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Autore: Mercurionos    09/05/2022    1 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 28 – Il Silenzio degli Dei, Parte 2 – Anno 2, 1 Fruttidoro
 
“Sei un imbecille!”
Al centro della folla si era formata una piccola arena, quanto bastava perché quei due potessero urlarsi addosso senza danneggiare considerevolmente l’apparato uditivo dei sempre più estatici spettatori.
“Tu hai completamente perso il senno.” Quelle di Vegeta non erano parole, erano un ringhio ben costruito, profondo, ma non troppo rumoroso.
“E tu hai completamente perso identità di te stesso!” Mirk, dalla sua, non tratteneva affatto le proprie emozioni. Gesticolava sconnessa, gridava, camminava avanti e indietro, misurando la distanza che la separava dal saiyan.
 
L’insolita proclività alle escandescenze di Mirk non trovava alcuna risposta nel linguaggio o nell’atteggiamento mite di Vegeta. La così poco abituale moderazione del principe la spaventava, ma ancor di più ravvivava la fiamma della sua invettiva contro il ragazzo. Quando si era avvicinata a lui, quella mattina, non cercava nulla di particolare, non cercava conforto, affetto, intimità, ma di certo non si aspettava di venir respinta in toto. Quel legame che con così tanta cura aveva allacciato con Vegeta era stato reciso di fronte ai suoi occhi, con un gesto distratto, qualche parola spifferata con leggerezza. E tutto quell’acido gorgogliante straripò, un bollore incandescente che null’altro aspettava, se non di essere vomitato sul volto distaccato del principe dei saiyan.
 
Lo aveva schernito, gli aveva elencato ricordi, discorsi sinceri strappati ad un momento di solitudine, parole che nessuno aveva mai pronunciato davvero, sguardi durati più dell’istante che avevano occupato. Ma Vegeta aveva eretto un muro impenetrabile davanti alle proprie memorie, e tutte quelle accuse gli scivolarono addosso, rimbalzarono silenziose, e svanirono nel nulla. Lei però non aveva demorso: furiosa azzannava ogni reminiscenza di lui, tentava di strapparle dalle sue carni per mostrargliele, mostrarle a tutti quelli che erano lì, prove che avrebbero potuto dire: “Sì, è questo Vegeta, è questo il vero uomo che si cela dietro il principe dei saiyan.”
 
Mirk inseguiva un uomo che credeva ormai perduto, ma Vegeta non era cambiato di una virgola: si era nascosto, sotterrato dietro una facciata di taciturna obbedienza e simulato riserbo. Forse in cuor suo anche lei lo sapeva, forse aveva già compreso da tempo le intenzioni di Vegeta, ma quel bruciore nel suo petto, quel battito potente che tanto calorosamente ammirava l’animo ribelle del ragazzo, proprio non poteva tollerare che si fosse occultato dietro una maschera di menzogne, il costume che tutti attorno a lei indossavano in un’eterna messinscena piena di controfigure e scenografie tanto facilmente rimpiazzabili. E ora aveva perso il suo grandioso divo.
 
“Tu questo vuoi essere, eh? Dopo tutte quelle stronzate sulla tua casa, sul tuo paparino Freezer, l’odio mio e l’odio tuo… Tutte balle!”
“Adesso piantala. – guaì Vegeta – Fatti un piacere e stai zitta!”
“Ah! È un piacere che mi fai, startene zitto a leccare gli stivali di Freezer? È così che si deve fare, adesso?! Quand’è che ti dai una svegliata e te ne vai da questo inferno?”
Vegeta sbuffò: “Ora basta, chiudi quella bocca e…”
“E cosa, principe dei saiyan? Cosa?!? Ce ne andiamo una volta tanto e mandiamo a fare in culo questo impero di merda? O vuoi aspettare che smettano di giocare con te e ti buttino via, inutile come sei?”
“Non ti azzardare a insultarmi in questo modo!” Alzò il tono della voce, ma tentò di trattenere i gesti di stizza che tanto avrebbe voluto completare.
“Guardatelo! – Mirk alzò le mani, come per presentare la sua grande scoperta al mondo intero – Il fiero Vegeta, il principe dei saiyan, con la coda tra le gambe! Il grande uomo che si fa schiacciare in terra dall’imperatore! Il grande, enorme idiota che si è fatto togliere tutto per vivere in una gabbia dorata!”
 
“Adesso ne ho abbastanza!” Non fu la voce di Vegeta a rispondere alla canzonatura, bensì una più rauca e stridula. Sorbet spintonò di qua e di là un paio di studenti e irruppe tra Mirk e Vegeta: “Mirk, stai andando oltre ogni limite! Non ti devi azzardare a parlare in questo modo dell’Impero o del signor Freezer! Non dimenticare il tuo posto, sei un cadetto dell’acca-”
 
Non finì di parlare. Una martellata di nocche gli piombò sul grasso naso nero, e l’uomo volò all’indietro per un paio di metri, addosso al muro di folla.
Ci fu silenzio per un istante, poi un susseguirsi di sospiri sorpresi e trasalimenti impauriti. Il cerchio attorno a Mirk e Vegeta si allargò ancora di più.
 
“Sei impazzita!?” Le gridò Vegeta. Anche lui, come tutti gli altri, era indietreggiato.
“E tu sei soltanto un vigliacco! Guardati!” Gli puntò un dito contro, affinché tutti potessero guardare Vegeta, e come avesse battuto in ritirata il grande saiyan: “Sei patetico! Un bastardo, diventato un vigliacco come tutti gli altri!” E più lo offendeva, più riusciva a odiarlo. Le fiamme nel suo petto si tinsero di nero, implacabili portatrici di verità, volevano dare fuoco a tutto attorno a lei, a partire da lei stessa.
 
Sorbet si rialzò goffamente sulle braccia, spingendo all’indietro uno studente dopo l’altro. Gli sanguinava il naso, e copiosamente: “Folle! Dissidente! Dannazione, Gipeto! Faccia qualcosa!”
Nel muro di persone si aprì autonomo un sentiero, e Gipeto scivolò nell’arena. Con sguardo fermo e testa alta si avvicinò ai due studenti in lotta, dritto, statuario. I suoi occhi congelarono l’aria. Nessuno respirò. Calò il silenzio.
 
“STIA FERMO!”
 
Il rapace si fermò, un poco sorpreso. Vegeta aveva alzato una mano, e il suo tono fu imperativo. Anche un dio avrebbe obbedito alla sua iraconda parola. Il principe non sapeva più cosa gli fosse concesso fare, cose avrebbe dovuto fare per minimizzare i danni. Non gli venne in mente nessun escamotage, nessuna via di fuga, nemmeno una frase ironica con cui concludere il tutto. Non era il momento di fare una battuta.
 
Gladyolo di sicuro saprebbe cosa fare.
Si maledisse per quel pensiero. Proprio ora non doveva né voleva pensare alla minaccia più grande, che in quel momento non era rappresentata dallo stesso Freezer, ma dal suo ignobile emissario. Doveva accelerare, prima che il ragazzino pallido potesse vederlo.
 
Allora si rivolse a Mirk. Le avrebbe elargito quel dialogo che così ardentemente richiedeva: “Cosa pensi di ottenere, facendo così? Vuoi che ci ammazzino entrambi?”
“Voglio che tu la smetta di comportarti come un cane! Voglio che tu la smetta di mentire, a te stesso come a me!”
“E cosa dovrei fare, secondo te? – Vegeta rilassò i muscoli: tutti dovevano sentire, tutti avrebbero dovuto riferire le sue parole cariche di inequivocabile certezza a compagni e conoscenti, fino a raggiungere le orecchie del principino sicario e del tiranno imperatore – Vuoi che sbandieri come te una libertà che non ho? Vuoi che menta ancora e ancora, sempre di più?”
 
“Tu devi smetterla di sparare queste idiozie!”
“Non sono idiozie, stupida! È la realtà dei fatti!”
“Piantala! Piantala di giocare a fare l’obbediente quando non lo sei!”
“E poi? Cosa devo fare? Provocare i miei superiori e venire marchiato come un rivoluzionario?”
“Ma è questo che sei!”
 
Si levò un debole chiacchiericcio, dalla folla. Inammissibile, per Vegeta, in quel momento, che gli altri pensassero al suo posto. Fece un passo verso Mirk, e alzò la voce: “Non ti azzardare a dirmi chi sono! Io non sono un dissidente! Io sono Vegeta, l’élite dei saiyan!”
“Ah sì! – il tono beffardo della ragazza fu palese – Il grande Vegeta, il principe della razza guerriera, quello che si è fatto battere da… ma guarda, da me! I miei ossequi, oh grande Vegeta, colui che risponde alla… all’arroganza dell’Impero con riverenza e sottomissione! Sei patetico!”
“Tu stai confondendo la dignità col servilismo!”
“E tu la chiami dignità, questa? Fare il vile e sottometterti?”
“E la tua come la chiami? – le si avvicinò – Coraggio? O è solo presunzione? Cosa pensi di poter ottenere, facendo tutto questo casino? Vuoi morire e farlo vedere a tutti? Pensi che possa essere utile a qualcuno?”
Furono faccia a faccia: “Meglio che farmela addosso e ripetermi che posso diventare qualcuno, sotto di lui. Puoi fare quello che vuoi, ma resterai un nessuno. O verrai rimpiazzato.”
 
Mirk alzò una mano. Vegeta non sapeva cosa potesse significare, non si prese il tempo di interpretare quel gesto, anche perché di tempo non ce n’era. Forse si stava soltanto girando. Forse stava per tirargli uno schiaffo. Forse non si era nemmeno mossa. Ma lui non sopportava più quelle parole. Rapido la afferrò per il polso, roteò su sé stesso, la sollevò e la schiacciò in terra.
 
“Io non sono ‘nessuno’. Io sono un’élite dell’impero! Io sono il grande Vegeta!” Tutti lo sentirono, e tutti seppero che era vero. Di nuovo il silenzio.
Con la bocca semichiusa dalla mano del saiyan, Mirk continuava ad aggredirlo: “Quando ti faranno fuori, mi farò una risata.”
“Buon per te.”
La lasciò andare, e si allontanò da lei.
Quando Mirk si rialzò, Vegeta le aveva già voltato le spalle.
 
“E poi farò come tutti gli altri!” Gridò lei alla sua schiena. Vegeta si fermò.
“Ti dimenticherò! E nessuno si ricorderà di te!”
Una vana profezia.
 
“Tagoma! – Gridò Mirk – Tagoma! Namole!” Esitante, Tagoma emerse dalla folla. Lo seguì subito dopo Namole. Non vollero uscire dalla cerchia che ancora stava lontana dalla furiosa soldatessa.
“Andiamocene.”
Non la seguirono subito. Namole fece un passo in avanti, alzò un dito, per parlare: “Mirk, veramente…”
“HO DETTO CHE CE NE ANDIAMO!” Urlò a squarciagola con occhi di fuoco, e i due scattarono.
Mirk aspettò che la folla le aprisse un varco. Quando le passò accanto, Gipeto non si mosse: guardava altrove, dove guardava anche Vegeta.
Poco dopo, tre sfere d’assalto presero a levitare in aria, ruotarono lentamente su loro stesse, e schizzarono verso l’alto, ben presto svanendo oltre l’atmosfera.
 
Dozzine e dozzine di occhi cercarono Vegeta. Era ancora lì, voltato, capo chino, sguardo fisso in terra. Quando si raddrizzò, nessuno più lo guardava. La calca si disperse, e il chiasso riprese.
 
Vegeta alzò lo sguardo. Non sapeva chi avrebbe preferito trovarsi davanti, ma forse sarebbe stato meglio incrociare subito lo sguardo di Freezer, invece che quello di Gladyolo. Si guardarono in silenzio. Il nero negli occhi di Vegeta era terrificante. E Gladyolo? Cos’era quell’espressione sul suo volto? Era sorpreso per il cambiamento di Vegeta? Era arrabbiato per il comportamento di Mirk? O era soltanto triste per aver dovuto vedere Vegeta in quello stato?
 
Vegeta gli si avvicinò, lento, come all’inizio di una lunga marcia. Il biondo non gli staccò gli occhi di dosso, magnetizzati dall’abisso nello sguardo del saiyan. Poi lo vide davanti a sé, che gli metteva una mano sulla spalla. Ma Vegeta non cercava un abbraccio, non cercava alcun conforto, non voleva salutare un amico. Strinse la mano, e lo spinse di lato.
E andò oltre.
   
 
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