, in Cina. Mi concentro, ma è difficile sentire in mezzo a questo caos.
La gente mi viene addosso, mi parla in faccia, ride e corre di qua e di là. [...]
Da quanto tempo sono chiuso qui dentro?
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Mike Patton
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Wake in a sweat again
Another day's been laid to waste, in my disgrace
Stuck in my head again
Feels like I'll never leave this place, there's no escape
I'm my own worst enemy
 
 
Mi sveglio a notte fonda, è tutto buio intorno a me.
Ho fatto un incubo, ma non riesco a ricordare cosa stesse succedendo.
So solo che sono terrorizzato e immerso in un bagno di sudore.
Nel silenzio della notte, il mio respiro accelerato è l’unico suono che avverto – fastidioso, pesante, insopportabile.
Allungo una mano sul materasso e lo sento freddo, vuoto, desolato.
Come il mio cuore.
Pensieri terribili mi assalgono, si avviluppano alla mia gola e stringono come mani invisibili.
Il respiro è sempre più irregolare.
Un altro giorno sprecato.
Sono inutile.
Faccio schifo.
Non ce la faccio, ho bisogno di aiuto.
È come se fossi in carcere, come se fossi sempre stato intrappolato tra queste mura e non sapessi trovare la strada per uscirne.
Eppure la porta è sempre lì e le chiavi per aprirla so perfettamente dove trovarle.
Sono il mio peggior nemico e continuo a farmi del male.
Ancora e ancora.
Il respiro accelera, il ritmo è impossibile, lo sento perforarmi il cervello.
Mi ritrovo con il telefono in mano, mi scivola dalle dita sudate e cade sul materasso fradicio del mio stesso terrore.
Lo afferro di nuovo e compongo un numero che so a memoria.
Perdo il conto degli squilli, la mente che vaga senza meta e il fugace pensiero che forse ho sbagliato a digitare – le dita non fanno che tremare.
Poi una voce.
Quella voce.
«Mike?»
Apprensiva, gentile, preoccupata.
«Titti…»
Un sospiro lieve, uno di quelli che significano ho capito, ora ci penso io.
«Coraggio, respira» dice soltanto.
 
 
I don't know what to take
Thought I was focused but I'm scared, I'm not prepared
I hyperventilate
Looking for help somehow, somewhere and no one cares
 
 
«Non so cosa fare, non so…» biascico.
Lei però rimane tranquilla, posso quasi immaginare la calma rassicurante dipinta sul suo viso. «Respira, coraggio. Ce la fai.»
«No…»
«Sì, Mike. Ce la fai.»
«Io…»
«Ho sempre ragione, è inutile discutere con me. Respira, puoi riuscirci.»
Mi concentro, ma sono talmente spaventato che vorrei soltanto che lei fosse qui. Un suo sguardo mi darebbe conforto, un suo abbraccio mi farebbe sentire capito.
Il sudore continua a colarmi sulla fronte, mentre dolorosi singhiozzi mi scuotono il petto e profondi brividi mi increspano la pelle.
«Su, Mike, sono qui. Ascoltami, sei forte: respira, andiamo.» La voce di Titti è come una lieve carezza, posso quasi avvertirla sul viso, delicata come le sue dita esili.
Chiudo gli occhi ed espiro bruscamente, cominciando gradualmente a calmarmi. Non smetto di piangere, anzi, il mio diventa uno sfogo liberatorio, un fiume in piena di parole che investono la mia ex moglie.
«Ho bisogno di aiuto, mi sento così solo e triste, faccio schifo… ho sprecato la mia vita, ho sprecato tutto. Aiutami, ti prego, aiutami…»
Lei non smette mai di prestare attenzione, di rispondermi e rassicurarmi. «Va tutto bene, sfogati. Sono qui per questo.»
«Voglio solo… uscire da questo schifo, ma… non ne posso più, non riesco a lottare, a…»
Deglutisco a fatica, mi sento quasi soffocare.
Una nuova ondata di panico mi assale.
«Mike, ci sei, respira. Tranquillo, continua a parlare» attira nuovamente la mia attenzione Titti, impedendomi di sprofondare in un’altra crisi.
«Che cazzo c’è che non va in me?» chiedo disperato, riprendendo a piangere.
«Niente, stai tranquillo. Calmo, Mike. Io sono qui.»
Il respiro rallenta pian piano mentre la sua voce continua ad accarezzarmi attraverso il cellulare.
Probabilmente si trova in Italia, eppure la sento così vicina…
Allento la presa sull’oggetto e mi accorgo che lo stavo stringendo con furia – le dita sono indolenzite e sudate.
Mi rannicchio in posizione fetale e immagino di non essere più solo.
Sogno che Titti mi prenda tra le braccia e mi tiri i capelli in quel modo dolce e giocoso che è sempre stato solo suo.
E mentre le sue parole mi cullano, scivolo nuovamente in un piccolo e prezioso anfratto di pace.
 
 
Put me out of my fucking misery!
 
I've given up, I'm sick of feeling
Is there nothing you can say?
Take this all away, I'm suffocating
Tell me what the fuck is wrong with me
 
 
[Given Up, Linkin Park]
 
 
 
 
§
 
 
 
 
 
Life, it seems, will fade away
Drifting further every day
Getting lost within myself
Nothing matters, no one else
I have lost the will to live
Simply nothing more to give
There is nothing more for me
Need the end to set me free
 
 
Questo letto sembra una tomba.
Scomodo, buio, ostile.
Ogni tanto Roddy viene a trovarmi e mi aiuta a rimettere in ordine.
Cambia le lenzuola, fa la lavatrice, spolvera.
E io non faccio altro che guardarlo con disinteresse, affondato nella mia poltrona.
Lascio che invada i miei spazi e si prenda cura di me anche se non lo merito.
Tutto scorre lento, piatto, incolore.
Perfino la pioggia ha smesso di darmi sollievo.
Stanotte ticchetta ostinata fuori dalla mia prigione, eppure mi sento sempre più agitato e ansioso.
Non potrà aiutarmi per sempre, non può essere il mio appiglio, è un evento troppo raro, effimero e incalcolabile.
Mi rigiro per l’ennesima volta, sentendomi sfinito e annientato.
Le gocce che si abbattono sui vetri mi sembrano nemiche, incapaci di ascoltarmi e comprendermi.
Chiudo gli occhi e cerco di concentrarmi su me stesso, anche perché non ho nessun altro a cui pensare.
A volte mi sento così solo…
Un trillo improvviso mi fa sobbalzare, il cuore accelera bruscamente e il respiro mi si mozza in gola.
Poi lo riconosco: lo squillo del mio cellulare.
Non ho idea di che ore siano, ma sono quasi certo che sia notte fonda, ha fatto buio da tempo – almeno credo.
Mi metto faticosamente a sedere e recupero l’apparecchio dal comodino.
Fisso lo schermo senza riuscire a mettere a fuoco il nome del mittente – dovrei cercare gli occhiali, chissà che fine hanno fatto.
Con un sospiro rispondo: «Sì?»
«Patton!» La voce allegra e amichevole di Trey mi perfora i timpani.
Sbatto le palpebre: saranno almeno due anni che non ci sentiamo.
No, due anni forse no. Abbiamo suonato insieme, non dev’essere passato più di un anno…
Improvvisamente i ricordi di quel pietoso concerto mi trafiggono il petto e la gola mi si chiude, impedendomi di rispondergli.
Sto andando alla deriva, sono completamente immobile, paralizzato dal dolore.
E Trey, incurante e inconsapevole, continua a sproloquiare: «Volevo passare per parlarti di un paio di idee che ho in mente! Potremmo scrivere nuova merda con i Bungle, sono sicuro che a Trev non dispiacerà. Che ne pensi? Sicuramente tu hai già tremila progetti per la testa, ma troverai il modo per occuparti anche di questo».
Mi parla come se ci fossimo incontrati ieri.
Non mi ha neanche chiesto come sto.
Tra me e Trey ha sempre funzionato così, ma in questo momento per me risulta estremamente complicato stare appresso alle nostre care e vecchie abitudini.
In un altro momento non mi sarei scomposto e lo avrei invitato a lavorare subito in studio a casa mia, ma ormai in quel posto non ci metto piede da un bel po’ e non credo di sapere più come si faccia.
«Solo che non so quando potrò raggiungerti, sto lavorando ad altre cose. Tu comunque un minuto per me lo trovi, lo so» prosegue Trey, come se non si fosse neanche accorto che sono in silenzio praticamente da quando ho risposto al telefono.
Intanto le immagini del concerto mi scorrono di fronte agli occhi, vivide, patetiche, dolorose.
Biascico qualcosa, forse un di circostanza, ma la mia mente è lontana anni luce.
Mi rivedo su quel palco insieme a Trey, Trev, Lombardo e Scotty.
Noi cinque immersi nel silenzio più totale.
I nostri occhi che si incrociano spaesati, mentre qualche tecnico finisce di sistemare la nostra attrezzatura.
Abbiamo fatto il soundcheck e siamo pronti per suonare.
Per intrattenere il vuoto che ci accoglie.
Provo ancora una volta la sensazione di smarrimento che mi assale quando realizzo che non potrò suonare per intrattenere un pubblico.
 
 
Things not what they used to be
Missing one inside of me
Deathly lost, this can't be real
Cannot stand this hell I feel
Emptiness is filling me
To the point of agony
Growing darkness taking dawn
I was me, but now he's gone
 
 
Trey mi riporta alla realtà. «Capito?»
«Certo…»
«E quindi, ecco che Lombardo mi fa: sei stronzo, non c’è storia. cazzo, aveva ragione!»
Annuisco, ma la mia mente torna rapidamente al concerto peggiore della mia vita.
L’evento che mi ha spezzato il cuore e mi ha fatto sentire inutile.
Era il 31 ottobre 2020, la pandemia era nel pieno e i concerti si tenevano online.
Senza pubblico.
Ricordo la sensazione di fare il pazzo e sentirmi vuoto.
Ricordo la mia voce rimbombare fastidiosa in un luogo desolato.
Ricordo di aver desiderato in ogni singolo istante che tutto finisse al più presto.
Ricordo di aver proseguito quasi per inerzia, dando comunque il meglio di me perché sapevo che qualcuno mi stava ascoltando – c’era un pubblico virtuale da qualche parte, sparso per il mondo.
E ricordo di esserne uscito mentalmente distrutto.
Trey scoppia a ridere mentre continua a raccontare qualcosa che continuo a non ascoltare.
Riesco a riemergere dai ricordi, ma il dolore non mi abbandona. È come se all’improvviso una ferita si fosse riaperta al centro del mio petto, pungente e sanguinante senza alcuna pietà.
«Allora ti richiamo quando sarò in zona, tieniti pronto» conclude infine il mio vecchio amico.
«Sì» replico in automatico.
«Ah, a proposito… tutto bene?»
Mi viene da ridere.
Anche se Trey è uno stronzo e appare spesso insensibile, avevo proprio bisogno di questa risata amara.
In fondo mi ha dato una mano.
Guardo fuori dalla finestra: la pioggia si fa sempre più intensa mentre un tuono squarcia il silenzio.
«Certo, tutto bene» affermo.
Eppure la voce mi trema.
Lui non mi chiede spiegazioni.
Io non gliene do.
Ci salutiamo e io torno a essere solo.
Nessuno può aiutarmi, soltanto io posso aiutare me stesso.
 
 
No one but me can save myself, but it's too late
 
 
[One, Metallica]
 
 
 
 
§
 
 
 
 
I'm feeling like I'm lost — like I'll never be found
 
 
Ho allontanato tutti da me, con il mio atteggiamento e con il mio dolore inspiegabile.
Non viene quasi mai nessuno a trovarmi, forse hanno capito – interpretato – che non voglio il loro aiuto.
Che voglio sentirmi perso – non voglio più essere trovato.
Non ho bisogno di nascondermi sotto il letto come un bambino spaventato, i miei demoni riuscirebbero a scovarmi in ogni caso.
Sono intelligenti, perspicaci, subdoli.
Sono io a permetterglielo, forse.
È che non ho più forze, non ho più voglia, non ho più senso in questo universo.
Mi sto facendo del male, ne sono consapevole; la solitudine che mi sono autoinflitto – da cui non riesco a emergere – mi sta distruggendo.
Ci sono momenti in cui la disperazione mi coglie impreparato e le lacrime sgorgano da sole, diverse da quelle dettate dal panico o dall’ansia.
Sono lacrime amare.
Fanno bruciare i miei occhi, li inzuppano e li sporcano, e non riescono a ripulirmi l’anima né la coscienza.
Mi faccio del male quando mi guardo allo specchio, quando fingo di non essere in casa ogni volta che qualcuno bussa alla mia porta, quando mi rifiuto di mangiare il cibo che puntualmente mi viene recapitato verso mezzogiorno.
Le mie giornate non sono altro che questo: intervalli di vuoto tra una consegna e l’altra.
Non ricordo quando è stata l’ultima volta che Bill ha minacciato di buttare giù la porta e mi ha riempito di insulti, né in quale occasione Roddy si è occupato di sistemare il mio appartamento e cambiare le lenzuola.
Non ho memoria di Trevor e i suoi occhi tristi, né di Puffy e dei suoi discorsi su argomenti quotidiani che non ho mai ascoltato; Titti non mi ha più chiamato – forse l’ha fatto e io non le ho risposto, così si è arresa – e Trey non mi ha raggiunto come aveva promesso.
Sono stato io a respingerli, non posso far loro una colpa.
Mi ferisco e ferisco gli altri con il mio inspiegabile dolore.
Non mi perdoneranno mai.
Non vorranno più ascoltarmi.
In fondo, non saprò mai cosa dire, come scusarmi, dove ricercare un briciolo di coraggio per riemergere dalla disperazione che sento serrarmi la gola.
Se solo riuscissi a cantare, a sfruttare la mia voce per sfogarmi ed esprimermi.
Non ho mai scritto dei testi sensati, non sono mai stato un cantautore né un poeta; però mi sono sempre espresso a modo mio, ho sempre dato forma alle idee.
Adesso non so più come si fa.
Se solo la gola non mi bruciasse quando provo a sfruttarla, forse allora le persone che amo mi capirebbero.
Capirebbero anche i miei suoni articolati e le parole accostate le une alle altre senza alcun criterio.
Ma no, continuerò a ferirli – a ferirmi.
 
 
I'm hurting everybody, I'm hurting myself
I'm desperate
 
 
[What Do You Do?, Papa Roach]
 
 
 
 
§
 
 
 
 
Il fattorino arriva puntuale, come ogni giorno.
Consegna il pranzo al solito indirizzo.
In allegato un biglietto, scritto al computer e anonimo.
 
 
To me, the stage is like the free zone. That's what makes it exhilarating. For whatever reason, there's this weird little square where it's kind of a romper room for adults.
[Mike Patton]
 
 
 
 
 
 
NOTE:
In questo capitolo compaiono l’ex moglie italiana di Mike e Trey Spruence, co-fondatore e chitarrista dei Mr. Bungle insieme a Mike e Trevor, anche lui cresciuto con i due a Eureka. Inoltre, Trey ha registrato l’album King for a Day… Fool for a Lifetime con I Faith No More.
Il concerto a cui ho fatto riferimento è avvenuto realmente, in streaming, il 31 ottobre 2020; lo show è poi uscito come album live nel 2021. La formazione attuale dei Mr. Bungle comprende, oltre Mike, Trey e Trevor, anche Scott Ian (chitarrista degli Anthrax) e Dave Lombardo (famoso per essere stato lo storico batterista degli Slayer).
  
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