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Autore: Milly_Sunshine    15/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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LA VENDETTA DI MABEL

[27 dicembre]
Quando il telefono iniziò a squillare, Steve si chiese se la persona che lo cercava lo stesse sorvegliando. Era infatti arrivato al lavoro con un consistente anticipo, per mettersi avanti con delle stampe per un cliente importante, era piuttosto inusuale che il telefono dello studio suonasse a quell'ora.
Fece appena in tempo ad alzare il ricevitore che subito udì una voce ben conosciuta.
«Steve, sei tu?»
«Cosa vuoi? Perché mi stai cercando? Come sai che sono qui?»
«Non mi sembrava elegante contattarti sul cellulare» replicò Phyllis. «Però volevo dirti una cosa importante e non volevo più aspettare.»
«Sono le otto e venticinque. Apro alle nove. Come fai a sapere che sono qui? Mi stai spiando?»
«Se non avesse risposto nessuno, avrei riprovato più tardi. È inutile che tu ti voglia convincere che sono una stalker. Non lo sono. Non ci vediamo da tempo, ormai. Cosa sono passate, tre settimane? È stato quel giorno, all'ospedale.»
Steve le ricordò: «Devi dirmi qualcosa di importante, se non ho capito male. Dimmi questa cosa importante, così poi potrò rimettermi a lavorare.»
«Ieri ho visto Ellen, di sfuggita.»
«E allora?»
«Era da almeno due settimane che non mi capitava di incrociarla. Mi era parso di capire che non fosse più a Goldtown.»
In effetti, poco dopo avergli confidato il nome di chi credeva essere l'autore dei delitti, se n'era andata, sostenendo di dovere, per il momento, continuare altrove le sue ricerche. Non sapeva che fosse già rientrata a Goldtown, ma ritenne inopportuno lasciarlo capire a Phyllis. Non era difficile, dopotutto, inventare una scusa credibile.
«Ellen è andata a trascorrere le feste di Natale con i suoi familiari. Adesso è tornata.»
«Oh, e come stanno le cose tra di voi?» si intromise Phyllis.
«Le cose tra di noi non ti riguardano» puntualizzò Steve, «E ora scusami, ma devo andare. Sarà una lunga giornata.»
«Sono ancora in ferie» lo informò Phyllis. «Se hai bisogno, posso passare a darti una mano.»
«No, grazie, non ce n'è bisogno.»
«Ma sarai solo. Avrai bisogno di qualcuno che...»
Steve si affrettò a stroncare quella proposta: «Ho lavorato da solo per oltre un mese e tutto è andato bene. Non avrò bisogno di te proprio oggi che ritorna Kevin.»
«Peccato» borbottò Phyllis. «Non fraintendermi, sono felice che Kevin stia bene - e anzi, ti chiedo di salutarlo da parte mia - ma mi avrebbe fatto piacere venire ad aiutarti, in memoria dei vecchi tempi.»
«I vecchi tempi fanno meglio a rimanere nel passato» replicò Steve. «Ti saluto, Phyllis. Se non dovessimo più sentirci, ti faccio tanti auguri di buon anno.»
Senza aspettare una sua replica, mise giù il telefono. Prese poi il cellulare e scrisse un messaggio a Ellen.
"È vero che sei tornata?"
Fece per rimettersi a lavorare, ma non passò molto tempo prima che lo smartphone si mettesse a vibrare: Ellen gli aveva risposto.
"Sì, ormai siamo arrivati in fondo, o almeno così mi auguro."
Steve avrebbe voluto chiederle di più, ma non gli sembrò il caso di farlo tramite un'applicazione di messaggistica.
"Quando ci vediamo, mi racconti tutto" le scrisse, "Se puoi."
La replica di Ellen non si fece attendere: "Non so se posso."

 

Soltanto quando fu pronta per uscire, Roberta si rese conto che si era fatto tardi. Avrebbe dovuto essere già al negozio, a quell'ora, dove Sophie la stava aspettando. Avrebbe potuto cavarsela da sola ancora per un po', ma ci teneva ad arrivare il più puntuale possibile.
Prese le chiavi e aprì la porta, credendo di trovare il pianerottolo deserto. Non fu così. Si ritrovò subito addosso gli occhi dell'ultima persona che avrebbe voluto vedere.
John Stewart, suo padre, la fissava come se non riuscisse a credere a ciò che vedeva. Infine sorrise e osservò: «Roberta, è così bello rivederti dopo così tanto tempo.»
«Pochi mesi» replicò Roberta, «E mi hai chiamata spesso. Non sono passati anni.»
«Invece sì, ventotto anni» rispose suo padre. «Mi fai entrare?»
«Sto per andare al lavoro.»
«Ti accompagno, se vuoi.»
«No, grazie, vado da sola.»
«Ho detto che ti accompagno» insisté John Stewart. «Avresti dovuto venire a trovarmi più spesso. Avresti dovuto dirmi la verità.»
Roberta uscì e chiuse la porta.
«Quale verità?»
«Dicevi che sentivi Roberta dentro di te» le ricordò Stewart. «Ci hai fatto credere di essere Jennifer, la bambolina, l'angelo che non aveva carattere. Invece eri tu.» Allungò una mano e le sfiorò una guancia. «Eri la mia bambina adorata e tua madre ti ha costretta a fingere di essere Jennifer.»
Roberta si ritrasse.
«Nessuno mi ha costretta. Essere Jennifer sarebbe stato più facile.»
«Oh, no, non lo era, se poi hai dovuto fingere per tutti questi anni di sentire Roberta dentro di te» replicò suo padre. «Hai cercato comunque un modo per essere chi eri davvero. Sono contento che tu ci sia riuscita. Voglio il meglio per te.»
«Per Jennifer no, invece?» obiettò Roberta. «Anche lei era tua figlia, te ne sei dimenticato?»
«Quella che contava davvero eri tu. Non hai idea di quanto sia stato terribile perderti... e tutto perché tua madre ti ha plagiata per allontanarti da me.»
«Forse pensava che la mia vita senza di te potesse essere migliore della mia vita con te. Ti sei mai chiesto se non sei stato tu a darle dei motivi per fare quello che ha fatto?»
John Stewart precisò: «Ho sempre cercato di fare del mio meglio. Lo ammetto, all'inizio non ci sono stato, ma ho fatto il possibile e l'impossibile per rimediare. La prima volta in cui ti ho vista, ho capito che per me eri tutto.»
«Risparmiati questa stronzata dell'erede che desideravi a tutti i costi» lo mise a tacere Roberta. «Un giorno hai pensato che avere due figlie fosse qualcosa di figo, quindi hai deciso di entrare nella nostra vita. Poi hai capito che, per sentirti appagato, te ne bastava una. Hai scelto me e hai messo Jennifer da parte, quando in realtà non sapevi nemmeno distinguerci l'una dall'altra. Bastava che ci scambiassimo i vestiti ed ecco che, all'improvviso, la stupida bambolina poteva diventare la figlia che adoravi. Non sei mai stato un vero padre, per noi, o almeno non per me. Jennifer era più innocente, cercava di fare il possibile per piacerti e per compiacerti, ma senza risultato.»
«Non credo che io e tua sorella fossimo troppo compatibili.»
«Era una bambina. Sei stato tu a decidere che non lo eravate.»
«Questo, però, che importanza ha, tra me e te? L'angelo dai vestiti bianco latte non c'è più. Nemmeno tu cerchi più di vivere come avrebbe vissuto lei.»
Roberta scosse la testa.
«Jennifer non c'è più, quindi non importa se l'hai sempre trattata come qualcosa di troppo? Non sai quello che dici, quindi ti prego di smetterla e di lasciarmi in pace. Fai un giro per Goldtown, fai quello che vuoi, ma non stare qui.»

 

La porta si aprì di colpo e ne entrò un uomo sui sessant'anni. Kevin alzò lo sguardo e salutò il nuovo arrivato.
«Buongiorno, signor Blackstone» rispose il cliente.
«Morgan» lo corresse Kevin.
«Morgan?» ripeté il cliente.
«Sì, il titolare è dovuto uscire un attimo» rispose Kevin, «Ma può dire a me.»
«Gli ho inviato delle foto via e-mail la scorsa settimana. Mi ha detto che avrei potuto ritirarle stamattina.»
«A che nome?»
«Stewart.»
Kevin annuì.
«Ci guardo subito.»
Trovò la busta con le fotografie, con un appunto con l'importo. Comunicò la somma al cliente e gli passò la busta e lo scontrino.
«Conosce mia figlia?» gli chiese Stewart, mentre pagava. «Ha un negozio qui di fronte.»
Kevin esitò. Stava per domandargli se fosse il padre di Jennifer, ma non sapeva se fosse più opportuno riferirsi a lei con quel nome, oppure chiamarla Roberta.
«La nipote di Sophie?» domandò quindi. «Sì, la conosco, Sophie è la fidanzata di mio fratello.»
«Chi l'avrebbe mai detto.» Stewart sorrise. «Sa, io non so quasi niente delle persone che stanno intorno a mia figlia qui a Goldtown.»
«Non ci viene spesso?»
«Diciamo mai.»
«E allora, mi scusi se sono indiscreto, come mai è venuto qui per le foto?»
«Giusta domanda, signor Morgan. Diciamo che non ho mai avuto un grande rapporto con mia figlia e vorrei ricostruirlo. Venire a fare un giro a Goldtown era un buon modo per incontrarla.»
«Capisco. Le auguro di riuscire a fare quello che spera.»
«Sa, tutto ciò che conta, per me, è che Roberta sia felice. Ma non le faccio perdere altro tempo. Meglio che vada. Arrivederci, signor Morgan.»
«Arrivederci e tanti auguri di buone feste.»
«Anche a lei.»
Stewart si diresse verso la porta e uscì, scomparendo dalla vista di Kevin, ma non dalla sua mente. Doveva essere soprappensiero, dato che non si accorse nemmeno del rientro di Steve.
«Ehi, per caso hai appena visto un fantasma?» gli chiese l'altro, per attirare la sua attenzione.
A Kevin servì qualche istante prima di tornare in sé.
«Hai presente che un cliente ha fatto sviluppare delle foto a nome Stewart?»
«Sì.»
«È stato qui poco fa.»
«Bene. Ha ritirato le foto?»
«Quell'uomo è il padre di Jennifer e Roberta» riferì Kevin. «È stato lui a chiedermi se conoscessi sua figlia.»
Steve non parve molto sorpreso, mentre replicava: «John Stewart è stato qui? Interessante, per quel poco che so di lui, sembra sia strano tanto quanto Margaret Robinson, se non di più. Ti ha detto altro?»
Kevin azzardò: «Sapevi che era lui? Quel cliente, voglio dire.»
«Non chiedo ai clienti di chi siano parenti, specie quando non li vedo di persona» rispose Steve. «Peccato non averlo potuto vedere, sarebbe stata un'esperienza interessante.»
«Parli sul serio o mi prendi per il culo?»
«Dico sul serio. Quella famiglia è piena di gente un po' fuori dagli schemi. Non mi sarebbe dispiaciuto conoscere anche quello probabilmente più fuori di tutti.»
Kevin obiettò: «Sappiamo poco di lui e "Jennifer e Roberta" fingevano di frequentarlo, quando in realtà non lo vedevano. Non possiamo essere certi che sia uno svitato.»
«No, certo» convenne Steve, «Ma sarà sicuramente anche lui un po' toccato. Ti ha detto altro?»
Era la seconda volta che Kevin si sentiva rivolgere quella domanda, quindi era il caso di rispondere.
«Niente di che, solo che spera di fare felice sua figlia.»
«Per fare felice sua figlia dovrebbe trovare un modo per convincere Patricia a tornare insieme a lei, ma dubito che lo farà.»
«Pensi comunque che ci sia qualche speranza?»
«Non lo so. Patricia sembrava molto delusa, quando ha scoperto la messinscena di Roberta. Non vedo grandi possibilità per loro.»

 

Jack non si aspettava di vedere Patricia, ne aveva idea di cosa significasse la sua visita improvvisa. Già da molto tempo, ormai, i loro rapporti non erano esattamente idilliaci e, ogni volta in cui la situazione tra di loro sembrava stabilizzarsi, usciva fuori l'ennesimo problema. Da quando Jack aveva iniziato una relazione clandestina con Roberta - avevano deciso che, siccome tra loro c'era solo sesso, senza intento di costruire un legame più profondo, tanto valeva tenere tutto segreto - provava anche un certo imbarazzo nel ritrovarsi a tu per tu con l'amica.
Patricia non sospettava neanche minimamente che cosa stesse succedendo tra lui e Roberta, o almeno così sperava Jack, ma accadeva spesso che venisse menzionata, mettendolo in una situazione scomoda. Si ritrovò quindi a sperare che l'argomento non uscisse, ma sapeva che non sarebbe stato così fortunato.
«Disturbo?» chiese Patricia.
«No, in questo momento sono libero» rispose Jack. «Non è che ti apposti fuori e aspetti che non ci sia nessuno, per poi venire a farmi queste improvvisate?»
Patricia sorrise.
«Certo che no. Anzi, lo sai che mi fa piacere venire a trovarti, quando passo da queste parti.»
«Anche a me fa piacere che tu sia qui.»
«Meglio, specie considerato che ho una cosa da chiederti.»
Jack azzardò: «Problemi con la macchina?»
Patricia scosse la testa.
«Sono qui come amica, non come cliente.»
«Allora dimmi cosa posso fare per te» la esortò Jack. «Non sono sicuro di cavarmela bene tanto quanto con le auto, ma ci posso provare.»
La domanda che Jack temeva arrivò puntuale: «Hai visto Roberta di recente?»
«Sì, l'altro giorno. Ci siamo incontrati io, lei e Danny. Danny ha trovato un nuovo lavoro e ci ha invitati da lui a bere qualcosa per festeggiare.»
«Non torna più al supermercato, quindi?»
«No, ha già mandato la lettera di dimissioni un po' di tempo fa. L'hanno assunto in negozio di articoli per la pesca, poco fuori Goldtown, inizia a gennaio.»
Come prevedibile, Patricia non mostrò un grande interesse per il nuovo lavoro di Danny.
«Come sta Roberta?»
«Bene.»
«Vi ha parlato di me?»
«No.»
«E voi non le avete fatto domande?»
Jack ribatté: «Siamo persone discrete. Non forziamo Roberta a parlare di argomenti che forse preferisce evitare. Ormai non state più insieme, si sta rassegnando. Non mi sembra opportuno rigirare il dito nella piaga.»
Patricia azzardò: «Ma vi ha parlato di qualcun altro? Sta frequentando un'altra donna, che voi sappiate? Oppure un uomo?»
Jack avvampò. Come avrebbe reagito Patricia se avesse mai scoperto cosa fosse accaduto - e non certo per la prima volta - dopo che entrambi avevano lasciato la casa di Danny? Era meglio non chiederselo e, soprattutto, che non lo venisse mai a sapere.
«Roberta non ama sbandierare ai quattro venti la propria vita privata» si limitò a rispondere. «Non so cosa dirti. Di sicuro quella sera non ne ha parlato, ma non posso essere certo che non stia insieme a nessuno.»

 

«Ellen!»
La voce di Danny che la chiamava la fece girare di scatto.
«Ehi, da quanto tempo! Come stai?»
«Abbastanza bene, grazie. E tu?»
«Bene anch'io.»
A Ellen sembrò che Danny avvampasse, mentre le chiedeva: «Janice invece come sta?»
«Abbastanza bene anche lei» rispose Ellen.
«Una sera potremmo rivederci» azzardò Danny. «Io, tu, Janice e Kevin.»
Ellen abbassò lo sguardo.
«Non lo so.»
«Pensi non sia il caso che io e Janice ci vediamo?» Danny sembrava deluso, ma non intenzionato a insistere. «Hai ragione, sono stato un po' invadente.»
«Oh, no, non sei tu il problema» ammise Ellen. «Io e Kevin non ci sentiamo da quando sono partita e non gli ho nemmeno detto di essere tornata.»
«Non lo avevo capito. Kevin non me l'ha detto, pensavo stessi ancora insieme a lui.»
«È stata una relazione complicata. Non so se sia davvero finita, ma di sicuro adesso siamo in una fase di stallo.»
Danny le indicò il fondo della via, con il bar di Patricia.
«Ti va di andare a prenderci un caffè? O un tè se preferisci, così possiamo parlare senza stare in piedi e al freddo?»
Danny gliel'aveva chiesto così tanto gentilmente che Ellen non se la sentì di rifiutare. Entrarono, ordinarono e si sedettero a un tavolo.
Mentre aspettavano che Ray preparasse i caffè, Danny mise in chiaro: «Non voglio in alcun modo intromettermi nei fatti tuoi, ma c'è una cosa che vorrei dirti.»
«Dimmi.»
«Innanzi tutto, non voglio assolutamente insinuare che tu non sia libera di fare quello che vuoi, ma penso che, se vuoi stare insieme a Kevin, dovresti deciderti e farglielo capire. Non ti aspetterà in eterno, non adesso.»
«Non adesso, dici. Cosa intendi?»
«Mi prometti che quello che sto per dirti resterà tra noi?»
Proprio in quel momento Ray avvertì che i caffè erano pronti. Ellen si alzò per andare a prenderli. Di ritorno, si sedette e rispose: «Certo che resterà tra noi.»
«A Kevin piaci» le riferì Danny, «Su questo non ci sono dubbi, ma ora Janet è single e, quando sia Kevin sia Janet sono single, va a finire sempre nello stesso modo.»
Ellen azzardò: «Kevin e Janet stavano insieme?»
«Non esattamente. Se lo chiedi a loro, ti diranno che sono grandi amici fin da quando erano adolescenti. E in effetti è così, anche se omettono entrambi un dettaglio.»
«C'è stato qualcosa di piu?»
«Sistematicamente, a partire da quando Janet fu lasciata dal suo primo ragazzo. Aveva sedici anni e Kevin ne aveva diciassette. Non era mai stato con nessuna, prima di lei. Si fece le sue prime esperienze con Janet. Non stavano insieme, ma avevano deciso che, fintanto che erano entrambi single, sarebbero andati a letto insieme, impegnandosi a evitare coinvolgimenti sentimentali.»
«Per quanto tempo è andata avanti?»
«Sempre, a parte nei periodi in cui uno dei due era impegnato con un'altra persona. Hanno smesso quando Kevin si è messo insieme a Leanne e, più o meno nello stesso periodo, Janet si è fidanzata a sua volta. Adesso, però, sono entrambi liberi e vivono entrambi a Goldtown. Non passerà molto prima che si mettano a fare di nuovo qualcosa... e a Kevin potrebbe bastare, dato che non mi sembra molto convinto a volere provare di nuovo ad avere una relazione stabile e seria.»
«In sintesi» concluse Ellen, «Mi stai suggerendo di aprire le gambe prima che le apra Janet.»
«Non ho detto niente di così scurrile» si difese Danny.
Ellen gli strizzò un occhio.
«Comunque grazie per il consiglio. È stato...»
Si interruppe. Il suo sguardo fu catturato da un uomo dai capelli grigi appena entrato nel bar. Si guardava intorno e, infine, si diresse verso Ray.
«La signorina Patricia è qui?»
«No» rispose Ray, «La titolare arriverà nel pomeriggio, indicativamente verso le tre e mezza, quattro.»
«La ringrazio.»
«Devo dirle che l'ha cercata?»
«No.»
L'uomo se ne andò senza aggiungere altro. Ellen si accorse che anche Danny lo stava fissando. Infine le rivelò: «Quell'uomo è il padre di Jennifer, lo so perché ho visto delle sue foto.»

   
 
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