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Autore: Milly_Sunshine    16/01/2023    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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[28 dicembre]
Lo sbalzo di temperatura fece appannare gli occhiali di Ellen, che imprecò sottovoce, sperando subito di non essere stata udita. Prima di entrare aveva verificato che Roberta fosse sola e, in effetti, non le era parso di vedere Sophie. Meglio così, si era detta, sperando che la zia della Robinson non fosse nel retro del negozio e non comparisse all'improvviso.
C'era solo Roberta, o almeno tutto continuava a suggerirlo.
«Ellen, che sorpresa vederti qui» osservò. «Cosa posso fare per te?»
A Ellen sarebbe piaciuto analizzare la sua espressione, in quel momento, ma non era possibile a causa delle lenti ancora appannate.
«Passavo.»
«Passavi e...?»
«E sono venuta a salutarti.»
«Gentile da parte tua» ribatté Roberta. «È sempre un piacere sapere che, almeno qualche volta, tu non voglia mettermi di fronte ai miei segreti.»
Ellen si sfilò gli occhiali e li pulì come poteva sulla sciarpa, prima di tornare a indossarli. Erano un po' alonati, ma la situazione era notevolmente migliorata.
«Quello che ho fatto, non l'ho fatto contro di te.»
«Lo so.»
«Non pensavo che Patricia ti avrebbe lasciata.»
Roberta replicò: «Quello che è successo ormai è successo, non si torna più indietro.»
«Davvero, mi dispiace» ribadì Ellen. «So che eravate felici insieme, prima che arrivassi io a rovinare tutto. Eri fidanzata con lei da molto?»
«Perché mi stai facendo domande a proposito di Patricia?»
«Semplice curiosità.»
Roberta scosse la testa.
«No, la semplice curiosità è un concetto che non conosci. Tutto quello che fai, lo fai per un motivo ben preciso. Non sono io che sono prevenuta, sei tu che hai le tue ragioni per chiedermi certe cose.»
«Vedi sempre del marcio ovunque. Non hai mai pensato che io sia semplicemente curiosa per natura e che questo mi abbia portata a scoprire i segreti tuoi e di altri?»
«Non vedo del marcio, mi limito a vedere un interesse che sorge di colpo in tempi piuttosto sospetti. Comunque, se proprio lo vuoi sapere, è stata Patricia ad avvicinarsi a me, anni fa. Non pensavo di piacerle, di essere il tipo di donna che poteva interessarle. All'inizio non mi piaceva nemmeno così tanto. Ero abituata ad avere a che fare con lei come Jennifer e sono certa che Jennifer non avesse msi suscitato un minimo di interesse da parte sua, non solo come potenziale partner, ma nemmeno come persona. L'idea che Patricia considerasse del tutto indifferente l'altra me non mi allettava più di tanto. Poi ci ho ripensato. Patricia ci teneva davvero a stare con me, quando ero Roberta. Il resto è venuto dopo, a poco a poco. Prima potevo essere Roberta solo ogni tanto, poi ho iniziato a mettere da parte Jennifer proprio per Patricia.»
Ellen sorrise.
«Mi fa piacere che tu abbia scelto di raccontarmelo. Come vedi, però, è solo una curiosità, per me.»
«Come vedo?» ribatté Roberta. «No, mi dispiace deluderti, ma non posso vederlo. Te l'ho raccontato solo perché non c'è nulla di segreto... a meno che tu non voglia vederci delle ombre a tutti i costi. In tal caso, però, mi sfuggono. Non vedo proprio perché dovrebbe insospettirti il fatto che sia stata Patricia a venirmi a cercare e non il contrario.»
«Ma infatti non mi insospettisce minimamente. Mi stupisce di più il fatto che Patricia fosse attratta da Kimberly, un tempo, era così diversa da te.»
«Anche a me stupisce che Patricia fosse attratta da Kimberly, ma molti di noi, a un certo punto, si sono innamorati della persona sbagliata. Purtroppo per Patricia, Kimberly era troppo piena di sé per prendere in considerazione l'idea di potere ferire le persone che ci tenevano a lei. L'ha fatto con Jack, l'ha fatto con Patricia e chissà con quante altre persone. Il suo grosso problema credo sia stato non cambiare mai, non imparare dai propri errori.»
«E tu?» le chiese Ellen. «Tu impari dai tuoi?»
Roberta accennò un sorriso.
«Potrei farti la stessa domanda.»
«Non preoccuparti dei miei "errori". Ho imparato da molto tempo che commettiamo sbagli peggiori di quelli fatti in campo sentimentale.»
«Di che errori parli?»
«Dare fiducia alle persone sbagliate, per esempio. Non so se ti sia mai capitato, forse no. Immagino che tu abbia dovuto imparare presto a non fidarti di nessuno.» Ellen cercò di avere almeno un minimo di tatto. «Hai raccontato che i tuoi genitori non erano esattamente persone affidabili e che, a un certo punto, sei stata lasciata a tua nonna un po' come un pacco postale.»
Roberta obiettò: «Non ce l'ho con mia madre per la scelta che ha fatto. Anzi, mi ha permesso di crescere insieme a mia nonna e a zia Sophie, due persone che mi hanno sempre trattata bene e hanno fatto il possibile per me. Avevo delle figure di riferimento e so che mia madre pensava fosse la cosa giusta per me.»
«Perché allontanarti da tuo padre, però?» replicò Ellen. «Aveva sbagliato, con lei e con voi bambine, ma perché non dargli una seconda possibilità?»
Roberta abbassò lo sguardo.
«Le persone devono almeno dare segno di essere cambiate, per avere diritto a una seconda possibilità. Mio padre era sempre lo stesso, forse era addirittura peggiorato. Per lui esisteva solo la bambina perfetta, di Jennifer non gli importava.»
Ellen rimase in silenzio per qualche istante, in attesa del momento più opportuno per sganciare la bomba. Roberta aveva alzato gli occhi e la stava fissando, quando le confidò: «Ieri tuo padre è stato a Goldtown.»
«Cosa ne sai?»
«L'ho visto.»
«Come fai a conoscerlo?»
«Ero al bar insieme a Danny. Mi ha detto lui chi fosse, che gli era capitato di vedere qualche sua foto, in passato. Pensavo potesse essersi sbagliato, ma poi mi è stato riferito che è stato allo studio di Steve a ritirare delle foto, quindi mi sono convinta che Danny avesse ragione.»
«Oh, vedo che hai le tue fonti di informazione» ribatté Roberta. «Naturalmente non voglio indagare su quale dei tuoi due cavalieri ti abbia passato questa preziosa informazione, però un dubbio ce l'ho: che cosa te ne frega di mio padre?»
«Avevo capito che non ci andassi d'accordo, ma non pensavo fino al punto di non volerne nemmeno parlare» replicò Ellen. «È una persona così terribile?»
«È una persona che prova interesse per me perché ha scoperto che sono davvero Roberta e che non sono Jennifer. Hai fratelli o sorelle?»
«Una sorella più giovane.»
«Come ti sentiresti se tua sorella morisse e tuo padre ti dicesse "meno male che è morta lei e non tu, non avrei potuto sopportare che succedesse il contrario"? Ecco, questo è il concetto che mio padre sta lasciando passare. È così assurdo, per te, pensare che non voglia avere a che fare con lui?»
«L'hai visto, ieri?»
«Sì.»
«È venuto a cercarti in negozio?»
«È venuto a cercarmi a casa, prima che uscissi per venire al lavoro. L'ho mandato via. Però, aspetta, hai detto che è stato al bar da Patricia?»
Ellen annuì.
«Cercava proprio Patricia, ma Ray le ha detto che non c'era.»
Roberta si incupì.
«Che cazzo voleva da lei?»
«Penso che tuo padre e Patricia non si siano visti» la rassicurò Ellen. «È stato ieri in tarda mattinata, dubito che sia tornato al bar.»
«Lo spero. Non vorrei che Patricia lo conoscesse. Ho fatto il possibile per evitarlo quando stavamo insieme, figurarsi cosa potrebbe pensare di me adesso, se lo incontrasse.»
«Come sapeva che stavi insieme a lei?»
«Gliel'ho detto io. Non mi ha mai detto di volerla conoscere. Dava per scontato che non sarebbe successo.»

******

«Patricia May Lynch» ripeté John Stewart. «È di Goldtown?»
Roberta notò una certa esitazione nella sua voce, un po' come se udirne il nome lo spiazzasse.
«Sì, è di Goldtown, perché?»
«Lynch» mormorò suo padre, distogliendo lo sguardo. «Oh, capisco. Porta lo stesso cognome di una ragazza che morì molti anni fa. Me ne ricordo ancora, non so perché mi rimase impressa. Sembrava così giovane, quando vidi le sue foto sul giornale. Ricordo di avere pensato che fosse terribile morire così a quell'età, anche se non ricordo cosa successe. Forse un incidente?»
«Penso tu stia parlando di Lisa, la sorella maggiore di Patricia» rispose Roberta. «Fu un suicidio, non un incidente.»
«Patricia le somiglia?»
«Non lo so.»
«Non ti ha mai parlato della sorella, fatto vedere qualche sua fotografia?»
Roberta scosse la testa.
«Patricia non parla volentieri di quell'argomento. Anzi, diciamo che non ne parla per niente. Era una bambina, quando successe. Deve essere stato un trauma, per lei.»
«Un po' come per te» osservò John Stewart.
«Quale trauma?» replicò Roberta, preparandosi a recitare ancora una volta la stessa parte. «Io sono qui, sono viva, e anche Jennifer lo è. Le dirò di venire a trovarti, qualche volta.»
John sorrise.
«Non importa. Se ha da fare può rimanere a Goldtown. L'importante è che sia venuta tu. Ma dimmi, quella Patricia davvero non parla nemmeno con te della sua povera sorella? Quella ragazza l'hanno dimenticata proprio tutti?»
«Non parlare di qualcuno non significa sempre essersene dimenticati» rispose Roberta. «Credo che Patricia preferisca fingere che sua sorella non sia mai esistita. Non ha sue foto in giro, non pronuncia mai il suo nome, se non è costretta a farlo. Quando qualcuno gliela menziona, non è mai scortese e non si tira indietro, ma si capisce che preferirebbe cambiare argomento. È raro che qualcuno accenni a Lisa in sua presenza, quel poco che so l'ho scoperto da altri e non da lei. Patricia si è limitata a spiegarmi di non essere figlia unica, contrariamente a quanto credevo io, ma che aveva una sorella, in passato. Tutto qui, non ha mai aggiunto altro e io non ho insistito. Non c'era motivo per farlo.»
«No, certo che no» convenne suo padre. «Hai fatto bene e forse sta facendo bene anche Patricia a comportarsi così. Qualcuno potrebbe scambiarlo per disinteresse o freddezza, ma a me sembra una reazione naturale.»
Quelle parole, per pochi attimi, lo resero più umano agli occhi di Roberta. Per poco si lasciò ingannare, pronta poi a tornare alla realtà: John Stewart non era un uomo empatico, non lo era mai stato e non lo sarebbe stato mai.

******

Patricia entrò nel bar con un certo ritardo, pronta a scusarsi con Ray per l'accaduto. Non l'aveva nemmeno avvertito, era certa che non ne sarebbe stato molto soddisfatto. Si preparò a inventarsi qualche giustificazione, ma non fu necessario: Moore non sembrava avere fatto caso all'ora e appariva molto concentrato sul suo aspetto.
«Pat, che cos'hai fatto?!»
La fissava con gli occhi spalancati e Patricia non ne era sorpresa: di certo non si sarebbe mai aspettata di vederla con un taglio a caschetto con qualche riflesso blu elettrico, invece che con i suoi lunghissimi capelli neri.
Si sforzò di sorridere.
«Ho fatto quello che fanno le svampite presentate come donne cool nei telefilm.»
«Ovvero?»
«Dopo la fine di un fidanzamento, ho cambiato radicalmente taglio di capelli.»
Per un attimo ebbe il timore che Ray non credesse a quella versione dei fatti, ma andò tutto bene.
«Ti stanno d'incanto.»
«Sul serio?»
«Se io non avessi una compagna e a te piacessero gli uomini, non mi dispiacerebbe uscire con una come te» scherzò Ray. «Non fraintendermi, eri carina anche prima, ma ora sei davvero una gran figa.»
«Grazie.»
«Adesso, però, vai a cambiarti. Dovevo andare a casa venti minuti fa. Sbaglio o sei un po' in ritardo?»
Patricia gli strizzò un occhio.
«Sbaglio o il capo sono io? Quindi smettila di darmi ordini.»
Ray ribatté: «Suonava meglio "scusa per il ritardo e per non averti avvertito", ma me lo farò bastare.»
Senza aggiungere nulla, Patricia si allontanò e andò a indossare la divisa da cameriera. Non le restava altro che attendere che Ray andasse a casa e che giungesse un momento nel quale la clientela si fosse diradata per tornare in azione.
Il nuovo taglio di capelli faceva parte di un piano ben preciso, che non vedeva l'ora di attuare. Era certa di poterlo mettere in pratica: per quanto Roberta non facesse nulla per mettersi in contatto con lei, era impossibile che avesse già voltato pagina. Patricia era certa che non avrebbe rifiutato la sua proposta.
Passarono quasi tre quarti d'ora prima che arrivasse l'occasione di telefonarle. Fece il numero del negozio e attese, sperando che fosse Roberta a rispondere. Fu fortunata, era lei, la riconobbe dalla voce.
«Sono Patricia» si limitò ad affermare.
«Come stai?» le chiese Roberta.
Patricia cercò di essere credibile, mentre le diceva: «Mi manchi, mi manchi tanto.»
«Mi manchi anche tu.»
«Mi dispiace per quello che è successo.»
«A te? Dovrebbe dispiacere a me.»
Patricia confermò: «Sì, assolutamente, non sto dicendo che io abbia delle responsabilità. Sei tu quella che mi ha ingannata, anche se non volevi ingannare solo me.»
Roberta ammise: «Se potessi tornare indietro, mi comporterei in modo diverso. Non so cosa farei, ma non credo potrei rifare quello che ho fatto.»
«Mi fa piacere sentirtelo dire» ribatté Patricia, «Ma non ti ho chiamato per questo. Mi manchi, te l'ho detto, e vorrei che tutto potesse tornare prima.»
«Lo vorrei anch'io.»
«Però mi rendo conto che non sia possibile.»
«Allora perché mi hai telefonato?»
«Perché tornare indietro non è possibile, ma guardare avanti magari sì.»
Roberta osservò: «Credo faresti meglio a parlare chiaro. Cosa stai cercando di dirmi, esattamente?»
«Che la mia vita senza di te è vuota» rispose Patricia, «E che mi dispiace che ci siamo lasciate. Vorrei che tutto potesse sistemarsi, ma non con le tue regole, quanto piuttosto con le mie. Sarei disposta a guardare avanti, ma c'è una cosa che devi fare per me.»
Roberta non si oppose.
«Va bene.»
Patricia puntualizzò: «Potresti non esserne felice. Vedi, sono stanca di non sapere chi siano i tuoi genitori.»
«Vuoi conoscere mia madre?» azzardò Roberta. «Va bene.»
«Tua madre non ha mai fatto niente per mettersi in contatto con me, mentre Ray mi ha riferito che ieri mattina tuo padre è stato qui al bar a cercarmi» replicò Patricia. «È lui che voglio conoscere.»
Seguì un lungo silenzio.
«Ci stai?» chiese Patricia, approfittando del fatto che Roberta non avesse ancora risposto.
L'altra non era molto convinta.
«Perché proprio mio padre?»
«Perché è tuo padre.»
Roberta le ricordò: «Sarei più felice se non lo fosse.»
Patricia ammise: «Lo so, ma è venuto da me perché voleva incontrarmi. Mi dispiace non essere stata qui, quando c'era. Vorrei rimediare.»
«Non lo so» obiettò Roberta. «Non sono sicura che sia una buona idea.»
«Non ti chiedo di rispondermi adesso» mise in chiaro Patricia. «Puoi prenderti qualche giorno per pensarci, ma non farmi aspettare troppo a lungo. Non sei l'ultima donna rimasta sulla faccia della Terra. Non voglio perdere potenziali occasioni per correre dietro a te.»
Sapeva che quelle parole avrebbero fatto effetto. Sarebbe stata questione di poco tempo, ne era certa: messa alle strette, Roberta si sarebbe affrettata a farle conoscere John Stewart.

   
 
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