Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-Gi-Oh! VRAINS
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Autore: M a k o    24/09/2023    10 recensioni
• Datastormshipping (Ryoken/Yusaku)
• Raccolta di dodici (meno una) One Shot AU
• January: La malinconia delle primule
• February: I will follow my heart back to you
• March: Just look into my eyes (you will cry)
• April: Shizukesa (静けさ)
• May: L'altra mia metà
• June: Io ti aspetterò
• July: Stelle sporche e impolverate
• August: I'm free (you are my saviour)
• September: You are able to save me and I am able to save you
• October: Pioggia d'autunno
• LA STORIA DEL MESE DI NOVEMBRE NON È PRESENTE IN QUANTO SI TRATTA DI UNA MINI LONG PUBBLICATA A PARTE
• December: Un bouquet di rose bianche — (Eccola, meravigliosamente indescrivibile, la risata che aveva giurato di proteggere per il resto della vita).
• L'intera Raccolta partecipa all'evento Year of the OTP indetto su Tumblr
• Ogni One Shot partecipa alle diverse Challenge indette dal forum Siate Curiosi Sempre
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Ryoken Kogami/Revolver, Yusaku Fujiki/Playmaker
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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September

Stappiamo lo champagne, chiamiamo l'orchestra, spariamo i fuochi d'artificio (se sforiamo col budget, mi accontento dei coriandoli): SONO UFFICIALMENTE IN PARI CON LA RACCOLTA!
Da ottobre in poi pubblicherò solo la OS relativa a quel mese e insomma, meglio tardi che mai!
Sono davvero felice di essere finalmente in pari, senza contare che questa OS mi ha fatta stare proprio bene mentre la scrivevo, nonostante le tematiche affrontate.

Prima di lasciarvi allo specchietto, vi dico solo che il titolo della storia è ripreso pari pari, parola per parola da ciò che Yusaku dice a Ryoken durante il loro secondo duello — che per me vale come dichiarazione d'amore e nessuno mi potrà mai convincere del contrario.
Inoltre, se avete presente le OS A Mark On My Soul e After Rain, la situazione vi apparirà subito abbastanza chiara — ma in caso contrario, non vi preoccupate, fa lo stesso.
Vi auguro buona lettura!


September: Hurt/Comfort
Prompt forum: “In questo momento ho bisogno di un'unica cosa: un abbraccio. Un gesto antico quanto l'umanità” (Paulo Coelho) (Everybody Needs A Hug Challenge)
Rating: Giallo
Generi: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo
Note: Modern!AU, POV Ryoken
Avvertimenti: Tematiche delicate



You are able to save me
and
I am able to save you




1

Stava per scoppiargli la testa. In quel momento desiderò ardentemente trovarsi a casa, al caldo, nel posto giusto e con la persona ancora più giusta. Non ne poteva più.
Aveva raggiunto un livello di stress e tensione che rischiava di compromettere in maniera importante la sua salute psicofisica e lui, da bravo testardo quale era, aveva stretto i denti ed era andato avanti come se niente fosse, dando l'illusione di essere quello di sempre, un giovane uomo impossibile da scalfire.
    (Uomo. Umano. E proprio per questo, in realtà, molto più fragile di quanto si possa immaginare).
Ryoken sospirò, perdendosi nella speranza che quell'esalazione sconfortata potesse colmare il vuoto dell'auto e tenergli un po' di compagnia, ma questa sparì all'istante e lui rimase nuovamente solo. Solo coi suoi pensieri, i suoi tormenti e le sue preoccupazioni.
Non voleva accendere la radio perché sarebbe stato peggio: anche a basso volume, aveva un mal di testa talmente atroce che ogni singola parola uscita dalla bocca di un anonimo speaker l'avrebbe mandato nel pallone — e lui stava guidando in una strada alquanto trafficata, quindi era meglio non rischiare.
Nemmeno la musica avrebbe potuto alleviare tutto lo stress che provava. A dirla tutta, in quel momento, l'unica cosa che desiderava era la quiete, la pace interiore che si respira dopo essersi rintanati tra le proprie quattro mura.
Desiderava con tutto se stesso tornare a casa il più presto possibile.


2

Ce l'aveva fatta. Finalmente aveva parcheggiato la macchina in garage, era sceso dalla vettura e presto sarebbe rientrato in casa. Il sole era quasi completamente tramontato e, per l'ennesima volta, Ryoken si rese conto di essersi trattenuto troppo al lavoro: aveva trascorso ore infinite davanti lo schermo di un computer a digitare codici e ragionare sugli innumerevoli progetti che l'azienda per cui lavorava stava portando avanti.
Era considerato uno dei migliori nel campo della realtà virtuale, ma c'erano volte, come quella sera, in cui avrebbe preferito essere un impiegato qualunque che passava inosservato, un volto anonimo tra la folla. Spiccare e occupare una posizione di rilievo era stato il suo obiettivo fin dall'inizio e ne era felice; ma se questo significava dover sacrificare tutto il resto, provava una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
Suo padre non c'era più, ma per anni gli aveva inculcato insegnamenti di cui faticava ancora a liberarsi.

Come, ad esempio, il fatto che fare carriera e ricoprire un ruolo di prestigio fosse la cosa più importante nella vita, l'aspirazione massima, ciò a cui un uomo non doveva rinunciare per nulla al mondo. Ryoken ci aveva fermamente creduto per tantissimo tempo.
    (Poi però aveva incontrato Yusaku e le sue priorità erano drasticamente mutate).


3

Quando entrò in casa, fu accolto dal buon profumo della cena e dal calore che risiedeva tra quelle quattro mura. La linea di demarcazione più netta ed evidente tra il mondo esterno e l'intimità della casa era proprio questo: chiudersi la porta alle spalle e lasciare fuori il gelo dell'autunno per addentrarsi in quel rifugio colmo di amore e meraviglia.
Perché, ancor prima delle luci accese, della tavola apparecchiata e dello sfrigolare delle padelle sul fuoco, era il profumo della cena a invadergli i sensi, a dirgli che Yusaku era a casa, a pochi metri di distanza da lui, e che aspettava solo di essere raggiunto e farsi abbracciare forte.
E quando ciò accadde, quando finalmente poté poggiare le mani sui suoi fianchi e stringerli con garbo, Ryoken si lasciò completamente andare come mai aveva fatto in vita propria. Fu nuovo, diverso, un tipo di reazione del tutto inesplorato. E forse riuscì a spaventarsi proprio per questo, nonostante avesse le energie prosciugate.
Di solito, quando tornava a casa e trovava Yusaku intento a preparare la cena, lo osservava mentre si voltava per accoglierlo con un sorriso e poi, indipendente da ciò che Yusaku stava facendo — mescolare la zuppa, condire l'insalata o preparare le uova strapazzate —, Ryoken lo sollevava da terra prendendolo per i fianchi e girava intorno almeno due volte. Amava il modo in cui Yusaku si sorprendeva, come se fosse sempre la prima volta; e amava il modo in cui rideva per poi avvolgergli le braccia intorno al collo e cercare immediatamente le sue labbra per unirle alle proprie.
    (Un quadro perfetto, puro e immacolato).
Ma questa volta andò diversamente, perché Ryoken era talmente
    (distrutto, estenuato, sciupato)
stanco che non riuscì a fare nulla di tutto ciò e, paradossalmente, il sorriso di Yusaku gli diede il colpo di grazia.
Perché avrebbe dovuto proteggere quel sorriso anche quel giorno e sapeva che, invece, non ci sarebbe riuscito. Non quella volta. E che questo avrebbe sicuramente allarmato il suo ragazzo, l'ultima cosa che Ryoken avrebbe voluto fare in vita propria.
E pesava. Pesava davvero tanto.


4

Stava per crollare. Proprio lì, davanti al suo amore, senza dargli spiegazione alcuna. Anziché sollevarlo da terra, Ryoken fece vagare le mani sulla sua schiena e poggiò il capo sulla sua spalla, un appiglio accogliente che lo fece sospirare di sollievo.
Le gambe erano in procinto di cedere, ma si impose di rimanere in piedi, quasi volesse mettere radici in quel punto esatto della cucina. Avrebbe voluto dire tantissime cose, ma era troppo
    (distrutto, estenuato, sciupato)
stanco anche solo per pronunciare il suo nome.
E non voleva portare Yusaku con sé, non voleva che affondasse con lui, ma non riusciva a staccarsi da quel porto sicuro, dal calore del suo corpo e dal profumo dei suoi capelli.
Yusaku sospirò e Ryoken si sentì così in colpa per essersi ridotto in quello stato che per un attimo temette di aver fallito in tutto nella vita.
    «Ryoken… vieni, sediamoci sul divano».
Non seppe in che modo, ma grazie al sostegno di Yusaku riuscì miracolosamente a recarsi in salotto e sedersi sul divano. Da quando Yusaku era diventato così forte? Lo sosteneva senza emettere un fiato e l'aveva affiancato per quel breve tragitto con una determinazione fuori dal comune. Come se sapesse esattamente cosa doveva fare.
Proprio come si comportava Ryoken ogniqualvolta era Yusaku ad avere bisogno di aiuto.
Frattanto, l'emicrania era peggiorata. Le tempie erano sul punto di esplodere e il loro pulsare incessante era a dir poco insopportabile.
Seduto sul divano, con gli occhi socchiusi e il respiro pesante, vide Yusaku staccarsi da lui e allontanarsi di poco.
    «Arrivo subito» lo informò mentre si toglieva il grembiule. «Vado a spegnere i fornelli e poi sarò di nuovo da te».
Ryoken annuì meccanicamente e a fatica contò i secondi che lo separavano dal ritorno di Yusaku. Era talmente distrutto che si sarebbe addormentato sul divano nel giro di un battito di ciglia; al contempo, però, il mal di testa era così opprimente che gli impediva di lasciarsi andare al sonno.
Che situazione sgradevole — e, ancora di più, il fatto che Yusaku dovesse assisterlo per cosa, poi? Per un mal di testa? Bastava così poco per metterlo al tappeto? Da quando era diventato così debole?
Quasi non si accorse che Yusaku fosse tornato, sedendosi accanto a lui; quando però il ragazzo gli prese garbatamente il volto tra le mani e avvicinò le labbra alle sue, in un solo attimo Ryoken si sentì alleggerito di tonnellate e tonnellate di stress e tensione. Non poteva desiderare di meglio, prima di assumere la medicina: la vicinanza della persona che amava, la sua comprensione e il suo supporto.
Fu un bacio dolce, lento, pregno di amore. Un bacio che Ryoken percepì in maniera ancora più intensa poiché tenne gli occhi chiusi, concedendosi qualche attimo per riposare la vista.
    «Sei bellissimo» sussurrò a fine bacio, dopo aver riaperto lentamente gli occhi e aver messo a fuoco la sua figura.
Yusaku sorrise, arrossendo appena. «E tu sei devastato» gli disse, attirandolo a sé e facendogli poggiare il capo contro il petto.
Il battito cardiaco regolare che gli rimbombava nelle orecchie era l'unico suono che a Ryoken non dava fastidio. Perché significava che Yusaku stava bene e questo per lui aveva la priorità.
Un sorriso rassegnato gli incurvò le labbra nel constatare che sì, era davvero tanto devastato
    (distrutto, estenuato, sciupato)
e per un attimo non seppe come uscirne e ne ebbe paura.
Ci pensò Yusaku ad aiutarlo: «Finisco di preparare la cena, così poi potrai prendere la pastiglia per il mal di testa, va bene? Vorrei dartela subito, ma non puoi prenderla a stomaco vuoto…»
Ryoken si rilassò un poco, sospirando. «Resisterò».


5

Mentre assaporava la zuppa di miso e addentava un pezzo di tamagoyaki, Ryoken si domandò cosa sarebbe successo quella sera se fosse rincasato in un appartamento vuoto. Rifletté su cosa avrebbe fatto se fosse stato da solo e ne concluse che si sarebbe accontentato di un pasto veloce per prendere quella maledetta pastiglia e poi sarebbe filato dritto a letto. E il giorno dopo si sarebbe svegliato alle sette in punto, si sarebbe preparato e sarebbe andato al lavoro, pronto a distruggersi per un'altra giornata intera.
Con Yusaku, invece, stava accadendo l'esatto opposto: non aveva ancora assunto la pastiglia, ma già il solo fatto di gustarsi una cena casalinga nella quiete più assoluta in compagnia della persona che amava aveva in parte lenito il pulsare doloroso alle tempie; inoltre, Yusaku non aveva ammesso replica alcuna quando gli aveva suggerito — o forse era meglio dire imposto — di rimanere a casa dal lavoro il giorno successivo e pensare solo a riposarsi.
In altre circostanze, Ryoken non avrebbe mai e poi mai contemplato una soluzione simile. Per suo padre, poi, sarebbe stata una scelta da vigliacchi.
Cielo, doveva smetterla di fare paragoni. Non avevano alcun senso e soprattutto non gli facevano bene.
Ryoken non avrebbe mai pensato che un giorno Yusaku capitombolasse all'improvviso nella sua vita e, soprattutto, non avrebbe mai pensato che si sarebbe innamorato di lui. Eppure era successo. Era successo e, ironia della sorte, Yusaku era distrutto eppure, solo e soltanto lui, era riuscito a salvare Ryoken dalla spirale asfissiante nella quale si stava inabissando giorno dopo giorno.
Prendersi cura di Yusaku era stato ciò che lo aveva salvato. Ciò che gli aveva fatto capire cosa fosse l'amore.
    (Quello vero).
E che non era una perdita di tempo.
Nulla, assolutamente nulla del tempo trascorso con Yusaku era andato sprecato. E ora non gli restava altro che affidarsi completamente a lui.


6

Dopo aver preso la pastiglia per il mal di testa e aver avvisato chi di dovere che il giorno successivo sarebbe rimasto a casa, Ryoken si sentì improvvisamente più sollevato. Era sazio, i muscoli erano molto meno tesi e una piacevole leggerezza si era insinuata nella sua testa, benevola e lenitiva.
Si sedette sul divano e attese pazientemente che Yusaku finisse di lavare i piatti — si era offerto di aiutarlo, ma il ragazzo non aveva voluto sentire ragioni e gli aveva detto di riposarsi.
Da quando Yusaku era così… autoritario? Non sapeva bene come definirlo, ma sicuramente qualcosa in lui era cambiato e Ryoken lo trovava affascinante. Voleva scoprirlo, saperne di più a riguardo. Perché aveva come l'impressione che si fosse perso un passaggio, qualcosa di importante a cui avrebbe invece dovuto prestare attenzione.
Quando Yusaku tornò da lui, pareva lo stesso di sempre. Ma il modo in cui lo prese per mano e lo aiutò ad alzarsi dal divano era così nuovo che Ryoken ne rimase colpito. C'era come una strana trepidazione in lui, qualcosa di curioso e indecifrabile.
Solitamente la sera guardavano un film accoccolati sul divano, ma per quella volta avrebbero lasciato da parte gli aggeggi elettronici — Ryoken aveva spento il suo smartphone dopo aver visto quante e-mail di lavoro gli erano giunte da parte dalla SOL Technologies. Non ne poteva più.
Sarebbero andati a letto presto. Una buona occasione per coccolarsi e parlare sottovoce. Inoltre, Ryoken voleva saperne di più. Di Yusaku e del suo atteggiamento tanto deciso.


7

Fu come coricarsi su una soffice nuvola. A Ryoken era bastato poggiare il capo sul cuscino per provare questa sensazione, ma non si sarebbe addormentato, non nell'immediato almeno. Yusaku era steso accanto a lui, le dita delle loro mani intrecciate, i loro sguardi incatenati e i loro respiri vicinissimi.
L'abat-jour sul comodino di Yusaku era acceso ed era più che sufficiente a illuminare la stanza quel tanto che bastava per scorgere i particolari più importanti. E Ryoken voleva scoprirli tutti quanti, senza tralasciarne nemmeno uno.
Si rese conto che anche Yusaku era stanco. Quel giorno aveva seguito le lezioni universitarie di mattina, al pomeriggio aveva studiato, era andato a fare la spesa e poi verso sera aveva anche preparato la cena. Eppure non aveva esitato un attimo a prendersi cura di lui e coccolarlo, senza dare a vedere quanto fosse provato dopo una lunga giornata di impegni.
    (Ryoken in quel momento pensò che fosse meraviglioso).
    «Ora come stai?» gli domandò Yusaku mentre stringeva un po' più forte la sua mano.
    «Meglio. Almeno le tempie hanno smesso di pulsare… ti ringrazio».
    «Era il minimo che potessi fare». Poi lo sguardo di Yusaku si rabbuiò un poco. «Ryoken… nell'ultimo periodo stai lavorando troppo, te ne rendi conto anche tu, vero?»
Ryoken sospirò. «Lo so. Ma ce la posso fare, davvero—»
   «Sì, e tra qualche giorno tornerai a casa ridotto peggio di come sei ora» sbottò Yusaku, alzando gli occhi al cielo. «Io non voglio che questo accada».
    «Yusaku…»
Il ragazzo lo interruppe: «Ricordi tutto quello che hai fatto per me e che continui a fare per me?»
E Ryoken non poté che annuire.


8

Certo che ricordava quei momenti. Erano stati i più significativi della sua vita, quelli che avevano avuto un impatto così forte da mutare drasticamente la sua ragione d'essere.
Yusaku non stava bene, ma non era una malattia passeggera la sua e soprattutto le medicine per curarla erano estremamente delicate e bisognava impegnarsi per mantenerle integre giorno dopo giorno. Era un percorso tortuoso e complicato, quello nel quale Ryoken si era inoltrato. Perché avere a che fare con una persona che soffriva di depressione, aiutarla e sostenerla, era quanto di più difficile avesse mai affrontato in vita propria.
La
    (Bestia Senza Volto)
depressione era subdola, tremenda e manipolatrice.
Faceva di Yusaku — della sua emotività soprattutto — ciò che voleva, intossicava i suoi pensieri con veleni mortiferi e insidiava voci sconosciute nella sua testa che gli sussurravano con cattiveria quanto fosse insulso, inutile, assolutamente inadatto alla vita.
Per Ryoken, vedere la persona che amava diventare sempre più l'ombra di se stessa ogni giorno che passava era dilaniante. E per la prima volta, di tutti gli insegnamenti che suo padre gli aveva inculcato nel corso del tempo, non sapeva proprio che farsene.
Salire al vertice avrebbe aiutato Yusaku a guarire? Ottenere gratificazioni sul lavoro ed essere ammirato dai colleghi avrebbe permesso a Yusaku di stare meglio? Stare lontano da lui per concentrarsi sugli innumerevoli progetti aziendali gli avrebbe dato la forza di rialzarsi in piedi?
    (No. Assolutamente no).
Ma in una cosa suo padre aveva ragione: mettici tutto te stesso sempre, in ogni momento.
E così aveva fatto. Si era impegnato sia al lavoro che a casa, non aveva mai fatto mancare nulla a Yusaku ed era arrivato a imboccarlo pur di assicurarsi che mangiasse qualcosa perché a un certo punto Yusaku aveva iniziato a rifiutare il cibo e ad avere sempre meno appetito.
Ryoken aveva sempre dato il massimo senza mai risparmiarsi, diviso tra la casa e il lavoro, tra l'amore della sua vita e quella che un tempo era l'unica aspirazione a cui mirava che, se messa a confronto con ciò che provava per Yusaku, si riduceva a un microscopico granello di polvere.
Che senso aveva trovarsi al vertice se poi la persona che amava continuava a stare male? Il benessere di Yusaku era diventato la sua priorità e fu proprio questo a segnare Ryoken come uomo: perché per la prima volta aveva scelto con la propria testa, senza lasciarsi condizionare dal volere di un padre che non c'era più e che, tra l'altro, non aveva mai accettato Yusaku nella sua vita.
    (Sta con te solo per i soldi).
    (È una distrazione).
    (Ti rovinerà).
Non era vero. Non era assolutamente vero.
Eppure a quelle cattiverie era arrivato a crederci proprio Yusaku, e quante volte Ryoken l'aveva abbracciato forte per impedire che aprisse la porta di casa per uscire dalla sua vita. Quante volte gli aveva dimostrato di amarlo e quante volte Yusaku l'aveva dimostrato a lui nonostante tutte le sue paure, i suoi traumi e le sue insicurezze.
Poi un giorno le cose cambiarono. Yusaku aveva iniziato un percorso di psicoterapia, assumeva un farmaco che gli procurava un po' di sonnolenza ma che gli faceva comunque bene e si stava pian piano riappropriando della propria vita.
Ryoken era orgoglioso di lui, di ogni più piccolo passo che muoveva verso la felicità, ed era onorato di potergli stare accanto. Ma non fu niente, proprio niente rispetto a ciò che avvenne una sera in cui tornò a casa dal lavoro e trovò le luci accese, la tavola apparecchiata e un profumo invitante che proveniva dalla cucina.
E quando vide Yusaku intento a preparare la cena, il suo cuore traboccò di una gioia impossibile da quantificare e, ne era certo, in quel momento Ryoken poteva definirsi l'uomo più felice del mondo. Perché se Yusaku stava preparando la cena significava che era uscito di casa per fare la spesa, che aveva passeggiato all'aria aperta, che si era preso cura di sé. Che finalmente un barlume di speranza era riaffiorato nel suo cuore.
Ryoken non gli diede il tempo di dire nulla: gli si avvicinò, lo prese per i fianchi e lo sollevò da terra
    (cielo, quanto era magro).
Poi girò su se stesso per due volte, con Yusaku che si lasciò scappare un gridolino di sorpresa e, subito dopo, iniziò a ridere genuinamente, avvolgendo le braccia attorno al suo collo.
Quando Ryoken smise di girare, si stavano già baciando, stretti l'uno all'altro nel loro legame unico e speciale.
    «Ho preparato un po' di cose» disse Yusaku dopo aver salvato per puro miracolo le bistecche dall'essere bruciate — aveva dimenticato i fornelli accesi e si era lasciato un po' troppo andare con le effusioni quando Ryoken era rincasato.
    «Spero siano commestibili, non cucinavo da un po'…»
Ryoken osservò le diverse pietanze che Yusaku aveva preparato e, solo alla vista, gli parvero tutte invitanti, perfino le bistecche salvate per il rotto della cuffia. Poi notò un piccolo vassoio un po' in disparte rispetto a tutto il resto, coperto da un tovagliolo.
    «E quello cos'è?» domandò, indicandolo con un cenno del capo.
Yusaku arrossì appena. «Oh, quello… niente di che, ho preparato dei panini con la marmellata, nel caso tutto il resto dovesse rivelarsi un disastro».
Ryoken non poté fare a meno di ridere divertito a quella risposta. E una sensazione di meravigliosa speranza gli invase il petto.
Quella sera, dopo cena, fecero l'amore. Fecero l'amore e fu come rinascere insieme, senza mai smettere di tenersi per mano.
    (E alla fine mangiarono anche i panini con la marmellata come spuntino di mezzanotte. Perché certe esperienze bisognava concluderle in bellezza).


9

Ryoken non avrebbe dimenticato mai quei momenti. Così come ciò che accadde pochi giorni dopo, quando Yusaku gli disse che avrebbe ripreso a studiare all'università.
Tutto questo accadde circa l'anno addietro. E ora, dopo altri innumerevoli passi in avanti, Yusaku appariva davvero cambiato, e non solo perché aveva ripreso peso e colorito. Appariva cambiato in un modo che Ryoken non sapeva ancora spiegarsi, ma che già amava con tutto se stesso.
    (E si rese conto, come mai aveva fatto in vita propria, di avere un disperato bisogno di lui).
    «Lo sai che tutto ciò che ho fatto per te lo rifarei altre mille volte ancora» disse con voce un po' roca. All'improvviso parlare era diventato più difficile, ma non demorse.
    «Certo che lo so» rispose Yusaku, annuendo lievemente. «Ma lo stesso ora vale per me, solo che fatico a fartelo capire. Così ho pensato di lasciar da parte le parole e far parlare i fatti al posto loro».
Ryoken sorrise. Coi fatti Yusaku gli aveva già mostrato tanto.
    «Vuoi provare a parlarmene ora?» gli chiese mentre portava la mano libera a carezzargli la gota.
Yusaku annuì, socchiudendo gli occhi per quel caldo contatto. «Avevo notato già da un po' quanto il lavoro ti stesse assorbendo sempre di più ogni giorno che passava,» iniziò a raccontare con calma, senza tralasciare nulla, «e so quanto ci tieni, ti sei impegnato tanto per arrivare dove sei ora e la tua determinazione l'ho sempre ammirata. Ma… se penso che potranno esserci altre serate come questa, in cui tornerai a casa e quasi non ti reggerai in piedi, sto male. Non voglio che il troppo lavoro ti riduca in quello stato ancora una volta».
Qui Yusaku si fermò, conscio che nella mente di Ryoken si stava svolgendo un conflitto apocalittico. Per Ryoken sarebbe stato facile dirgli che le tempie avevano ricominciato a pulsare e lasciare tutto in sospeso fino alla mattina successiva; sarebbe stato facile, sì, ma non era da lui.
Il fatto era che lo sapeva. Era conscio che Yusaku avesse ragione e sapeva quanto fosse preoccupato per lui. Sapeva che nell'ultimo periodo il troppo lavoro lo stava schiacciando sempre più e si riscoprì essere un nessuno qualunque, uno tra i tanti, un volto anonimo tra la folla.
Suo padre aveva dimenticato di aver generato un altro essere umano e non un robot dall'energia illimitata. Che sacrificarsi così tanto per giungere in cima a una montagna dalla quale non si poteva ammirare alcun paesaggio, solo un'infinita distesa di nebbia grigia e densa non aveva alcun senso.
Era solo un grandissimo spreco.
    «Tu hai fatto così tanto per me che c'erano volte in cui non sapevo nemmeno da dove cominciare per ringraziarti» proseguì Yusaku dopo un po'. «Se eri stanco non lo davi mai a vedere e, soprattutto, non ti sei mai lamentato. Grazie. Grazie per ogni momento che mi hai dedicato».
Prendersi cura di Yusaku l'aveva cambiato. Gli aveva fatto capire che c'era anche altro nella vita e che dedicarsi alle persone amate ripagava sempre. Ma non avrebbe mai pensato che sarebbe potuto succedere il contrario, che i ruoli un giorno si sarebbero invertiti.
Yusaku si avvicinò un po' di più, tanto che per poco le loro labbra non si sfiorarono.
    «Quindi ora, permettimi di fare lo stesso con te. Sono diventato forte abbastanza per prendermi cura di te quando stai male. Forse non ti ripagherò mai a sufficienza per tutto quello che hai fatto per me in questi anni, ma almeno fammi cominciare. Tu sei in grado di salvare me e io sono in grado di salvare te».
Ryoken era rimasto senza parole. Un abnorme paradosso, visto e considerato che solitamente nella coppia era lui quello loquace mentre Yusaku tendeva a essere più taciturno. E per la prima volta qualcuno era stato in grado di togliergli tutto, ma nel modo più bello possibile.
Si avvicinò a sua volta, e finalmente le loro labbra si incontrarono. Si baciarono per minuti interi, senza più dirsi nulla, perché in fondo si erano già detti tutto — o quasi — e Ryoken aveva capito di avere davvero un disperato bisogno di Yusaku, di sentirlo accanto a sé e percepirne la morbidezza delle labbra. E soprattutto aveva bisogno di un suo abbraccio, di quel gesto antico quanto l'umanità in grado di farlo sentire ancora tutto intero.
    «C'è una cosa importante che ancora non ti ho detto» sussurrò Yusaku tra un bacio e l'altro e lì Ryoken avvertì nuovamente tutta la trepidazione che aveva colto prima, quando Yusaku l'aveva aiutato ad alzarsi dal divano, qualcosa di curioso e indecifrabile.
    (Assolutamente meraviglioso).
    «Ed è anche il motivo per cui desidero che non ti affanni più tanto al lavoro».
    «Dimmi».
    «Da lunedì inizierò a lavorare anch'io».
Ryoken sgranò gli occhi, colto del tutto alla sprovvista.
    «Quando…?»
    «Oh, è da un po' che cercavo un lavoro qui nei dintorni. Un part-time da gestire insieme allo studio e alle lezioni universitarie. Ora mi sento pronto e… ho trovato qualcosa».
Ryoken si fece tutto orecchi. «E cosa hai trovato?»
E Yusaku arrossì. Non velatamente, bensì in maniera alquanto marcata. «Hai presente il nuovo Rabbit Cafè che ha aperto a due isolati da qui? Cercano personale e così…»
Notando l'espressione di Ryoken — un misto tra sorpresa, malizia e altre cose indecifrabili ma fin troppo lascive —, Yusaku si affrettò subito a dire: «Ryoken, no. Non mi vestirò da coniglietto».
    «Ah, che peccato!» rispose con teatralità, come se stesse recitando in una tragedia.
Yusaku si lasciò scappare un risolino. «Però, davvero,» continuò tornando serio, «promettimi che prenderai in considerazione l'idea di lavorare meno, d'ora in avanti. Adesso ci sono anch'io e… non voglio più rimanere indietro».
Ryoken lo baciò un'altra volta ancora. «Lo farò, te lo prometto».
Se avesse lavorato di meno, avrebbe avuto più tempo per stare con Yusaku. Tutte quelle ore in più davanti allo schermo del computer le avrebbe invece trascorse insieme alla persona che amava. Poteva forse chiedere di meglio?
Si ripromisero di festeggiare a dovere la bellissima notizia nel week-end. Nel frattempo, prima di addormentarsi, Ryoken si divertì un sacco a stuzzicare Yusaku circa la sua nuova divisa da lavoro e a godersi ogni sua reazione imbarazzata.
Poi si lasciò cullare dall'unica cosa di cui necessitava in quel momento: un altro abbraccio da parte di Yusaku, la sua roccia, il suo porto sicuro.
    (Era bello perdersi tra le sue braccia, ora abbastanza forti per proteggerlo).
Per un attimo tornò con la mente a vagare in quell'universo alternativo in cui rincasava in un appartamento vuoto, privo di amore e di calore umano. No, non ce l'avrebbe mai fatta. Non sarebbe mai riuscito a sostenere una solitudine simile.
Il qui e ora erano diversi: era felice perché la persona che amava l'aveva salvato e lo proteggeva nel suo abbraccio.
E non avrebbe cambiato ciò per nulla al mondo.



N.d.A.

Io avrei davvero il mondo intero da dire, ma cercherò di essere breve: per me questa storia chiude un cerchio che è iniziato con A Mark On My Soul, è proseguito con After Rain e trova la sua conclusione qui, con questo ribaltamento dei ruoli che non è definitivo, semplicemente in questo momento è Ryoken ad avere bisogno di aiuto e Yusaku è in grado di aiutarlo.
Le due OS citate non sono collegate tra loro, così come non sono collegate a questa storia, ovvero: avvengono in universi e tempi diversi, ma hanno un filo conduttore che è quello in cui Ryoken salva Yusaku e gli fa capire che la sua vita è preziosa e che non ha nulla da temere, perché coi suoi tempi riuscirà a riemergere dall'abisso in cui è sprofondato.
Qui avviene l'opposto: Yusaku si preoccupa per la salute psicofisica di Ryoken e finalmente si sente in grado di aiutarlo e fare qualcosa per lui.
Perché per aiutare il prossimo devi prima stare bene tu e Yusaku è a un punto del suo percorso in cui riesce a reggersi e camminare sulle sue gambe, magari inciampando, ma trovando sempre la forza di rialzarsi.

La devozione che provano l'uno nei confronti dell'altro diventa sempre più palpabile a ogni storia che scrivo e devo dire che in tutto questo tempo sono cresciuta e continuo a crescere insieme a loro; tanto per dirvi che fino a qualche tempo fa non avrei mai pensato di riuscire a scrivere una storia di questo tipo, in cui è Yusaku a salvare Ryoken sotto ogni punto di vista, e invece…

Immagino abbiate notato che in questa storia, poi, ho chiamato la Bestia Senza Volto col suo vero nome, senza edulcorarlo: la depressione è qualcosa che mi ha lasciato il segno e probabilmente non se ne andrà mai, ma grazie a chi mi ha aiutata e continua a farlo sento che posso affrontarla con molta più risolutezza, quindi mi sembrava giusto chiamarla col suo vero nome.
Vi ringrazio per aver letto la storia e per essere arrivati fino a qui.
Alla prossima!

M a k o
   
 
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