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Autore: Milly_Sunshine    09/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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[6 dicembre]
Se Steve avesse dovuto scegliere un solo termine per definire Phyllis Moore, quel termine sarebbe stato "spiazzante". Il suo pregio era essere totalmente imprevedibile, pregio che smetteva di essere tale non appena poteva ritorcersi contro a chi aveva a che fare con lei.
Vederla comparire nel corridoio, in ospedale, fu una sorpresa. Steve la riconobbe da lontano, i suoi capelli neri con grosse striature rosso fuoco erano inconfondibili.
Phyllis si accorse di lui e lo salutò da lontano con un cenno della mano. Steve si guardò fugacemente intorno, cercando la possibilità di allontanarsi prima di incrociarla. Era impossibile, si trovavano in un lungo corridoio senza vie d'uscita, non poteva evitarla.
Si fermarono poco lontani l'uno dall'altra e si scrutarono a vicenda per qualche istante.
Fu Phyllis la prima a parlare.
«Cosa ci fai da queste parti?»
«Cosa ci fai tu, piuttosto?» replicò Steve, con freddezza.
«Se pensi che abbia raccontato a Kevin di certe questioni poco chiare, ti sbagli di grosso» rispose Phyllis. «Sono venuta qui solo per salutarlo e per assicurarmi che fosse ancora vivo.»
«Non l'hai raccontato a Kevin, però ne hai parlato con altri» le ricordò Steve. «Come ti è venuto in mente?»
«Forse dovresti chiederti perché tu abbia fatto quello che hai fatto e ti sia fatto sorprendere mentre ne parlavi.»
«O magari sei tu quella che dovrebbe farsi delle domande. Perché hai maturato questo improvviso interesse per la vita sentimentale e sessuale altrui? O forse non è così improvviso. Sei sempre stata un'impicciona.»
Phyllis puntualizzò: «Un tempo la mia abitudine di impicciarmi ti faceva comodo. Sbaglio o sei stato proprio tu, molto in passato, quello che voleva sapere da me cosa ci fosse tra Ellen e Kevin? Evidentemente siete voi che stimolate il mio interesse, e comunque trovo tutto ciò piuttosto deplorevole. Tu e Kevin siete liberi di correre dietro alla stessa donna, per quanto mi riguarda, ma almeno potreste evitare di fare sfoggio dei vostri gusti pietosi. Ellen Jefferson non è alla vostra altezza.»
Steve ribatté: «Sono stato insieme a te per molti anni, ho già dimostrato di avere gusti pietosi. Ellen è solo un passo avanti, rispetto a te. Anzi, oserei dire molti passi avanti.»
Phyllis sorrise.
«Hai sempre fatto finta di disprezzarmi, ma la realtà è che ti sono sempre piaciuta. Credo dovresti accettarlo.»
Steve sbuffò.
«Sono venuto qui per andare a trovare Kevin, non per ascoltare i tuoi deliri da stalker. Fino a una settimana fa o giù di lì, erano mesi che non ci vedevamo. Avresti potuto evitare di venire a cercarmi.»
«Mi fa piacere constatare che tu ritenga ancora che il mondo ruoti intorno a te, ma ti faccio notare che non ti sto seguendo. Sono qui perché un mio amico è ricoverato in questo ospedale, non perché sperassi di incontrarti. Anzi, immaginavo che tu avessi abbastanza senso della decenza per non presentarti qui, ma evidentemente mi sbagliavo.»
«Non mi segui, però mi giudichi. Non sono sicuro che sia molto meglio.»
«Sono le tue azioni che suscitano giudizi.»
«Azioni che non ti riguardano.»
Phyllis annuì.
«Sì, hai ragione, quello che fate tu ed Ellen non è affare mio, ma mi infastidisce sapere quello che avete fatto - o che fate tuttora? - alle spalle di Kevin. Siete stati così squallidi.»
Steve avrebbe voluto replicare, ma sapeva che c'era un fondo di verità nelle parole di Phyllis.
La sua ex fidanzata si accorse della sua indecisione.
«Lo sai anche tu, vero, Steve?»
«Per favore, Phyllis, lasciami in pace.»
«Posso anche lasciarti in pace, ma questo non cambierà nulla: ti sei scopato Ellen mentre Kevin lottava tra la vita e la morte.»
«Ormai era fuori pericolo» si difese Steve, avvampando nella consapevolezza che il concetto di fondo espresso da Phyllis fosse comunque esatto.
«Non mi sembra meno squallido.»
«E va bene. Mi sono comportato in maniera squallida. Ora mi lasci andare? Vorrei vedere Kevin prima che finisca l'orario delle visite.»
«Te lo ripeto, il fatto che tu sia qui per lui rende tutto ancora più squallido.»
«Io e Kevin lavoriamo insieme. Non gli ho scritto nemmeno un messaggio in questi giorni. Si chiederà che fine ho fatto, se mi sono dimenticato di lui.»
«Puoi dirgli di sì. È un po' come se ti fossi dimenticato della sua esistenza.»
«Fottiti.»
Steve si allontanò, sperando che Phyllis non facesse nulla per trattenerlo. Fu fortunato, o almeno ritenne di esserlo almeno per qualche minuto. Phyllis avrebbe potuto inventarsi qualcosa di spiacevole, in sua assenza, ma ci avrebbe pensato dopo.
Passo dopo passo, giunse a destinazione. Prima di entrare nella stanza, guardò un attimo all'interno. Kevin era seduto sul letto e stava trafficando con lo smartphone, non si era accorto di lui. Steve si domandò se fosse il caso di tornare indietro, come gli aveva indirettamente suggerito Phyllis.
Esitò troppo a lungo. Quando Kevin alzò gli occhi dal cellulare e guardò verso la porta, lo vide. Steve non ebbe alternative, entrò e gli si avvicinò, realizzando di non avere la più pallida idea di cosa dire.
Andò sul banale: «Come stai?»
«Molto meglio. Tra qualche giorno dovrebbero dimettermi.»
«Mi fa piacere.»
Kevin puntualizzò: «Dopo non potrò tornare subito al lavoro.»
«Non fa niente.» Steve fece una mezza risata. «Mi sto abituando a farcela da solo.»
«È un modo per dirmi che devo trovarmi un altro impiego?»
«No, a meno che non sia tu a volertene andare.»
Kevin azzardò: «Si direbbe che tu voglia liberarti di me. Per caso pensi di riprenderti Phyllis allo studio?»
Steve aggrottò la fronte.
«Phyllis?»
«È stata qua.»
«Cosa voleva?»
«Salutarmi.»
«Tutto qui?»
«Sì, tutto qui.» Kevin appoggiò sul comodino lo smartphone che fino a quel momento aveva tenuto in mano. «Si può sapere cosa ti prende? Mi sembri un po' strano. In realtà siete tutti strani, ultimamente, che cosa sta succedendo?»
«Non sta succedendo niente» rispose Steve. Poi ci ripensò. In fondo aveva un unico scopo, riconquistare Ellen, e informare Kevin di quello che era successo tra di loro poteva essere un buon modo per liberarsi di lui. «Anzi, sì, sono successe tante cose ed è giusto che anche tu ne sia informato.»
«Di cosa si tratta?»
«Sforzati. Sono sicuro che tu possa capirlo anche da solo.»
Kevin scosse la testa.
«Potrebbe trattarsi di qualsiasi cosa, quindi faresti meglio a illuminarmi.»
«Va bene, ti illumino subito» replicò Steve. «Hai presente quando ti avevo detto che sarei riuscito a riconquistare Ellen? Bene, credo di...»
Kevin lo interruppe: «Non voglio saperlo.»
Steve obiettò: «Invece faresti bene ad ascoltarmi.»
«Te lo ripeto, preferisco non sapere» ribadì Kevin. «Non so niente di quello che è successo fuori da qui in queste ultime settimane. So che non troverò nulla come l'ho lasciato e posso accettarlo, ma almeno evita di riferirmi i dettagli. In fondo sei tu, tra noi, quello che si è fatto un sacco di fantasie.»
Steve replicò: «Quello che è successo tra me ed Ellen non erano mie fantasie.»
Kevin precisò: «Mi riferisco ai viaggi che ti sei fatto. Da quando Ellen è tornata a Goldtown, ti sei messo in testa che vi sareste rimessi insieme. Hai iniziato a viaggiare di fantasia e sei diventato vittima di te stesso. Ellen non ha mai avuto in mente di tornare insieme a te. Al massimo sognava l'idea di un menage a trois, che non penso sia quello che avevi in mente tu.»
«Perché, è quello che speravi tu, quando ti sei messo insieme a lei?»
«No, ma non ho mai pensato che fosse il grande amore della mia vita. Ho smesso di crederci, nel grande amore, e in ogni caso ne ho avuto abbastanza quando stavo con Leanne. So che prima o poi Ellen andrà via da Goldtown fregandosene di tutti noi, ma questo non mi ha impedito di vivere con lei il mio presente. Non credo che tu abbia gli stessi obiettivi che ho io. Alla fine sarai tu a restare scottato.»

 

Steve se n'era andato da poco, quando Kevin fu raggiunto di nuovo da Phyllis. Non si aspettava che tornasse, ma doveva esserci una ragione ben precisa, non difficile da intuire.
«Sei qui perché hai visto Steve?» azzardò Kevin.
Phyllis non tentò nemmeno di fargli credere il contrario.
«Cosa vi siete detti?»
«Niente che ti riguardi.»
«Lo so che non mi riguarda, ma te lo sto chiedendo lo stesso.»
Kevin sospirò.
«Non vorrei che facessi tardi al lavoro per colpa mia.»
Phyllis prese fuori il cellulare da una tasca e controllò l'orario sullo schermo.
«Ho ancora quaranta minuti a disposizione per ascoltarti.»
«Non vorrai rimanere qui per quaranta minuti a farmi l'interrogatorio» ribatté Kevin. «Sono un povero infortunato scampato a un potenziale tentato omicidio, non ce l'hai un po' di compassione?»
«Non ti ha detto niente su Ellen?»
«Doveva dirmi qualcosa su di lei?»
«Dal tono con cui me lo chiedi, mi viene da pensare di sì.»
«Credevo fossi una designer, non una psicologa. Perché stai analizzando il mio tono di voce per cercare di capire di cosa abbiamo parlato io e Steve?»
Phyllis fece un sorriso subdolo.
«Con me puoi confidarti.»
«E va bene, ma non ho molto da dire» chiarì Kevin. «Non so cosa sia successo esattamente tra Ellen e Steve, perché non ho voluto che me lo riferisse.»
«Non hai... voluto?»
«Preferivo non sapere nel dettaglio.»
«Quindi sai, però, che c'è stato qualcosa tra di loro, immagino. Non ti lascerà indifferente come cosa, suppongo.»
«Non mi lascia indifferente, ma ho preferito che Steve lo credesse. Gli ho detto che non ho mai considerato quella con Ellen come una relazione seria e che non mi importa niente di lei.»
«Perché l'hai fatto?»
Kevin le strizzò un occhio.
«Lo sai, non mi piace giocare a carte scoperte. A me interessa di più l'obiettivo finale, rispetto a quello che è successo ieri o potrebbe succedere oggi o domani.»
Phyllis obiettò: «In pratica vuoi continuare a stare accanto alla persona sbagliata, un po' come facevi con Janet.»
«Non c'era niente di sbagliato in Janet.»
«C'era solo sesso tra di voi.»
«E quindi?»
«Quindi non costruirai mai nulla di concreto.»
Kevin sbuffò.
«Perché date tutti così importanza al costruire qualcosa, un po' come se l'unico scopo della vita fosse avere una relazione stabile e duratura?»
Phyllis alzò le spalle.
«Perché, non è forse quello lo scopo della vita?»
«Non per me.»
«Dici così solo perché non hai ancora trovato la persona giusta... e di sicuro Ellen non lo è.»
Kevin puntualizzò: «A un certo punto mi sono sforzato di trovare la persona giusta. Sono stato sposato. E sai com'è andata a finire? Che io e mia moglie abbiamo capito che il nostro scopo non era trovare la persona giusta. A volte, semplicemente, non ci sono persone giuste. Non ci sono persone, in generale. Ti è mai capitato di pensare che non tutti abbiamo le stesse aspettative e le stesse ambizioni?»
«E la tua ambizione» replicò Phyllis, «Sarebbe stare con Ellen nei momenti in cui non è già impegnata con Steve?»
«No, ma posso accettare una simile situazione più a lungo di quanto possa accettarlo Steve» rispose Kevin. «Quando si toglierà di torno, incapace di sopportare l'idea che lei non lo ricambi, Ellen non sarà più impegnata con lui.»

 

Ellen aprì la porta. Il campanello l'aveva colta di sorpresa, così come la voce di Steve che parlava al citofono. Lo fece salire, senza sapere se l'assenza di Janice fosse un bene o un male.
Si fissarono a lungo, dopo che Steve ebbe richiuso la porta. Ellen cercò di assumere un tono cordiale, mentre gli chiedeva: «A cosa devo l'onore di questa visita?»
Senza attendere sue istruzioni, Steve entrò in cucina, scostò una sedia dal tavolo e si accomodò.
«Gliel'ho detto. O almeno, gliel'ho fatto capire.»
Ellen lo guardò, carica di dubbi.
«Hai detto cosa a chi?»
«Ho accennato a Kevin quello che è successo tra me e te.»
Ellen spalancò gli occhi.
«Che cazzo hai fatto?»
«Dovevo» si giustificò Steve. «Era giusto così.»
«Vorresti farmi credere al tuo senso di giustizia?» replicò Ellen. «Dovrei crederti?»
Steve insisté: «Era sbagliato agire alle sue spalle.»
Ellen lo ignorò.
«Ti è mai venuto in mente che il mio legame con Kevin potrebbe, tra le altre cose, darmi agganci e aiutarmi nelle mie indagini?»
Mentre Ellen si sedeva di fronte a lui, Steve ribatté: «È assurdo. Non può essere. Io e te ci eravamo ritrovati e tu ti sei messa insieme a Kevin solo per la tua indagine?»
«Dovresti smetterla di fare congetture su quello che voglio io» rispose Ellen. «Non so cosa tu ti sia messo in testa, ma ho altro a cui pensare. Poi, quando posso staccare, allora è un piacere avere della buona compagnia maschile, ma in primo luogo voglio fermare un assassino e raccontare al mondo quello che ha fatto. Tutto il resto viene dopo e tu, per me, sei parte del resto. In quanto tale, potresti almeno sforzarti di darmi problemi il meno possibile.»
«Quindi sarei un problema, per te?»
«No. È un problema che tu ti sia insinuato nella mia vita solo perché temevi che preferissi Kevin a te.» Ellen fissò Steve con durezza. «Vuoi sapere come stanno le cose? Stanno che penso di sapere chi sia il killer di Goldtown, e l'ho capito grazie a te.»
Steve la guardò per qualche istante a bocca spalancata, prima di replicare: «Non è possibile. Io non ho idea di chi possa essere il killer di Goldtown, come potrei averti illuminata?»
«Hai detto una cosa che mi ha permesso di incastrare tutti i pezzi, di metterli nel posto giusto» ammise Ellen. «All'improvviso ho visto la luce. Ho capito che poteva esserci solo una persona che potesse avere qualche legame con tutte le vittime, anche quelle solo presunte, compresa Lisa Lynch.»
«Non è possibile.»
«Invece ti assicuro che è possibile, quindi smettila di dire che non lo è.»
Steve le ricordò: «Non sappiamo nemmeno se Lisa Lynch sia stata uccisa. E come mai le indagini ufficiali non l'hanno individuato, questo presunto assassino? Siamo per caso in un romanzo poliziesco del secolo scorso, in cui una vecchia signora che lavora a maglia, spiando il vicinato con il binocolo si rende conto che Scotland Yard brancola nel buio e risolve il caso?»
Ellen precisò: «Le indagini ufficiali sono sempre partite da Mark, oppure da Linda, senza mai andare più indietro. È per questo che quel bastardo l'ha sempre fatta franca, non perché sia insospettabile come avviene nei romanzi gialli, ma proprio perché, almeno in linea teorica, non ha nulla a che fare con le proprie vittime. Se vuoi un nome, te lo farò, a condizione che ti tappi la bocca, qualunque cosa accada. È tutto da dimostrare, sia chiaro, ma è una soluzione che spiegherebbe tutto, dal primo all'ultimo dettaglio, perfino aspetti che le indagini ufficiali non prenderebbero mai in considerazione.»
Non credeva che Steve le avrebbe fatto quella domanda, ma fu quello che accadde: «Chi pensi sia l'assassino di Goldtown?»
Ellen abbassò la voce, per pronunciarne il nome.
«Che cosa?!» esclamò Steve. «E che cazzo c'entrerebbe?»
«Te l'ho detto, nessun legame apparente con le vittime, a parte una, uccisa quasi per caso» replicò Ellen, «Però è l'unica spiegazione possibile. Perché un uomo mascherato dovrebbe uccidere per non farsi riconoscere? È molto semplice, dopotutto: perché la vittima potrebbe riconoscerlo anche senza vederlo in volto, dal modo in cui si muove, dagli indumenti che porta, oppure dalla voce. Deve essere quello che è successo alla povera Roberta Robinson, o Jennifer che fosse. Povera bambina, non meritava una fine simile. Come vedi, quello che sto cercando di fare non è solo un tentativo di realizzazione professionale. È vero, da un lato non voglio trovarmi ogni dicembre a scrivere stronzate sul fatto che il Natale sia commerciale e ciò offenda i cristiani quindi dovremmo smetterla di fare regali, oppure che il Natale sia una festa cristiana e ciò offenda chi pratica altre religioni, è ateo o agnostico quindi dovremmo smetterla di farci gli auguri, o parlare di quando la gente inizi ad addobbare gli alberi o ad accendere le luci. Però ci sono tutti loro: Linda, Mark, Will, Cindy, Kimberly, Maryanne. Poi Dylan e Meredith, forse. Lisa. E soprattutto lei, la piccola Robinson, uccisa a otto anni a causa di quello che aveva visto o sentito. Io sono questa, una persona disposta a tutto in nome dell'informazione e della giustizia, anche mettendo in pericolo la propria vita e quella degli altri, anche usando mezzi squallidi per conquistare la fiducia delle persone che ha intorno. Mi dispiace se non sono quella che credevi. Mi dispiace se, quando ci siamo rivisti, hai creduto che fossi tornata a Goldtown per te o perché ti amavo ancora. Non fraintendermi, credo di averti amato, quando ero giovane e talmente ingenua da ritenere che l'amore potesse essere una parte importante della mia vita. Mi piaci ancora, ma non abbastanza da far ruotare la mia vita intorno a te. Quando cercavo di scoprire il segreto delle gemelle Robinson, non ho esitato a iniziare a frequentare Kevin pur di avvicinarmi a Sophie, Jennifer e Roberta... e, prima che tu me lo chieda, no, non ho solo finto di essere attratta da lui. Nel mio mondo ideale, quello in cui la ricerca della verità è più importante di qualsiasi impegno sentimentale, sareste entrambi perfetti come rimedi alla solitudine. Però questo è il massimo che potrei dare, a te o a lui. Forse per te sarebbe più facile, se ti dicessi che non posso tornare indietro perché adesso amo Kevin, ma non è così.»
«Se ti può consolare» disse Steve, con freddezza, «Kevin non ha quasi avuto reazione, quando gli ho detto di noi. Se hai bisogno di lui per continuare a girare intorno alle Robinson, i tuoi piani possono andare avanti. Prima o poi questa storia finirà. So essere più paziente di quanto tu creda. Ti aspetterò.»
«Mi aspetterai invano, allora» mise in chiaro Ellen. «Non sono più la ragazzina che conoscevi.»
«Appunto. Ora sei una persona con degli ideali solidi, che merita molto di più il mio interesse. Non importa se sarà difficile, non importa quanto dovrò impegnarmi per dimostrarti che con me saresti più felice che con Kevin e che anch'io non sono più il ragazzino che ero vent'anni fa. Ci proverò con tutte le mie forze.»
«Dici di non essere il ragazzino di vent'anni fa, ma ti comporti ancora come tale.»
«Oh, no, ti sbagli. Se tu dovessi scegliere lui, lo accetterò. Non diventerò uno stalker, continuerò a pensare che sei una donna eccezionale e a considerare Kevin un amico. Però, finché avrò qualche possibilità, non smetterò di sperare.»
Ellen sbuffò.
«Se non fermiamo il killer, presto potremmo essere tutti morti. Allora non importerà più niente di chi abbia il cazzo più lungo tra te e Kevin. E comunque, se ti può consolare, avete più o meno la stessa misura.»

   
 
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