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Autore: Marti Lestrange    21/09/2022    2 recensioni
[ Dall'atto I: "Era cattiva, Walburga Black, e forse è proprio la sua cattiveria ad averla tenuta viva negli ultimi mesi, quando la malattia se la voleva portare via ma lei si aggrappava al suo letto con tenacia e perseveranza. Mi sono chiesta che cosa accendesse quella cattiveria, che cosa l’alimentasse persino quando non c’era più nulla, intorno a lei e dentro di lei, al quale attingere." ]
— mini-long in cinque capitoli partecipante all’iniziativa “Cinque fette di torta alla melassa” indetta sul gruppo Facebook “L’angolo di Madama Rosmerta” ;
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Walburga Black
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'in the name of the Black.'
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dance of death.

 

[ atto II  august ]

 

La casa italiana dei Rosier si trova in mezzo al mar Tirreno, su una piccola isola chiamata Isola del Giglio. C’è sempre il sole. Il mare è azzurro, dell’azzurro più intenso e limpido che si possa immaginare. L’aria profuma di fiori e la sera si sente odore di citronella per tenere lontane le zanzare. È circondata da un giardino immenso, terrazzato, e se lo si percorre tutto si può arrivare fino al mare. Una volta l’ho fatto, nel buio, ma non mi sono persa come il signor Rosier aveva detto sarebbe successo a tutti gli incauti che ci avessero provato, durante la cena, seduto a capotavola, la pancia tesa sotto la camicia e fin troppo vino. Il signor Greengrass gli sedeva accanto, e mio padre Pollux dall’altro lato che sorrideva - ghignava - appollaiato sul bordo del suo bicchiere. 

 

La seconda sera in cui sono uscita nel buio, l’ho incontrato. Mi ero ripromessa che non sarebbe più successo, quasi due anni prima, quando ci siamo visti per l’ultima volta a casa Black per la festa organizzata in mio onore. Festa d’addio, per essere precisi. “Partirò per il Giappone, e non avrò tempo per una relazione a distanza”, avevo detto. E ci eravamo salutati senza drammi. Era così che andava, tra noi. Non l’ho mai più sentito, durante i due anni in cui ho studiato a Mahoutokoro1. Avevo imparato il giapponese per diletto ed ero arrivata su quella piccola isola dimenticata da Dio con la ferma intenzione di lasciarmi alle spalle tutto quanto: gli uomini, il sesso, ogni tipo di coinvolgimento. Dopo lo scandalo in cui ho quasi rischiato di venire coinvolta, però, mia madre Irma ha pregato mio padre di farmi tornare a casa, e mio padre me l’ha ordinato. Veloce tanto quanto mi aveva concesso il permesso di partire. Ho lasciato il Giappone a fine luglio, e a inizio agosto, quando gli Americani hanno sganciato le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ero già in Italia, a casa Rosier, per festeggiare la fine dell’estate - e l’inizio dei festeggiamenti per il matrimonio di Damien Rosier e Medea Greengrass2. Tanti auguri, a proposito.

 

“Cosa ci fai qui?”

“Potrei farti la stessa domanda. È casa mia, ricordi?”

Alzo gli occhi al cielo anche se probabilmente non può vedermi. Il suo corpo è come elettricità liquida accanto a me, lo sento gravitarmi intorno come una falena su una fiamma, e vorrei tanto dirgli che rischia di bruciarsi, ma poi penso che sarebbe bello, vederlo bruciare per me. Di nuovo. E così mi avvicino anche io, ed è come se il mio corpo riconosca il suo, anche dopo tanto tempo. Anche dopo due anni. 

“La notte è scura, Walburga. Rischi di perderti, qui fuori.”

“Una volta mi dicevi che ero buia come la notte, o te lo sei scordato?”

 

Sorride. Riesco a vederlo. Forse perché siamo vicini. Così vicini che se solo allungassi la lingua potrei farla guizzare sulle sue labbra. Ne sento la voglia. Mi consuma da dentro.

“Non giocare con me.”

“Perché?”

“Perderesti.”

“Forse voglio. Perdere, intendo.”

“Perché sei tornata?”

 

Sospiro. Comincio a sentire freddo attraverso la sottile camicia da notte che indosso. 

“Lo sai perché. Stava succedendo un casino, in Giappone, dopo tutta la faccenda di Pearl Harbor.”

“Tu neanche eri in Giappone, in quel periodo.”

“C’è stata un’escalation.”

Mi avvicino e lo afferro per la camicia che ha ancora addosso dalla cena. Giocherello col colletto, faccio finta di volerlo mettere in ordine. Sento le sue mani sulla mia vita ora. Dove devono stare. 

“I giapponesi hanno cominciato a fare i pazzi. La situazione si stava aggravando. Ho preferito venire via prima che fosse tardi.”

 

“Hai fatto bene.” Sento una sua mano sul viso, mi appunta qualche capello dietro l’orecchio. 

“Sarei impazzito a saperti ancora lì dopo le ultime notizie.” 

Piego le labbra in un sorriso. “Allora ci tieni ancora, alla mia incolumità.”

“Ci terrò sempre, Walburga. Voglio solo che tu sia felice.”

“Sono fidanzata.”

 

Lo sento irrigidirsi, ma non mi lascia andare.

“Non ufficialmente. Non ancora.”

“Con chi?” La sua voce suona dura, con una nota d’allarme che però non mi lascio sfuggire.

“Mio cugino Orion.”

“Orion Black?”

“Quanti Orion conosci?”

“Non prendermi in giro, Walburga, non è il momento.”

 

Mi lascia andare e sento freddo all’improvviso. Allungo le mani per cercarlo, sento la sua schiena forte sotto le dita. Mi ci aggrappo, lo abbraccio da dietro, affondo il viso nel suo corpo che sa di lui, e dei momenti che abbiamo passato insieme a Hogwarts senza farci scoprire ché già sapevamo che la nostra non era una di quelle storie destinate a passare per un altare, e che entrambi ci saremmo sposati altrove, con altre persone, ma senza mai smettere di appartenerci. Gli cingo la vita con le braccia e lo sento rilassarsi, sento le sue mani sulle mie. 

“Non posso pensarci. Non posso pensare che sarai sua.”

“Non lo sarò mai. Mai e poi mai.”

“Mi hai lasciato. Mi hai lasciato e sei partita per il Giappone.”

“E tu ti stai per sposare con Medea Greengrass. Non ho nessuna intenzione di venire colpevolizzata per aver inseguito i miei sogni.” 

 

“Non c’entra niente Medea.” 

“La ami?”

Lo sento girarsi tre le mie braccia, e ora i nostri corpi sono a contatto, sento il suo respiro caldo sulle labbra. Sa ancora di Whisky Incendiario.

“Parliamo d’amore adesso?”

“Solo se riguarda Medea. Perché se la ami, allora sono pronta a farmi da parte.”

“Tu ami Orion?”

Scoppio a ridere. Alcuni uccelli volano via da qualche parte lì vicino. L’odore della notte è ancora più intenso e si sente il mare sciabordare poco più in là.

 

“Lo sai che non sono capace di amare.”

“Potresti ritrovarti ad amarlo, con il tempo. Chi lo sa.”

Scuoto la testa. “No.”

“Quando vi sposerete?”

“Non lo so ancora. Ho saputo del fidanzamento quando sono tornata dal Giappone. Credo che mio padre voglia tenermi a bada e costringermi a partorire uno o più marmocchi Black al più presto.” 

“Mio padre è uguale. E da quando è morta mia madre è ancora peggio.”

“Ho saputo.” Gli accarezzo il petto, risalgo sul collo. Sento le sue pulsazioni attraverso la pelle sottile. “Mi dispiace tanto.”

“Stava male già da tempo, Daphne3 e io eravamo preparati. Druella ovviamente ne è uscita distrutta. Le era molto affezionata.”

 

La mia mano sale più su, a cercare le sue labbra. Le sento umide e si dischiudono al mio tocco. Ne marco i confini, mentre la sua lingua saetta sulla punta del mio pollice per poi succhiarlo avidamente. E tendere il mio corpo in avanti e in alto per baciarlo è così facile, così naturale, che è un po’ come respirare. Baciare Damien Rosier è un po’ come respirare, o camminare, è qualcosa che è intrinsecamente radicato dentro di me, qualcosa che conosco sin da prima della mia nascita, qualcosa che so essere indispensabile. In quei due anni trascorsi lontana ho baciato altre paia di labbra, mi sono consolata tra altre braccia ben sapendo quali fossero quelle che avrei voluto davvero, ma nessuno mi ha mai baciata, e stretta, come Damien Rosier.

 

“Mi sei mancata così tanto…”

Approfondisco il bacio per fargli capire che anche lui mi è mancato, anche il suo tocco leggero ma forte sulla mia vita mi è mancato, e la sua lingua in gola, e il suo calore, e i suoi denti affondati nella carne, e le sue mani sulle natiche a reclamare qualcosa che gli è sempre appartenuto, e le sue dita che scivolano oltre l’orlo della mia camicia da notte, e sotto non indosso nulla, e quando lo sento dentro di me è un po’ come tornare a casa, è un sentirsi piena, di nuovo, dopo tanto tempo.

“Ti devi sposare.” 

Sento la mia voce roca, carica del piacere che le sue dita mi stanno promettendo sfiorandomi appena. Ma mi basta. Per ora.

 

“Mi vuoi?” mi chiede, lasciando le mie labbra solo per un attimo. Ora posso vederlo in viso, ora che la luna è apparsa dietro alcune nuvole basse. È bellissimo, è sempre stato bellissimo, i capelli neri spettinati, la camicia aperta, la pelle color ambra dopo tutti quei giorni passati al sole, gli occhi come due braci scure nella notte che ci circonda, le labbra dischiuse come una promessa. 

“Ti voglio sempre. Sempre.”

Mi prende in braccio e lo lascio fare. Ha questi sprazzi di machismo tipici degli uomini della sua generazione, ma ogni tanto non mi dispiace fare la parte della donzella che apprezza. Molto spesso mi è tornato utile. 

Mi adagia a terra, sulla sabbia, in un punto riparato della spiaggetta. Si stende su di me e mi bacia, e io lo bacio ché è quello che voglio, è quello che ho voluto da quando sono arrivata in Italia, a casa Rosier, e l’ho rivisto dopo due anni, sulla porta, bellissimo e tempestoso. Ed è vero: non vorrò mai altri come voglio lui, come l’ho sempre voluto. 

 

Ci spogliamo frettolosamente come abbiamo sempre fatto, reduci dei nostri incontri clandestini e veloci in qualche aula di Hogwarts. Non siamo abituati alla lentezza, ma lo sento prendermi le mani per frenarmi, sussurrare sulle mie labbra una preghiera.

“Abbiamo tutta la notte.”

Ed è vero. È così.

“Abbiamo tutto agosto, se vuoi.”

“Tu lo vuoi?”

“Non vorrò mai nessun’altra come voglio te.”

 

Lui lo dice. Ha il coraggio di scoprirsi e dirlo ad alta voce. Non so se credergli, però. Gli esemplari di sesso maschile sono così volubili, così inaffidabili. 

“Lo hai detto a tutte quelle con cui sei stato in questi due anni?”

“Non sono stato con nessuna, in questi due anni.”

Ammutolisco. “Come?”

Damien scuote la testa. Mi accarezza un fianco nudo mentre la sua erezione mi preme contro. Allungo una mano per toccarlo, e lo vedo chiudere gli occhi, gemere sotto le mie dita, mordendosi il labbro inferiore.

“Te l’ho detto. Ci sei solo tu.”

 

La cosa mi lusinga, lo ammetto. È una particolare forma di potere, questa, sapere che davanti a te c’è un uomo, nudo, tremante del desiderio di te, il suo pene tra le tue dita che tu potresti letteralmente stringere fino a fargli male, malissimo, solo per vederlo supplicarti, e quest’uomo ti sta dicendo tutto questo. Sento il piacere invadermi a ondate. Il desiderio per Damien mi fa tremare, la sensazione di potere e controllo mi da alla testa. 

“Entra dentro di me.”

Le mie mani lo invitano, gli fanno capire che ci sono. Apro le gambe come una supplica silenziosa e quando finalmente Damien scivola al mio interno, mi aggrappo alla sua schiena, i miei fianchi guizzanti a incontrarlo.

 

“Tutto agosto, quindi?” 

“Tutto agosto.”

 

 

✩ ✩ ✩

 

NOTE

  1. Mahoutokoro è la scuola di magia giapponese; source.
  2. Medea Greengrass è un personaggio di mia invenzione
  3. Daphne Rosier è un personaggio di mia invenzione, sorella gemella di Damien; entrambi sono fratelli di Druella (Black).

 

Buongiorno! Arrivo ora con il secondo capitolo perché temo che non avrò tempo stasera, come avevo invece programmato. Grazie come al solito a chiunque abbia letto, fatemi sapere cosa ne pensate di Damien, se ne avete voglia. Ci vediamo venerdì 23/09 con il terzo capitolo.

 

A presto,
Marti

ps come sempre, il mio contatto instagram ;

   
 
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