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Autore: Milly_Sunshine    18/10/2023    1 recensioni
PARANORMAL ROMANCE - THRILLER /// Meredith è un'attrice teatrale di scarso successo, si è reinventata come cameriera in un locale malfamato e non può certo permettersi di sognare il principe azzurro: la sua esistenza è fatta di misteri torbidi e intrighi con cui le persone comuni non dovrebbero avere a che fare, non può permettersi di condividerla con qualcun altro. Brian è un detective privato e si occupa di smascherare sedicenti medium che truffano i loro clienti. Non ha mai avuto a che fare con il paranormale e nemmeno ci pensa. Quando incontra Meredith, è colpo di fulmine e sembra non esserci altro che lei. Non può sapere che proprio Meredith sta per trascinarlo in un mondo di cui ignora l'esistenza e che può rivelarsi molto pericoloso.
Genere: Erotico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Non-con, Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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Era l’ennesima notte senza fine, lungo le strade ancora troppo vive di Acid Corn: le luci artificiali brillavano rischiarando il cuore della città, sulla quale svettavano gli imponenti grattacieli in penombra. Era lo stesso spettacolo ogni volta, quando Meredith risaliva i gradini che la conducevano in superficie, e aveva l’impressione che le luci della città volessero risucchiarla e trascinarla fuori dalla frenetica calma dei vagoni della metro.
Fasciata nel suo cappotto nero, il suo più elegante capo di abbigliamento, un regalo risalente all’inverno precedente, le sembrava di confondersi con le ombre della notte, alle quali restava poco spazio, nelle strade illuminate a giorno.
Il Rifugio del Drago si trovava a due isolati di distanza. Ogni sera Meredith percorreva quella strada sperando di apparire invisibile agli occhi di chi le stava intorno. Detestava i commenti volgari e le capitava di sentirne parecchi.
Era già tardi, quella notte, e tutto andò per il meglio.
“Se non altro” pensò, “Finora sono stata ripagata per quello che dovrò sopportare adesso.”
Guardò l’orologio, strada facendo. Era in ritardo di almeno due ore e, ne era sicura, qualcuno avrebbe preteso delle giustificazioni.
Aprì la porta e s’infilò dentro al locale. La musica ad alto volume la travolse. Nessuno fece caso a lei, mentre si avviava verso la porta dello spogliatoio; nessuno, a parte Derek, che le riservò una lunga occhiata indecifrabile.
Meredith si chiuse dentro, si sfilò il cappotto e si avvicinò al proprio armadietto.
La porta, alle sue spalle, si aprì.
Meredith si voltò, appena in tempo per vedere Derek mentre la richiudeva.
«Cosa vuoi?»
Il collega le lanciò un’occhiata gelida.
«Dove sei stata?»
Meredith lo fulminò a sua volta.
«Non sono affari che ti riguardano.»
«Mi riguardano eccome» replicò Derek, avvicinandosi, «Dal momento che sono sempre io quello che deve inventarsi scuse per coprirti. Non farmi pentire di averti trovato questo lavoro.»
Meredith sospirò.
«Non mi dire che stai ricominciando a rinfacciarmi tutto quello che “mi hai dato”. Immagino che tu sappia che avrei potuto prendermelo anche senza il tuo prezioso aiuto.»
«E tu non dirmi che stai ricominciando a fare la stronza» ribatté Derek. «È inutile che ti nascondi. Sai perfettamente di avere bisogno di me. In certi momenti, senza di me, sei stata completamente perduta.»
Meredith scosse la testa.
«Sono tutte tue fantasie.»
«Può darsi» ammise Derek, «Ma adesso dovresti darti una mossa. Kay è dovuta scendere ad aiutarmi.»
Meredith ridacchiò.
«Immagino quanto la cosa ti dispiaccia.»
«In effetti il suo top di eco-pelle e la minigonna che lascia intravedere i peli inguinali hanno il loro fascino» ammise Derek, «Ma c’è il rischio che faccia venire un infarto ai clienti troppo eleganti per spingersi nel regno della perdizione.»
Meredith sogghignò.
«Stai insinuando che Kay faccia girare la testa più di me?»
«Tu sei costretta a portare un’uniforme più sobria» le ricordò Derek, «Purtroppo.»
Meredith gli strizzò un occhio.
«Potrei sempre chiedere di essere trasferita al piano di sopra.»
Derek rise.
«Non ci provare.»
«Perché?»
«Non ti permetterò di abbandonarmi.»
Meredith sibilò: «Sai bene che non posso, quasi quanto tu non puoi abbandonare me. Ci abbiamo provato, ma quel filo sottile che ci lega non potrà mai essere spezzato.»
Incurante del suo tono, Derek sorrise, con un certo compiacimento.
«È bello sentirtelo dire.»
«Sarebbe molto più bello se tu te ne andassi e mi permettessi di cambiarmi» replicò Meredith. «Ti ricordo che sono in ritardo.»
«Non mi dire che ti vergogni a spogliarti davanti a me! Ho visto, toccato e leccato ogni singolo centimetro del tuo corpo, Mer. Cerca di non dimenticarmelo.»
«Non sono mai stata legata al passato» gli ricordò Meredith. «Qualunque cosa sia successa tra di noi, ormai è passato.»
Derek si avvicinò di qualche passo.
«A proposito, Meredith, odori di dopobarba.»
Meredith rise.
«Di dopobarba?»
«Sì» confermò Derek, «E questo mi fa capire quale sia la ragione del tuo ritardo. Ti sei strusciata contro qualcuno di quei rammolliti che di tanto in tanto ti porti a letto, vero?»
Meredith s’irrigidì.
«Nessun rammollito.»
Derek ridacchiò.
«Lascia che sia io a giudicarlo. Chi era stavolta?»
«Non sono affari tuoi.»
«Lo sono eccome» insisté Derek. «Dimentichi che sono il tuo unico confidente? L’unico che ti capisce fino in fondo?»
«Tu non capisci un cazzo di me» replicò Meredith, «Altrimenti non lo chiameresti rammollito. Sale nettamente in cima alla classifica dei miei preferiti, ancora di più di quell’Harley che ho conosciuto fuori da Acid Corn.»
«Chi è?» insisté Derek. «È di nuovo Stefan Craven?»
Meredith strabuzzò gli occhi, ripensando al loro ultimo incontro.
«Stefan Craven? E perché mai?»
«Tra voi c’è sempre stato un certo feeling... ed è noto che tu non vuoi passare tutta la vita a fare la cameriera in un discopub.»
Meredith si lasciò andare a una risata.
«Tutta la vita, esatto...»
Derek dedusse: «È lui.»
Meredith scosse la testa.
«Sei dannatamente fuori strada, Derek. Questo, almeno, non è sposato.»
«Questi dettagli non m’interessano.»
«A me pare, invece, che ti interessino eccome. Sei peggio di una vecchia zitella pettegola. Anche a Kay fai domande del genere?»
«No. Se le chiedessi chi c’è in cima alla lista dei suoi uomini preferiti, risponderebbe che ci sono io... e forse sarebbe sincera.»
Meredith sorrise.
«Io, se ti dicessi la stessa cosa, non lo sarei. Credo di avere conosciuto la mia anima gemella. A letto, almeno, lo è.»
«Non è Craven, hai detto» insisté Derek. «Quindi è uno di noi?»
«Perché mai dovrei puntare a uno di voi, quando là fuori c’è un mondo pieno di alternative?»
«Perché sarebbe dannatamente più semplice. Tra l’altro mi hai detto tu stessa che Eddie ha delle mire su di te.»
Meredith sbuffò.
«Dobbiamo proprio parlare di Eddie?!» Iniziò a trafficare con la zip sulla parte posteriore del vestito. «Dannazione, perché questa cerniera non si apre?»
«Stai calma, Mer» la esortò Derek. «Posso aiutarti?»
«Puoi aiutarmi andando a farti fottere! Ce la faccio anche da sola a...» Il cursore smise di scorrere. «Oh, no, maledizione! Perfino il vestito sta congiurando contro di me.» Meredith sbuffò. «È inutile. Vuole che tu mi aiuti.»
Lasciò andare la zip e si girò.
«Sai, Mer» osservò Derek, «Potresti metterti abiti più comodi da togliere. Quel tizio con cui sei stata prima di venire al lavoro deve essersi impegnato parecchio. La cerniera è incastrata.»
«Quel tipo non è imbranato come te» sbottò Meredith, mentre Derek finalmente riusciva ad abbassare la zip.
Si allontanò e si tolse il vestito, rimanendo in biancheria intima e calze autoreggenti.
Derek le domandò: «Non hai freddo con solo quello?»
«Dovresti sapere che ho una certa resistenza al freddo» gli ricordò Meredith, prendendo fuori l’uniforme - camicia bianca e gonna nera lunga fino al ginocchio - dal proprio armadietto. «E poi nemmeno Kay ha freddo...»
«No.» Derek rise. «Credo che non sia venuta al mondo per indossare vestiti.»
«Infatti si sente più a proprio agio senza.»
Meredith si vestì in fretta. Derek rimase accanto a lei tutto il tempo, quasi come per controllare che non perdesse altro tempo.
«Ho finito» puntualizzò Meredith, quando fu pronta. «Non ti farò pentire di avermi coperta ancora una volta. Non si ripeterà più.»
«Almeno finché non ti infilerai in un altro letto. Anche quando stavi insieme al vedovo inconsolabile dicevi sempre così!»
Meredith raggelò.
“Possibile che lo sappia?”
No, non era possibile. Derek non sapeva nulla, a parte ciò che lei stessa gli raccontava.
Gli indicò la porta.
«Andiamo o vogliamo lasciare tutto tra le mani di Kay?»
«Aspetta» la pregò Derek. «Non mi hai ancora spiegato come hai conosciuto quel tipo.»
«Se te lo raccontassi» replicò Meredith, «Mi accuseresti di essermelo inventata.»
«Per niente, Meredith» le assicurò Derek, «A meno che non sia una storia troppo inverosimile.»
«Il problema è che, essendo tu il mio unico ascoltatore, saresti tu a stabilire che cosa sia verosimile e che cosa non lo sia.»
Derek sbuffò.
«Finiscila di perdere tempo, Meredith, e raccontami come sono andate le cose. Il tuo nuovo amante è più sexy di me?»
Meredith si prese la testa tra le mani.
«Tu saresti sexy?»
Derek ridacchiò.
«Modestamente credo di avere il mio fascino. Kay trascorre le proprie serate a pensare a me. Temo che, se continuerà a rompere bicchieri perché è troppo impegnata a sognarmi a occhi aperti, perderà il lavoro. Mi dispiacerebbe per lei.»
«Datti meno arie» lo ammonì Meredith. «Alle donne piace il fascino dell’esotico.»
«Il fatto è che non ho niente di esotico» ribatté Derek, «Nemmeno l’accento.»
«Ma sei diverso.»
«Kay non lo sa.»
«Forse lo intuisce.»
Derek scosse la testa.
«No, Meredith, nessuno può intuire nulla. Non dopo tutto l’impegno che ci abbiamo messo per nascondere la verità.»
«Lo so» ammise Meredith, «Ma in realtà non mi sento troppo sicura. Ci sono persone che sanno e...»
«Il tuo amante non lo sa» le assicurò Derek. «Pensa che tu sia solo una ragazza stupenda.» Fece una breve pausa. «Senti, Mer, non ti va proprio di dirmi come l’hai conosciuto?»
Meredith sospirò.
«L’ho salvato da un tentativo di rapina.»
«Wow.»
Derek non parve molto impressionato.
Meredith insisté: «È tutto quello che hai da dire?»
Il collega non le diede molta soddisfazione, borbottando un "sì", ma era comprensibile, aggiungere altro avrebbe significato mettere in pericolo la parte di verità che avrebbe dovuto restare celata.
Meredith non era comunque decisa a desistere: «Dopo che ho messo in fuga un uomo armato?»
Derek puntualizzò: «Non deve essere stato così difficile per te.»
Meredith scosse la testa.
«Non è stato nemmeno così facile.»
«Va bene, te lo concedo» ammise Derek, «Ma voglio sapere come l’ha presa lui. Non è da tutti i giorni essere difesi da una supermodella sbucata fuori dal nulla.»
«Era abbastanza scosso» precisò Meredith, senza commentare il non troppo velato complimento che Derek le aveva appena rivolto, «Ma non ha fatto domande. A quel punto gli ho proposto di accompagnarlo a casa.»
«E non ti ha detto di no.» Derek rise. «Ti confesso che nemmeno io l’avrei fatto.»
Ancora una volta Meredith preferì non fare commenti e, dal momento che non riteneva opportuno dire null’altro, rimase in silenzio.
Nuovamente venne esortata da Derek: «Non hai altro da raccontarmi?»
«No.»
«Eppure pensavo...»
Meredith si affrettò a interromperlo: «Qualunque cosa pensassi, pensavi male... e a me non interessa.»
«Ma almeno fammi capire» la pregò Derek. «Vi rivedrete?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«No, se possibile.»
«Perché non dovrebbe esserlo?»
Meredith si alzò in piedi e calciò via le scarpe che calzava.
«Suo fratello e sua nipote abitano sul mio stesso pianerottolo. Brian viene spesso a casa loro.»
«Quindi» dedusse Derek, «Lo conoscevi già.»
«No. Mi era capitato di vederlo, dalla finestra, ma credo che lui non abbia mai avuto occasione di vedere me.»
Era una speranza, almeno. Non voleva che Brian tornasse a cercarla. La sintonia che aveva percepito tra loro era troppo elevata: era un indicatore del fatto che sarebbe finita male, considerate le circostanze da cui Meredith partiva.
“Devo farmene una ragione” ricordò per l’ennesima volta a se stessa, “Non posso permettermi relazioni stabili.”
L’unica volta in cui era accaduto aveva dovuto mettere in discussione tutto ciò a cui aveva sempre creduto, e non era stata la sola. Non poteva rischiare che succedesse un’altra volta e non poteva permettersi di coinvolgere anche Brian.
Derek le si avvicinò.
«Mi sembri preoccupata, Meredith.» Allungò una mano e le sfiorò una lunga ciocca di capelli scuri. «È successo qualcosa che ti ha turbata?»
Meredith abbassò lo sguardo.
«Sì, Derek, è successo qualcosa che mi ha turbata: era da molto tempo che qualcuno non mi faceva sentire come mi sono sentita con Brian. Però è tardi e non voglio parlarne, devo mettermi a lavorare.»
Derek non insisté, lasciando che finisse di prepararsi e si dirigesse verso la sala. Non le ronzò intorno, anche perché c'era troppo da fare, nessuno dei due poteva permettersi distrazioni. O almeno, Meredith avrebbe tanto desiderato non permettersene. Era giunta al lavoro da poco più di un'ora, quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
«Storm, mi senti?! Hai lasciato le orecchie a casa? Del resto a cosa ti servono, a te basta la figa!»
Non si era accorta di qualcuno alle sue spalle.
Si voltò e vide Alek. L’addetto alla sicurezza le sorrise con aria subdola, come accadeva di consueto quando aveva appena finito di pronunciare un termine volgare ed era sul punto di tirarne fuori un altro.
Stranamente, nella frase che abbozzò subito dopo, si mantenne entro i limiti della civiltà.
«Scusami se ti disturbo, Storm...»
Meredith lo interruppe: «Esatto, mi disturbi. Nel caso tu non te ne sia accorto, devo portare da bere a quel tizio brizzolato che non ha nessuna voglia di alzarsi dal tavolo.»
Alek obiettò: «Ci penserà Derek. Devi andare al piano di sopra. C’è Kay che ormai è disperata. C’è un tale che non fa altro che ripeterle che ha bisogno di vederti. Pare sia un tuo amico. Dato che le sta rompendo oltremodo le palle...»
«Se rompe le palle, accompagnalo verso l’uscita» gli suggerì Meredith. «Non sono l’ancora di salvezza di tutti i casi disperati che passano da questa parte.»
Alek insisté: «Kay dice che quel tipo vuole assolutamente vederti. È una questione di vita o di morte, secondo lui.»
Meredith sbuffò.
«E va bene, arrivo.»
Alek sorrise, compiaciuto.
«Grazie, Storm, sei molto comprensiva, per essere una succhiacazzi da quattro soldi. Kay sarà molto felice del tuo aiuto.» Ridacchiò. «Chissà, quando saprà che sono coinvolto anch’io, può darsi che, per ringraziarmi, sia più gentile del solito con me...»
Desiderosa di togliersi Alek di torno, ignorò l'ennesimo insulto e puntualizzò: «Vado subito. Dì a Derek di non dimenticarsi di quel tipo che aspetta da bere.»
Senza aggiungere altro si diresse verso le scale e salì al piano superiore.
Entrata nella sala in cui lavorava Kay, si sentì come sempre un pesce fuor d’acqua. Il pubblico era molto diverso e anche il personale aveva un aspetto diverso. La sua uniforme distinta ed elegante era palesemente inadatta. Nessuno, comunque, parve fare caso a lei.
Kay era al bancone del bar, sul quale stava appoggiato un uomo che, seppure vedendolo soltanto da dietro, Meredith non tardò a riconoscere.
“Oh, no, che cos'è venuto a fare?”
Stefan Craven, di solito, non si faceva vedere al Rifugio del Drago.
A peggiorare la situazione, Stefan Craven, di solito, non ronzava intorno a una come Kay. La conclusione immediata era che Stefan avesse uno scopo e, se chiedeva insistentemente di vederla, Meredith poteva immaginare quale fosse.
Richiamò la sua attenzione posandogli una mano su una spalla, mentre Kay le lanciava un’occhiata carica di gratitudine.
Stefan si voltò.
«Finalmente.»
«Cosa vuoi?» replicò Meredith, con durezza. «Come ti permetti di venirmi a disturbare mentre lavoro?»
«Dovresti venire qui insieme a Kay» osservò Stefan, «Anziché rimanere giù a lavorare insieme a quel damerino che ti scopavi una volta. Mi piaceresti di più con top, minigonna e anfibi.»
«Pensavo che le donne ti piacessero solo nude.»
«Mi piacciono soprattutto nude, ma anche vestite come Kay...»
Meredith lo interruppe: «Cosa sei venuto a fare?»
«Vorrei parlarti, come avrai già capito.»
«E allora dimmi tutto quello che devi dirmi, senza farmi perdere tempo.»
Stefan scosse la testa.
«Non qui.»
«E dove, allora?»
«In un posto più isolato, dove nessuno possa sentirci.»
Meredith sbuffò.
«Dobbiamo già quasi urlare per sentirci...»
Stefan insisté: «Vieni con me.»
Si avviò e Meredith non poté fare altro che seguirlo, lasciandosi condurre verso l’uscita d’emergenza. Non si stupì di sentirlo fare subito il nome di Lilibeth, nonostante avessero già fatto quel discorso e Meredith fosse stata irremovibile in proposito.
Il discorso fu lungo e ripetitivo. Non c'erano molti modi in cui poteva concludersi.
«Io non farò niente per tua figlia. Mi dispiace, ma non c’è niente che possa fare per lei.»
«Per favore, Meredith.» Il tono di Stefan era più supplichevole che mai. «Per favore, Meredith, Lily ha solo dieci anni. È per lei che ho rinunciato alla vita di un tempo, a quella di cui facevi parte anche tu, e ho scelto di rimanere accanto a sua madre. Non posso perderla.»
Stefan rimase in silenzio a lungo, prima di tornare alla carica.
«So cosa desideri più di tutto il resto. Ti farò tornare su un palcoscenico. Realizzerò i tuoi sogni, in cambio di un piccolo favore. Tu sei l'unica che possa salvare Lily.»
«Solo i medici possono salvarla» replicò Meredith. «Oppure, se sei religioso, puoi provare ad affidarti alla preghiera. Io, di certo, non posso fare nulla.»
Non seppe dire come riuscì a liberarsene, si ritrovò soltanto, passo dopo passo, verso le scale che portavano al piano di sotto. Trovò Alek ad attenderla, un po' come se non avesse altro da fare. Aveva intuito che Craven fosse un produttore teatrale con cui Meredith aveva avuto a che fare in passato, tanto che le chiese subito: «Allora, piccola succhiacazzi, pensi di andartene e tornare a recitare?»
Quella domanda capitava a pennello. Meredith si limitò a fargli credere che Stefan l'avesse cercata per questioni di lavoro.
«Non vado da nessuna parte» gli assicurò. «Mi ha fatto una proposta, ma non è stata per niente allettante.»
«Bene, Storm» concluse Alek. «Mi fa piacere sapere che lavoreremo insieme ancora molto a lungo.»
Nessuno dei due poteva saperlo, ma Alek si sbagliava di grosso.

   
 
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