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Autore: Parmandil    07/10/2023    1 recensioni
Le porte del Multiverso sono aperte! Per tre anni gli avventurieri della Destiny hanno vagato tra le realtà, cercando di ritrovare la propria. Ma tutto ciò non era che il preambolo del vero conflitto.
Catapultati in un sistema stellare costruito artificialmente, assemblando pianeti ghermiti dal Multiverso, i nostri eroi iniziano a comprendere il diabolico piano degli Undine. Divisi dopo una fallita infiltrazione, dovranno scegliere tra la filosofia federale – il bene dei molti conta più di quello di uno – e la propria – tutti per uno e uno per tutti. Riusciranno i naufraghi a sopravvivere sul pianeta Arena, dove i più formidabili guerrieri del Multiverso si affrontano in lotte all’ultimo sangue? Quali segreti si nascondono sulla stazione a forma d’icosaedro? Chi è realmente il Viaggiatore? E soprattutto, di chi ci si può fidare? Tra stargate e monoliti, tra gli Aracnidi di Klendathu e i Vermi di Dune, le differenti realtà si contaminano come non mai. La posta in gioco è più alta, i nemici più agguerriti e le lealtà personali saranno messe alla prova come non mai. Anche radunando i campioni del Multiverso, c’è una sola certezza: stavolta non tutti i nostri eroi si ritroveranno sani e salvi.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Viaggiatore, Nuovo Personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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-Epilogo:
Data Stellare: 2613.147
Luogo: Mondo Corallo, capitale Undine
 
   Il mondo corallino fluttuava nello Spazio Fluido come il nucleo di un’immensa cellula. Lo aveva fatto per millenni, crescendo assieme alla sua popolazione. Ma ora qualcosa era cambiato: le bionavi in transito erano attentamente scansionate e una vasta flotta militare sorvegliava il pianeta. Erano segni di un nervosismo che raramente aveva toccato gli Undine prima d’allora.
   Diversamente dai pianeti degli altri Universi, abitati solo in superficie, il Mondo Corallo aveva una struttura interna omogenea, senza sbalzi di pressione e temperatura. Di conseguenza era traforato e abitato in tutto il suo volume, dal guscio esterno fino al nucleo. La sua popolazione ammontava a trilioni d’individui. Più si scendeva, più s’incontravano caste di rango elevato: produttori, burocrati e amministratori, militari, scienziati e formatori. Tra le ultime due caste si giocava da secoli una partita serrata, in quanto i militari avevano grande potere nella società Undine, specialmente in tempo di conflitti. Ma gli scienziati, e in particolare i formatori, avevano il compito di migliorare costantemente la specie. Quindi potevano teoricamente condannare l’intera generazione corrente, militari compresi, e sostituirla con una più evoluta. All’atto pratico, questo non accadeva mai in modo così repentino, poiché per gli scienziati avrebbe significato condannare anche se stessi. Nondimeno, la rivalità tra le due caste esisteva, sfociando talvolta in rappresaglie.
   Ma c’era qualcuno che incuteva uguale terrore nei militari e nei formatori, qualcuno che aveva l’ultima parola in ogni scelta importante. Costui era l’Imperatore, che viveva acquattato nel nucleo del Mondo Corallo, diramando i suoi ordini e intervenendo personalmente solo nei casi più gravi. E quello odierno era appunto uno di quei casi.
   La Sala del Giudizio, di forma esagonale, era gremita d’esponenti di tutte le caste, invitati ad assistere all’evento. Si assiepavano sulle tribune, come spettatori di una tragedia teatrale. Al centro, in posizione rialzata, sorgeva il trono dell’Imperatore, avviluppato dai vapori biancastri che filtravano dal pavimento. Il monarca era lì, seminascosto dai fumi. Solo il bagliore dei suoi occhi gialli – sei in tutto – filtrava attraverso la cortina fumogena. Ora quegli occhi erano fissi sul Supervisore, che giaceva prostrato innanzi al trono, intento a fare rapporto sull’umiliante disfatta. Nessun altro dei presenti osava trasmettere i suoi pensieri, per non arrecare disturbo.
   Al termine del resoconto, il Supervisore tacque e restò in attesa del giudizio. Sapeva che il suo destino era appeso a un filo. Quando un comandante militare subiva una grave disfatta, spettava all’Imperatore decidere la sua sorte... e anche quella delle truppe superstiti.
   Dopo un breve silenzio, qualcosa si mosse tra i vapori del trono. Mentre i sei occhi continuavano a fissare il Supervisore, senza sbattere mai, quattro tentacoli si agitarono e schioccarono come fruste. Fu l’unico rumore della sala, dato che il dibattito avveniva per via telepatica. «Maestro Formatore, hai qualcosa da aggiungere al rapporto del Supervisore?» chiese il sovrano.
   L’interpellato si fece avanti, prostrandosi a sua volta. «Vostra Maestà, il rapporto è stato esaustivo e veritiero» trasmise telepaticamente. «C’è un solo dettaglio che il Supervisore ha trascurato. Dopo che gli avventurieri s’infiltrarono sulla stazione, liberando i prigionieri, il nostro compianto Ufficiale Tattico suggerì di chiedervi rinforzi. Questi ci sarebbero stati preziosi per proteggere la stazione, garantendo la buona riuscita dell’operazione. Ma il Supervisore rigettò il consiglio, preferendo procedere con le forze già a sua disposizione. In effetti, credo che non abbia nemmeno inoltrato un rapporto di quel primo incidente» rivelò.
   «Non l’ha fatto, o ne sarei stato informato» confermò l’Imperatore. «Dimmi, perché non mi hai avvertito?» chiese al Supervisore.
   «Io... non volevo annoiarvi con quello che allora sembrava un incidente di scarsa importanza» rispose questi, fissando il pavimento.
   «Di scarsa importanza?!» s’incollerì l’Imperatore, facendo schioccare i tentacoli. «Una nave nemica giunge occultata nel tuo sistema, senza che tu riesca a rilevarla. Una squadra nemica s’infiltra nel tuo quartier generale e libera dei prigionieri di grande valore. Tutto questo, mentre stai per ghermire un altro pianeta... e ti sembrano fatti irrilevanti?! Avresti dovuto informarmi seduta stante, e chiedermi rinforzi. Io te li avrei concessi. Invece hai temuto di apparire debole... hai temuto che ti togliessi l’incarico... tanto che hai preferito procedere con quello che avevi. E così facendo hai perso tutto!». Lo sguardo imperiale passò brevemente allo scienziato. «Dimmi, Maestro Formatore: in caso di rinforzi, ritieni che la battaglia avrebbe avuto un esito più favorevole?».
   Il Supervisore guardò il Formatore, come implorandolo di dire di no. Ma lo scienziato lo ignorò del tutto. «Non sono un militare, Vostra Maestà, ma non occorre esserlo per constatare che ci sarebbero bastate poche bionavi in più per vincere» dichiarò. «Anzi, sarebbe bastato che il Supervisore ne tenesse di meno a sorvegliare Arena e di più a proteggere la stazione durante l’apertura dell’interfase» aggiunse.
   Il Supervisore strinse i pugni, accorgendosi che il secolare conflitto tra scienziati e militari stava per mietere un’altra vittima: lui stesso.
   «Quindi sei stato anche maldestro nel gestire le forze che avevi» constatò l’Imperatore, tornando a concentrarsi sull’imputato. «Adesso serviranno anni per costruire un nuovo impianto mietitore. Anni di ritardo, che permetteranno ai federali di organizzarsi contro di noi. E se la Destiny informerà anche gli altri, presto ogni potenza del Multiverso saprà cos’abbiamo fatto ed esigerà vendetta. Alla luce di tutto questo... hai un’ultima dichiarazione da fare, prima che io emani la mia sentenza?».
   «Sì» rispose il Supervisore, rialzando il capo. «Mi assumo la piena responsabilità dell’accaduto. Sono pronto a pagare per i miei errori. Vi chiedo solo questo, Altezza: risparmiate le mie truppe, perché esse non hanno colpa. Hanno solo obbedito ai miei ordini».
   «Così sia» concesse l’Imperatore. «I superstiti saranno reintegrati nella mia flotta. Quanto a te... sei condannato a morte per la sfiducia nei miei confronti e per l’incompetenza che ha provocato questo disastro militare. La sentenza sarà eseguita immediatamente».
   Ciò detto il monarca si alzò dallo scranno e si fece avanti, uscendo finalmente dalla colonna di vapori, così che tutti lo videro. Era gigantesco, tanto da torreggiare sul pur imponente Supervisore. La sua forma era ancor più aliena, per via dei quattro tentacoli che gli uscivano dalla schiena e dei sei occhi giallastri che spiccavano sull’enorme testa triangolare. Anziché violacea, la sua epidermide era nera come la pece. Nel silenzio degli astanti, l’Imperatore scese la ripida pedana innanzi al trono, finché fu davanti al Supervisore prostrato. Per un attimo lo osservò dall’alto in basso, con aria sdegnata. Poi i tentacoli scattarono, conficcandosi in profondità nelle carni del Supervisore. La corte assistette in silenzio: esecuzioni di quel genere erano rare e avevano un certo impatto, perché ricordavano che nessuno era al di sopra del giudizio imperiale.
   La vittima s’irrigidì e rantolò, ma non fece alcun serio tentativo di sfuggire alla sua sorte, sapendo che le guardie dell’Imperatore sarebbero intervenute all’istante. Tutti videro che i tentacoli del sovrano pulsavano allo stesso ritmo incalzante, assorbendo i liquidi organici dell’altro. L’Imperatore stesso si rinvigorì: i muscoli si gonfiarono e la pelle divenne più elastica, quasi fosse ringiovanito.
   Al Supervisore accadde l’esatto opposto. La sua pelle s’incartapecorì, mentre l’organismo privato dei liquidi si rinsecchiva. Ben presto l’Undine fu ridotto a un essere scheletrico: persino i suoi occhi s’infossarono, divenendo ciechi e lattiginosi. Si accasciò sul pavimento, scosso dagli ultimi sussulti d’agonia. Infine la sua carcassa disseccata giacque al suolo, simile a un’antica mummia. Allora l’Imperatore ritirò i tentacoli, raccogliendoli attorno a sé, e alzò lo sguardo, rivolgendosi al vasto auditorio.
   «Miei sudditi, avete assistito a quest’atto di giustizia» annunciò. «Ma ciò non cancella il disastro militare. In questo momento la Destiny sta informando i nostri avversari delle sue scoperte. Dobbiamo prepararci a un duro conflitto. Il che rende ancor più importante avere la piena cognizione delle abilità e delle strategie nemiche. Pertanto gli esperimenti su Arena continueranno, sotto una nuova supervisione».
   Gli Undine ascoltarono ancora più attentamente, aspettandosi che il sovrano nominasse un nuovo Supervisore; ma non fu così.
   «Quanto accaduto mi costringe tuttavia a cambiare atteggiamento. Troppo a lungo ho atteso in questo luogo vigilato, delegando ad altri le decisioni cruciali. Ho riposto la mia fiducia nell’Esaminatore, e lui mi ha deluso. Poi l’ho riposta nel Supervisore, e anche lui mi ha deluso» proseguì il monarca, accennando ai resti avvizziti di quest’ultimo. «Adesso basta: è tempo che io prenda in mano la situazione. Preparate la mia nave!» ordinò agli attendenti militari. «D’ora innanzi dirigerò personalmente le operazioni. E mi assicurerò che quei miseri avventurieri siano i primi a pagare» dichiarò, dardeggiando gli occhi giallastri. La corte lo acclamò, mentre l’Imperatore scopriva le zanne in un ghigno famelico, pregustando il piacere della vendetta.
 
 
FINE
 
 
   
 
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