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Autore: ShanaStoryteller    06/02/2023    4 recensioni
Durante il loro secondo anno, Harry e Draco scoprono di essere anime gemelle e fanno del loro meglio per tenere la cosa segreta.
Il loro meglio non è abbastanza.
-
“Stai cercando di farti uccidere, Potter?” disse strascicato Malfoy, camminando altero con grandi falcate. Veloce lui stesso come una serpe, allungò il braccio e afferrò l’animale appena sotto la testa. Questi si dimenò nella sua presa, ma non poteva più mordere nessuno. “Questo è un serpente velenoso e dubito che qualcuno abbia un bezoar con sé.”
Harry lo fulminò con gli occhi. Aprì la bocca e sentì l’inizio di una frase nella lingua dei serpenti scivolargli dalle labbra, e non era ciò che voleva, che senso aveva insultare Malfoy se non poteva capire quello che stava dicendo-
Malfoy sgranò gli occhi e schiaffò una mano sulla bocca di Harry. “Potter, che diavolo-“
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Il Torneo Tremaghi: Parte Sei

 

 

 

Harry guardò Viktor entrare nel labirinto, seguito da Cedric. Harry e Fleur, tecnicamente, sarebbero dovuti entrare nello stesso momento, ma mentre lei si diresse verso il labirinto correndo a tutta velocità, Harry non lo fece. Sbadigliò e si stiracchiò per poi infilarsi le mani in tasca prima di entrare nel labirinto, trascinando letteralmente i piedi.

Ci fu un’ondata di risate dal pubblico e Harry cercò di non sorridere. I suoi amici erano lì, certo, ma anche la signora Weasley e Bill erano venuti a vederlo. Si sentiva un po’ in colpa, visto che non aveva intenzione di fare nulla di particolarmente figo come aveva fatto con i draghi. Sirius e Remus volevano venire, ma Harry aveva rifiutato, ritenendolo un rischio troppo grosso anche se Sirius fosse venuto come Felpato. Avevano provato a insistere per far venire almeno Remus da solo, ma Harry li conosceva. Se Sirius fosse stato lasciato da solo, sarebbe venuto di nascosto. Preferiva saperli al sicuro che averli lì.

Una volta sparito dietro i confini del labirinto, si tolse la maschera di noncuranza. Non voleva vincere, ma nemmeno morire. Puntò la bacchetta di fronte a sé, avanzando cautamente.

Non aveva un piano. Avrebbe continuato a camminare a casaccio finché non avrebbero annunciato un vincitore. La luna faceva abbastanza luce da riuscire a vedere, per cui non lanciò Lumos, temendo di attirare l’attenzione di qualche creatura che non l’avrebbe notato altrimenti.

Fu una precauzione inutile. Girò l’angolo, trovandosi davanti un dissennatore dal fiato tremolante, e sentì il gelo che gli strisciava sulla pelle.

“Riddikulous!” Lanciò, trasformandolo in Piton con un mantello svolazzante, travestito con un pacchiano costume da Conte Dracula. La sua risata tonante fece uggiolare il dissennatore, che sparì nei cespugli.

Non avrebbe escluso la presenza di un dissennatore nel labirinto, ma se fosse stato reale lo avrebbe sentito molto prima di trovarselo davanti. Il suo essere sensibile ai dissennatori tornava utile, di tanto in tanto.

Successivamente incespicò in un nido di Schiopodi Sparacoda, che riuscirono a bruciacchiargli l’uniforme prima che Harry li congelasse, senza fare altro danno. Non voleva che attaccassero i suoi amici, così li rovesciò sulla schiena prima di superarli, conscio che ci avrebbero messo un po’ prima di riuscire a girarsi una volta che il suo incantesimo fosse svanito.

Ci fu uno strillo acuto – doveva essere Fleur – e si girò, cercando di trovarne la fonte così da raggiungerla. Ma non urlò di nuovo, quindi non aveva altra direzione se non quella che aveva davanti. Sperava che stesse bene.

Continuò a camminare, aspettando che qualcosa lo attaccasse, ma niente. Stava iniziando a sembrargli strano. Era nel labirinto da più di venti minuti ed aveva incontrato solo due ostacoli e nessuno dei due era stato particolarmente ostico. Non aveva senso. Avrebbe dovuto essere senza fiato, non passeggiare allegramente.

“Crucio.” Disse qualcuno, e Harry si girò, la bacchetta alzata. Ma non c’era nessuno. Ebbe solo una frazione di secondo di confusione prima che le urla di dolore di Cedric erompessero alla sua destra. Era dall’altra parte della siepe.

Hagrid aveva cresciuto quei cespugli assieme alla Sprout per renderli altamente resistenti ai danni fisici e magici, nel tentativo di impedire ai campioni di prendere una scorciatoia. Sfortunatamente, una scorciatoia era esattamente quello di cui Harry aveva bisogno. Cedric era in pericolo.

Fece un respiro profondo, fece scattare la bacchetta e urlò: “FLIPENDO!”

Non gli piaceva pensarci troppo, ma sapeva di essere potente. Il suo controllo faceva schifo, quindi non lo aiutava particolarmente a lezione, ma significava che, quando ne aveva bisogno, i suoi incantesimi potevano essere devastanti.

Ci fu un istante di resistenza da pare della pianta, ma poi il suo incantesimo la arò, creando un bel buco per farlo passare. L’onda d’urto del suo incantesimo aveva sbattuto a terra anche Cedric e il suo assalitore, ma almeno non stava più urlando.

Viktor lo guardò con occhi lucidi e Harry non lasciò che il suo stupore lo facesse esitare. “Stupeficium!”

Con Viktor incosciente, andò verso Cedric, inginocchiandosi di fianco a lui. “Ehi! Stai bene?”

Cedric afferrò le sue braccia, lasciando che lo tirasse a sedere. Stava tremando e Harry lo strinse ancora più forte. “Io- non è stato Viktor.”

“Certo che è stato Viktor!” Ribatté Harry. “Ti ha cruciato!”

Lui scosse la testa. “No, voglio dire, sì, l’ha fatto, ma non era lui. Si comportava in maniera strana e aveva la faccia completamente assente. Era lui, ma non era lui.”

“Confundus?” Chiese Harry, ma dubitava che un Confundus potesse far lanciare un Incantesimo Senza Perdono a qualcuno.

Cedric scosse la testa. “No- no, penso che fosse sotto gli effetti di Imperio. Credo che qualcuno lo abbia stregato con Imperio e gli abbia detto di usare Crucio su di me. Guarda, ha chiaramente incontrato Fleur prima, ma credo che sia riuscita a scappare.”

Harry non capì, finché non guardò più da vicino Viktor pietrificato. Aveva una brutta ustione sul petto e dei graffi sul collo. “Quando ha urlato, prima.” Disse. Sperava che fosse riuscita a scappare. “Dobbiamo interrompere la gara. Dobbiamo prendere Fleur e uscire da qui.”

“Non possiamo.” Disse Cedric. “Il Calice. Se il torneo non è completato, chissà cosa ci farà.”

Harry imprecò. “Va bene. Troviamo quello stupido trofeo e finiamola. Chiunque abbia fatto questo a Krum è nel labirinto. Il che significa che si sono infiltrati, o-“

“Che si tratti di un professore.” Disse Cedric cupamente. “Giusto. Andremo insieme e, se siamo fortunati, troveremo Fleur. E Viktor?”

“Non possiamo portarlo con noi.” Disse Harry, anche se si sentì in colpa. “Quando si sveglierà, potrebbe ancora essere sotto il controllo di Imperio. Non voglio combattere lui e tutto il resto che c’è in questo labirinto e chiunque ci abbia preso di mira.”

“Lancerò delle scintille rosse e qualcuno verrà a prenderlo.” Decide Cedric. “Lo hai messo k.o. Deve contare come una sconfitta, non c’è motivo di pensare che il Calice lo punirà.” Harry sperava che avesse ragione. Non avevano altra scelta. Cedric esitò, poi puntò la bacchetta in alto. Una pioggia di scintille rosse illuminò il cielo, per poi restare sospesa sopra di loro.

Harry strinse gli occhi. Non sembravano scintille casuali, come dovevano essere. Sembravano avere una forma.

“Ho cercato di farli assomigliare ai caratteri coreani per la parola pericolo.” Disse Cedric, tirando via Harry. “Chiunque abbia fatto questo a Viktor è ancora qui e lo vedranno. Spero solo che non conosca il coreano e che Eun-Hae riesca a capirlo. Dobbiamo uscire di qui prima che arrivi uno dei professori.”

Camminarono fianco a fianco nel labirinto, le bacchette strette in pugno. Fecero scattare una trappola che sparò qualche dozzina di frecce verso di loro e Cedric se ne sbarazzò evocando una potente folata di vento. Incontrarono un altro Molliccio, altre due trappole e un iracondo stormo di farfalle velenose, e Harry pensò che fossero finalmente arrivati da qualche parte.

Invece, di punto in bianco, incapparono in una sfinge seduta in mezzo al sentiero.

Il suo corpo da leonessa era dorato e denso di muscoli. La sua testa umana aveva la pelle molto scura, capelli neri intrecciati fino alle spalle e ampi lineamenti uniti agli occhi marroni più intelligenti che avesse mai visto. “Salve.” Disse educatamente, chinando la testa – non pensava che volesse stringergli la mano. “Io sono Harry e questo è Cedric. Piacere di conoscerti.”

Lei inarcò un sopracciglio. Cedric lo stava fissando, ma che altro avrebbero dovuto fare? Se fossero stati maleducati sicuramente non sarebbe stata d’aiuto.

“Io sono Persenet.” Disse lei, la voce leggera e con un accento che non riuscì a riconoscere. Cedric fece un suono strozzato di fianco a lui.

“Immagino di doverti superare?” Chiese Harry.

“Sì.” Disse lei. “C’è un indovinello a cui dovete rispondere. Se sceglierete di non rispondere, non mi muoverò da qui. Se sbaglierete a rispondere, vi combatterò e di sicuro morirete. Se risponderete correttamente, mi sposterò e potrete continuare la vostra strada verso il premio.”

Oh! Aveva capito, sapeva esattamente cosa fare. Cedric stava corrugando la fronte, le sopracciglia aggrottate per la preoccupazione, ma Harry avanzò, sorridendo. “Ventabilis.” Disse, infondendoci poco potere. Era lo stesso incantesimo che Fleur utilizzava per spingersi in aria così da poter atterrare sulla sua scopa per planare. Lo usò per darsi la spinta, saltando sopra e oltre la sfinge, atterrando dall’altra parte. “Tada! Non ho risposto né in maniera sbagliata né in maniera corretta, quindi non puoi muoverti.” La sfinge si era girata a guardarlo e Cedric sembrava orripilato. Il suo entusiasmo si affievolì. “Non è la risposta giusta?” Altro silenzio. Non era la risposta giusta, quindi. “Scusa. Torno di là. Non stavo cercando di ingannarti.”

Cedric alzò la bacchetta, come se si stesse preparando a combattere, ma Persenet lanciò la testa all’indietro e rise. La sua risata sembrava quasi un raggio di sole. “Non stavi cercando di ingannarmi.” Disse lei, sorridendo. “Non era l’indovinello che volevo sottoporti, ma era comunque un indovinello, e hai comunque dato una risposta.” Si tirò su sulle zampe e Harry non sapeva quanto grandi fossero delle leonesse normali, ma lei sembrava fin troppo imponente, raggiungendo il metro e mezzo d’altezza e potendolo guardare dritto negli occhi. “Tu e il tuo amico siete liberi di passare.” Disse, e la sua faccia prese un’aria di serietà. “Nonostante io sia la persona più pericolosa in questo labirinto, sono anche tra le meno malevoli.” Gli girò intorno, strofinando la spalla sulla sua schiena. “Sii prudente, cucciolo.”

 “Lo sarò.” Promise. Cedric girò intorno a Persenet, come se non fosse stato ancora del tutto sicuro che non lo avrebbe morso. “Grazie per l’aiuto.”

Lei sorrise, ondeggiando la coda, poi diede loro le spalle, aspettando la prossima persona che l’avrebbe affrontata.

Harry pensò che, forse, si stava riferendo a chiunque avesse attaccato Viktor.

Ma probabilmente li stava avvertendo dei ragni giganti che li attaccarono non appena posarono gli occhi sul trofeo. Era davvero sollevato che Ron non fosse lì. Sfortunatamente per loro, sembravano immuni sia a Stupeficium che Flipendo.  

“Arania Exumai!” Una luce abbagliante eruttò dalla sua bacchetta e il ragno venne sparato indietro. “Ti prego, dimmi che hai un’idea.”

Cedric fece una smorfia. “Ne ho una.” Prima che Harry potesse fargli domande, lanciò: “VENTUS!” Era lo stesso incantesimo che aveva usato nella seconda prova, eccetto che stavolta erano fuori dall’acqua. Il ciclone in miniatura catturò in ragno e lo imprigionò, sballottandolo come se fosse intrappolato in una centrifuga.

I suoi versi di dolore disperati e acuti quasi fecero sentire Harry in colpa. “Me lo sognerò di notte.”

“Idem.” Disse stancamente Cedric. Aveva dovuto affrontare molte più minacce di Harry prima di essere attaccato da Viktor, ed era anche stato cruciato. Sembrava avere un disperato bisogno di un pisolino.

Harry lo fece girare e lo spinse verso il trofeo. “Beh, vai a prenderlo. Finiamola.”

Cedric non si mosse. “Non ce l’avrei fatta da solo, sai. Avrei fallito senza di te.”

“Io sarei morto cento volte se non fosse stato per le persone che mi hanno aiutato.” Disse Harry. “E allora? Prendi il trofeo e fai finire questo stupido torneo. Dobbiamo assicurarci che Fleur e Viktor stiano bene.”

Cedric si girò di nuovo verso di lui, la bocca ferma in una smorfia testarda che gli fece venire l’impulso di strozzarlo. “Dovresti prenderla tu, Harry. Dovresti vincere tu.”

“Assolutamente no! Andrebbe contro a tutto quello che mi sono impegnato a fare. Non volevo nemmeno infilarmi in questo casino, e sicuramente non volevo vincere.” Disse.

“Potremmo prenderlo insieme.” Disse Cedric. “Afferrarlo nello stesso momento. Sarebbe comunque una vittoria per Hogwarts.”

“Cedric!” Harry scattò, esasperato. “Non voglio vincere! Non dovrei nemmeno essere qui. Vai a prendere quel trofeo.”

Cedric esitò ancora, ed Harry stava quasi per spingerlo verso il dannatissimo trofeo, ma lui sorrise e gli scompigliò i capelli. “Okay, okay, vado.”

Finalmente! Non vedeva l’ora che tutto fosse finito.

Cedric stava giusto per prendere il trofeo quando un lampo di luce rossa lo colpì sulla schiena. Barcollò e cadde, sbattendo la testa sullo spigolo del podio. “Cedric!” Urlò Harry, correndo verso di lui.

Moody uscì dai cespugli. “Stupido ragazzo.” Ringhiò. “Perché non hai preso il trofeo e basta?”

Harry aprì la bocca – per urlare, maledirlo, non lo sapeva. Non ebbe l’occasione di dire nulla, però, perché con un gesto della bacchetta Moody fece schizzare il trofeo dritto verso di lui.

Lo afferrò d’istinto e realizzò il suo errore solo quando sentì uno strappo all’altezza dell’ombelico e il labirinto gli scomparve da davanti gli occhi.

 

-

 

Quando le scintille rosse apparvero sopra il labirinto, la folla intera si azzittì. Fraintendendo nuovamente e in maniera grossolana l’obiettivo di assistere ad uno sport, dopo che i campioni erano entrati nel labirinto non c’era stato molto altro da fare se non aspettare. Draco stava giocando ad una partita di Spara Schiocco con Millie quando il cielo diventò rosso e il suo stomaco si trasformò in piombo.

I professori avevano dato la possibilità di usare un segnale per chiedere aiuto come misura di sicurezza. Nessuno si era aspettato che lo usassero.

Tutti stavano guardando il cielo. Per pura coincidenza, Draco notò del movimento con la coda dell’occhio e vide Cho scivolare via dagli spalti. Il suo ragazzo era in quel labirinto. Perché se ne stava andando?

Fu in piedi prima di rendersene conto. Blaise gli afferrò il polso e sibilò: “Che stai facendo?”

“Torno subito.” Disse, invece di rispondere. Poteva sentire gli occhi del suo amico su di lui, ma non si voltò indietro.

Raggiunse Cho dall’altra parte del labirinto. “Che stai facendo?” Chiese, facendola sussultare violentemente.

“Draco!” Esclamò lei, portandosi una mano al cuore. “Non spaventarmi in questo modo!”

“Che stai facendo?” Ripeté. “Perché hai fatto tutto il giro per venire qui?”

Stava chiaramente per dirgli di farsi gli affari propri, per poi interrompersi e cambiare idea. “Qualcosa non va. Sta succedendo qualcosa di sbagliato, lì dentro.”

“Solo per qualche scintilla rossa?” Nemmeno lui ne era troppo entusiasta, ma difficilmente erano il segno di qualcosa di serio.

Lei scosse la testa. “No. Dev’essere stato Cedric a crearle, perché le ha messe in ordine così da assomigliare alla parola coreana per “pericolo”. Era un avvertimento. Ma significa anche che qualcuno li sta guardando, e che guardando noi, altrimenti non l’avrebbe nascosto in quel modo.”

“Potrebbe essere una coincidenza.” Disse, ma non ci credette neanche lui mentre lo diceva. “Dovremmo dirlo ad un professore.”

“Non sono andati a cercare Fleur quando è sparita per più di un’ora e mezza in un lago.” Disse lei. “Non faranno niente solo perché gli dico che Cedric ha mandato un messaggio in codice.”

Beh, aveva ragione.

“Okay.” Disse. “Cosa vuoi fare?”

Lei si bloccò, aprì la bocca, poi la chiuse. “Non sei obbligato a venire con me.”

Cho era intelligente. Ma se fosse entrata in quel labirinto da sola, sarebbe morta. E poi, se i campioni erano in pericolo, significava che anche Fleur e Harry lo erano. Non sarebbe stato in disparte se la sua amica e anima gemella avessero avuto bisogno del suo aiuto. Non disse nulla di tutto ciò. Invece, disse: “Se non mi fai venire con te, andrò a dirlo ad un professore, e ti fermeranno, e Cedric non avrà nessun aiuto.”

“Non c’è bisogno di essere maleducato.” Disse lei, ma era ovvio che fosse sollevata. “Entriamo e troviamo Cedric. E tutti gli altri.”

Che piano vago. Beh, se l’era cavata con peggio. Tirò fuori la bacchetta e la puntò al limitare della siepe. “Seorsum.” Gli resistette per un momento, prima di separarsi, lasciando uno spazio grande abbastanza per scivolarci dentro.

“Oh.” Disse Cho, seguendolo. “Avevo pensato di farmi strada senza la magia.”

Draco alzò gli occhi al cielo. “Non avrebbe funzionato.”

Lei gli diede una gomitata sul fianco, prima di appoggiare la bacchetta sul palmo della sua mano. “Indicami Cedric Diggory.” La sua bacchetta roteò, fermandosi sulla sinistra. La rimise a posto, poi disse: “Indicami Harry Potter.” La bacchetta puntò nella stessa esatta direzione. Draco sperava che significasse che erano insieme. Cho la rimise di nuovo nella posizione d’inizio. “Indicami Viktor Krum.” La bacchetta girò, puntando verso gli spalti. Dovevano averlo estratto dal labirinto. Quindi era per lui che Cedric aveva sparato le scintille. “Indicami Fleur Delacour.” La bacchetta scattò verso destra e si fermò.

Il cuore di Draco si fermò. Harry e Fleur erano in direzioni opposte.

Cho si infilò la bacchetta nella tasca posteriore della divisa. “Io vado da Harry e Cedric, tu vai da Fleur.”

“Vuoi che ci dividiamo?” Chiese, incredulo. Non gli piaceva fare quel genere di cose, ma doveva. L’esperienza più straziante che Cho aveva mai dovuto affrontare era stata giocare come cercatore nella squadra di Quidditch di Corvonero.

“Hanno bisogno del nostro aiuto.” Disse lei fermamente. Le tremavano le mani. “Non preoccuparti, non morirò. Se morissi, chi aiuterebbe Cedric e Harry?”

Se Draco non fosse andato ad aiutare Fleur, chi l’avrebbe fatto?

Allungò la mano e le prese la bacchetta dalla tasca, la appoggiò nella sua mano tremante e le chiuse le dita sulla mano finché non si calmò. Non erano amici, non proprio, si conoscevano a malapena. Ma non voleva che morisse. “Prima affattura, non fare domande. Se puoi, scappa o nasconditi invece di combattere. Okay?”

“Sono più grande di te, sai.” Disse lei, sorridendo. “Buona fortuna.”

Poi andò per la sua strada, cercando di orientarsi nel labirinto solamente con l’incanto bussola a farle da guida. Draco fece un respiro profondo e fece lo stesso. Si ritrovò in un paio di vicoli ciechi, una trappola che lo bloccò finché non riuscì a disattivarla e una piccola orda di pixie che dovette combattere. Era calmo solamente perché era troppo spaventato per andare nel panico. Ma l’incantesimo continuò a funzionare e Fleur non cambiò posizione. Quello lo fece preoccupare. Avrebbe dovuto muoversi, ma non lo stava facendo. Non poteva significare nulla di buono.

Quando la trovò, quasi la oltrepassò.

Quella sezione di labirinto era ricolma di tralci velenosi. Fleur era intrappolata contro la siepe, le liane che la avviluppavano lasciandosi dietro ferite sanguinanti mentre le dissolvevano lentamente i vestiti e la pelle. “FLEUR!” Urlò. Cercò di raggiungerla, ma ogni volta che si avvicinava i tralci si allungavano, cercando di catturare anche lui. “Fleur, svegliati!” Lei non si mosse. Lui imprecò e lanciò: “Aguamenti!”

Lo spruzzò d’acqua la colpì dritta in faccia. Per un secondo, non successe nulla. Poi le sue palpebre tremarono e aprì lentamente gli occhi. “Draco?” Biascicò.

“Sì!” Rispose. “Fleur, sei intrappolata, non so come tirarti fuori.” Nessun incantesimo che conosceva era abbastanza distruttivo da essere efficace ed anche controllato abbastanza da non ferirla.

 “Intrappolata.” Ripeté lei, poi abbassò lo sguardo. Sembrò riprendersi tutto d’un colpo e ringhiò. “Non penso proprio.” Delle fiamme apparvero lungo le sue braccia e schiena, correndo lungo i suoi fianchi per circondarle le gambe. Non era un incantesimo, non esattamente – era per un quarto Veela, e ciò le donava alcune abilità. Un talento innato per la magia del fuoco era uno di esse.

Le liane stridettero e indietreggiarono finché Fleur non atterrò in piedi. Camminò in mezzo alla pila di tralci carnivori e tutti si ritrassero da lei. I suoi vestiti erano bruciati e strappati, mezzi cadenti, ed era ricoperta di ferite.

Inclusa una che non sembrava causata dalle piante. C’era un taglio profondo sulla sua schiena. Quasi come se qualcuno l’avesse accoltellata, tirando via la lama.

“Ehi.” Le si parò davanti, mettendo le mani in avanti giusto per sicurezza. “Cos’è quello? Che ti è successo?”

Lei si toccò la spalla, facendo una smorfia quando il gesto tirò le altre ferite. “Viktor mi ha attaccata.”

“Lui cosa?” Ruggì Draco.

Lei minimizzò con un gesto. “Non penso che fosse lui, non si stava comportando normalmente. Forse un Confundus fatto male. L’ho combattuto, ma mi ha sbattuta contro le piante. Devo essere svenuta, o forse mi ha fatto perdere i sensi.” Sbatté le palpebre. “Aspetta, che ci fai qui? È finito il torneo?”

“No, Cedric ha sparato delle scintille rosse per Viktor. Devono averlo fermato. Ma ha nascosto un messaggio nel segnale, quindi io e Cho ci siamo intrufolati qui. Lei è andata a cercare Cedric e Harry, crediamo siano insieme.” Disse.

“Beh, è meglio trovarli allora.” Disse lei. “Qualsiasi cosa stia succedendo, è più importante di questo torneo.”

Fece per avanzare e lui le afferrò le spalle, impedendole di muoversi. “Sei pazza? Non puoi andare in giro conciata così!”

“Penserò al mio pudore quando tutto questo sarà finito.” Rispose lei, seccamente.

“Non sto parlando di quello!” Scattò lui. Seriamente. Come se gliene fregasse dei suoi vestiti. “Fermati per un secondo. Ti fidi di me?”

“Sì?” Rispose lei, anche se lo stava occhieggiando con diffidenza.

Lui sospirò e la girò gentilmente per farsi dare le spalle. Le toccò la pelle con la bacchetta e lanciò: “Epismendo!”

Fleur inspirò bruscamente. Il taglio si ricucì da solo, anche se la pelle rimase rossa e sensibile. “Sai usare incantesimi curativi?”

“Più o meno. Non ti muovere.” Disse lui cupamente. Non poteva rischiare di usarne uno dopo l’altro senza che reagissero l’uno all’altro. Lanciò un incantesimo antisettico generale, si morsicò il labbro inferiore per un lungo momento e disse: “Hai perso troppo sangue.”

“Sto bene.” Disse lei, ma Draco la ignorò.

Premette la punta della bacchetta contro il suo cuore, fece un respiro profondo e si concentrò. “Magis Sanguis!” La pozione ristora-sangue era migliore dell’incantesimo, ma non ne aveva una a portata di mano. Le gote di Fleur tornarono rosee, anche i suoi occhi erano più brillanti. Draco dovette combattere uno sbadiglio. Gli incantesimi curativi erano stancanti, ma se l’avesse lasciata andare in giro conciata com’era Fleur ci avrebbe lasciato le penne. “Reparo.” Disse, già che c’era. I brandelli dei suoi vestiti tornarono al loro stato integro. “Ecco, ora possiamo correre a capofitto verso il pericolo.”

“Grazie.” Disse lei sentitamente. “Ora stammi dietro, non voglio che tu venga ferito. Dobbiamo trovare gli altri.”

“Indicami Eun-Hae Chang.” Disse lui a voce alta. Fleur alzò un sopracciglio. “Stava andando verso di loro, quindi se tutto va bene saranno insieme in questo momento. Anche se non fosse così, Cedric e Potter possono cavarsela molto meglio di Cho. Dovremmo aiutare prima lei.”

Non le piacque, ma non controbatté. Draco voleva solo trovarli tutti e uscire da lì. Aveva un brutto presentimento.

 

-

 

Gli avevano tolto la bacchetta, lo avevano legato ad una tomba ed era stato imbavagliato da niente popò di meno che Peter Pettigrew – tutto prima che la testa smettesse di girargli. Quella giornata era appena passata da pessima a merdosa. Perché continuavano a succedergli cazzate simili?

Se fosse sopravvissuto, Draco lo avrebbe ammazzato. Anche se, era abbastanza sicuro che stavolta non fosse stata colpa sua.

Cercò di urlare, ma la sua voce era troppo ovattata per essere udibile. Pettigrew lo ignorò, prendendo un fagotto di stracci e svelando quello che sembrava un neonato ricoperto di squame e dal naso piatto. Sembrava un demone.

Poi, con sommo orrore di Harry, Pettigrew lasciò cadere il bambino nel calderone bollente.

Era un neonato! Sarebbe affogato lì dentro! A meno che non potesse respirare sott’acqua – e forse era possibile, ipotizzò – ma se non poteva? Cosa ci avrebbe fatto Pettigrew con un neonato morto bollito? Harry sperò che non lo volesse mangiare. O che non volesse mangiare lui. Dei tanti modi in cui non voleva morire, il cannibalismo rituale era in cima alla lista. O forse solamente molto in alto, non aveva una vera e propria lista. Visto com’era andata la sua vita fino a quel momento, forse avrebbe dovuto stilarne una.

Cercò di divincolarsi, ma Pettigrew lo aveva legato bene. Si guardò intorno, cercando qualcosa con cui potersi liberare, ma era circondato da tombe a perdita d’occhio. C’era un riflesso dorato, il trofeo e, se avesse potuto raggiungerlo, se ne sarebbe potuto andare. Ma non aveva idea di come farlo senza la sua bacchetta.

“Osso del padre.” Intonò Pettigrew, evocando quello che, a quanto pareva, era un osso dalla tomba su cui era legato Harry. Lo guidò nel calderone.

“Carne del servo.” Continuò – e poi si tagliò la mano nel calderone.

Harry non sapeva dove stesse andando a parare, ma sapeva che non gli sarebbe piaciuto per niente.

Pettigrew gridò e si trascinò verso Harry, sanguinando dappertutto. Sollevò una daga argentata e Harry urlò, dibattendosi contro le corde per cercare di liberarsi perché, davvero, non voleva morire.

Non riuscì a liberarsi, ma Pettigrew non lo uccise. Invece, lo infilzò nel braccio, meno di tre centimetri, e gli fece male, ovviamente, ma si era fatto di peggio a Quidditch. “Sangue del nemico.” Sussurrò l’altro, usando la bacchetta per guidare un sottile rivolo di sangue nel calderone.

Il contenuto ribollì e si gonfiò, mutando in un rosso denso e acceso e sembrò che l’intero calderone stesse per rigurgitare sangue. L’aria divenne densa e tesa di magia e ci fu un lampo di luce che lo costrinse a strizzare gli occhi. Quando li riaprì, un uomo alto e pallido con il naso schiacciato e gli occhi rossi si ergeva dal calderone.

Harry riconobbe quella faccia. L’ultima volta che l’aveva vista era sul retro della testa di Quirrell.

Voldemort era tornato.

Harry sapeva che avrebbe dovuto andare nel panico, urlare, ma era intorpidito. Non era shock, non esattamente, ma una specie di distacco dall’intera situazione, come se potesse fare un passo indietro e guardare il tutto logicamente. Aveva visto Voldemort sotto forma di spirito e come parte di un’anima intrappolata in un diario e nessuno dei due gli aveva veramente ispirato paura. Aveva paura di cos’avrebbe potuto fare, sì, ma non dell’uomo in sé.

Non aveva paura di lui nemmeno stavolta.

Harry si conosceva. Quello che temeva di più era la paura e Voldemort non era quello. Non era un Dissennatore, non era invincibile, non era un dio o la seconda venuta di Merlino. La cosa più impressionante di Voldemort era il suo costante rifiuto di morire e basta, il che, dal suo punto di vista, lo metteva sullo stesso livello di uno scarafaggio.

Pettigrew stava singhiozzando a terra, stringendosi il moncherino sanguinante mentre Voldemort ispezionava il suo nuovo corpo. Dopo un lungo momento, evocò degli abiti – il che rese tutto decisamente meno orripilante. Voldemort iniziò a parlargli, spiegandogli com’era sopravvissuto tutti quegli anni e com’era arrivato lì, in quel momento.

A Harry non importava.

Si stava spostando sulla lapide, sperando di riuscire a consumare le corde sugli spigoli fino a farle indebolire e spezzare, il che era un piano terribile ma almeno era meglio di star fermo ad aspettare che Voldemort si decidesse ad ucciderlo.

Voldemort afferrò il braccio di Pettigrew, premendo un dito sul Marchio Nero tatuato sulla pelle.

Continuò a parlare e, mentre lo faceva, delle figure incappucciate apparvero in ginocchio intorno a loro. fantastico. Era esattamente quello di cui aveva bisogno: altre persone che lo volevano morto, come se due non fossero già abbastanza. Chiamò i Mangiamorte presenti traditori per non essere morti o andati in prigione per lui e uno di loro si gettò ai suoi piedi, piangendo e chiedendo perdono. Invece, si beccò una maledizione Cruciatus. A causa delle sue grida di dolore, concentrarsi per liberarsi delle corde divenne più difficile.

“Il che ci porta ad Harry Potter.” Disse Voldemort, parandosi di fronte ad Harry e fulminandolo con i suoi occhi da serpente rossi. Se non fosse stato imbavagliato, Harry sarebbe stato tentato di sputargli addosso. Non era Pettigrew. Se fosse morto, non l’avrebbe fatto piagnucolando. “Ora che il suo sangue scorre nelle mie vene, la magia del sangue di sua madre non funzionerà più.” Sfiorò con un dito la guancia di Harry – e sapeva che lo stava facendo solo per mostrare a tutti che toccarlo non lo bruciava più, ma era la cosa più rivoltante che gli fosse mai successa. “Crucio!”

Non voleva urlare, non voleva dargli quella soddisfazione, ma non poté impedirlo. Il dolore lo dilaniò, come una mazza picchiata su ogni suo nervo, e non poteva fare nulla per fermarlo. Il bavaglio ovattò le sue urla, ma dopo un po’ non riuscì nemmeno a sentire le proprie urla, nemmeno le corde intorno a lui – non poteva sentire nulla, tranne il dolore.

Si interruppe e Harry sentì delle risate. I Mangiamorte stavano ridendo di lui. Gli sarebbe piaciuto vedere quanto avrebbero riso quando Voldemort avrebbe inevitabilmente usato la maledizione anche su di loro.

“Slegatelo e dategli la sua bacchetta.” Disse, e per un secondo Harry fu convinto di avere le allucinazioni. “Mostreremo a tutti cos’è veramente Harry Potter.”

Un Mangiamorte avanzò per liberarlo e Harry si ritrovò a guardare occhi che aveva già visto prima, occhi che riconosceva.

Lucius Malfoy era lì. Il padre di Draco era lì. Non ne era sorpreso, ma rendeva tutta la situazione ancora peggiore.

Il suo bavaglio fu rimosso e la bacchetta spinta nella sua mano. Le corde che lo legavano alla lapide caddero a terra e non realizzò di avere le gambe addormentate fino a quando non cercò di fare un passo avanti e cadde sulle ginocchia.

“Coraggio.” Disse Voldemort con tono carezzevole. “Sistemiamo la questione a duello, come uomini civilizzati. Crucio!”

Erano passati alcuni anni dal club dei duellanti, ma Harry era abbastanza sicuro che lanciare una Maledizione Senza Perdono contro un avversario in ginocchio non facesse parte del protocollo standard. Non poteva alzarsi, quindi rotolò di lato, nascondendosi dietro un’altra lapide. Voldemort ringhiò per la frustrazione, ma Harry non poteva concentrarsi su quello, aveva bisogno di un momento per pensare.

La verità era che aveva già affrontato Voldemort prima e aveva vinto ogni volta. Ma non era mai stato da solo. Aveva sempre avuto amici ad aiutarlo, ma ora non c’erano.

Voldemort fece esplodere la lapide dietro la quale si stava nascondendo e Harry si affannò per ripararsi dietro un’altra.

Quindi, aveva bisogno di amici se non voleva morire. Come poteva farlo? Non poteva evocare persone – poteva evocare Payne, probabilmente, una viverna sarebbe stata di grande aiuto in quel momento. Ma l’avrebbe evocato in un campo di battaglia ed era sbagliato. Era abbastanza sicuro che lo avrebbe aiutato, ma era un favore troppo grande da chiedergli. Non voleva che nessuno morisse per salvarlo.

Un’altra lapide esplosa, un’altra capriola per schivare.

Dunque, non poteva evocare rinforzi. Doveva lavorare con ciò che aveva e con chi era presente in quel momento. Ma le uniche persone presenti erano i Mangiamorte… e i morti.

Oh.

Ehi.

Quella era un’idea.

Era una pessima idea e sarebbe probabilmente morto, ma se non l’avesse fatto sarebbe morto comunque.

Sbucò da dietro la lapide con la bacchetta alzata. “Avada kedavra!” Ringhiò Voldemort non appena lo vide.

“Adducere exspiravit!” L’incantesimo di evocazione per fantasmi scivolò facilmente dalla sua bocca, aveva sentito Draco lamentarsi della sua Aritmanzia un milione di volte. Ci mise ogni goccia del suo potere e forza. La luce verde della Maledizione Mortale lo aveva quasi raggiunto e Harry chiuse gli occhi, cercando di evitarla ma sapendo che non avrebbe fatto in tempo.

Poi sparì e lui era ancora vivo.

“Padre.” Sussurrò Voldemort.

Aprì gli occhi e uno spettro argenteo si stagliò di fronte a lui, leggermente illuminato di verde a causa della maledizione che aveva catturato nella mano.

Aveva funzionato! Se non fosse stato per il fatto che l’incantesimo non era ancora completo. Harry riusciva a sentirlo tirare, poteva sentire la pressione della magia usata a metà sulla nuca. Forse quella sarebbe stata la parte in cui moriva. La lista di modi in cui l’incantesimo poteva andare storto riempiva svariati libri. Harry lo sapeva, perché Draco aveva passato gli ultimi mesi a leggerli ad alta voce.

Una mano sbucò dal terreno e Harry urlò. Uno scheletro decomposto si alzò dalla tomba del padre di Voldemort e lo spirito furibondo penetrò nelle ossa.

Quello non sarebbe dovuto succedere, decisamente.

L’incantesimo si completò e ci furono lamenti e grida mentre altri cadaveri strisciavano fuori dalla terra, diretti verso i Mangiamorte. Tom Riddle Senior parlò con la sua bocca scheletrica – in qualche modo – e disse: “Sei uno stronzetto, ancora più di tua madre.”

Voldemort urlò, un suono primitivo di furore, e mosse la bacchetta, attaccando suo padre. Harry lo prese come un segnale per scappare. Nessuno dei cadaveri marcescenti lo considerò, svariate dozzine di loro convergevano sul gruppo dei Mangiamorte. Il suo corpo era ancora dolorante dalla testa ai piedi a causa del Cruciatus di prima ed evocare fantasmi a cazzo di cane lo aveva reso ancora più pesante e stanco. Ma se solo fosse riuscito ad arrivare al trofeo, sarebbe riuscito a scappare.

“PRENDETELO!” Ruggì Voldemort. “NON LASCIATELO SCAPPARE! SE LUI VIVE, MORIRETE!”

Harry schivò i cadaveri, facendo del suo meglio per non vomitare, e svariati Mangiamorte cercarono di attaccarlo, ma il mare di corpi che li separavano lo rendeva difficile. Una fattura tagliente saettò sulla sua coscia e Harry strinse i denti per non urlare per il dolore incandescente sulla pelle. Inciampò e cadde, vicinissimo al trofeo, ma non abbastanza.

Un Mangiamorte lo afferrò e lo girò sulla schiena e Harry si ritrovò una bacchetta puntata al viso. Era Lucius.

Il papà di Draco lo avrebbe ucciso.

Trattenne il respiro, in attesa. Erano separati dalla folla, i cadaveri che spingevano tutti più distante. Lucius era stato l’unico a riuscire a passare.

Stavano entrambi ansimando, col fiato tremante, e sarebbero bastate due paroline, un incantesimo che Harry era sicuro Lucius avesse già lanciato in passato, e sarebbe morto. Il nemico più irritante di Voldemort sarebbe morto ed era sicuro che Lucius sarebbe stato ricompensato. O, perlomeno, non torturato o ucciso. Nonostante questo, nessuno dei due si mosse. Harry non capiva.

Un cadavere si lanciò sulla schiena di Lucius e le sue dita putrefatte gli circondarono il collo. Lucius grugnì e cercò di scrollarselo con una gomitata, ma non ci riuscì, e si dimenò con una mano al collo per liberarsi, girando l’altra per puntare la bacchetta sul cadavere che lo stava attaccando.

Harry sfruttò il momento di distrazione. Ignorò il dolore alla gamba e strisciò in avanti, ma si arrischiò a guardare indietro. Lucius si era sbarazzato del cadavere, altri l’avevano quasi raggiunto, ma non ancora. Non alzò comunque la bacchetta verso Harry.

Non aveva tempo per pensare. Allungò la mano e la chiuse intorno al metallo freddo del trofeo.

Ci fu il solito strappo all’ombelico e la Passaporta lo riportò nel labirinto, a Hogwarts.

Fu depositato dietro il podio e si concesse un momento per spingersi gli occhiali sopra la testa e premersi i palmi delle mani sulle orbite, desiderando che il mondo smettesse di girare come una trottola.

Se si era aspettato una tregua, fu decisamente deluso quando sbirciò da dietro il podio per vedere Moody ancora lì, anche se sembrava che Cedric non ci fosse più. Ma… Moody non sembrava a posto. Aveva gli occhi lattiginosi e aveva la fronte corrucciata. Fece un paio di passi in avanti, scosse la testa e poi cercò di camminare nella direzione opposta. Non l’aveva ancora notato.

Ci fu un’increspatura di magia nell’aria, vicino al terreno, e colpì gli stivali di Moody prima di risalirgli il corpo e penetrargli dentro. I suoi occhi si appannarono di nuovo. Era un Confundus, anche se uno debole. Harry aspettò e osservò. Un minuto dopo, apparve di nuovo. Lo seguì a ritroso, fermandosi vicino alla siepe, ma lì non c’era nulla. Anzi- un momento! Strinse gli occhi e si vedeva a malapena, ma riuscì a intravedere il contorno di una figura accovacciata vicino al limitare della siepe, proprio addosso ai cespugli. O forse erano due. Era un incantesimo di disillusione, quindi, e sommato al Confundus significava non essere visti da Moody.

Ma non era sostenibile. Moody evitò il Confundus successivo e, prima che chiunque si stesse nascondendo potesse lanciarlo di nuovo, Moody sbatté gli occhi, spalancò la bocca e si morse ferocemente la lingua. Il dolore fu abbastanza da strapparlo dalla morsa del Confundus e la sua faccia si schiarì e si fece più attenta.

“Ora basta.” Ringhiò, girandosi e puntando la bacchetta nella direzione da cui provenivano gli incantesimi. “Finite incantatem!”

L’incantesimo di disillusione si incrinò e si frantumò, rivelando Cho in ginocchio, lacrime che le scorrevano copiose sul viso mentre stringeva la bacchetta. Aveva fra le braccia Cedric privo di sensi, il viso ricoperto di sangue a causa della ferita sulla fronte. “La prego.” Singhiozzò. “La prego, non gli faccia del male!”

“Addio.” Disse cupamente Moody, alzando la bacchetta.

“NO!” Urlò Cho, gettandosi a coprire il corpo di Cedric con il proprio.

Harry si costrinse ad alzarsi, facendo scattare il braccio in avanti. “FLIPENDO!”

Centrò Moody in mezzo alla schiena e l’altro inciampò in avanti. Doveva essere davvero indebolito se quello era tutto quello che era riuscito a fare. “Signor Potter.” Moody si girò a guardarlo. “Non dovresti essere qui.”

“Me lo dicono spesso.” Disse, cercando di mantenere su di sé l’attenzione di Moody e distrarlo da Cho e Cedric. “Expelliarmus!”

L’incantesimo strattonò via la bacchetta di Moody dalla sua mano, ma non abbastanza velocemente, perché l’afferrò di nuovo. “Non pensavo che avrei avuto io il piacere di ucciderti. È un dono inaspettato.”

Non era sopravvissuto al cimitero solo per essere ucciso in quel posto. “Glacius.” Lanciò, trasformando il terreno sotto i piedi di Moody in ghiaccio. Scivolò, ed Harry gli scagliò un incantesimo stordente mentre si rialzava. Lo colpì, ma ancora una volta Moody riuscì a liberarsene. Odiava essere così debole, così inutile.

“Harry?”

Tutti si girarono e Fleur era lì che li guardava. Harry sgranò gli occhi, perché sembrava che stesse attaccando un professore, ma non aveva il tempo di spiegare. Sperò che Fleur non lo attaccasse, perché altrimenti sarebbe morto sicuramente.

Fleur strinse gli occhi e lanciò: “Secare!”, attaccando Moody senza la minima esitazione o riserva. L’adorava.

Moody evocò un Protego frettoloso e l’incantesimo rimbalzò via. Lei avanzò, i passi uguali e misurati e lo lanciò di nuovo l’incantesimo e stavolta lo scudo di Moody si infranse sotto la sua potenza, facendo fiorire il sangue sul suo petto.

“Basta con i giochetti.” Ansimò lui, dando la schiena a Fleur e puntando la bacchetta contro Harry. “Avada-“

Harry voleva schivare, scappare- ma non ce ne fu il bisogno. Fleur, la voce chiara e decisa, pronunciò: “Iugulate!”

Moody cercò di girarsi di nuovo verso di lei, ma fu troppo lento. Un taglio netto gli aprì la gola, stroncandogli la voce, lasciandolo a fare dei versi gorgoglianti con gli occhi sgranati mentre si accasciava a terra.

Del sangue schizzò sulla guancia di Fleur. Harry sussultò. Lei no.

Moody cadde nel terriccio di faccia. Era morto prima ancora di toccare il terreno.

 

-

 

Draco aveva promesso di lasciar andare Fleur per prima, di stare indietro, ma sentì i rumori di uno scontro e strinse i denti. Poi sentì l’inizio della Maledizione Mortale ed iniziò a correre.

Quando girò l’angolo, arrivando al centro del labirinto, fu per vedere Harry, Fleur e Cho in ginocchio vicino a Cedric, che sembrava privo di sensi, e Moody morto per terra. “Che diavolo?” Chiese, avvicinandosi velocemente. “Cosa vi è successo?”

Fleur e Cho sembravano relativamente a posto, ma la ferita alla testa di Cedric e lo squarcio sulla coscia di Harry lo preoccupavano. Dovevano portare Cedric da Pomfrey, non voleva arrischiarsi a mettere le mani su qualcosa di così delicato, ma poteva almeno aiutare Harry. Ma non poteva farlo, non senza sembrare sospetto. Forse Fleur gli avrebbe dato corda e l’avrebbe lasciato fare e avrebbe potuto far finta di aiutarlo solo per fare un piacere a lei.

Harry lo vide e sgranò gli occhi. Cercò di alzarsi in piedi ma gli cedettero le ginocchia e Draco l’afferrò senza pensare, tenendolo per le braccia per raddrizzarlo. Considerò l’idea di lasciarlo cadere per mantenere le apparenze, ma non voleva che mettesse altro peso su quella gamba.

Harry gli afferrò la nuca e Draco era felicissimo che non fosse morto, ma non potevano limonare in quel momento. Per svariate ragioni, ma principalmente perché la loro relazione era, teoricamente, un segreto. “Il trofeo è una Passaporta.” Disse lui. “Mi ha portato in un cimitero e ho visto Voldemort… rinascere, immagino, ha un corpo vero adesso.” Draco spalancò la bocca e sentì il verso spaventato di Cho. “C’erano un sacco di Mangiamorte. La maggior parte di quelli rimasti, quelli che non erano in prigione o morti. Okay?”

Suo padre. Suo padre era lì.

“Voldemort ha detto che se fossi sopravvissuto, loro sarebbero morti. Non so quanto fosse serio, non penso che avrebbe ucciso i suoi unici sostenitori rimasti quando li aveva appena ritrovati, ma- questo è quello che ha detto.” Terminò Harry. Le gambe gli cedettero e cadde addosso a Draco. Era abbastanza sicuro che avesse finto quando Harry usò la vicinanza per sussurrare nel suo orecchio: “Avrebbe potuto uccidermi, ne ha avuto l’opportunità, ma non l’ha fatto.”

Annuì, accompagnando Harry fino a terra con cautela. Voldemort era tornato – non era sorprendente quanto avrebbe dovuto esserlo, probabilmente, visto che era quasi ritornato in vita anche nella Camera dei Segreti, alla fine del loro secondo anno. Ma suo padre… avrebbe potuto essere ferito.

Avrebbe potuto essere morto.

“Devo andarmene da qui.” Disse, cercando di reprimere il panico che sentiva farsi strada nella sua gola. “Devo andare.” Non aveva idea di quanto tempo gli sarebbe servito per farsi strada nel labirinto. Ogni secondo che passava sembrava un anno.

Cho annuì. “Cedric ha bisogno di aiuto. Non possiamo trasportarlo attraverso il labirinto, però; chissà cosa potrebbe attaccare lui, o noi.”

Fanculo.” Disse Fleur in francese. “Il torneo è finito. Il calice non ci controlla più. Abbiamo chiuso con questa storia.” Alzò la bacchetta nella direzione degli spalti, puntandola direttamente contro la siepe che gli impediva il cammino. “INCENDIO!”

Per un momento, non successe niente. Poi, la più grande palla di fuoco che Draco avesse mai visto eruppe dalla sua bacchetta, quasi due metri in altezza e altrettanto larga. Bruciò la siepe e continuò ad avanzare, strisciando appena a terra mentre Fleur manteneva la sua bacchetta salda, forzandola a consumare la siepe fino a raggiungere l’aria non protetta, prima di cancellarlo. “È stato fantastico.” Disse Harry con ammirazione – e Draco non poté fare a meno di essere d’accordo.

Lei gli sorrise, per poi fare un cenno verso il passaggio che aveva creato. “Vai. Abbiamo un morto e un ferito da spostare e non possiamo sbrigarci. Ma tu devi andare.”

Si alzò in punta dei piedi per darle un bacio sulla guancia, poi si mise a correre. Quando uscì dal labirinto, il pubblico si stava spostando e urlando, alcuni stavano sbirciando nel labirinto, ma Draco non gli prestò attenzione. Aveva bisogno di un camino connesso alla Metropolvere e un po’ di polvere volante. Continuò ad avanzare, ignorando la gente che urlava il suo nome e cercava di fermarlo.

Qualcuno lo prese sottobraccio, bloccandolo sui suoi passi. Si girò con un ringhio, ma era solo Blaise. Vide Pansy e Millie correre verso di loro. “Draco, che succede?” Chiese Blaise. “Da cosa scappi?”

“Dove.” Lo corresse, poi disse: “Chiama tua mamma, Fleur ha bisogno di un avvocato. Ha ucciso qualcuno.”

Blaise sbiancò. “Cosa?

“Non ho tempo per spiegare.” Disse, tirando via il braccio dalla presa del suo migliore amico. “Chiama tua mamma.”

“Ma usa la sua licenza da avvocato solo per stilarsi gli accordi prematrimoniali!” Protestò lui.

“Non importa, è un avvocato e qualcuno di cui possiamo fidarci, chiamala.” Disse, prima di ricominciare a correre. La gente aveva iniziato ad urlare, probabilmente avevano trovato i campioni e il cadavere di Moody. Riuscì a scivolare dentro Hogwarts senza farsi notare. C’erano alcuni camini connessi alla Metropolvere, ma era a conoscenza solo di uno con una scorta di Polvere Volante nelle vicinanze.

Introdursi nell’ufficio di Snape fu facile. Non si disturbava a installare barriere complicate, perché nessuno era stupido a tal punto da cercare di introdursi o fare scherzi nel suo ufficio privato. A parte Draco, a quanto pareva. Marciò verso il camino, ma il suo proprietario uscì dalle ombre, tagliandogli la strada. Si stava massaggiando il braccio, sopra il Marchio Nero. Non aveva potuto andarsene, non mentre tutti lo guardavano. “Sta andando da qualche parte, signor Malfoy?”

Snape non aveva la sua bacchetta in mano, ma Draco sì. Gliela puntò dritta in faccia. “Levati di mezzo.”

“Altrimenti, cosa? Mi oblivierai di nuovo?” Lo sfidò Snape.

“Levati dal cazzo o preparati a far compagnia a Lockhart al San Mungo.” Disse. Probabilmente avrebbe dovuto essere spaventato dal fatto che Snape sapesse che l’aveva obliviato l’anno scorso, ma in quel momento non gliene poteva importare di meno.

“Cosa pensi di fare?” Gli chiese.

Draco avanzò e Snape non cercò di fermarlo. “Non ne ho idea.” Accese il fuoco, prese un pizzico di Polvere Volante e la lanciò nelle fiamme. Bruciarono immediatamente di verde. Entrò nel camino, urlando: “Villa Malfoy!”

Un secondo dopo stava incespicando nel salotto di casa sua e le fiamme si stavano estinguendo dietro di lui. Uno degli elfi domestici di famiglia, Tilly, apparve di fronte a lui con uno schiocco. Si stava torcendo le mani e i suoi grandi occhi erano ancora più sgranati. “Padroncino Draco! Non può stare qui-“

“Portami da mia madre. Ora.” Comandò.

“Non è una buona idea.” Disse, facendosi piccola.

Non poteva mettersi a correre per la villa, era così grande che non l’avrebbe mai trovata. Lucius portava sempre un incantesimo di non tracciamento, ma sua madre di solito no. “Indicami Narcissa Malfoy!” La bacchetta girò verso ovest. “Libreria o studio?” Chiese a Tilly.

Le non disse nulla.

“TILLY!” Ruggì. Lei si premette le mani sulle orecchie, tremando. Si sarebbe sentito in colpa più tardi, ma in quel momento aveva bisogno di quell’informazione. “Libreria o studio?”

“Studio.” Sussurrò lei. “Ma il Padroncino non dovrebbe andare.”

La ignorò, scattando verso lo studio di suo padre prima ancora che avesse finito di parlare. La porta era chiusa e quado cercò di aprirla si rifiutò di cedere. Fece un passo indietro, mandò una silenziosa scusa ai suoi antenati e la scardinò con un movimento della bacchetta. Doveva esserci stato un incantesimo silenziante, perché non appena la porta si aprì riuscì a sentire sua madre piangere. Cercò di entrare, ma lei apparve sull’uscio, il viso pallido e le mani e il davanti del vestito ricoperti di sangue.

“Draco!” Disse lei. “Devi andartene, non puoi stare qui.”

“Lasciami entrare.” Disse, cercando di spingerla via, ma lei non si mosse.

Stava scuotendo la testa, uno sguardo selvaggio negli occhi. “Tesoro, devi andare- non puoi-“ La sua voce si incrinò. “Non voglio che tu lo veda.”

Draco strinse gli occhi. “Mamma, mi dispiace.” Fece scattare la bacchetta, usando la magia per spingerla dentro lo studio in modo da poter entrare.

Suo padre era steso sul divano, ricoperto da profonde lacerazioni, una pozzanghera di sangue sul pavimento intorno a lui. Se non fosse stato per il debole movimento del suo petto, Draco avrebbe pensato che fosse morto. Narcissa gli afferrò il braccio, tirandolo via, pregandolo. “Tesoro, tesoro ti prego, starò io con lui finché non se ne sarà andato, non morirà da solo, ma tu non dovresti, tu- non hai bisogno di vederlo in questo modo.”

Morire? Suo padre non sarebbe morto.

Si girò a guardare sua madre, la sua bellissima e feroce madre, che non poteva usare un incantesimo curativo nemmeno se ne andasse della sua vita. O quella di suo marito.

Alzò la bacchetta, schiarendo la mente, perché doveva farlo bene, aveva solo poche possibilità di farlo bene. Stratificare troppi incantesimi di guarigione avrebbe significato la morte sia per lui che per suo padre – e a quel punto che ne sarebbe stato di sua madre?

“No! È troppo pericoloso!” Urlò Narcissa, ma era troppo tardi.

“Epismendo!” Non sapeva quando profonde fossero le ferite. Meglio qualcosa di generale, un incantesimo in cui era la magia a fare il lavoro per lui. La magia lo lasciò in un getto e la vista gli si appannò. Quando riuscì a vedere di nuovo, delle scintille verdi di magia curativa stavano viaggiando sul corpo di suo padre, chiudendogli lentamente le ferite. Non era un bel lavoro, avrebbe lasciato cicatrici, ma non stava più sanguinando. Era solo superficiale, però; non aveva risolto nulla per le sue ferite interne.

Si scervellò, cercando di capire cosa fare. Suo padre aveva un ovvio bisogno di rimpiazzare il sangue perso, ma non sapeva se volesse sprecarci i pochi incantesimi che conosceva. “Tilly.” Disse e l’elfa apparve davanti a lui. “Abbiamo pozioni ricarica sangue nelle scorte?”

Lei non rispose, limitandosi a sparire e ricomparire con in mano una fialetta.

“Non sapevo che fossi in grado di farlo.” Disse Narcissa. Aveva messo da parte la sua isteria, anche se aveva gli occhi rossi per il pianto.

Lui fece spallucce, cercando di tenere sotto controllo il cuore che gli batteva furiosamente nel petto. Voleva solo stendersi vicino a suo papà e piangere, voleva che sua mamma gli accarezzasse i capelli, le lunghe unghie a grattargli la cute e la sua voce a dirgli che sarebbe andato tutto bene. Ma non era qualcosa che poteva avere. Non ancora, perlomeno. Fissò suo padre, al suo viso contorto dal dolore anche mentre era privo di sensi. “Sono incantesimi. Sono bravo a incantesimi.”

Lei si mise dietro a Draco, mettendogli le mani sulle spalle. Non poteva aiutarlo, guarire era qualcosa che non era mai stata in grado di fare, quindi non aveva mai imparato. Ma non stava più cercando di fermarlo. Aveva abbastanza forze per un solo altro incantesimo e non poteva più usare Epismendo, a meno che non volesse ripercussioni. “Ementur lignum carnum.” Mormorò, trascinando leggermente la bacchetta sulle ferite sul petto e stomaco di suo padre, dove probabilmente risiedeva la maggior parte dei danni. Era un incantesimo più avanzato di quello che avrebbe dovuto fare, molto probabilmente; ma quello che aveva già fatto non era abbastanza: aveva solo rallentato il cammino di suo padre verso la morte, non l’aveva arrestato.

Non sarebbe stato in grado di ricevere attenzioni mediche professionali fino al giorno dopo, al più presto. Se fosse stato portato in ospedale la stessa notte dell’attacco a Harry Potter, sarebbe stato sospetto. La gente si sarebbe fatta domande, domande a cui nessuno di loro poteva rispondere.

La sua magia si concentrò dove aveva premuto la bacchetta sulla pelle di Lucius prima di penetrare nelle sue carni, riparando danni che non vedeva e non capiva. Lo sforzo lo lasciò esausto e, per un momento, dovette appoggiarsi sulle mani di sua madre. “Draco?”

“Fare di più sarebbe pericoloso.” Disse. “Per tutti e due.”

Si avvicinò di un passo, traballò e cadde in ginocchio. Andava bene lo stesso. Si tirò su in modo da essere di fianco a suo padre e premette il dorso della mano sulla sua guancia. Era freddo. Era l’emorragia. Aveva bisogno di quella pozione. Allungò la mano indietro e Tilly vi depositò la fialetta senza che glielo chiedesse. “Papà!” Urlò, spingendo il fianco di suo padre. “Papà, svegliati!”

Non si mosse.

Draco abbassò la fronte sulla spalla di suo padre, facendo un cauto respiro profondo per impedirsi di piangere. La crisi non era passata, quindi non poteva ancora crollare. Ma Voldemort era tornato e la sua anima gemella era stata ferita e suo papà era ad un passo dalla morte, non era ancora fuori pericolo e Draco era così stanco. Non parlavano da quasi un anno e suo papà era un Mangiamorte, ma non importava, perché Draco gli voleva ancora bene. Non poteva perderlo.

“Ti prego.” Disse, cercando alla cieca finché non riuscì a stringere la mano si suo papà con tutte la forza che aveva. “Papà, papi, ti prego. Ho bisogno che ti svegli.”

Ci fu una debole pressione sulla sua mano, quasi impercettibile: Lucius che rispondeva alla sua morsa disperata. Draco alzò la testa e vide la faccia di Lucius contorta in una smorfia. I suoi occhi si aprirono lentamente e un basso lamento lasciò le sue labbra. “D’co?” Biascicò, dicendo qualcosa che assomigliava al suo nome.

Draco stappò la pozione e la premette sulle labbra di suo padre. “Bevi questo.”

Lui non fece domande, bevendo la pozione sconosciuta senza battere ciglio. Deglutì e del colore tornò sulla sua pelle pallida. Respirava più facilmente e i suoi occhi si illuminarono, prendendo coscienza. “Draco!” Dovette interrompersi per tossire e, quando smise, allungò il braccio e gli afferrò la spalla. “Che ci fai qui?”

“Ho sentito cos’è successo.” Disse, coprendogli la mano con la propria. “Perché- Ho sentito che avresti potuto fermare Potter, ma non l’hai fatto. Perché no?”

Lucius chiuse di nuovo gli occhi, ma non perché era stanco. Era come se non potesse guardarlo in faccia. “Non lo so. Io- ha la tua età e io, solo…” Fece un verso frustrato gutturale, poi sospirò. Poi, talmente piano che Draco quasi non lo sentì, disse: “Voglio che tu sia fiero di me. Voglio che tu sia fiero di essere mio figlio.”

“Lo sono!” Esclamò Draco. Portò una mano al viso di suo padre e Lucius aprì lentamente gli occhi. “Sono fiero di te, sono fiero di essere un Malfoy. Io, è solo che… Non voglio.” Scosse la testa. “Non voglio essere un Mangiamorte. Non sostengo Voldemort e non lo aiuterò.” Disse e i suoi genitori lo sapevano, dovevano saperlo, era il motivo per cui non avevano parlato per un anno intero, ma non l’aveva mai detto ad alta voce, così chiaramente. “Ma tu sei molto più che un Mangiamorte. Servire Voldemort è una piccola parte. Tu sei mio papà.”

Una lacrima rotolò giù per la guancia di Lucius, poi un’altra. Non aveva pianto con le ferite che stavano per ucciderlo, ma stava piangendo in quel momento. “È tornato. Tu-Sai-Chi è tornato e non posso andargli contro. Ma tu non lo servirai.” Giurò Lucius. “Ho bisogno che tu tenga un basso profilo. Ho bisogno che tu faccia finta, ma- non sarai mai un Mangiamorte. Lo giuro sulla mia stessa vita. Ti proteggerò, Draco, lo prometto. Ma ho bisogno che tu faccia finta.”

“Okay.” Sussurrò. Non era sorpreso, sapeva che sarebbe successo sin dall’inizio, era il motivo per cui aveva insistito sulla segretezza per tutti quegli anni: perché la sua relazione con Harry sarebbe risultata in una condanna a morte per i suoi genitori. Aveva sempre saputo che avrebbe dovuto fingere, mentire. “Ascolterò, dirò quello che dovrò dire e farò quello che dovrò fare. Ma tu dovrai fare lo stesso.”

Lucius aggrottò la fronte. “Che vuoi dire?”

“Non dargli un motivo per ucciderti.” Disse. L’ultima cosa che voleva era che suo padre facesse del male alla sua anima gemella, non riusciva a pensare a qualcosa che lo avrebbe devastato più di suo papà che feriva Harry, ma non poteva esitare in quel modo di nuovo, non per l’approvazione di Draco. “Fai quello che devi fare, okay? Non posso perderti.”

“Okay.” Disse, accarezzandogli i capelli con una gentilezza così spontanea che Draco quasi crollò al pensiero di quello che aveva quasi perso. “Okay.”

Sua madre gli tirò il braccio. “Tesoro, devi andare. Ti staranno cercando e non possono sapere che sei venuto qui. Devi tornare a Hogwarts.”

Voleva controbattere, ma sapeva che aveva ragione. Fece un respiro profondo, forzandosi in piedi. Il mondo gli girò intorno per un momento, prima che ritrovasse l’equilibrio. Prevedeva una bel casino. Narcissa si mosse per accompagnarlo, ma lui scosse la testa, mettendole una mano sulla spalla. “Starò bene. Tu stai con papà.”

Lei lo accolse in un abbraccio stretto abbastanza da rubargli il respiro, poi lo baciò su entrambe le guance. “Ti voglio bene. Stai attento.”

“Anche tu.” Disse, poi lanciò un ultimo sguardo a suo padre, che sembrava aver ceduto alla spossatezza e al sonno.

Tornò all’ingresso e si diresse verso il camino. Allungò la mano verso la Polvere Volante, ma ci fu uno schiocco al suo fianco. “Penso che questo può servire al Padroncino.” Tilly era di fianco a lui, un vassoio d’argento nelle sue mani con sopra una piccola pozione fumante dentro un calice di cristallo. Era una pozione pepata.

“Grazie.” Disse, sorpreso dalla sua premura. “Ehm, scusa se prima ho urlato.”

Lei sbatté gli occhi, poi un piccolo sorriso apparve agli angoli della sua bocca. “Tutto bene. Tilly non stava ascoltando e il Padroncino ha fatto una buona cosa. A noi piace il Padrone di adesso e siamo contenti che il Padroncino l’abbia salvato.”

Draco buttò giù la pozione pepata sapendo che non sarebbe durata, che quando l’effetto sarebbe svanito sarebbe crollato ancora più pesantemente di quanto avrebbe fatto altrimenti. Ma era meglio che svenire mettendo un piede fuori dalla Metropolvere.

“Ufficio di Severus Snape.” Disse, e avanzò tra le fiamme verdi.

 

-

 

Non appena i giudici li videro vennero trascinati tutti in infermeria - il che aveva senso visto che tutti tranne Cho erano feriti ed erano accompagnati dal cadavere di Moody. Silente li accompagnò, il viso accuratamente neutro, mentre tutti gli altri presidi rimasero indietro per cercare di calmare la folla. Fleur aiutò Harry a camminare, levitando al contempo il corpo di Moody, mentre Cho faceva lo stesso con Cedric. Mentre veniva portato via, Harry riuscì ad intravedere un piccolo gruppo di teste rosse che cercavano di raggiungerlo – e un abbraccio della signora Molly sarebbe stato fantastico in quel momento, in realtà, ma non aveva scelta.

Fleur lo aiutò a sedersi su uno dei letti ed Harry si aspettò che si allontanasse subito dopo, ma lei rimase al suo fianco. Fu estremamente confortante.

Cho fece stendere con cautela Cedric su un letto dall’altra parte della stanza. “Starà bene?”

Silente si alzò, senza dire ancora nulla, guardando e basta, aspettando. Harry non aveva idea di cosa gli stesse passando per la testa.

Madama Pomfrey agitò la bacchetta verso Cedric, senza nemmeno usare un incantesimo per pulire e guarire la ferita sulla sua testa. Premette con gentilezza le dita sulla sua fronte, aggrottando lo sguardo, e disse: “Un po’ di gonfiore al cervello, ma l’abbiamo preso in tempo. Un’aggiustatina e sarà come nuovo.” Agitò la bacchetta sopra la sua testa, le sopracciglia unite per la concentrazione, per poi mormorare una litania in latino che suonava più come una nenia che un incantesimo. Lo fece con facilità, ma era chiaro che non fosse qualcosa di semplice.

Quando ebbe finito Harry non riuscì a vedere nessuna differenza esterna, ma un momento dopo gli occhi di Cedric si aprirono a fatica. Rimase lì per un secondo, sbattendo lentamente le palpebre, poi si mise a sedere. “HARRY!”

Cho gli diede le spalle, una mano sulla bocca.

“Sono qui.” Esclamò Harry, agitando il braccio e guardando Cho con preoccupazione.

Cedric aggrottò la fronte, premendo la mano dove aveva battuto la testa. “Ma- il professor Moody, lui-“

“È morto.” Disse Fleur succintamente. Se aveva qualche remora per averlo ucciso, non lo stava mostrando. Silente strinse gli occhi.

“Io, ma-“ Cedric sospirò e si massaggiò la testa. “Okay.” I suoi occhi notarono Cho e Cedric allungò una mano verso di lei quasi senza pensare. “Amore, stai bene?”

Cho non si mosse subito, ma quando si girò c’erano dei grossi lacrimoni a rigarle le guance. Cedric cercò di alzarsi, ma Madame Pomfrey lo spinse giù con un’occhiataccia che Cedric normalmente non avrebbe tentato di combattere, ma in quel momento si ribellò. Pomfrey non si mosse di un millimetro. “Ha bisogno di riposo, signor Diggory.”

“Ero così spaventata!” Urlò Cho, correndo verso di lui. Cedric la afferrò quando gli si lanciò addosso, arrampicandosi sul letto e sulle sue gambe per stringergli le braccia al collo e nascondere il viso contro la sua spalla. Cedric la abbracciò, premendole baci veloci sulle guance e la fronte. “Hai mandato quell’avvertimento ed ero così preoccupata, e poi ti ho trovato ma tu non ti muovevi e Moody era lì e, e io-“ La sua voce si incrinò e continuò in coreano, qualcosa che Harry non riuscì assolutamente a capire, ma Cedric stava annuendo, rispondendole nella stessa lingua, passandole una mano sulla schiena.

Pomfrey si addolcì, e sembrò decidere che lasciare che Cedric abbracciasse la sua fidanzata facesse più bene che male, perché li lasciò stare e si avvicinò a loro. “Signorina Delacour, signor Potter. In cosa vi siete cacciati?”

Harry era ricoperto in vari tagli e lividi, ma l’unica ferita seria era quella sulla gamba. In silenzio, indicò il taglio sulla coscia.

Pomfrey lanciò un incantesimo di diagnosi e sembrò genuinamente sollevata. “Non ha colpito nessun punto vitale e non ha nessuna caratteristica anti-guarigione. Sei stato fortunato.”

Non si sentiva fortunato.

Con un paio di veloci incantesimi, le fitte di dolore pulsante sparirono e la sua pelle si ricucì. C’era un vago senso di indolenzimento, ma sapeva per esperienza che, ora di mattina, sarebbe andato via.

Fleur aveva varie ferite sparse per tutto il corpo. “Signorina Delacour, vuole spostarsi in un luogo più privato?”

“Non ho le parole per descrivere quanto poco mi interessi.” Disse lei stancamente. Si alzò in piedi, dando un colpetto sulla spalla di Harry mentre lo oltrepassava, e si spogliò in mezzo all’infermeria, rimanendo in un reggiseno sportivo e in mutante che andavano da sotto l’ombelico fino all’inizio delle cosce. I suoi vestiti erano interi, ma aveva ferite lunghe e sottili avvolte lungo gli arti e la pancia.

“Liane carnivore?” Chiese Pomfrey compassionevolmente. Lanciò l’incantesimo di diagnosi, aggrottò la fronte e lo lanciò di nuovo. “Ti sei curata da sola?”

“No, l’ha fatto Draco.” Disse lei. “Avevo uno squarcio sulla schiena infertomi da Viktor.” Toccò un punto sulla sua schiena, arrossato ma decisamente senza nessuno squarcio. “Lo ha guarito e ha pulito le ferite. Oh, e ha anche lanciato un incantesimo Rimpolpasangue, che è stato molto utile.”

Le sopracciglia di Silente stavano per sfiorargli l’attaccatura dei capelli. Pomfrey rimase a bocca aperta per qualche momento prima che avesse la prontezza di spirito di chiuderla. “Tutto da solo?”

“È più di un bel faccino, sa?” Disse lei, con tono critico.

“A quanto sembra.” Disse Pomfrey, più a sé stessa che altro. Guarì velocemente quello che rimaneva delle ferite di Fleur.

“Viktor sta bene?” Chiese lei. “Perché non è sveglio?”

Il viso di Pomfrey sembrò teso, ma poi si rilassò. “Il signor Krum starà bene per domattina. Ha lottato duramente contro la maledizione Imperio e ciò ha causato una piccola emorragia celebrale. Ho riparato la maggior parte del danno e l’ho messo sotto l’effetto di un sonno guaritore che dovrebbe occuparsi del resto.”

Fleur si rimise i vestiti e si sedette vicino a Harry. Tolse finalmente i capelli dalla morsa dello chignon e Harry venne schiaffeggiato in viso dalla massa liberata. “Fleur!”

“Harry.” Disse Silente, interrompendo la risposta di Fleur, e Harry si girò per vedere gli occhi blu elettrico del preside fissi su di lui. “Cosa è successo?”

La porta dell’infermeria si aprì. A giudicare dal volume delle voci c’erano diverse persone lì fuori, ma solo alcune riuscirono a passare. Snape, che aveva probabilmente aperto la porta, Cornelius Fudge, Percy, Tonks, il signor Diggory e la signora Zabini. Era una collezione talmente strana che Harry dovette sbattere più volte gli occhi per assicurarsi che il suo cervello non gli stesse giocando brutti scherzi.

Per una frazione di secondo Silente sembrò quasi irritato, prima di tornare a sorridere come se nulla fosse successo. Ricordare che il suo preside era umano fece sorridere Harry, nonostante le circostanze.

“Silente!” Sputacchiò Fudge. “Esigo di sapere cosa sta succedendo!”

Snape non si preoccupò di nascondere la sua smorfia.

“Stiamo lavorando per arrivare a fondo della questione, Cornelius.” Disse. “Severus, sai dov’è il giovane Malfoy? Visto che a quanto pare è coinvolto anche lui in tutto questo.”

“Levati di dosso, stupida, lo stai soffocando!” Urlò il signor Diggory, avvicinandosi ai piedi del letto di suo figlio. Tutti si fermarono per guardarlo.

Cho si affrettò per allontanarsi da Cedric, ma lui non glielo permise, mantenendo una stretta ferrea sui suoi fianchi. “Papà.” Lo salutò, qualcosa nel suo viso che Harry non gli aveva mai visto addosso prima di quel momento. “Non parlare a Eun-hae in questo modo.”

Il signor Diggory quasi divenne viola per la furia. Cho strinse la mano di Cedric, poi scese dal letto. Quasi allungò una mano per toccare la spalla del signor Diggory, ma non lo fece. “È okay.” Gli disse, con trasporto. “Anche io ero molto spaventata. Lo capisco.”

Per un momento Harry era convinto che l’uomo avrebbe urlato di nuovo, ma poi la sua faccia si accartocciò e collassò sulla sedia di fianco al letto di suo figlio. Non disse nulla, piegandosi in avanti e piangendo sulle sue braccia incrociate. Cedric sembrava come essere stato colpito da un fulmine e fu necessario che Cho gli sussurrasse qualcosa in coreano per farlo muovere, per cercare di confortare il padre.

“Il signor Malfoy si sta occupando di alcuni affari di Casa.” Disse Snape, riportando elegantemente l’attenzione su di lui. “Dubito che sarebbe d’aiuto, in ogni caso.”

Cho aveva lasciato che padre e figlio se la sbrigassero, avvicinandosi a loro. “È venuto con me solo perché era preoccupato per Fleur.”

“Mi ha aiutato a sfuggire alle liane carnivore.” Disse lei.

Fudge invase il suo spazio personale, cercando di rendersi minaccioso. Non era molto bravo, però. “Non hai alcuna vergogna? Sei un’assassina!”

“Uh,” Disse Tonks, mentre Zaira dava – educatamente – una gomitata a Fudge per farlo spostare. “Non è così che funziona la legge. Sono qui per prendere dichiarazioni, non per arrestare qualcuno. Non penso.”

“Ciao tesoro.” Disse Zaira, assolutamente perfetta con la cascata di trecce elegantemente impilate sulla testa e un vestito verde scintillante. Sembrava appena uscita da una festa. “Sono un avvocato. Vorrei rappresentarti, se ti va bene?”

“Sarebbe perfetto, grazie.” Disse Fleur educatamente.

Percy si massaggiò la fronte. Harry non sapeva come fosse riuscito a passare, ma era possibile che Tonks lo avesse semplicemente trascinato dentro. Alzò gli occhi, impallidì e disse: “Pensavo che aveste detto che Moody è stato ucciso?”

“È così.” Dissero Fleur e Harry all’unisono.

“Allora cosa ci fa il cadavere del mio ex capo per terra?” Scattò lui.

Tutti si girarono. C’era un corpo, lì, che indossava i vestiti di Moody ma non era Moody. Silente e Snape quasi si scontrarono nella fretta di raggiungere il cadavere.

Percy si avvicinò e il suo cipiglio si scurì. “Aspetta- quello non è il mio capo.”

“No.” Disse gravemente Silente. “È suo figlio.”

Harry non era mai stato così confuso in vita sua – e ciò voleva dire molto. Era spesso confuso.

“Non mi pagano abbastanza per questo.” Disse Tonks, più a sé stessa che altro. Evocò un patronus, un piccolo picchio svolazzante, e lo spedì via con una richiesta di rinforzi.

Snape prese la fiala dalla tasca del cadavere, l’annusò e la passò a Silente. “Moody è ancora vivo, probabilmente. La pozione Polisucco ricavata dal corpo di una persona in vita è molto più stabile, e lui non era abile abbastanza da aggirare questo problema.”

“Oh.” Disse Harry, qualcosa che stava tenendo nel retro della sua mente che finalmente trovava il suo posto nel puzzle. “Penso che Crouch lo stesse tenendo nel suo ufficio.” Lo stavano fissando tutti, quindi spiegò: “Ho una mappa che dice dove sono le persone. Ogni volta che la guardavo, Moody era nel suo ufficio, non importava che ora del giorno fosse. Pensavo che lavorasse molto. Ma magari il vero Moody è lì?”

“Dobbiamo vedere questa mappa!” Berciò Fudge.

Silente sospirò. “Per piacere, Harry.”

Era stanco, ma non troppo stanco per appellare la mappa dalla stanza di Hermione. Si materializzò nelle sue mani - aveva delle difese, nessuno tranne loro sei avrebbe potuto appellarla. Non appena ebbe completato l’incantesimo, Fudge gliela strappò dalle mani. “È vuota!”

“È magica.” Disse. Percy tossì e, se Harry non si sbagliava, fu per nascondere una risata. Non sapeva che Percy potesse ridere. Era chiaro che Tonks gli facesse bene.

Fudge si incupì e picchiettò la bacchetta sulla mappa. “Revelio!”

Se si fosse fermato ad ascoltare per un secondo, Harry avrebbe potuto dirgli che non avrebbe funzionato.

L’inchiostro macchiò la pagina, formando l’immagine di una chimera ruggente. Altro inchiostro strisciò attraverso la mappa e tutti si chinarono in avanti, cercando di vedere.

Ad Aracne rincresce informarvi che un incantesimo così semplice è insufficiente. Harry poteva praticamente sentire la disapprovazione di Hermione e dovette sopprimere un ghigno.

Icaro suggerisce qualcosa che non possa essere imparato da uno studente del primo anno continuò la parte di Draco, lasciando a malapena il tempo a quella di Hermione di finire.

“Che significa tutto questo?” Tuonò Fudge.

La personalità di Pansy scrisse successivamente. Medusa trova la vostra idiozia stancante.

“Merlino.” Sussurrò Tonks. Sembrava deliziata.

Una versione più leggibile della grafia puntigliosa di Ron sgocciolò sulla pagina. Ercole vorrebbe sapere in quale idiota siamo incappati.

“Io sono il Ministro della Magia!” Disse Fudge. “Cessate questi giochetti immediatamente!”

Se questo è un gioco, Achille pensa che sia uno che state perdendo, disse la parte di Harry, e dovette mordersi il labbro per non ridere.

Il corsivo scenico di Blaise guizzò lungo la pagina. Mida concorda con l’affermazione di Medusa e reitera il suggerimento di Icaro di provare qualcos’altro.

Fudge stava diventando di un’interessante sfumatura di rosso.

“Per quanto sia divertente,” disse Snape seccamente, “non mi sembra il momento appropriato. Ministro, se può restituire la mappa al signor Potter, così che la possa aprire per noi…”

Fudge spinse la mappa nelle sue mani. Harry sospirò e tirò fuori la sua bacchetta, toccando la mappa con la punta. La mappa riconosceva la loro magia e non avevano bisogno di una password. Ne avevano una, ma era usata solo se dovevano prestare la mappa a qualcuno al di fuori del loro gruppo.

Benvenuto, signor Potter, lo salutò la sua grafia leggermente alterata. La chimera volò attraverso la carta, rivelando la vera mappa, completa di persone, corridoi e qualsiasi altra cosa costituisse Hogwarts. Cercò nell’ufficio di Difesa e, come pensava, Moody era ancora registrato in quel punto, mentre Crouch non compariva affatto. Poteva essere perché era morto, ma Harry non lo aveva mai visto comparire sulla mappa.

“Ecco.” Consegnò la mappa a Silente.

La scrutò per un lungo momento, prima di annuire e restituirgliela. “Severus, fai tu?”

Lui annuì. “Porterò Filius.” Fece per andarsene, ma il momento successivo le porte dell’ala di infermeria furono spalancate con un’esplosione. Tutti fecero per afferrare le proprie bacchette, ma quando la porta si richiuse di nuovo, c’erano solo Bill e un uomo nero, alto, calvo e con orecchini d’oro che stava dicendo: “Avremmo potuto bussare.”

“William Weasley!” Pomfrey lo fulminò. “Cosa pensi di fare?”

“Ops?” Sorrise. “Sono uno Spezzaincantesimi, sapete, una piccola porta non mi fermerà.”

“Penso che il punto fosse che non avresti dovuto far esplodere la porta.” Disse seccamente Fleur.

Fudge si girò verso di lei. “Non stai prendendo le tue azioni seriamente! Voglio proprio vedere come quell’atteggiamento di aiuterà ad Azkaban!”

“Se potesse evitare di parlare alla mia cliente con quel tono, lo apprezzerei molto.” Disse Zaira, con abbastanza acciaio nella voce che Fudge si fece piccolo al suo cospetto. Poi guardò l’uomo pelato con un’occhiata lunga che fece arrossire Harry solo a vederla. “Auror Shackbolt, che piacevole sorpresa.”

“Zaira.” Sospirò lui, qualcosa a metà tra affetto ed esasperazione sul suo viso. Guardò verso Fudge. “Mandiamo adolescenti ad Azkaban senza processo per essersi plausibilmente difesi? Penso che avrei sentito parlare di questa legge se fosse stata presentata al Wizengamot.”

“Autodifesa? Ha ucciso un uomo!” disse Fudge.

“Beh, stava cercando di uccidere i miei amici.” Disse lentamente Fleur, come se Fudge fosse un bambino.

Fudge invase il suo spazio personale e Harry si fece indietro, perché se Fleur avesse deciso di carbonizzare la faccia di Fudge avrebbe preferito non essere coinvolto nel fuoco incrociato. “Tu- insolente!”

Fleur si alzò in piedi, in modo da essere praticamente naso a naso con Fudge. “Possiamo risolverla da adulti, Ministro. Che ne dice di fare un piccolo duello amichevole e chiunque sia ancora vivo alla fine non dovrà ascoltare l’altro parlare?”

“Okay!” disse Bill, facendosi avanti per separare i due, un braccio contro le rispettive pance. “Va bene, direi che è abbastanza!”

Fudge sbuffò e si fece indietro. Fleur sorrise soavemente a Bill e disse: “Mettiti ancora in mezzo e ti darò fuoco.” Lui sospirò, poi mormorò qualcosa in una lingua che Harry non parlava. Lei gli diede una gomitata nei fianchi e disse, graffiante: “Questo era decisamente offensivo!”

Con sorpresa di Harry, Bill arrossì. “Parli arabo?”

Lei rispose nello stesso linguaggio che Bill aveva proferito poco prima – a quanto pareva, arabo.

“Vado a vedere se riesco a trovare il vero Moody.” Disse Snape, giusto in caso se lo fossero scordato.

“Vengo con te. Dovrebbe esserci anche un auror.” Disse Tonks. Snape scosse la testa, ma non protestò e scivolò fuori dalla porta, Tonks alle calcagna. Era la prima volta che Harry era geloso di lui. Avrebbe adorato andarsene, ma era abbastanza sicuro che nessuno gliel’avrebbe permesso.

“Molto bene, voi quattro.” Disse Percy, guardandoli con le braccia incrociate. Harry ebbe un flashback di quando era un prefetto. “Cos’è successo lì dentro esattamente?” Bill alzò gli occhi al cielo. A quanto pareva, Percy era sempre stato così anche da bambino.

Harry, Fleur, Cedric e Cho si guardarono, prima di lanciare uno sguardo verso Silente. Lui era tornato alla sua espressione genuinamente divertita, e stavolta non la stava fingendo. “Occorre davvero arrivare in fondo alle questione, perciò, se riusciste a fare luce sulla situazione…”

Fleur iniziò, spiegando come Viktor l’aveva attaccata, ma come fosse chiaro che non fosse in sé, di come fosse rimasta intrappolata nelle liane e di come avesse trovato gli altri. Poi Cho raccontò la sua parte, di aver visto Cedric sparare un avvertimento, di essere stata seguita da Draco, di come si erano separati e di come lei avesse trovato Cedric, strisciandogli vicino per trascinarlo in un angolo e lanciare Confundus contro Moody. Cedric sembrò voler andare da lei, ma suo padre era ancora seduto di fianco al letto, quindi non si mosse. Poi fu il turno di Cedric, che iniziò con Harry che sbucava dai cespugli per aiutarlo con Viktor, fino a quando non aveva perso conoscenza quando Moody li aveva attaccati.

Poi toccò a lui.

Bill gli mise la sua grande mano sulla schiena, calda anche attraverso i vestiti. “Va tutto bene, sei al sicuro adesso.”

Harry li guardò e realizzò: gli adulti non lo sapevano, certo che non lo sapevano, e doveva dirglielo lui.

“Voldemort è tornato.” Disse, e tutta l’aria sembrò lasciare la stanza. “La guerra è ricominciata.”

 

-

 

Quando Draco scivolò nella sala comune Serpeverde e gli sguardi di tutti i presenti vennero puntati su di lui, si rese dolorosamente conto di essere ancora ricoperto dal sangue di suo padre.

Poteva capire dal silenzio di tomba e dalla tensione nell’aria che già sapevano. In qualche modo, qualcuno di loro l’aveva scoperto e l’aveva detto agli altri.

“È vero?” Chiese Flint.

Perché lo stavano chiedendo a lui? Perché avrebbe dovuto saperlo? Lo sapeva, ovvio, ma non era quello il punto. “Sì.”

Tutti quanti sembrarono abbattuti. Nessuno sembrava felice. Non importavano i valori personali, praticamente nessuno era così stupido da pensare che un’altra guerra guidata da Voldemort non sarebbe finita in una catastrofe. Un paio di persone avevano già iniziato a piangere. Il viso di Cassius si era indurito e i suoi amici stavano cercando di apparire neutrali, per non lasciar trasparire nulla. Blaise se la stava cavando, ma Pansy e Millie avevano le mani intrecciate in una morsa ferrea.

Lo odiava. Ma non avrebbe lasciato che Serpeverde venisse travolta da quella guerra, non come l’ultima volta.

“Ehi.” Disse e tutti lo guardarono. Non sapeva perché. Era solo un insolente studente di quarto anno, ma per qualche ragione lo stavano guardando tutti. “È tornato. La guerra è tornata. Questo significa che alcuni di noi dovranno fare delle scelte. Per alcuni – per molti – la scelta è già stata presa da altri. Faremo quello che dovremo fare, per sopravvivere e per proteggere le nostre famiglie.” Deglutì. “Ma non qui.”

“Draco.” Theodore piegò la testa di lato. Era quasi come se il resto dei Serpeverde stesse trattenendo il respiro.

“Quando camminiamo per le sale, quando lasciamo questa scuola, potremmo essere nemici.” Disse. “Ma non qui. Chiaro? In questa stanza, non c’è guerra.”

Non poteva fare nulla per salvare il resto del mondo, per salvare la sua stessa anima gemella. Ma forse poteva salvare Serpeverde.

 

-

 

Quando Harry finì di parlare, Fudge stava praticamente schiumando alla bocca. Shackbolt finì per doverlo scortare fuori dopo aver quietamente assicurato a Fleur che non ci sarebbero state denunce, visto le circostanze. Il signor Diggory aveva aperto la bocca alcune volte durante il racconto, le sopracciglia aggrottate, ma Cedric lo aveva sgomitato nel fianco ogni volta che sembrava stesse per interrompere.

“L’incantesimo di evocazione per fantasmi.” Disse lentamente Silente, con uno sguardo che Harry non seppe decifrare. “Una scelta… interessante.”

“Sembrava una buona idea in quel momento.” Disse.

“Cosa ti passava per la testa?” Scattò Percy. “Saresti potuto morire!”

Harry lo fissò. “Beh, ero circondato da Mangiamorte e Voldemort, quindi, sai, ho pensato che sarei morto in ogni caso.”

“Oh. Giusto.” Disse Percy, sgonfiandosi. Gli scompigliò i capelli, l’unico modo che sembrava conoscere per mostrare affetto. Lo faceva anche ai gemelli e Ron, quindi Harry fu abbastanza commosso dal gesto.

“Ho detto di stare attento, cucciolo.” Tutti si girarono. La finestra che dava sui giardini era aperta e la sfinge di prima era seduta sul davanzale.

Harry era abbastanza sicuro che arrampicarsi sulle mura del castello fosse impossibile persino per una leonessa gigante, ma non sapeva come altro sarebbe riuscita a salire fino a lì. “Ehm, mi dispiace. Ci ho provato?”

“Regina Persenet.” La salutò Silente.

Persenet saltò nella stanza, alzando gli occhi al cielo. Per qualche ragione, Bill sembrava furioso. “Non sono regina da quattromila anni. Smettila con le cazzate, Albus.”

“Che cazzo” Disse Bill a denti stretti, “ci fa lei qui?”

“Abbiamo richiesto che una sfinge facesse la guardia a una parte del labirinto e Persenet si è offerta volontaria.” Spiegò Silente.

“E gliel’hai lasciato fare?” Tuonò  Bill.

Silente sembrò perplesso all’idea che avesse alcun poter decisionale in merito. “Avrei potuto fermarla?”

“Sì! Basta ficcarla in una stanza piena di trappole. Questo a volte la distrae abbastanza dal combinare disastri per un paio di settimane.” Borbottò cupamente lui.

Persenet rise e circondò il corpo di Bill con il proprio come un gatto domestico avrebbe fatto con le caviglie dei padroni.  “Non tutti sono stupidi o coraggiosi quanto te, cucciolo.”

“Vedo che vi conoscete.” Disse Fleur, un sorriso che le tirava un angolo della bocca.

“Ero di guardia alla prima tomba in cui si è intrufolato.” Spiegò Persenet. “Tutto pelle ossa e arroganza. È fortunato che non lo abbia divorato.”

Bill alzò gli occhi al cielo, ma sembrava del tutto abituato all’invasione di spazio personale di Persenet. “Non mi mangeresti, cosa faresti per intrattenerti se non ci fossi io da tormentare?”

“Non allargarti troppo.” Disse lei con affetto.

“Sei qui per un motivo?” Chiese Bill. “Oltre a darmi fastidio.”

“Volevo solo controllare come stavano i cuccioli.” Disse lei. “Oh, e converrebbe che qualcuno vada e faccia qualcosa per quella folla inferocita e confusa qui fuori. Stanno per fare una rivolta, ho pensato che voleste impedirlo. O se non lo fate, va bene comunque, suppongo. Il vostro ministro sta peggiorando le cose in modo eccellente.”

Percy e Silente sembrarono equamente stanchi. “Vado a provare a placare il ministro.” Disse Percy. Harry ebbe l’impressione che fosse qualcosa che doveva fare spesso.

Zaira diede un buffetto alla mano di Fleur e si alzò in piedi. “Albus, ti accompagno. Noi due insieme dovremmo riuscire a calmare la folla.”

“Sei certa di volerlo fare?” Chiese Silente, aggrottando la fronte. “Visto i tempi che stiamo per affrontare.”

“Se Voldemort vuole attaccare me o la mia gente, che ci provi pure.” Disse lei. “Io sono una Zabini. Se Voldemort vuole farsi nemica la Dinastia dei Severi, lungi da me impedirglielo.”

Silente non sembrava molto confortato da quell’affermazione. In ogni caso lui, Zaira e Percy lasciarono l’infermeria per circoscrivere i danni.

Persenet si avvicinò e si sedette proprio davanti ad Harry. “Perché il muso lungo? Pensavo che fossi andato bene, nonostante tutto.”

Lui sussultò. Non si era reso conto di avere un’espressione turbata, anche se era ovvio che lo fosse. “Non sono riuscito a fermarlo, e ora Voldemort è tornato. La guerra è tornata.”

Le facce di Bill e Fleur si distorsero in identiche espressioni di furia.

“Signor Potter!” Esclamò Pomfrey, sconvolta. “Non spetta a te il fardello di vincere un mago del calibro di Tu-Sai-Chi.”

Forse. Ma si sentiva dannatamente così, e sentiva anche di aver fallito.

“Sai perché sono qui?” Chiese Persenet. “Perché i sirenidi hanno acconsentito ad aiutare, perché le dragonesse non hanno semplicemente bruciato vivi tutti, spettatori inclusi, al primo accenno di pericolo per le loro uova, nonostante la loro rabbia?”

Tutti si erano congelati, guardandola. Harry scosse la testa.

“Perché eravamo curiosi.” Disse. “Volevamo vedere cosa avesse da offrire il popolo magico, chi erano i migliori dei loro giovani.” Sorrise. “Non siamo rimasti delusi. Due ragazzi saldi, leali a modo loro, che conoscono la profondità del loro potere e come controllarlo. Una ragazza incrollabile che ama così intensamente da bruciare il mondo se qualcuno osa prendere ciò che le appartiene. E tu.”

Harry incassò la testa tra le spalle, preparandosi. Non avrebbe nemmeno dovuto esserci, era stato messo lì come stratagemma da Voldemort e li aveva quasi fatto ammazzare tutti.

Lei disse. “Tu hai gentilezza fin nelle ossa, Harry Potter.”

Lui sbatté le palpebre, preso in contropiede. “Cosa?” Poi: “La gentilezza non ha mai vinto delle guerre.”

“La gentilezza non ha vinto delle battaglie.” Disse lei. “Non ha mai perso una guerra.”

Non aveva idea di come rispondere. Fortunatamente non dovette farlo, perché in quel momento le porte si spalancarono di nuovo e un oceano di teste rosse avanzò con Hermione ad aprire la strada. “Harry!”

La signora Weasley riuscì a batterla sul tempo e afferrò Harry in un feroce abbraccio. Persenet e Fleur si fecero indietro e con la coda dell’occhio Harry riuscì a vedere Gabrielle e due adulti biondi che dovevano essere i suoi genitori convergere su Fleur. “Oh Harry, eravamo così preoccupati!”

Sembrava che Ron stesse per strappargli sua madre di dosso quando lei si fece indietro, e Ron lo strinse con lo stesso tipo di disperazione. Alzò un braccio ed Hermione si unì a loro. Entrambi i suoi migliori amici con un braccio intorno a lui, a stringerlo forte. “Mi hai fatto perdere anni di vita!” Disse ardentemente Hermione. Harry era abbastanza sicuro che Ron stesse piangendo.

“Scusate.” Disse e alzò gli occhi e salutò con la mano i gemelli e Ginny. Sembrarono rilassarsi un poco dopo averlo visto.

Immaginava di essere davvero fortunato, in fin dei conti.

 

-

 

Tutto venne rivelato abbastanza velocemente poco dopo.

Scoprirono che il vero Malocchio Moody era rinchiuso in un baule e posto sotto un incantesimo di stasi nel suo ufficio. Trovarono anche un potente incantesimo anti-tracciamento sulla giacca di Barty Crouch Jr, probabilmente per impedire che suo padre lo trovasse, ma impediva anche che venisse mostrato sulla mappa. Considerando che Barty Crouch Senior era stato disperso per più di un mese – a quanto pare Percy lo stava sostituendo e si era fatto carico di tutto il suo lavoro e nessuno se n’era accorto – e l’ipotesi principale era che suo figlio lo avesse ucciso, o che fosse scappato per non prendersi le sue responsabilità; ma, a meno che non si facesse vivo, non c’era modo di saperlo per certo. Girava voce che il posto di Crouch sarebbe stato dato a Percy, ma a quanto pareva c’era anche una corrente che voleva Percy come assistente del Ministro.

Esaminarono la bacchetta di Crouch Jr e confermarono che era stata usata per lanciare Imperio su Viktor e incantare il calice; quindi, attribuirono la colpa di tutto a Crouch Jr – anche se, visto che era morto, non c’era modo di ottenere una confessione concreta.

Winky era fuori di sé. Draco disse a Harry tramite lo specchio che lei sapeva che Barty Crouch Jr era evaso da Azkaban e che era stato lui a rubare la bacchetta di Harry. Ma giurò che non sapeva che fosse a Hogwarts – pensava che fosse a casa con il padre – e Draco le credeva. Ora che tutti lo sapevano non era più un segreto; quindi, Winky non era piè legata al silenzio. Disse a Silente e Kingsley tutto ciò che sapeva, dilungandosi, con Draco a spalleggiarla per tutto il tempo visto che aveva rifiutato di fargli interrogare la sua elfa senza che fosse presente anche lui.

Questo ricordò ad Harry di fare un salto nelle cucine un giorno dopo pranzo. C’erano pile di piatti sporchi alte fino al soffitto, e doveva essere la magia che gli impediva di crollare a terra. Era lì da nemmeno un minuto quando Dobby comparve di fronte a lui con uno schiocco, dei cappelli impilati sulla testa alti quasi quanto le pile di piatti. “Harry Potter!” Lo salutò con trasporto. Harry passò l’ora successiva a chiacchierare con Dobby, che dopo i primi minuti smise di vibrare, e riuscirono ad avere una conversazione quasi normale su Hogwarts. Dobby lo fece infine smammare con un cesto pieno di tartine alla melassa, dicendo. “Harry Potter sta crescendo e ha bisogno di dolci e riposo!” Era commosso. Desiderò che la gente lo assecondasse un po’ di più, e cercasse di ucciderlo di meno.

Ci fu un po’ di confusione su chi nominare campione, visto che Harry aveva toccato il trofeo per primo – ma solo a causa di Moody – e Cedric era arrivato per primo – ma non senza aiuto – e Fleur era stata attaccata e Viktor aveva a malapena avuto l’occasione di competere. Si discusse di creare un’altra prova, ma nessuno dei campioni acconsentì. Harry aggiunse che, visto che il calice era stato spento, non era più obbligato a fare niente di niente e quindi di non contare su di lui.

Fleur, Viktor e Cedric trovarono una soluzione. Giocarono a sasso carta forbice per il trofeo e decisero di dividere il premio. Tutti i giudici sembrarono orripilati tranne Silente, che sembrava deliziato dalla loro soluzione. “È più giusto di qualsiasi altra cosa in questo torneo.” Ragionò Viktor.

Dopo quarantacinque secondi di furibonda competizione, Fleur venne dichiarata Campionessa Tremaghi. Divise i mille galeoni equamente fra loro e lanciò quello avanzato a Harry, che lo acchiappò d’istinto. Per gli ultimi giorni dell’anno, i colori di Beauxbatons riempirono la Sala Grande.

Fu solo l’ultimo giorno prima della partenza che riuscirono a ritrovarsi tutti e sei. Harry finì per scendere da solo. Hermione aveva passato la giornata con Viktor e Ron era in compagnia di alcune ragazze di Beauxbatons, e gli avevano detto che l’avrebbero incontrato lì.

Non appena mise un piede oltre la soglia della porta, Blaise e Pansy calarono su di lui, controllandolo dappertutto e dandogli dello stupido in dieci lingue diverse. Lui sorrise e assicurò di stare bene e, dopo qualche minuto passato ad accertarsene, si fecero indietro.

Guardò verso Draco, che non aveva avuto occasione di vedere di persona sin dalla Terza Prova. Avevano parlato tramite lo specchio, ma non era la stessa cosa. Sembrava stanco. “Ehi.”

“Ehi.” Disse.

Harry si avvicinò, allungando una mano. Draco la prese, intrecciando le dita alle sue, e strinse. “Stai bene?”

Lui alzò le spalle. “Sono stato peggio.”

Gli diede una spintarella sul fianco. Cercavano di non fare gli smielati davanti ai loro amici, ma Harry si sporse abbastanza da sfiorare le labbra di Draco con le sue, appena appena. Quando si tirò indietro, realizzò che erano soli. Blaise e Pansy se n’erano andati. Draco si girò a cercarli, poi alzò gli occhi al cielo. “Non c’era bisogno. So che anche loro volevano vederti.”

Harry immaginò che significasse che anche Ron e Hermione non si sarebbero presentati. Sperava almeno che si fossero riuniti da qualche altra parte. Incorniciò il viso di Draco fra le mani, premendo un altro bacio più deciso sulle sue labbra. “Anche io voglio vederli. Ma sono contento di poter stare da solo con te.”

Draco lo abbracciò e si strinsero l’uno all’altro, respirando e basta per un lungo momento. “Harry, i miei genitori, io, papà- devo tenere la testa bassa, devo interpretare il ruolo di un Mangiamorte obbediente. Non voglio farlo, ma se Voldemort gli fa del male perché sospetta di me-“

“Va tutto bene.” Disse Harry. Era triste, non per sé stesso, ma per Draco. Loro avrebbero continuato come avevano già fatto, sgattaiolando in qualche classe, e sarebbe stato una rottura, ma se la sarebbero cavata. Ma l’intera vita di Draco stava per diventare un’interpretazione teatrale, non solo quella piccola parte, mentre Harry poteva comunque essere sé stesso il resto del tempo. “Lo capisco. Devi proteggere la tua famiglia.”

“Devo proteggere anche te!” Draco si tirò indietro abbastanza da lanciargli un’occhiataccia. “Sei il mio ragazzo e la mia anima gemella. Non sceglierò tra di voi. Non posso.”

Harry non aveva intenzione di farglielo fare, ma non concerneva solo lui. “Okay. Io-okay. Andrà tutto bene.” Decise, anche se il futuro sembrava più incerto e pericoloso che mai.

Draco sbatté le palpebre. “Cosa?”

“Andrà tutto bene.” Ripeté. “Io ho te e tu hai me, e abbiamo tutti i nostri amici. La guerra sta arrivando e non penso che riusciremo a fermarla. Ma non sta arrivando solo per te o per me. Sta arrivando per tutti noi. Quindi l’affronteremo insieme.”

Il suo ragazzo sorrise per la prima volta e disse: “Okay. Lo faremo insieme e andrà tutto bene.” Un po’ della tensione evaporò dalle sue spalle e Draco tirò la maglietta di Harry, tirandoselo ancora più vicino. “Questa è la nostra ultima notte prima di un’intera estate separati. Vuoi andare a cercare i nostri amici, o…?”

Ci fu uno scoppiettio infuocato. Si separarono con un salto, le bacchette alzate, ma erano solo due biglietti di un bianco cremoso stampati d’oro. Ne presero uno a testa e Draco rise di cuore.

Diceva: Per festeggiare la vittoria di Beauxbatons sulle altre scuole di inferiori e tristi perdenti, faremo una festa. Se vi fate beccare noi non ne sappiamo niente. Rovinate il divertimento e ci assicureremo che nessuno sappia mai più di voi. Se vi presentate prima della mezzanotte, siete una vergogna.

“Beh.” Disse Harry. “Questo ci lascia comunque due ore.”

“Per andare a cercare i nostri amici?” Chiese Draco con tono innocente.

Harry fu abbastanza cavaliere da lanciare un incantesimo ammorbidente sul pavimento prima di spingerlo giù e salirgli sopra.

 

-

 

Draco indossava gli stessi jeans troppo stretti e una casacca senza maniche dei Quiberon Quafflepunchers con dettagli di strass. Era merchandise ufficiale. Sua madre gliel’aveva comprata per il suo compleanno, l’anno precedente. Si presentò un po’ in anticipo, per cercare Fleur e Saida. Invece, quando entrò nella carrozza, trovò Bill Weasley che scaricava una dozzina di casse di birra egiziana Masri in un frigo incantato. Incrociarono gli sguardi e si bloccarono. Draco inarcò un sopracciglio.

“Ron ha detto che era una pessima idea farsi nemica Fleur, e di farle un’offerta di pace.” Disse. “Quindi, uh, mi sono fatto mandare queste da uno dei miei colleghi di Cairo.”

Draco allungò la mano. Bill sembrò combattuto, ma sospirò e gli passò una bottiglia. Draco utilizzò il suo anello di ferro per stapparla, un trucchetto che aveva imparato da sua madre. Era densa e dolce, quasi più vino che birra. “Buona.”

“Questo spetta a me giudicarlo.” Disse Fleur quando entrò nella stanza. I suoi capelli erano leggermente arricciati e piovevano sulle sue spalle e indossava un vestitino dorato con la schiena scoperta. A Draco non sfuggì il modo in cui gli occhi di Bill si sgranarono a quella vista e non poté a biasimarlo. “Draco, tesoro, sei in anticipo.”

Si sedette vicino a lui, girando la testa così da farsi dare un bacio sulla guancia. “Volevo solo averti un po’ per me prima che arrivassero gli altri.”

“Ovviamente fai pena a condividere.” Disse lei. Guardò Bill in attesa. “Quindi?”

Le passò una bottiglia, stappandola con nonchalance con un incantesimo. Non l’aveva fatto, per Draco. Lei prese un lungo sorso, poi schioccò le labbra e disse: “Okay, non è niente male.”

“Ne sono felice.” Bill sorrise. “Questo significa che possiamo essere amici?”

Fleur si tamburellò il mento come se ci stesse riflettendo, poi sorrise e allungò la mano. “Suppongo di sì.”

Lei e Bill si strinsero la mano, poi entrambi lasciarono la presa e si schiaffarono le mani sul retro dei loro colli. Draco rimase a bocca aperta. Non era possibile-

Lei si girò a dargli la schiena, alzò i capelli e gli chiese in francese: “È lì?

Fino a poco prima aveva un anello nero sul retro del collo, come chiunque non avesse ancora incontrato la propria anima gemella. Ma era sparito. “È una ghiandaia azzurra.” Disse, tracciando in maniera assente i bordi del delicato uccellino tatuato sul suo collo.

Guardarono entrambi Bill, che era pallido e con gli occhi sgranati. Si girò anche lui e spostò i capelli. Nello stesso punto, c’era un falco. Non conosceva Bill abbastanza da sapere quanto di lui lo rendesse simile ad una ghiandaia, ma un rapace come marchio rappresentante Fleur gli tornava.

“Beh, merda.” Disse Draco. “Uh, credo sia ora di andare.”

Bill scosse la testa e Fleur gli afferrò il braccio. “Non farlo.” Disse lei, poi deglutì e guardò di nuovo Bill. La sua anima gemella. “Uhm, tu- voglio dire, uh-“

“Non sono insieme a nessuno e tu sei molto forte, e bella.” Disse lui, tutto d’un fiato. “Potremmo, uh, conoscerci meglio, magari. Se ti va. A meno che tu non stia uscendo con qualcuno. Possiamo essere amici? Sono un buon amico.” Bill sembrava mortificato. A Draco venne in mente che forse era stato un bene che lui e Harry non fossero stati in grado di parlare subito dopo aver scoperto di essere anime gemelle, perché così si erano evitati… quello.

Lei scosse la testa, ma non disse nulla. “È alto.” Puntualizzò Draco, che sapeva fosse uno dei suoi punti deboli.

Quello dovette prenderla in contropiede, perché la fece ridere e si rilassò. “Fanno sempre comodo altri amici.” Disse lei, tornando in sé e allentando la stretta mortale sul braccio di Draco.

“Fantastico!” Bill si illuminò. Draco finì per bere in silenzio di fianco a loro mentre parlavano, contribuendo con l’occasionale osservazione zozza in francese solo per far scandalizzare Fleur.

Presto arrivarono altre persone e la festa iniziò per davvero.

Hermione e Viktor passarono tutta la festa accoccolati l’uno all’altra, entrambi tristi. A quanto pareva avevano deciso di lasciarsi quando sarebbe iniziata l’estate, il che non aveva molto senso per Draco visto che sapeva che Clarence e Quinn sarebbero rimasti insieme, e Susan aveva promesso di continuare a scrivere almeno ad una mezza dozzina di ragazze delle varie scuole.

Bill, inizialmente, non aveva pianificato di rimanere ad una festa con una mandria di ragazzini, ma Fleur lo invitò a rimanere, quindi lo fece. Draco dovette tossire per mascherare le sue risate quando Ron, Fred, George e Ginny scoprirono che Bill e Fleur erano anime gemelle e andarono fuori di testa. Ron sembrò il più deliziato di tutti, prendendo Fleur in braccio e facendola volteggiare mentre lei rideva, dicendo che ora non dovevano più preoccuparsi di perdersi di vista, giusto? Era dolorosamente adorabile.

A metà festa - e dopo che tutte le parti avevano bevuto troppo perché fosse del tutto sicuro - Fleur, Clarence e Harry salirono sulle loro scope, planando sopra di loro. Qualcuno – probabilmente Fleur – aveva incantato la scopa di Harry perché lasciasse dietro di sé una scia di colori come una vera scopa da planata. Era chiaro che non avessero un’immagine in mente, ma scivolarono comunque attraverso l’aria, creando un bel mix di colori e figure. Tutti esultarono – e se stessero cercando anche un minimo di tenere quella festa segreta, dopo quel momento sarebbe ufficialmente andato tutto giù per il tubo.

Li guardò tutti. Pansy, Blaise e Millie erano raggruppati insieme intorno ad un gruppo di studenti Corvonero e Beauxbatons, discutendo animatamente su qualcosa a cui nessuno di loro importava, infastidendo entrambe le parti. Le gemelle Patil erano tremendamente affascinanti nei loro sari, entrambe con un equamente affascinante studente di Durmstrang al braccio. Tutte le quattro case e le tre scuole che si mescolavano, ridendo insieme. Non poté evitare il presentimento che quello fosse l’inizio della fine.

Sperò di non perdere tutto quello per sempre. Sperò, un giorno, di poter organizzare un’altra festa, proprio come quella.

Sperò che la guerra non li avrebbe divisi tutti.

 

-

 

Giunse la mattina in cui tutti avrebbero lasciato Hogwarts e Harry avrebbe avuto la gioia di passare un’altra splendida estate con i Dursley. Si svegliò ore prima, determinato a fare un’ultima passeggiata prima di passare i due mesi successivi nel Surrey. Dopodichè, Ron aveva promesso di venire a prenderlo a qualunque costo, ed era praticamente l’unica cosa che avrebbe reso quell’estate tollerabile.

Prese l’uscita verso Erbologia, visto che l’avrebbe portato più vicino alla capanna di Hagrid. Sapeva che il guardiacaccia si alzava presto, quindi sperava di poter passare un po’ di tempo a salutarlo, anche se avrebbe comportato un altro round di the troppo forte e torte rocciose appena commestibili. Quello che non si aspettava era di sbattere contro Viktor non appena girò l’angolo. L’altro gli afferrò le braccia per evitare di farlo cadere. “Harry! Che ci fai in piedi così presto?”

Sbatté le palpebre, alzando la testa. “Passeggiavo. Tu?”

Viktor arrossì e lo lasciò andare. “Stavo accompagnando Hermione al castello, visto che ha passato la notte con me sulla nave.”

“Oh.” Disse e immaginò che, ehi, non aveva nulla da perdere. “Posso farti una domanda, anche se non sono affari miei?”

Lui fece una risata nasale. “Harry, hai aiutato a impedirmi di uccidere Cedric. Penso che una risposta onesta sia il minimo che ti devo.”

“Quello non è stata colpa tua!” Protestò. “È colpa di Moody. Ti sei quasi ammazzato per resistere, hai fatto quello che hai potuto e stiamo tutti bene. Nessuno ce l’ha con te.”

Viktor fece spallucce, non concordando ma nemmeno negando ancora. “Qual è la tua domanda?”

Harry sospirò dal naso, ma decise di sputare il rospo. “Perché tu ed Hermione vi state lasciando? Voglio dire, a lei piaci davvero, sai?”

“Oh.” Disse lui e la sua immediata tristezza fece pentire Harry di averlo chiesto. “Lo so. Anche a me lei piace tanto. Ma non voglio essere in mezzo.” Harry lo fissò, non capendo. Viktor sorrise e chiarificò: “Immagino che se Ronald dovesse, come dire, darsi una svegliata, verrei velocemente bidonato.”

“Lei non lo farebbe!” Disse Harry. “Le piaci sul serio. E poi, Ron non la metterebbe mai in quella posizione.” Ron era geloso, così platealmente geloso, ma stava facendo del suo meglio per non fare lo stronzo. Non avrebbe mai costretto Hermione ad un ultimatum tra lui o Viktor. “È suo amico, prima di tutto.”

“Lo so.” Stava sorridendo, nonostante l’argomento. “Ronald è un brav’uomo. Ma io sarà in Bulgaria e lui sarà qui. Con lei.” Alzò le spalle. “Mi piace pensare di essere, anch’io, un uomo per bene. Se sarà single quando ci incontreremo la prossima volta, magari possiamo provarci di nuovo. Ma non voglio essere la ragione per cui lei e Ronald non possono essere felici insieme.”

Harry pensò che Ron ed Hermione sarebbero finiti insieme, prima o poi. Probabilmente. Ma non gli piaceva l’idea che sarebbe stato al costo della felicità di Viktor, e sapeva che neanche a loro sarebbe piaciuta.

Viktor sorrise e gli mise una mano sulla spalla. “Vuoi vedere il segreto meno segreto di tutta la Bulgaria?”

“Ok?” Disse, incerto di dove volesse andare a parare.

Viktor si girò e alzò la maglietta. Sulla parte bassa della sua schiena c’era una felce, i bordi delle foglie che si allungavano per arricciarsi intorno ai suoi fianchi. “È Iva.” Lasciò la presa e si girò.

Harry si ricordò della ragazza simpatica che gli aveva portato da bere quando erano saliti sulla nave di Dumstrang. “Abbiamo scoperto di essere anime gemelle quando avevamo sette anni. La amo. Ma sarebbe come stare insieme a mia sorella. Lei dice che essere mia amica è già abbastanza estenuante e che essere la mia ragazza sarebbe intollerabile. Quindi, quello che voglio dire è: la vita è strana. Ho trovato la mia anima gemella e ho trovato Hermione, e non ho nemmeno vent’anni. Sono sicuro che ci sia qualcun altro lì fuori, quindi non preoccuparti per me.”

Harry sorrise e disse: “Vuoi venire con me da Hagrid? Fa the e tortini tremendi, ma è molto gentile e ha un cane gigante che sbava e ti metterà la testa sulle gambe.”

“Andata.” Disse Viktor, ridendo.

Hagrid era effettivamente sveglio e fu felice di lasciarli entrare e dargli da mangiare. Le torte rocciose erano state appena sfornate, il che significava che erano morbide abbastanza da morderle senza spaccarsi i denti. Non erano niente male, appena sfornate; una sorpresa gradita.

In fin dei conti, fu un’ultima mattina a Hogwarts decente.

 

-

 

 

Non appena il treno partì da Hogwarts, Draco si alzò in piedi. Ignorò gli sguardi inquisitori di Millie, Blaise e Pansy e disse semplicemente: “Non aspettatemi, vi raggiungerò.” E lasciò il compartimento.

Camminò lungo il treno finché non trovò chi cercava. Non appena si palesò sull’uscio, tutti si zittirono. Cassius, Flora e Flint erano tutti nello stesso compartimento, piegati ad analizzare tattiche di Quidditch. Aveva sperato di trovarlo da solo, ma non era sorpreso che non fosse andata così. “Ho bisogno di parlare con Cassius.”

Si era aspettato discussioni. Invece, Flora e Flint raccolsero le proprie cose e se ne andarono senza una parola. Il che fu… strano, come minimo. Draco chiuse la porta dietro di loro, per poi lanciare un incantesimo silenziante. Cassius alzò le sopracciglia. “Beh, questo è preoccupante.”

“So che mi hai detto di farmi i cazzi miei prima, ma te lo chiederò di nuovo. Che intenzioni hai con George? Perché sei così preoccupato di tenerlo segreto?”

Cassius aprì la bocca, poi la chiuse. “Me lo stai chiedendo adesso? Tu-Sai-Chi è tornato!”

“I tuoi genitori si sono tenuti fuori dall’ultima guerra, possono fare lo stesso con questa.” Disse lui. “Di cos’è che hai così tanta paura?”

Lui sussultò come se lo avesse schiaffeggiato. “Io- non sono affari tuoi, giusto per essere chiari, ma semplicemente non può funzionare. Entrambi abbiamo anime gemelle che non abbiamo ancora incontrato, la mia famiglia e la sua non andrebbero mai d’accorto e siamo persone troppo diverse. Io non- Merlino, non so nemmeno cos’abbiamo in comune, in verità. È solo che continuiamo a finire insieme. Non è una relazione. È una scappatella.”

“Quindi pensi che se lo tieni segreto, se non gli tieni la mano a Hogsmeade o non gli scrivi durante l’estate, allora non conta? Che in qualche modo starai meno di merda quando si stuferà delle tue cazzate e ti lascerà?” Chiese. “Non essere stupido. Lo ami?”

Sembrava che gli occhi di Cassius stessero per uscirgli dalle orbite. “Io- che- non sono affari tuoi! Perché ti interessa?”

“Perché io non ho una scelta in questa guerra.” Si assicurò di fissarlo negli occhi. “I miei genitori hanno deciso la mia strada prima che fossi nato e non posso scrollarmela di dosso senza metterli in pericolo. Io non posso scegliere. Tu sì. Scegli lui.”

“Anche tu puoi scegliere.” Disse piano Cassius.

Draco non lo degnò di una risposta. “Pensaci.” Disse, prima di aprire la porta del compartimento ed uscire. Dovette fare diversi respiri profondi prima di andare a cercare i suoi amici.

Li trovò nel retro del treno e bussò per farsi aprire. La porta si aprì e fu trascinato dentro prima che fosse chiusa di nuovo. Sbatté un paio di volte gli occhi per assicurarsi di non stare allucinando, poi si girò verso Hermione. “Incantesimo estensivo?”

Il compartimento era raddoppiato di dimensioni. C’erano loro sei, più Millie, come si era aspettato. Ma anche i gemelli, Neville, Ginny e Luna si erano stretti dentro. “Incantesimo estensivo.” Concordò Fred. “Non stare lì in piedi, mettiti a sedere.”

Anche con l’incantesimo estensivo non c’era posto, a meno che non volesse sedersi per terra, cosa che non avrebbe fatto.

“Oh, per la barba di Merlino.” Ginny si alzò e si lasciò cadere in braccio a Neville. Draco non sapeva che fosse fisicamente possibile – o salutare – per un essere umano arrossire fino a quella sfumatura. “Ecco, contento adesso?”

“Euforico.” Disse seccamente, prima di prendere il suo posto di fianco a sua cugina. Luna gli si appoggiò addosso e Draco le circondò le spalle con un braccio.

“Discorsi deprimenti sulla guerra che incombe o spara schiocco?” Chiese Millie.

“Spara schiocco.” Dissero tutti in coro.

Millie era praticamente imbattibile a spara schiocco. Approvò con trasporto la loro decisione.

 

-

 

Quando arrivarono alla piattaforma, Harry venne travolto dal resto dei Weasley. Molly e Arthur erano venuti a prenderli e Arthur venne verso di lui prima ancora che i suoi figli, dandogli un veloce abbraccio e scompigliandogli i capelli. “Stai bene, Harry?”

“Benissimo.” Disse, sorridendo. Solo due mesi con i Dursley. Aveva vissuto lì per dieci anni, poteva sopportare due mesi. E poi avrebbe potuto tornare dai Weasley.

Molly era impegnata a ricoprire di baci i visi di tutti i suoi figli e fece lo stesso anche per lui. “Sei davvero troppo magro, tesoro.” Disse. “Fammi sapere se vuoi che ti mandi qualcosa per posta durante l’estate, okay? Qualunque cosa.”

Oh, Merlino, si era quasi dimenticato della ridicola dieta di Dudley. “Va bene, signora Weasley.”

“George! George, per di qua!” Tutti si girarono. Cassius, l’ufficioso capitano della squadra di Quidditch Serpeverde, stava correndo verso di loro.

“Che sta facendo?” Sussurrò George. Fred fece spallucce.

Cassius li raggiunse, ma non smise di correre. Invece si schiantò contro George, lo afferrò per i fianchi e lo baciò.

Ad Harry quasi cadde la mascella.

George lo spinse via, gli occhi sgranati. “Sei fuori di testa? Ci possono vedere tutti! i tuoi genitori sono qui, ti uccideranno, non puoi-“

“Ti amo.” Disse, le parole che proruppero come se non potesse impedir loro di marciare fuori dalle sue labbra. George si paralizzò. “Ti amo. Non mi interessa chi lo scopre. Lo dirò al mondo intero.”

Fred e Ron si stavano tenendo su a vicenda. Ginny aveva una mano davanti alla bocca e i loro genitori stavano sorridendo.

“Ma-“ Disse George, sbattendo velocemente le palpebre per combattere le lacrime. “I tuoi genitori, e Voldemort è tornato, e, solo, tutto quanto-“

“Per alcune cose vale la pena di correre il rischio. Tipo tu. Per te lo correrei.” Disse e si tirò di nuovo George addosso per baciarlo. George incrociò i polsi dietro il suo collo e lo baciò, le lacrime che scorrevano liberamente sulle guance. Cassius si girò per fargli fare un casquè e poi si dovettero fermare perché George si era messo a ridere.

“CASSIUS CARTER WARRINGTON!” C’era una donna su tutte le furie che urlava dall’altra parte del binario.

George aggrottò la fronte, ma Cassius alzò le spalle e basta, ancora che sorrideva. “Ooops. Devo andare. Ti scriverò durante l’estate, ok?”

“Okay.” Acconsentì. Cassius gli incorniciò il viso per asciugargli le lacrime con il pollice, ma poi venne distratto dal suo intento originale e lo baciò un’altra volta.

“CASSIUS! CARTER! VIENI QUI IMMEDIATAMENTE!”

Cassius fece un passo indietro, alzando gli occhi al cielo. “Se non ti scrivo entro tre giorni, mi avranno rinchiuso in una cantina a morire di fame. Indossa il mio fazzoletto e ricordami con amore.”

“Non essere ridicolo.” Disse. “Verrei a salvarti.”

“Decisamente un piano migliore.” Gli concesse Cassius, prima di dargli un altro bacio veloce e dirigersi verso sua madre con un innegabile brio nei suoi passi. “Ti amo!”

“Ti amo anch’io!” Esclamò di rimando.

Fred lo placcò per un abbraccio. Ginny e Ron evocarono una cascata di fiori sopra di lui e Harry si ricordò della conversazione che aveva avuto con George mesi prima, quando l’aveva beccato a sgusciare di soppiatto nella sala comune, e fece: “Oh! Ti stavi vedendo con Cassius!”

George alzò gli occhi al cielo e allungò la mano per scompigliarmi i capelli. “Sì, mi stavo vedendo con Cassius.” Si girò verso i genitori e disse: “Io, uh, ho un ragazzo?”

“L’abbiamo visto.” Disse seccamente Arthur.

“Sembra un giovanotto molto carino.” Aggiunse Molly, sorridendo gioiosa. “Molto affascinante.”

Ginny fece un gesto così-così con la mano, giusto per fare la rompi, e George minacciò di chiuderla nel capanno per l’estate.

Due mesi, si ricordò Harry mentre camminavano verso l’uscita, dove lo stavano aspettando i Dursley. Solo due mesi.

 

-

 

 

Draco udì la signora Worthington urlare e non poté impedirsi un moto d’orgoglio per Cassius. Non si voltò, non se lo permise, ma era seriamente tentato. Sua madre lo stava aspettando, ovviamente, e gli sistemò i capelli dietro l’orecchio e disse. “Vieni, tesoro.”

Entrò nella carrozza. Suo padre era lì, non un capello fuori posto, come se nulla fosse successo. Non appena sua madre chiuse la porta dietro di lei, Draco gli si lanciò addosso. Lucius non esitò, cingendolo con le braccia. “Stai bene?” Chiese Draco, la voce acuta. “Tu- So che non ho fatto abbastanza, non sono molto esperto, ma stai bene?”

“Sei stato bravissimo.” Lo elogiò Lucius. “Sto bene. Abbiamo chiamato un guaritore privato il giorno dopo, quando non avrebbe sollevato troppi sospetti.” Passò le dita tra i capelli di Draco. “Non l’avevo notato prima, ma sono diventati lunghi.”

I capelli gli sfioravano appena le spalle. Aveva permesso solo a Pansy di spuntarglieli durante l’anno. “C’erano altre cose più importanti.” Disse, lasciandolo finalmente andare. Baciò sua madre su entrambe le guance, per poi sedersi sull’altro lato della carrozza.

Non avevano risolto nulla, non davvero. Erano ancora ai lati opposti di quella guerra e lo sapevano. Ma quello era più importante. La loro famiglia era più importante.

 

-

 

Era la sua prima notte di nuovo con i Dursley e stava da schifo. Gli avevano fatto la solita ramanzina su quanto fossero generosi a lasciarlo vivere nella loro stessa casa per l’estate, dato una lista di faccende da completare e poi l’avevano rinchiuso nella sua stanza per il resto della notte. Non gli avevano dato niente per cena ed Harry sperò che fosse perché se n’erano dimenticati, e non che pianificassero di fargli fare la fame per tutta l’estate.

Ci furono dei colpetti sulla finestra. Sbatté le palpebre. Non aveva pensato che qualcuno si sarebbe scomodato a mandargli una lettera la prima notte – e anche se fosse, non sarebbe riuscita ad arrivare così presto.

Non c’era un gufo fuori dalla finestra.

Aprì la finestra, un sorriso a trentadue denti sul viso. “Sirius!”

Harry si fece indietro in modo che il suo padrino potesse scendere dalla finestra. La prima cosa che fece fu aprire le braccia e Harry non esitò ad affondare il viso nel petto di Sirius. “Mi è quasi venuto un infarto quando ho sentito cos’è successo.” Disse lui. “Ero così contento che quel dannato torneo fosse finito e poi succede questo!”

“È tutto ok.” Disse, indietreggiando per poterlo guardare in faccia. Sembrava preoccupato, ma comunque più in forma di quanto Harry lo avesse mai visto. Non c’era più traccia del carcerato in fuga. Invece, sembrava semplicemente Sirius, l’uomo nella foto di matrimonio dei suoi genitori. “Sto bene e anche tutti gli altri. Beh, a parte Barty Crouch Jr.”

“È fortunato ad essere morto.” Ringhiò Sirius. “Altrimenti lo avrei ucciso io stesso.”

Probabilmente c’era qualcosa di sbagliato in lui perché delle minacce di violenza lo rendessero felice. Oh beh. “Fleur ti ha battuto sul tempo. Spero che tu possa incontrarla prima o poi, è fantastica.”

“Sembra il mio tipo di ragazza.” Concordò lui. “Non hai ancora disfatto le valigie, vero? Prendi il tuo baule e andiamo, Edvige può seguirci.”

Harry sbatté gli occhi. “Cosa? Ma pensavo che dovessi stare con i Dursley.”

“Questo è quello che vuole Silente. Ma forzarti a stare in questo posto infernale aveva senso finché ti forniva un minimo di protezione contro Voldemort. Ora non più. Il tuo sangue è parte di lui, quindi quello che rimane della magia di sangue di Lily non funzionerà. Non che abbia bisogno di toccarti per ucciderti, quindi io non ho mai pensato che avesse senso. Ma ora, decisamente no.” Concluse.

“Ce ne andiamo davvero?” Chiese Harry, qualcosa che somigliava pericolosamente alla speranza che gli sbocciava nel petto. “Dove andiamo?”

“Ti ricordi quando ho detto che io e Remus stavamo ristrutturando la casa della mia famiglia? Andiamo lì. Ci sono ancora dei lavori in corso, ma ha abbastanza protezioni e barriere che nemmeno Voldemort e la sua intera armata riuscirebbero ad entrare.” Fece una smorfia. “Il posto è ancora un vero disastro. Se vuoi, possiamo vedere se riusciamo a mettere abbastanza barriere sulla casa dei Weasley, so che sarebbero felici di averti-“

“No.” Disse, interrompendolo. “Non voglio. Li adoro. Non vedo l’ora di vederli di nuovo. Ma voglio passare l’estate con te e Remus.” Non riusciva a credere di non dover più stare lì, che invece avrebbe potuto vivere con il suo padrino e Remus, che avrebbe potuto vivere con i migliori amici di suo padre invece che con l’orribile sorella di sua madre.

Sirius sorrise. “Bene. Perché anche noi vogliamo passare l’estate con te.”

Lo volevano. Non era un peso, una responsabilità. Era voluto.

“Come andremo?” Chiese.

Sirius puntò fuori dalla finestra. Harry fece capolino con la testa e vide che, sospesa appena sotto, c’era una lucida moto nera. “Remus e io abbiamo appena finito di modificarla.”

“Puoi insegnarmi a guidarla?” Chiese.

Sirius rise, scompigliandogli i capelli. “Certo. Remus la odia, non gli piace salirci nemmeno come passeggero.”

Legarono il baule sul retro e lasciarono libera Edvige, dandole istruzioni di volare dietro di loro. Sirius si arrampicò fuori dalla finestra e sulla moto. Harry fece per sedersi dietro di lui, ma invece Sirius si fece indietro e gli indicò di sedersi davanti. Si bloccò. “Uhm?”

“Hai detto che volevi imparare. Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi.” Disse Sirius.

“Non ho idea di come fare.” Disse Harry. “Letteralmente nessuna.”

“Il lato positivo di imparare a guidare su una moto volante è che c’è molta meno roba contro cui schiantarsi quando sei a migliaia di metri da terra.” Gli fece notare. “E poi, non può essere più difficile di cavalcare un drago o duellare contro Voldemort.”

Beh. Se la metteva così… Harry salì sulla moto, chiuse con soddisfazione la sua finestra con un rumore sordo e si sedette davanti al suo padrino. Sirius gli spostò le mani, spiegandogli velocemente cosa facevano i vari pulsanti. “Piegati indietro e premi il pedale.” Disse, avvolgendo un braccio intorno ad Harry in modo che non venisse scaraventato via dalla moto. “Non ti preoccupare, se stai per fare qualcosa di davvero stupido, sarò lì a metterci una pezza.”

Harry fece come istruito e vennero sparati nell’aria. L’urlo di estasi di Sirius fece probabilmente svegliare mezzo quartiere e idem le risate di Harry mentre volavano intorno ad una nuvola, nulla sopra di loro tranne le stelle e, sotto di loro, i puntini delle case del Surrey.

Sarebbe stata un’estate fantastica.

 

 

 

Note autrice: spero che vi sia piaciuta!

A tutti quelli che pensavano che avrei ucciso Cedric: ragazzi. Dai. Ricordate: succederanno cose brutte, ma questa fic non vuole farvi del male.

Ho un paio di progetti su cui lavorerò prima di iniziare il quinto anno; quindi, non preoccupatevi se non aggiorno in fretta 😊

Come al solito, sentitevi liberi di seguirmi/infastidirmi su: shanastoryteller.tumblr.com

Posto i miei aggiornamenti di scrittura nella tag “progress report” se è qualcosa che vi interessa sapere 😊

 

Note traduttrice: Sì. Lo so. Siamo in ritardissimo.

Questo capitolo sarebbe dovuto uscire verso la fine dell’anno scorso, per far combaciare la fine del 2022 con la fine della “saga” del calice di fuoco. Purtroppo gli impegno di tutte quante hanno allungato i lavori – e sarò sincera, per un periodo avevo perso anche la motivazione. Se avete voglia di spendere qualche minuto del vostro tempo per darci un feedback su questo MOSTRO di quaranta pagine, sarebbe incredibilmente apprezzato.

Piccolo spoiler per la “stagione” successiva: saranno dieci parti. Pregate per noi.

Un incredibile ringraziamento a @crispygarden per il lavoro di beta su questo capitolo – senza di lei, questo capitolo non sarebbe arrivato ai vostri occhi.

Per rimanere aggiornati su tutte le mie traduzioni e lavori e sapere a che punto sono potete seguirmi su TUMBLR  <- CLICCA QUI

   
 
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