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Autore: time_wings    21/11/2023    1 recensioni
[Wolfstar, Jily + una ship non taggata]
Sirius Black sa che ha quattro mesi prima di perdere la vista. James Potter sa che hanno quattro mesi per vedere il mondo insieme. Dopo averci riflettuto per meno di dieci secondi, i due partono per un viaggio dalle destinazioni incerte, che li porterà più lontano di quanto avessero previsto. Perché alla fine è davvero così cruciale trovare se stessi?
Una storia raccontata da alcuni occhi.
Dal testo: “Sei uno che pianifica molto, eh?” La verità era che non lo sapeva, era cresciuto con l’idea che leggere gli altri servisse solo a sfruttarli successivamente. Era nuovo a questo gioco.
“Mh, un sacco.”
“È molto grave, fa male alla salute.” Inclinò il viso su un lato, lo guardò ancora, le palpebre di colpo pesanti rispondevano più al torpore che al sonno. Un altro paradosso di quel paese. Le ciglia di Remus si piegavano sulle guance, la pelle era segnata da qualcosa che sembrava vento. “Dove hai detto che vai?”
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Peter Minus, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Gli occhi di James Potter

Tre anni erano una vita.
Una vita breve, ma comunque una vita.
Se qualcuno gli avesse detto da adolescente che a un certo punto avrebbe sofferto per tre anni filati, James avrebbe riso.
La sofferenza l’aveva incassata come aveva incassato qualunque altra cosa: si era appoggiato sulle spalle un mantello che serviva a scrollarla via ogni volta che pesava e a stringervisi dentro ogni volta che questa lo ingoiava. Non aveva mai smesso di ridere, non aveva mai smesso di mangiare, non aveva mai smesso di progettare, dare acqua alle piante, portare il suo corpo ad allenarsi, quando serviva.
Solo, a volte, fissava il vuoto.
Capitava che smettesse dopo tredici secondi o dopo un paio d’ore. Quando il mondo ripartiva, ripartiva anche lui, perché che altro avrebbe dovuto fare? Piangere?
Quando aveva avuto la notizia era stato il vuoto a fissare lui, per un tempo che non aveva mai contato, ma doveva essere stato straordinario, perché l’amico sempre reperibile all’improvviso era sparito dai radar.
Le sofferenze intermittenti si prendevano più tempo per guarire.
Sirius aveva bussato alla sua porta tre volte con il cuore in mano. Ogni volta aveva avuto un cuore diverso e ogni volta James era stato costretto a crescere un po’ più in fretta.
La prima, a sedici anni, Sirius aveva avuto gli occhi rossi di qualcosa che James non aveva mai saputo collocare sullo spettro che connetteva le lacrime alla deprivazione di sonno. Era scappato dai mostri sotto al letto, fatti di una stoffa notturna così fitta e così resistente perché a lavorarli a maglia erano stati quelli che avrebbero dovuto insegnargli a combatterli. Gli aveva fatto il tè, gli aveva dato metà letto e aveva imparato a prendersi cura degli altri.
La seconda volta, a ventidue anni, Sirius aveva le guance incavate e il peso della sua anima in litri di alcol in circolo. Puzzava di una serie di cose che facevano schifo e suo fratello era morto. Gli aveva dato un colpetto su una guancia, gli aveva sorriso, e poi aveva detto: ‘ora che fai, piangi? Ti vesti di nero finché non schiatti anche tu?’. James nelle orecchie aveva sentito lo stesso rumore che facevano le conchiglie, quando le si ascoltava lontano dal mare. James gli aveva detto che avrebbe preferito che fosse morto Sirius. Poi gli aveva detto di andarsene e aveva imparato a prendersi cura di sé.
La terza volta, a venticinque anni, James aveva anticipato la sua bussata. Stavano mettendo a posto gli ultimi cocci di una cosa solida che avevano rotto in cinque minuti. Visto che James era James e Sirius era Sirius, erano tre anni che un argomento proibito aleggiava su di loro. Due tristezze disperate che non si erano mai guardate negli occhi per diventarne una. Se gli amici si vedevano nel momento del bisogno, loro non si guardavano negli occhi ogni volta che il bisogno si faceva lutto. Quando Sirius si era seduto sotto la luce della lampada, James aveva imparato a prendersi cura di entrambi allo stesso tempo.
Perché ad alcune vite succedeva così: iniziavano da sole e finivano affiancate. E, indipendentemente dalla loro volontà, James e Sirius sarebbero morti nella stessa vita.
Sapeva che anche Sirius era cresciuto, perché per la prima volta James non aveva avuto bisogno di parlare, lui aveva capito che era più di un desiderio di vedere il mondo, era la formula per guardare (per guardarsi).
“Che?” la barca saltava sull’acqua e schizzava ai lati. Se si fosse sporto con un braccio, il mare gli avrebbe staccato la mano?
Sirius si avvicinò all
orecchio. “Ho spedito la lettera mentre eravamo sull’isola.”
Si guardarono, finché potevano, alla fine dei quattro mesi, sull’orlo della data di scadenza. In bilico, come tutto quello che facevano, che fosse ricerca adrenalinica o stravaganza senza motivo.
“James, mi dispiace.”
Cinque stadi del dolore, ma iniziavano subito. Il primo era stato innamorarsi della persona sbagliata, buttare al cesso anni di odio solidale contro la famiglia del suo migliore amico per poi rendersi conto che le vittime erano sempre state due. Il secondo era stato sfiorarlo, il senso di colpa che lo mangiava vivo, la consapevolezza condivisa del pericolo e della bomba senza timer che sarebbe scoppiata dopo. Il terzo era esistere nella proibizione di qualcosa che meno poteva avere più diventava cruciale, un fiore disgustoso lasciato a crescere in una teca. Il quarto era processare una morte improvvisa, vivere continuando a chiedersi quanti dei commenti di sale di Sirius avrebbe potuto sopportare prima che la ferita fosse condannata a non cicatrizzarsi più. La rabbia di Sirius era il terzo fratello, lo era sempre stato. Credeva che sguinzagliarla fosse corretto, forse, che alludere a qualcosa che non era successa fino in fondo non potesse fare troppo male. Il quinto stadio era vivere nel terrore che Sirius si scusasse. Però lo sapevano tutti: il quinto stadio era anche il più saggio. Il dolore era un pillola rassegnata.
Regulus Black era stato un colore più brillante del profilo del suo cognome. Non era stato una fiamma, ma era stato un incendio. James, che aveva vissuto senza un solo problema al mondo, aveva nascosto ogni singola cosa perché non c’era verso che qualcuno potesse vedere che cosa c’era sotto il sorriso di pubblicità e l’ironia. E quindi aveva frenato la macchina in Scozia e si era seduto a guardare le montagne venate di amaranto per nessuna ragione; quindi era uscito dalle luci stroboscopiche magenta brillante del locale a Helsinki per nessuna ragione; quindi nel cielo esploso di verde di aurora si era appoggiato a Sirius quando aveva notato i riflessi porpora e aveva sentito il bisogno di dire una stronzata, per nessuna ragione. Quindi aveva fissato il tramonto di fuoco del nord della Thailandia e quando la notte aveva chiuso gli occhi, sdraiato accanto a Peter, aveva dovuto sopportare i soliti flash vermigli, per nessuna ragione.
Solo che poi aveva perso il passaporto e il mondo si era acceso di luce e si era sentito in colpa. Nel modo disperato con cui si stringono le cose prima di lasciarle andare, nella semplicità con cui ogni paesaggio era sempre stato tinto anche di verde.
Non gli era servito, misurare l’amore su un termometro rotto, a volte ne serviva solo un altro, che non fosse più bello o più comodo o meno complicato da usare. Uno che misurasse soltanto un altro colore, uno che gli mostrasse che esisteva.
La sofferenza James l’aveva incassata come aveva incassato qualunque altra cosa, l’aveva stipata così bene che era diventata fumo sul fondo del mare, camminava e si impennava seguendo correnti che non prevedeva mai davvero. E Lily Evans, che aveva conosciuto solo per voce su un balcone fatto di vento, l’aveva baciato mentre Sydney esplodeva e gli aveva dato un po’ della vita che aveva in più. Gli avesse dato uno schiaffo, gliene avrebbe passata lo stesso.
Incredibile, che cercasse una cosa con cui era nato.
“Sì, ci ho pensato anch’io, mentre guardavamo l’aurora boreale,” disse Sirius.
James gli appoggiò un braccio sulle spalle. “Hai paura di questa cosa della vista?”
“Non ti sto chiedendo scusa perché ho paura di non poterlo fare dopo.” Cercò il suo sguardo. “Tu hai trovato quello che cercavi?”
“Non cercavo niente. Siamo partiti perché tu stavi perdendo la vista.”
“James.”
James sorrise, poi inspirò a fondo. “Sei un cazzone.”
“Non ti liberi di me. È la tua fottuta maledizione.”
Strinse la presa sul collo di Sirius. Lui ridacchiò e si divincolò.
Se avesse potuto, avrebbe smesso di vedere al posto suo.
 

 
⸻⸻⸻⸻


Londra, aprile 2018

Gli uccelli cantavano, i passi delle persone si affollavano tra i tavolini del bar.
“Davvero?” disse Remus, una risata appoggiata sulla voce. Forse pensava che sfotterlo affievolisse l’imbarazzo che provava, peccato che Sirius avesse imparato a leggerlo. “Là fuori si regalano gioielli, nel mondo vero.”
Sirius si strinse nelle spalle. “Qualcuno è dell’idea che bisogni fare solo regali utili e spontanei, meglio se non c’è alcuna occasione speciale. Sto seguendo le tue regole, Lupin.” Gli aveva regalato un orologio. “Non è il tuo compleanno e so che l’ultimo si è rotto. Se non sbaglio non ne hai ancora preso un altro.”
Il fatto era che a volte il conto più salato che si pagava dopo una confidenza era dover accettare aiuto.
James arrivò proprio in quel momento. Fece un casino allucinante tra sedie trascinate e tavolini. “Mi ha scritto Peter, sta tornando!”
“Ciao, ragazzi,” Lily prese posto accanto a Sirius.
“C’era bisogno di chiamarci e vederci, cito, urgentemente, è un’emergenza?”
“Sì,” James si sedette. Perché in tutto questo ancora non si era seduto, aveva solo schiaffeggiato il tavolo con entrambe le mani. Erano saltate tutte le tazze. “Perché mi ha mandato una mappa segnata. Vuole girare l’America.”
Remus rise, fece schioccare la lingua. “Cosa c’è nel suo itinerario? Famose capre mummificate?”
“Lo porta il berretto con le tasche per metterci il coltellino svizzero?” intervenne Sirius.
“Tour di fogne con popolazione batterica più varia e numerosa?” continuò Lily.
James parlò attraverso una risata. “Non lo so, ma preparo la tenda.”







 
NotEl: oltre trentamila parole, non potete davvero essere sorpres* da questo finale :)
Che dire, "gli occhi di James" sono stati la mia croce nera per mesi. Saranno tre, quattro mesi che ho a che fare con questo paragrafo, l'ho cambiato, tagliato, modificato, riscritto cinquantasette volte, non state leggendo la versione che ho rincorso in questi mesi, state leggendo la mia resa. Ma va bene perché tanto scrivere è la forma più elegante di fallimento comunicativo che conosco (questa è una giustificazione perché avrei potuto correre ancora, forse avrei trovato la formula giusta, idk). COMUNQUE vi ringrazio per aver letto fino alla fine, anche se SO che il finale è aperto credo ci sia un indizio della risposta nelle premesse della ff MA NIENTE let me know se secondo voi questa vista è stata persa o meno :)) Come promesso (? l'ho promesso a inizio storia? Non ricordo) di seguito l'itinerario più o meno esplicito della fic (potete saltarlo se non vi interessa, le note finiscono qui!)



SCOZIA: Sono solo lungo il lago di Loch Ness, Foyers è letteralmente un villaggio di circa 300 abitanti lungo la strada per Inverness. La strada in cui si fermano a guardare le montagne è da qualche parte lì vicino, non ricordo precisamente dove. Casa di Marlene è ispirata a una casa in cui sono stata in Svizzera, quindi non esiste. Il castello è mi pare un collage di castelli nella zona di Inverness.
FINLANDIA: Nella prima parte sono a Helsinki (la ruota senza un dente è la ruota con la cabina sauna della capitale). La sauna in Lapponia è unspecified, i paesaggi pure sono un collage di varie strade, lo spiazzo dell’aurora è un laghetto ghiacciato.
THAILANDIA: Partono da Chiang Mai (le porte in mattoni e il mercato della domenica), Peter lo acchiappano lungo la strada per Bangkok, nella provincia di Lamphun, il tempio sulla montagna pure è un mash-up di vari templi sulla montagna ma per la maggior parte è il wat phra phutthabat pha nam (LO SO CHE NON L’AVETE LETTO TUTTO >:( ), poi vanno oltre Bangkok (senza moto) e la parte del pescatore con la spiaggia è un richiamo intero tutto di un pezzo del mio drama thai del cuore che è bad buddy, quindi la spiaggia di riferimento è Suan Son Pradipat Beach (la montagna sullo sfondo come riferimento). Dopo scendono a Krabi e fanno island hopping. L’isola in cui giocano a calcio coi ragazzi e incontrano Lily ecc ecc è super unspecified, la parte in cui dormono in quella casetta sul mare è ispirata a una casetta sul mare a Koh Phi Phi ma ho perso il link di booking rip comunque mi pare si trovasse nel punto in cui l’isola è più strozzata, poi però altri sfondi vengono da Koh Samui e un altro paio di isolette mini di cui ho dimenticato il nome mi dispiace.
CAMBOGIA: la primissima scena è a Phnom Penh il rooftop bar non me lo sono scritto aridaje. Poi il parco nazionale è Phnom Kulen.
VIETNAM: è solo menzionato, comunque Hoi An è nominata e altre descrizioni successive sono di Trang An.
AUSTRALIA: Sydney è stato abbastanza chiaro sec me e mi pare che casa di Mary fosse nel quartiere Surry Hills(?) L’isola allora, gran parte delle descrizioni sono dell’isola della creator su tiktok ahahah (Woody island), ma alcune sono di Rottnest (solito mashup).

 
   
 
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