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Autore: EmmaJTurner    22/10/2023    6 recensioni
Un'Abbazia infestata arroccata sul fianco di una montagna, rose benedette, orme di troll, cadaveri, spiriti, erbe e pozioni... e due tollerabili compagni di viaggio. Cosa stiamo aspettando?
“A che livello di rompitura di cazzo siamo?”.
Logan le scoccò un’occhiataccia. “Discreta”.
Meli alzò gli occhi al soffitto. “Se vuoi me ne vado, eh”. Un lampadario di bronzo si mosse e cigolò sopra di loro. A Meli parve di vedere un movimento di aria densa tra i ceri accesi e…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cercasi Ammazzamostri'
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Alla Prossima

Aroi era un paesino come ce n’erano mille altri sulle pendici delle montagne della Catena Bianca: una manciata di casette di legno e pietra aggrumate attorno alla chiesa e all’unica tavola calda; una fontana al centro della piazza rotonda e orde di bambini malconci che giocavano a lancialazo. 

Meli e Logan arrivarono nel pomeriggio, e la prima cosa che fecero - un’abitudine troppo forte per entrambi - fu controllare la bacheca di paese: in quel periodo, i volantini di Cercasi Ammazzamostri erano quasi pari al numero di Cercasi Bambino Scomparso. Logan staccò un paio di volantini e se li infilò sotto il mantello. Meli osservò le faccette dei ragazzetti tratteggiate a carboncino e sospirò.

La bacheca era proprio di fronte alla tavola calda; Meli entrò e salutò la proprietaria, la signora Bruna, una splendida semidriade di sessant’anni che ne dimostrava almeno venti di meno. Dalla Bruna, come tutte le osterie gestite da semidriadi, aleggiava un perenne profumo di resina e abete rosso. Ed era pieno di gente, ovviamente: le driadi offrivano solo il vino migliore e avevano un istinto naturale per l’ospitalità. E, trovandosi ad un crocevia di passaggio per i foresti che arrivavano da oriente risalendo le valli da Porto Venia, Dalla Bruna era un posto niente male dove fare affari.

Meli ordinò tre pinte di sidro e scelse il solito tavolo, il più vicino alla finestra. Si sedette ad aspettare il suo cliente con un certo nervosismo. Logan, al suo fianco, stava scandagliando gli avventori del locale.

Quel giorno di foresti ce n’erano eccome. Al bancone, un pastore con calzoni di lana e bretelle stava agitando per aria un volantino, discutendo con un bardo e una maga vestita di rosso. Alla loro sinistra, un manipolo di guardie cittadine - lì, probabilmente, per il Parassita - sbevazzava vino facendo un gran baccano, i visi sempre più paonazzi sopra le giubbe gialle d’ordinanza. Vicino alla porta delle cucine due ragazzine semidriadi, scure di pelle e dai lunghissimi capelli color foresta, ridacchiavano e si tiravano gomitate indicando gli avventori.

La cameriera portò loro il sidro. Meli la ringraziò; la giovane ricambiò con gran sorriso di denti neri, tipico delle sua specie. Aveva lunghi capelli verde abete, e la pelle dello stesso colore delle castagne mature. Una mezza driade. La Bruna non si faceva tanti problemi a slevare bambine, pensò Meli. Dopotutto, facevano bene al suo business: le driadi lavoravano sodo e avevano l’istinto imprenditoriale nel sangue. 

La porta dell’osteria si aprì, e Meli si mise sull’attenti. Il suo cliente era arrivato.

***

Meli non era una ragazzina. Non lo era da parecchi anni, anche. Ma quando Si-woo fece il suo ingresso e guardò nella sua direzione, la botanica sentì le gambe molli e un improvviso senso di eccitazione annodarle la pancia. Alzando gli occhi al cielo, cercò di mantenere un’apparenza di compostezza.

“Datti un contegno” commentò Logan asciutto, ma Meli registrò il malcelato divertimento nella sua voce. 

“La fai facile tu, che ti sei scolato una pozione Antifascino” gli bisbigliò di rimando.

“Si chiama essere preparati". 

Meli si morsicò l’interno della guancia. Riteneva di avere abbastanza forza d’animo da non aver bisogno di un intruglio magico per quella specifica trattativa. Sperò di aver ragione.

Si-woo la notò e si avvicinò al tavolo. Guardandolo Meli non ebbe più dubbi: sentì mancarle il fiato e il cuore rimbombarle nelle orecchie. Gli occhi del suo cliente erano neri, arcuati a mandorla, e lisci capelli azzurri tagliati corti gli incorniciavano un viso che pareva scolpito nella porcellana dagli angeli stessi. Era vestito con un mezzo mantello color cenere tenuto chiuso sulla spalla da una spilla con un cristallo di un’acquamarina grosso come una noce. Sotto il mantello Meli intravide un impeccabile completo color cielo con ricami in fili d’argento e pizzi di un bianco accecante. Il suo aspetto, la sua andatura, la sua espressione: tutto in lui trasudava lusso e ricercatezza.

Maledette sirene e il loro Canto.

“Buongiorno, Meli. È un piacere” disse la creatura, avvicinandosi al tavolo a cui era seduta con Logan. La sua voce era bassa, musicale, e dolce come miele.

“... parliamone” esalò lei sforzandosi di sorridere, gli occhi fissi sui ciuffi azzurri meravigliosamente disordinati. “Benvenuto, Si-Woo. Accomodati”.

Si-woo si sedette in un unico elegante movimento. I suoi modi aristocratici stonavano contro gli interni caldi e legnosi dell’osteria di montagna. Era chiaro come il sole che era solito frequentare altri giri.

“Lui è l’ammazzamostri” lo presentò Meli. Si-woo e Logan si squadrarono con diffidenza.

La donna si impedì di roteare gli occhi al cielo e, visto che quei due avevano deciso di saltare i convenevoli, andò dritta al punto. “Molto bene. Si-woo, ho qui quello che hai chiesto” tagliò corto, cercando di ignorare la sensazione calda e languida che le lambì il cervello quando la sirena tornò a guardare verso di lei, “e sai meglio di me che non puoi usare il Canto. Ti ricordo che è vietato dal Trattato delle Specie utilizzare il Canto nelle transazioni commerciali”.

Il viso perfetto di Si-woo non si scompose. “Oh, giusto. Abitudine”. Sbatté due volte gli occhi.

Fu come se un ronzio si fosse spento nelle orecchie di Meli. Il vociare dell’osteria si alzò di volume, il colore del sidro sul tavolo si fece più sgargiante, i contorni più nitidi. La donna prese una boccata d’aria. Si sentiva di nuovo in sé.

Il viso di Si-woo era ancora splendido, ma senza il Canto era ora possibile notare che esibiva i tipici tratti da sirena di sangue puro: orecchie semitrasparenti a tre punte; branchie verticali sul collo; dita lunghissime e affusolate sfumate di verdeazzurro. Le sirene erano discreti mutaforma, e potevano cambiare aspetto a piacimento - con coda di pesce, ali di uccello o gambe umane a seconda delle necessità - seppur mantenendo sempre alcuni tratti tipici della specie. 

“Duecento per cento occhi, essiccati e stregati come al solito” cominciò Meli, pratica.

“Duecento? Ma… ”

“Mia sorella le ha stanate, uccise e decapitate personalmente, queste salamandre. E non ti sto rifilando schifezze della stagione scorsa. Sai quanto è piccola e veloce una salamandra?”

L’uomo-sirena non trovò utile replicare alla domanda retorica della botanica. I suoi occhi neri erano indecifrabili sul bel viso di porcellana.

“Duecento. Prendere o lasciare” disse la donna.

La sirena la fissò a labbra strette. Il suo fascino sovrumano vibrava di un aurea pericolosa, soprattutto se esacerbato dall’utilizzo del Canto, l’arma per eccellenza delle sirene: un rilascio di sostanze chimiche nell’aria che altera i sensi e rende le sirene irresistibili agli occhi di chi le guarda. Meli sospettò che l’uomo-sirena fosse molto tentato dall’idea di utilizzarlo di nuovo per farla cedere e ottenere un prezzo più basso. La donna non abbassò lo sguardo.

Ma Si-woo non usò il suo potere, e il momento di tensione passò, scivolando via come un’onda sui ciottoli. “Duecento sia” concesse controvoglia la sirena.

Meli rilasciò un respiro, sollevata. Lo scambio di merce e denaro avvenne in fretta e con discrezione.

Quando Si-woo si alzò e uscì dall’osteria, Meli riprese a respirare correttamente. Il Canto la lasciava sempre sottosopra, con una gran fame e un odioso mal di testa. Perché gli incontri con le sirene dovevano essere così stressanti?

Meli lanciò un’occhiata fuori dal vetro opaco della finestra. Era pomeriggio inoltrato. Non aveva senso rimettersi in cammino ora. Ordinarono due piatti per la cena e si accordarono con la Bruna per due stanze per la notte.

“A cosa servono gli occhi di salamandra?”

Meli si infilò in bocca una cucchiaiata di zuppa di funghi prima di rispondere. Si aspettava questa domanda. Era nel giro abbastanza a lungo da sapere qual era la più importante abilità di un ammazzamostri: la preparazione. Conoscere le capacità e i punti deboli di ogni nemico, ogni mostro, ogni erba, ogni specie e ingrediente: era la conoscenza dei dettagli che faceva la differenza tra un ammazzamostri capace e un ammazzamostri morto.

Meli finì di masticare il boccone flaccido e ingollò mezzo bicchiere di sidro. “Le sirene mangiano occhi di salamandra essiccati per allungare il tempo che possono passare fuori dall’acqua”.

“Come funzionano?”

Meli si strinse nelle spalle. “Immagino sia perché la salamandra è un anfibio, e quindi le sirene ottengono la capacità degli anfibi di respirare anche l’aria? Le bestie non sono il mio settore, quindi non so i dettagli tecnici; Lila me li procura, Thalia me li incanta, e io li vendo - con l’adeguato sovrapprezzo”.

“Lila è tua sorella? Una cacciatrice?”

“Sì. Botanica e cacciatrice; mi procura occhi di salamandra, code di bisso galeto, pelle di anfisbena, piccoli di axolotl… cose così. È giovane, ma si sta facendo un buon giro di clienti. Ed è un lavoro che le lascio volentieri: io ho già passato abbastanza giorni della mia vita immersa fino alle ginocchia nelle paludi giù a valle, in cerca di rospi smeraldo e tritoni a due teste, e a farmi divorare da pappataci grossi come mele. Mai più, grazie”.

“E com’è?”

Meli si stupì del tentativo di continuare la conversazione. “Lila? Eeh. Un tipo. Particolare. Solitaria, perlopiù”. Fece una pausa. “Andreste d’accordo, adesso che ci penso: stessa scarsa capacità interpersonale”.

Logan ignorò il commento, rimuginando in silenzio. “Botanica e cacciatrice” dissi infine. “E tu hai un negozio. Vi siete organizzate un bel business”.

“Non ce la passiamo male” concesse Meli con falsa modestia.

Logan annuì, e Meli si aspettò un’altra domanda intelligente. Per questo si ritrovò senza parole quando l'ammazzamostri invece le chiese: “Chi non ti ha invitato a ballare all’ultima Festa della Transumanza?”.

“Che?”.

“Lo hai detto all’imp la notte in cui lo abbiamo catturato. È una risposta troppo specifica per essere casuale. Chi non ti ha invitato?” chiese l’ammazzamostri con un sommesso tono irriverente che Meli non gli aveva mai sentito usare prima.

Meli spalancò la bocca, colpita in pieno nel suo orgoglio ferito. Stava ridendo di lei, il maledetto. “Oh, questi decisamente NON SONO fatti tuoi”.

Logan le chiese se prevedeva di andare a breve ad altre sagre di paese e Meli gli tirò una mollica di pane; battibeccarono per il resto della cena, e poi, con espressione imbronciata ma in realtà di buon umore, andarono a riposare nelle rispettive stanze. 

Meli, sdraiata a letto ma troppo stanca per dormire, passò la serata ad ammirare la Rosa Eterna che aveva rubato all’Abbazia quando tutto era ancora in soqquadro. Era la cosa più bella che avesse mai visto. I petali bianchi perfettamente a cuore raccolti in un grosso bocciolo, le foglie seghettate a gruppi di cinque, e il profumo, oh, quel profumo… Era perfetta. Meravigliosa. Non vedeva l’ora di farne una talea e tentare di riprodurre la specie nella serra di casa. 

Con la testa piena di petali di rosa e di risposte sagaci che avrebbe potuto rifilare a Logan alla prossima discussione a tema di sagre, Meli soffiò sulla fiammella della lanterna ad olio e si mise a dormire.

***

Il Parassita bruciava. Il suo vomitevole odore dolciastro si infilava nelle narici e si incastrava in gola, facendo tossire e lacrimare chiunque si trovasse a meno di cento metri di distanza da quel disgustoso falò. Ma era la prassi: i resti di Parassita venivano sempre dati alle fiamme per scongiurare ulteriori trasmissioni del germe. 

Meli e Logan passarono la mattina seguente a risalire verso il Passo delle Due Sorelle - così chiamato per la forma delle due montagne identiche che lo sovrastavano, incurvate fino quasi a toccarsi - e osservarono la colonna di fumo innalzarsi dagli alberi con un miscuglio di sentimenti contrastanti. 

Meli pensava all’olio antiparassitario che doveva preparare in fretta, per mettere al sicuro Jonah e i suoi confratelli; alla fatica estenuante, fisica ed emotiva, che era stato quel breve viaggio all’Abbazia; alla strana personalità dell’imp, demone desideroso di compagnia romantica in un luogo pieno di frati poco furbi. Infine, pensava ai mostri e a tutte quelle cose che apparivano senza senso, ma un senso, da qualche parte, dovevano pur avercelo. 

E Logan? Non aveva idea di cosa stesse pensando Logan. La sua faccia aveva l’espressività emotiva di un ceppo di legno.

Presto si lasciarono il fumo alle spalle. Stavano camminando nel bosco da quasi un’ora, quando Logan afferrò Meli per la spalla bloccandola sul posto.

“Che…?”

Lui fece cenno di non parlare. Aveva gli occhi immobili e opachi: stava ascoltando. Meli aguzzò le orecchie a sua volta. Dopo un po’, attutite dagli alberi, udì due voci.

“È una spacciatrice, ti dico” disse la prima, profonda, voce maschile, “l’ho vista alla taverna parlare con quella sirena e fare uno scambio”.

“Come sai che ha lei il sangue di drago?” replicò la seconda voce, alta e ariosa, di un uomo più giovane.

“Non lo so; ma dev’essere lei; una botanica, hanno detto, che viaggia con un ammazzamostri dall’aspetto strano. E quel tizio era strano di sicuro”. 

“È pieno di gente che gira con la scorta in questo periodo” commentò la voce più giovane.

“Sono questi due, me lo sento. E poi sono troppi soldi per non tentare”.

Logan e Meli si scambiarono uno sguardo silenzioso. Uno scoiattolo corse rapido sopra di loro facendo cadere il suo bottino di ghiande. A quel rumore, le voci divennero bisbigli appena udibili. “Stai giù: stanno arrivando” sussurrò la prima voce. 

La mano di Logan scivolò giù dalla spalla di Meli fino ad afferrarle l’avambraccio; la tirò indietro con delicatezza e per invitarla seguirlo fuori dal sentiero.

Si allontanarono a passi lievi, creandosi un percorso alternativo tra le felci del sottobosco. Salirono verso la montagna fino a trovare un secondo sentiero, meno battuto, e camminarono senza parlare finché non furono a diversi chilometri di distanza, certi che nessuno li avesse sentiti o seguiti.

“Ti stanno cercando” disse Logan con voce bassa e feroce. Guardando la sua espressione in quel momento, Meli si disse che quei presunti ladri erano stati fortunati a non incrociare le lame con quello specifico ammazzamostri dall’aspetto strano.

“Ma perché?” ribatté la donna. “Non ho sangue di drago con me. È introvabile da mesi, lo sanno tutti”.

“Qualcuno pensa che tu ce l’abbia. E parlavano di soldi”

“Bé… il sangue di drago si rivende molto caro in questo periodo. Non mi sorprende che siano in molti a cercarlo - anche illegalmente”.

“Parlavano di una botanica, però”.

“Una botanica scortata da un tizio strano”.

“Particolarmente specifico”.

“Troppo specifico”.

Senza smettere di camminare, si squadrarono a vicenda. Ma senza informazioni aggiuntive, quella conversazione non sarebbe andata da nessuna parte.

“Non mi piace” concluse Logan.

“Nemmeno a me” sospirò la donna. Il pensiero di Meli corse alle sue sorelle. Anche per loro c’erano persone misteriose in agguato dietro agli alberi?

Seguì un breve silenzio meditabondo.

“Tra poco sarà notte” mormorò Logan, scrutando le fronde sopra di loro. “Con un po’ di fortuna, quei due mentecatti li ammazzerà il troll”.

Meli pensò che Logan aveva l’aria di uno a cui avrebbe fatto piacere risolvere la faccenda personalmente, ma non indagò oltre. Con una brutta sensazione addosso, Meli accelerò il passo. Doveva scrivere alle sue sorelle.

***

“Ciao stròpolo”. Polpetta, il gatto, la guardò senza espressione, si alzò dal suo cuscino, si stiracchiò, le strusciò il muso contro la mano tesa e poi tornò a dormire.

Dopo un giorno e mezzo di viaggio e nessun ulteriore incidente di percorso -  avevano trovato altre impronte di troll e la stessa maledetta lumaca gigante che avevano incrociato all’andata, ma erano piccolezze in un periodo come quello - erano finalmente arrivati al negozio di Meli a Pecul, l’Emporio di Erbe e Pozioni di Zia Fernanda.

Meli respirò l’aria di casa con soddisfazione. Zeno era stato impeccabile come sempre, e tutto era in ordine, dai vasi di erbe agli scaffali pieni di libri e pozioni imbottigliate. C’era nell’aria profumo di salvia e candele bruciate. 

Meli si liberò dello zaino e tirò fuori la Rosa Eterna. La porse a Zeno, che la guardò con i suoi enormi occhi gialli. “Prendila” gli disse.

Il ragazzino-lucertola scattò verso il fiore, lo sollevò con delicatezza religiosa e lo studiò con la stessa adorazione viscerale di Meli. Il ragazzino borbottò qualcosa nel suo dialetto kon.

“Certo che ci faremo le talee” rispose Meli.

La coda squamosa del ragazzino vibrò di eccitazione. I suoi occhi, se possibile, si fecero ancora più grandi.

“Portala di là; poi ci lavoriamo” gli disse, soddisfatta del suo entusiasmo.

Il ragazzino, camminando piano e tenendo alta la rosa come una sacra reliquia, sparì nel retrobottega.

Una volta soli, Meli sospirò e si girò verso Logan.

“Ebbene, ammazzamostri”.

“Ebbene”.

“Di nuovo, sei licenziato, è stato un piacere e tutto il resto”.

“Di nuovo, non mi hai assunto; mi hai fatto una soffiata e per poco non ci lasciavamo la pelle tutti e due”.

“Sono lieta che tu ti sia divertito quanto me”.

Seguì un silenzio strano, che non era imbarazzato, né divertito. Era un silenzio… diverso. Meli e Logan si guardarono, pronti a lasciarsi ma in qualche modo indecisi su come procedere. Infine, Logan si schiarì la voce.

“Resterò in zona. Se avrai… altri lavori per me, mi troverai a Berg”.

Aveva una voce strana. Come se non fosse proprio quella la frase che aveva voluto dire. 

“D’accordo” disse Meli. “Quando avrò qualcosa per le mani, ti farò trovare. Siamo una squadra che funziona, dopotutto” aggiunse, cauta.

Logan la squadrò senza espressione. “Non sei male”.

Meli spalancò gli occhi. “Scusami? Non sono male? E il nekorai? E il Parassita? E la maledetta Succube?”.

“... colpi di fortuna?”.

Meli notò il tono leggero, ma scelse comunque di sentirsi profondamente offesa. “Non ti permettere mai più. E adesso fuori di qui, che devo preparare olio antiparassitario a barili visto che, checché tu ne dica, la nostra missione si è rivelata un successo oltre le più rosee aspettative”.

L’ammazzamostri si avviò verso l’uscita del negozio. La campanella stava ancora tintinnando quando Meli aggiunse: “E aspetto quella camicia”.

Logan, con già un piede fuori dalla porta, si voltò appena. “Te la porterò. Per la tua bellezza mozzafiato, e la tua incredibile personalità”.

Meli strinse gli occhi a fessura. “Stavo aspettando che mi facessi pagare anche questa. E adesso sparisci”.

Nonostante il profilo scuro contro la luce accecante dell’esterno, Meli notò un guizzo irriverente piegare l’angolo della bocca dell’uomo. Non un vero e proprio sorriso, ma stavolta ci andava vicino. “Ciao Mel. Alla prossima”.

L’attimo dopo la porta si chiuse e Meli rimase sola a rinnovare mentalmente il suo disgusto per gli uomini troppo perspicaci. Anche se, maledizione a loro, avevano un buon odore. 




 

THE END. FOR NOW :D




 

Spazio dell’autrice

I capitoli di chiusura sono sempre più difficili degli altri. Ma eccoci qui, e anche questa avventura è finita. La prossima è in fase di ricerca-analisi-fabbricazione, e non vedo l’ora di condividerla con chiunque avrà il piacere di leggerla. Chi riesce a indovinare quale sarà il tema? Ci sono indizi grossi come marroche dappertutto :D

Chi ha letto Aconito potrebbe aver avuto un singulto alla menzione del sangue di drago (_Alcor? Krisma? Tutto ok? :D) e il rapporto tra i nostri due protagonisti si costruisce più lento di un k-drama.

Ma adoro scrivere di questi due, e prevedo grandi cose, grandi cose davvero. Grazie a tutti quelli che seguono, e grazie doppio a tutti quelli che commentano (e non ce li mettiamo i nomi? Ce li mettiamo: Marthanoia, SwanXSong, OldFashioned e le già citate Krisma e _Alcor): scrivere è un hobby solitario, ma sapere di scrivere per qualcuno ripaga di tutta la fatica e l’impegno che si instilla nelle nostre piccole storie.

Grazie di cuore.

Emma

   
 
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