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Autore: DarkDemon    21/12/2023    4 recensioni
[STORIA INTERATTIVA - FINO AL 17 SETTEMBRE]
Esistono domande in questo mondo che non sono fatte per essere poste. Quesiti silenziosi destinati alla quiete delle proprie menti. I più coraggiosi vi riflettono e provano a rispondervi con la propria fantasia, i più saggi semplicemente le ignorano.
Questo gli studenti della Scuola Internazionale di Magia per Giovani Ibridi lo sanno bene, probabilmente meglio di chiunque altro.
Regola numero uno del bravo SIMGIno: mai e poi mai chiedere come si è stati concepiti.
♢♢♢♢
Ci troviamo alla Scuola di Magia Internazionale per Giovani Ibridi. Un nome orribile che tutti odiano. Di cosa si tratta? Una scuola gemella ad Hogwarts, recentemente istituita in Irlanda, per ospitare tutti quei maghi che hanno origini mostruose/maghi vampirizzati/lupi mannari/maledictus che nelle normali scuole di magia si sentono fuori posto. Alla SIMGI vengono offerti spazi adeguati ad ogni esigenza, corsi per controllare i propri poteri e antidoti per quelle occasioni dove la forza di volontà non è abbastanza.
Sta iniziando il trentesimo anno dalla sua fondazione e per celebrare il corpo docenti ha intenzione di iniziare una nuova ed agognata tradizione: il Prom.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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La stazione di Connolly, alle nove della mattina, stava appena iniziando a svuotarsi di quella folla assonnata e letargica ma frenetica tipica dei lavoratori che si recavano a lavoro. Chi correva a prendere il treno e chi, appena arrivato, si affrettava verso gli uffici.
 
Tra di essi un occhio attento avrebbe potuto notare una serie di ragazzini, chi accompagnato e chi solo, che spingeva pesanti bauli verso il lato più estremo della stazione, attraversando la fiumana di gente come una strada trafficata.  Lungo il muro sinistro una porticina anonima, segnata come riservata alla sicurezza, accoglieva gli studenti che la superavano, tra chiacchiere e risate, dirette al segreto Binario 0.
Tra loro stava un ragazzo alto e sottile, i capelli d'un biondo slavato raccolti in una crocchia disordinata da cui più di una ciocca era sfuggita e gli incorniciava il bel volto. L’uomo che gli stava accanto, per quanto gli fosse simile in portamento e stile, non gli assomigliava nei lineamenti.
 «Sei prontə¹?» Gli chiese gentilmente, passandogli una mano sulla schiena.
 Rurik prese un respiro un poco tremante prima di voltarsi verso di lui, abbozzando un sorriso che l’uomo non accettò per vero neppure un istante.
 Il ragazzo soffriva infatti di acrofobia e l’idea di essere chiuso su una scatoletta volante per qualche ora non lo entusiasmava affatto. Quando l’anno precedente, il suo primo alla SMIGI, aveva scoperto che la Freccia d’Éire² era una diavoleria moderna che tagliava in linea d’aria il cielo dell’Irlanda, letteralmente, e non una vecchia locomotiva incantata con dei binari tutti suoi, stava per girare sui tacchi e implorare André di riportarlo ad Hogwarts.
 Aveva quantomeno scoperto che, se non guardava fuori dal finestrino, la differenza da un normale treno ad alta velocità era pressoché nulla, ma la consapevolezza di trovarsi a centinaia metri d’altezza bastava a gelargli il poco sangue che gli rimaneva nelle vene.
 «E’ solo il penultimo viaggio, mettiti in un angolo con un libro e starai bene.» Disse gentilmente l’uomo prendendogli con gentilezza il mento tra le dita, un forte accento francese a tingergli la voce morbida.
 Rui strinse le labbra, ma quando alzò lo sguardo chiaro incrociandolo con quello dell’uomo sentì i muscoli delle spalle rilassarsi. Annuì, scrollandole appena per scacciare del tutto la sensazione di irrigidimento, e André arretrò di mezzo passo per lasciargli scaricare i propri bagagli dal carrello in metallo.
 «Appena puoi scrivici per farci sapere del viaggio.» Gli ricordò quando il ragazzo si avvicinò per lasciargli un velocissimo abbraccio che storpiò il volto del maggiore in un sorrisetto divertito.
 Ritiratosi, Rui si affrettò verso la porticina, tirandosi dietro i bauli, fortunatamente dotati di piccole rotelline. 

 Al di là della soglia il frastuono era forse maggiore che nella stazione principale, nonostante il numero significativamente inferiore di persone. Finalmente non vincolati dallo Statuto di Segretezza i giovani maghi ora si salutavano tra risate e abbracci calorosi, condividendo l’eccitazione per l’imminente inizio del nuovo anno.
 Sui binari la Freccia d’Éire attendeva paziente, bianca e verde, le finiture dei finestrini dorate lucide e scintillanti. Il muso appuntito, tipico dei treni ad alta velocità, contribuiva a creare  un'immagine talmente diversa da quella che per anni gli aveva regalato l’Espresso per Hogwarts che a Rui sembrava più di starsi per imbarcare su uno shinkansen³ di ultima generazione.
 Era ancora presto, mancava almeno mezz’ora alla partenza del treno e probabilmente buona parte dei vagoni erano ancora vuoti, poteva sperare di trovare ancora qualche posto vuoto; non che disprezzasse la compagnia, ma avendo trascorso lì solo un anno erano molto di più gli sconosciuti che i volti amici.
 «Rui!» Lo chiamò tuttavia una voce squillante prima ancora che si avvicinasse alla porta di un vagone. Impiegò qualche secondo per trovarne la fonte fino a che non vide, diversi metri più avanti, affacciata dal finestrino della carrozza successiva, una ragazza dai boccoli scuri così come le lenti degli occhiali da sole che indossava.
 La ragazza si sbracciava nella sua direzione, un sorriso sghembo in volto. «Vieni qui!» Lo chiamò entusiasta, facendogli cenno con la mano di avvicinarsi; più di uno studente si girò confuso nella sua direzione, voltandosi poi alla ricerca del suo interlocutore, attirando su Rui anche troppi sguardi curiosi.
 Il ragazzo si strinse nelle spalle sospirando, un sorriso divertito ad increspargli le labbra mentre girava i tacchi diretto alla carrozza successiva in cui l’amica lo aspettava.
 Quando fu finalmente nel vagone con la compagna, questa gli saltò al collo sorridendo.
 Elke era stata sua compagna di casa già ad Hogwarts, tuttavia i due non si erano mai particolarmente considerati; di certo Rui sapeva chi fosse -tutti lo sapevano, aveva appena dato conferma della sua abilità di farsi notare- ma erano poco più che conoscenti. Tuttavia quando l’anno precedente si erano entrambi trovati assieme agli studenti del primo anno, finendo ancora una volta nella stessa casata e ritrovandosi anche nei corsi personalizzati per i giovani vampiri, non avevano potuto far altro che diventare amici.
 Rui ricambiò l’abbraccio con un leggero imbarazzo, non essendo il contatto fisico la sua forma d’affetto preferita, quantomeno non con gente che non reputasse in un certo senso degna. Elke, nello scorso anno, aveva avuto modo di dimostrarsi una buona amica, ma forse per il ragazzo non era ancora abbastanza.
 «Splendore, prontə per il nuovo anno?» La ragazza, la voce squillante come il suo solito, lo aveva guardato sedersi nell’angolo opposto il finestrino del tutto intenzionato ad ignorare la vista che invece da lì a poco avrebbe attirato l’attenzione di innumerevoli studenti.
 «Per l’anno sì, per il viaggio un po’ meno.» Ammise con un sorrisetto tirato, sistemandosi la propria tracolla in grembo. Aveva avuto premura di tenere a portata di mano un paio di letture, in modo da avere qualcosa che lo tenesse distratto durante il viaggio.
 «Ah già!» Sussultò Elke. «Me ne ero scordata, beh sei fortunatə ad aver trovato la tua sola ed unica, non ti accorgerai nemmeno del viaggio.» Non era difficile crederle, la ragazza aveva l’abilità di manipolare le attenzioni di tutti quanti attorno a lei, e probabilmente se avesse iniziato a parlare non solo Rui non avrebbe aperto mezza pagina del suo libro, ma non si sarebbe nemmeno reso conto della partenza.
 Il ragazzo le rivolse un piccolo sorriso riconoscente e in tutta risposta Elke abbassò con un gesto secco la tendina del finestrino. «Siamo vampiri, usiamo questa scusa.» Ridacchiò. «Ogni tanto darò un occhio però, è divertente ed è il mio ultimo anno per godermelo; non ti preoccupare, verrai adeguatamente avvisatə!» Puntualizzò, rimuovendo finalmente gli occhiali e sistemandoseli tra i capelli folti.
 «Te ne sono gratə.» Sorrise riconoscente. Apprezzava davvero quella ragazza e la sua bizzarra gentilezza; era un po’ esosa, forse un po’ troppo espansiva, ma a modo suo sapeva dimostrare un grande affetto, con un'attenzione ai dettagli che era spesso seppellito dal suo carattere più frivolo e superficiale.
 Elke dal canto suo non era una persona particolarmente empatica, non se ne faceva onestamente granché delle emozioni altrui, le era solo capitato di ricordarsi di quel piccolo dettaglio circa il suo amico.

 

♢♢♢♢

 

  Il binario 0 brulicava di studenti chiassosi, chi salutava i genitori e chi, come Venus, se li era lasciati a spalle già da qualche giorno. Per quanto la ragazza non disprezzasse la folla e il chiasso, nel momento in cui si trovava a chiedere permesso ogni cinque metri perché la gente sembrava impegnarsi nel fermarsi esattamente sulla sua rotta, anche lei non riusciva a restare totalmente indifferente e tranquilla. Aveva meditato davvero di caricare i bauli sulla prima carrozza e continuare da dentro il treno, ma probabilmente i corridoi erano intasati tanto quanto fuori, per non parlare delle pesanti porte che separavano un vagone dall’altro, impossibili de tenere aperte mentre si spingevano dentro i bauli.
 Almeno cinque imprecazioni dopo raggiunse finalmente una carrozza sufficientemente in centro al treno. Anni prima sua madre le aveva raccontato del suo bisnonno: faceva il macchinista e, a quanto diceva, negli incidenti ferroviari le carrozze più a rischio erano quelle di testa e di coda; da allora Venus cercava sempre posto nel mezzo.
 Issare i bauli su per i ripidi scalini del vagone non fu facile e la lasciò con non poco affanno, a quel punto sperava solo di trovare una cabina vuota o quanto meno un viso amico.
 Le prime due carrozze si rivelarono stipate di marmocchi che non potevano essere oltre il secondo anno, la terza, tuttavia le regalò un sorriso quando spiò oltre la porta di vetro.
 «Ma se non è la mia sirenetta preferita!» Strillò, scavalcando i bauli per poter spalancare la porta, se non fosse stata scorrevole probabilmente l’avrebbe direttamente calciata aperta. Il poveretto all’interno, che non l’aveva vista arrivare, poiché intento a cercare di caricare i propri bauli sulla rastrelliera, sussultò prima di voltarsi con un ghigno divertito che perfettamente rispecchiava quello affilato dell’amica.
 Si incontrarono a mezza strada in un abbraccio slanciato che li lasciò un poco instabili a ridacchiare e Seth offrì volentieri la guancia a Venus per ricevere il suo consueto bacino di saluto.
 La ragazza lo aveva praticamente adottato al primo anno, per niente intimorita dal mutismo dell’altro che, nei primi tempi, aveva messo a disagio i più; lei parlava abbastanza per entrambi. Seth, dal canto suo, meno introverso di quanto sarebbe potuto sembrare, aveva felicemente accolto quelle attenzioni e l’amicizia tra i due si era solo rafforzata in quegli anni. Venus era ora una delle poche persone il cui contatto fisico non lo infastidiva.
 «Scusate, dovremmo passare…» Chiamò una voce sottile in corridoio, dove Venus aveva abbandonato i propri bagagli.
 «Ah ops, certo, scusate bimbi!» Sorrise tirando i bauli dentro la cabina ed ignorando con un sorriso il borbottare infastidito dei due ragazzi che proseguirono lungo il corridoio, lamentandosi di come fossero già al quarto anno.
 Chiusa finalmente la porta, tra loro stavano ora quattro pesanti bauli. Vicino al finestrino Seth, gli occhi chiari sgranati e un broncetto adorabile, adocchiava prima lei e poi la rastrelliera  con fastidiosa insistenza.
 «Dovrei metterli su io?!» Domandò incredula. In tutta risposta l’altro si aprì in un largo sorriso, facendo cenno di sì con la testa.
 «Io non credo proprio, posso aiutarti, ma da sola non riuscirei tanto quanto non riesci tu.» Rise, scavalcando i bauli uno dopo l’altro fino a trovarsi davanti a lui e dandogli una schicchera sulla fronte. «E non fare quel musetto, sei adorabile ma io so che sei solo un piccolo stronzetto.» Lo sgridò, facendolo sbuffare infastidito.
 Venus aveva imparato a leggere l’espressivo volto dell’amico con discreta facilità, a una parte di lei le piaceva pensare che fosse grazie alla sua innata predisposizione agli indovinelli ed enigmi: conversare, se così era definibile, con lui le grattava un particolare punto della sua mente che pregava ogni giorno per una piccola sfida.
Seth sospirò infine, indicandole con rassegnazione quale lato del primo baule alzare e spostandosi verso l’altro capo per poterla aiutare. Venti minuti dopo tutti e quattro i bauli erano allineati sulla rastrelliera e i due ragazzi erano spalmati sui sedili, ansimanti e con le braccia indolenzite. Venus non vedeva l’ora di arrivare nei territori della scuola per farsi un Gratta e Netta, sentendosi già un poco sudata.

 

♢♢♢♢

 

  Il treno era partito puntuale alle dieci come sempre, aveva lasciato la stazione in uno sbuffo di magia che lo avrebbe reso invisibile, per poi salire lentamente verso il cielo, lì in quella zona che apparteneva solo agli uccelli, più su dei palazzi e più in basso degli aerei. Aveva sorvolato i campi, che si stendevano a perdita d'occhio fuori i finestrini, diretto verso Dunmore Head, ci avrebbero messo cinque ore esatte.
 Era l’una quando passarono sopra la città di Limerick, punto di riferimento che gli studenti avevano imparato negli anni indicare che era tempo di pranzare e che, da lì a poco, sarebbe passato il carrello, con dolciumi o panini per i più affamati, o smemorati.
 Puntuale come un orologio svizzero il volto gioviale del Signor Milseáin, un uomo di bassa statura, i capelli bianchi radi, e il sorriso più brillante che chiunque avesse mai visto.
 «Buongiorno signorine, dolci dal carrello?» Chiese, aprendo cautamente la porta dello scomparto.
 Jelena, che era la più vicina, spostò con un sospiro lo sguardo sulle altre ragazze che dividevano il vagone con lei.
 «Allora, voi volete qualcosa?» Chiese, nel tono monocorde di chi non era affatto interessata alla faccenda ma cercava comunque di non risultare fastidiosa. Lei i dolci non li voleva; non che non le piacessero, ma cercava di evitarli il più possibile per evitare di prendere peso. La cura di sé era la sua più grande priorità.
 Mentre guardava una delle ragazze comprare dieci cioccorane, con una smorfia recuperò la propria borsa per riporre il tupperware vuoto, tirando fuori una pochette del trucco. Estrasse un piccolo specchio e il rossetto, un nude molto sobrio, che tuttavia la faceva sentire più rifinita e composta. Delicatamente iniziò a sistemarsi il trucco là dove l’olio dell’insalata l’aveva rimosso. Tenere la mano ferma mentre le compagne facevano avanti e indietro dal carrello non fu un'impresa semplice, risultata in più di un'occhiata velenosa, soprattutto quando Gwen inciampò nel suo piede, rischiando di farle sbavare il lavoro minuzios.
 Quando fu finalmente soddisfatta del lavoro ripose tutto, guardando le amiche scartare con gioia le cioccorane, il sorriso macchiato di una leggera amarezza.
«Ile, la porta!» Si sentì chiamare, e fece appena in tempo a voltarsi confusa che vide uno dei piccoli anfibi di cioccolato balzare fuori dalla cabina attraverso lo spiraglio che era stato lasciato aperto.
 «Dannazione!» Imprecò la ragazza alzandosi per andare a cercare la piccola creatura. Sapeva che non sarebbe andata lontano e i balzi credibili erano solo i primi, poi si facevano significativamente meno energici. Così non fosse stato probabilmente avrebbe lasciato l’inseguimento a qualcun’altro più propenso all’attività fisica di lei.
 Trovò la bestiolina attaccata al finestrino del corridoio, appena dietro il Signor Milseáin, che era intento a parlare con gli inquilini quello scomparto successivo.
 «Scusi!» Disse, mentre acchiappava la rana, proprio appena prima che questa balzasse di nuovo, urtando appena l’uomo.
 Sentendola dimenarsi tra le mani si voltò affrettandosi per andare a riportarla alla proprietaria.
 «Jelly!» La chiamò una voce familiare alle sue spalle, cogliendola di sorpresa.
 «Un attimo, si sta sciogliendo!» Strillò, disgustata. Giunta in cabina la mollo tra le mani di Gwen con una smorfia schifata.
 «Disgustoso! Qualcuno ha un fazzoletto?» Pigolò guardandosi le mani tutte imbrattate di cioccolato. Una compagna si affrettò ad allungarle una salviettina umidificata.
 «Grazie.» Sospirò seccata, pulendo accuratamente le mani ed uscendo.
 In corridoio l’aspettava Lilith, appoggiata al muro e con tra le mani un sacchetto di Fildimenta Interdentali.
 «Allora avevo sentito bene, ciao Lith.» La salutò sorridendo, sistemandosi, ora che aveva le mani finalmente pulite, i lisci capelli neri.
 «La sola ed unica!» Ridacchiò l’amica, gli occhi chiari che brillavano. «Non sapevo fossi in quello scomparto, a saperlo avrei fatto due metri in più!» Scherzo, allungandole il sacchetto invitandola a prendere un po’ dei dolciumi all’interno.
 Jelena esitò qualche secondo prima di scrollare le spalle e prendere il filo più piccino che poté trovare. In effetti non le dispiaceva darsi una pulita alla bocca dopo aver pranzato.
 «Oh va bene così, ti dovrò già sopportare per un anno.» La prese in giro con una risatina. Lei e Lilith erano tra le poche mezze megere del castello e per questo era ormai da cinque anni che frequentavano i corsi per la loro specie. Avevano un approccio completamente diverso alla questione, lì dove Lilith aveva fatto della “strega” la colonna portante della sua personalità, Jelena cercava di nasconderne il più possibile i difetti. Nonostante ciò, a causa probabilmente del fatto di essere oltretutto coetanee, avevano però finito per divenire amiche.
 «Sei crudele!» La rimproverò, pur continuando a sorridere.
 «Sono realista, cuore.» La punzecchiò, mandandole un bacio volante.
 I commenti piccanti non la turbavano più tanto, aveva ormai imparato a capirla. Per quanto Jelena fosse tutta spine all’esterno, sotto sotto era una buona amica. Alcuni l’avrebbero definita stronza, e forse per chi non era nelle sue grazie risultava un po’ così, spigolosa, ma Lilith l’avrebbe difesa a spada tratta se qualcuno l’avesse definita una cattiva persona.
 «Com’è andata l’estate?» Le chiese Lilith, spostandosi appena di lato per potersi appoggiare al muro del treno e non alla porta scorrevole.
 «Al solito.» Si strinse nelle spalle la compagna. A casa suo padre non era esattamente la persona più amorevole del mondo, ma aveva almeno la sua balia a compensare. Negli anni aveva poi imparato ad ignorare i commenti inutili dell'uomo, che per quanto non fossero comunque graditi la lasciavano sicuramente meno interdetta che in passato. Tutto sommato non era stata una cattiva estate.
 «Tu che mi racconti?» Domandò di rimando, preferendo decisamente depistare l’argomento di discussione.
 «Penso di aver esaurito tutti i gialli che avevamo in casa, finalmente!» Esclamò Lilith con gioia. Ci aveva impiegato un bel po’ per recuperarli tutti, tra i propri e quelli che suo padre aveva accumulato negli anni. «E ho trovato, e finito, tre nuovi podcast true crime.» Esclamò felice. Quel genere di intrattenimento era senza dubbio il suo preferito: divorava tutte quelle serie, podcast o libri che parlassero di misteri o paranormale.
 «Wow, spero tu abbia anche studiato nel mentre.» Ridacchiò Jelena, che negli anni aveva iniziato a sospettare che le giornate dell’amica durassero trentadue ore, o erano inspiegabili tutti gli hobby che era in grado di coltivare.
 «Non ti preoccupare, tutto quello che andava fatto è stato fatto.» Annuì con sicurezza. Certo poi non poteva assicurare sulla qualità del risultato, ma quanto meno non avrebbe consegnato nessuna pergamena bianca.
 «Lilith, qua stiamo ancora aspettando i tuoi servigi!» La chiamarono dalla carrozza. Una ragazza dal corto caschetto biondo si era affacciata dalla porta e la guardava con trepidante attesa.
 «Ah già! Scusa Jelly, ho promesso di fare a tutte una lettura di tarocchi per il nuovo anno!» Sussultò, ricordandosi solo in quel momento che prima che il carrello dei dolci la distraesse stava proprio per estrarre i tarocchi dalla loro custodia.
 «Oh vai pure, il dovere ti chiama!» Rispose divertita, le mani posate sui fianchi.
 «In caso volessi anche tu dei piccoli consigli divinatori, sai che sono qui accanto.» La salutò con una linguaccia, prima di raggiungere la biondina e chiudersi la porta alle spalle.
 Jelena sapeva alla perfezione come quella domanda fosse in realtà più una richiesta: Lilith stressava sempre tutti nel tentativo di riuscire a fare una lettura di tarocchi a chiunque le capitasse a tiro.

 

♢♢♢♢

 

  La discesa era stata lenta e l’atterraggio impeccabile come sempre.
 Chloe trascinò i propri bagagli fino ad uno dei numerosi vagoncini che li attendevano sulla banchina. La salita al castello era molto breve, per non parlare di quanto, dopo cinque ore seduti, potersi sgranchire le gambe non era affatto una cattiva idea. Tuttavia farla con le valige sarebbe stato tutt’altro discorso e per questo dei vagoncini incantati accoglievano i loro averi per poi sfrecciare lungo la collina e far trovare ad ognuno le proprie cose ai piedi del letto.
 Il vento le scompigliava i lunghi capelli castani e tutto era tinto di quella luce paglierina del sole che aveva già iniziato a scendere sull’orizzonte, anche se al tramonto sarebbe mancato ancora un po’.
 Chloe ispirò con soddisfazione l’aria ricca di salsedine; non vedeva l’ora di iniziare il nuovo anno.
 «Oh no!» Esclamò in tono sommesso il ragazzo accanto a lei, facendola voltare curiosa. «La mia borsa!»
 A parlare era stato Theodore, un coetaneo di Golden Scale. Il ragazzo guardava spaurito il carrellino, che vibrava appena, come in procinto di sfrecciare, e il treno, che stava magicamente abbassando tutte le tendine.
 «Vai, su! Lo trattengo io.» Lo spronò.
 Il ragazzo sbatté le palpebre stupefatto un paio di volte prima di sfrecciare verso il treno.
 Chloe, nel frattempo, aprì la propria di borsa, poggiata sul vagoncino, fingendo di star cercando qualcosa: erano incantati per sfrecciare via appena fossero stati lasciati in pace per qualche secondo, temporeggiando in quel modo Theodore poteva esser sicuro di avere i propri bagagli tutti nello stesso posto, non rischiando di trovarseli sparsi in sale comuni altrui.
 «Grazie mille, mi hai salvato!» Sospirò il ragazzo quando fu di ritorno, poggiando la propria borsa assieme al resto.
 «Figurati.» Sorrise Chloe chiudendo la propria e facendo un passo indietro per lasciare al vagoncino la possibilità di correre via verso gli altri.
 «Ci converrà andare.»Erano rimasti tra gli ultimi e, in cima alla bassa collina, potevano intravedere già i primi studenti varcare le soglie del castello.
 
Dopo sette anni per Theodore la vista della scuola gli mozzava ancora il fiato: la leggera pendenza spazzata dal vento che portava fino alla piccola fortezza a strapiombo sull’Oceano, Dunmore Head alla loro sinistra, affollata di ignari turisti che pensavano che lì, dove stavano loro, ci fosse già il mare. E poi il suono della risacca, la salsedine appiccicosa che preannunciava il mare sottostante e le Isole Blasket che si srotolavano una dopo l’altra fino ad arrendersi al potere del mare.

 Come ogni anno Theo si prese qualche secondo per ammirare la vista, approfittandone quella volta per riprendere fiato, mentre nella sua testa un turbinio di parole iniziava ad ordinarsi in versi. Sperava solo di non dimenticarle dato che in quel momento proprio non poteva scriverle.
 «Ehilà, ci sei?» Si sentì chiamare. Sussultò sorpreso, era rimasto talmente tanto rapito dal panorama che si era del tutto scordato della ragazza che lo aveva gentilmente aiutato. Lo attendeva pochi metri più avanti, probabilmente si era incamminata aspettandosi di essere seguita e solo dopo un po’ si era accorta della sua assenza.
 «Certo, perdonami.» Si scusò, in un filo di voce talmente sottile che difficilmente la ragazza poté udirlo. In poche lunghe falcate le fu accanto, trovava molto carino che lo stesse aspettando e volesse fare la strada con lui, anche se a pensarci era probabilmente perché per colpa sua si era separata dalle amiche.
 «Tu sei Theodore, no?» Chiese lei, sorridendogli brevemente prima di tornare a prestare la propria attenzione al sentiero.
 «Sì…» Il ragazzo tentennò un attimo, a disagio. «Perdonami, tu sei..?» Era davvero mortificato all’idea di non ricordarsi, dopo sette anni, il nome di una sua coetanea. Purtroppo le loro interazioni erano state troppo rare perché potesse imprimersi quell’informazione nella mente.
 «Nessun problema, sono Chloe!» La risata che uscì dalle sue labbra fu limpida e cristallina, come lo zampillio di una fonte sorgiva. Aveva il vago ricordo discendesse da una qualche creatura acquatica, una driade forse, e quella sensazione non fece altro che confermarglielo.
 «Mi dispiace tanto averti trattenuto.» Si scusò di nuovo e ancora una volta Chloe gli regalò una delle sue leggere risate.
 «Smettila di scusarti, va bene così.» Lo sgridò gentilmente. «Se fosse stato un problema non ti avrei aiutato, no?» Scrollò le spalle. «E nel peggiore dei casi mi sono fatta un nuovo amico!» Aggiunse, strizzandogli l’occhio.
 Theodore si sentì le guance scaldare. Chloe era molto carina e gentile, era anche piuttosto certo fosse abbastanza popolare, a quanto ricordava. Si sentiva un po’ in soggezione nei suoi confronti, per non parlare della magnetica sicurezza che emanava.
 «Immagino tu abbia ragione.» Le rispose con un filo di voce, abbassando lo sguardo sui propri piedi e i ciottoli del sentiero.
 «Tu aiuti nelle serre, giusto?» Gli chiese, dopo qualche attimo di silenzio, l’attenzione catturata dai cespugli di erica che costeggiavano il sentiero, tingendo la salita di violetto.
 «Esatto, mi piacciono le piante e solitamente non è un posto particolarmente affollato.» Ammise, un sorriso imbarazzato ad increspargli leggermente le labbra.
 «Hai ragione, sono molto tranquille.» Rise, ancora una volta, contemporaneamente un balsamo per le orecchie e facendolo ulteriormente rimpicciolire e chiudere su se stesso.
 «Pensi che ci possa andare a studiare? Mi piace molto erbologia ma ho sempre pensato che limitarsi a studiare dai libri sia un po’ meccanico, poter osservare con calma la pianta sarebbe sicuramente più interessante.» Era da qualche anno che ci pensava; aveva una media dignitosa, non eclatante, ma le avrebbe fatto piacere uscire con i voti arrotondati per eccesso. Erbologia era una di quelle materie in cui non faceva particolare fatica, data anche la sua inclinazione per la natura, sarebbe dovuto essere abbastanza facile aumentare la sua media. Studiare le piante dal vivo era probabilmente il modo migliore per ricordarsi le cose, ma negli anni aveva finito per creare il suo piccolo gruppetto di amiche con cui studiava insieme e semplicemente non aveva avuto l’occasione.
 «Non penso sia un problema, io lo faccio spesso.» Annuì Theodore, riflettendo. «Forse è meglio che ci sia qualcuno dei responsabili, sentiti libera di venirmi a chiamare quando hai bisogno, posso sempre portare anche io le cose per studiare, non è un problema.» Impiegò qualche secondo per realizzare l’incomprensione che le sue parole avrebbero potuto suscitare: sentendo le guance scaldarsi e il sangue affluire fino alla punta delle orecchie si affrettò a rispondere. «Nel senso che non mi dispiace studiare nella serra! Cioè, non con te… o con te, non ho nulla contro di te! Ma-» Sì impose di fermarsi un secondo e prendere un respiro un poco tremolo, sentendo l’agitazione montare e la voce iniziare ad alzarsi. «Non dobbiamo necessariamente studiare assieme, a me va bene passare del tempo nella serra per i fatti miei tenendola aperta per te.» Riuscì finalmente ad elaborare cautamente, una parola dopo l'altra e lo sguardo chiaro ostinatamente fissato sul portone, ormai a pochi metri da loro, per non doverlo incrociare con il suo.
 «Grazie mille, sei molto gentile.» Chloe decise di sorvolare del tutto sulla sua piccola gaffe, regalandogli invece una delle sue dolci risate.
 Theodore le fu immensamente grato della cosa.
 Erano ormai giunti al castello, l’ampio salone d’ingresso era quasi vuoto, eccezion fatta per i primini e il professore di Storia della Magia, che gli scoccò una veloce occhiata storta nel vederli entrare solo in quel momento.
 «Io vado su, ci vediamo allora, eh?» Lo salutò allegramente la ragazza, facendogli un cenno con la mano a cui rispose timidamente prima di girare sui tacchi e imboccare le scale che scendevano nei sotterranei, il viso ancora un po’ troppo caldo.

 

♢♢♢♢

 

  Il professor Elkady odiava ogni singola casualità che lo aveva portato a quell’esatto istante. Era riuscito a risparmiarsi il tour di inizio anno per quasi una decade ma, alla fine, la sorte aveva deciso che gli era stata clemente troppo a lungo e al sorteggio di quell’anno era stato estratto lui.
 «Gli studenti ti adorano, farai un’ottima impressione.» Gli avevano detto gli altri docenti, i sorrisi tinti di una nota di ironia che non gli era piaciuta per nulla. Che fosse fantastico di certo lo sapeva da solo, non aveva affatto bisogno che glielo si ricordasse con tanto scherno. Ma i primini erano quella fascia di studenti ancora un po’ troppo vicina ai bambini: frignosi e non ancora maturati gli ricordavano i poppanti. Più di un collega aveva provato a fargli notare come ad un neonato non ci assomigliassero per nulla, ma per lui che di anni ne contava ben più che qualche centinaio, una decina non era altro che un battito di ciglia del tutto irrilevante.
 «Allora, bambini, ci siamo tutti?» Domandò con tono annoiato, scrutando l’ingresso ormai vuoto.
 Mentre gli studenti più grandi si affrettavano verso le loro stanze per disfare i bagagli e indossare le divise, i primini avrebbero visitato il castello per ingannare l’ora e mezza che li separava dall’agognato smistamento e successiva cena. Era un buon metodo: in questo modo, l’indomani mattina, i marmocchi non si sarebbero persi, o quanto meno avrebbero avuto meno scuse per farlo. Tuttavia per quanto l’uomo fosse d’accordo con la modalità, non condivideva affatto che questo spettasse ad un professore, per giunta estratto a sorte.
 «Bene.» Sospirò, quando non ricevette alcuna risposta. «Io sono il professor Enoch Elkady, insegnante di Storia della Magia.» Si presentò. Con la coda dell’occhio vide due ragazze un poco più alte degli altri avvicinare le teste e bisbigliare tra di loro. Tendendo l’orecchio afferrò un paio di parole che servirono a chiarirgli il contenuto del loro pettegolezzo.
 «Esatto signorine, sono molto più giovane e carino del Professor Ruf.» Disse, compiacendosi nel vedere le due ragazzine avvampare e borbottare delle scuse. «Vedo che abbiamo studenti provenienti da Hogwarts. Ce ne sono altri che hanno già iniziato gli studi?» Chiese.
 Una singola manina si alzò alla sua destra, un ragazzino biondissimo e dal viso ancora giovane, seppur fosse ben più alto dei coetanei, da cui si manteneva un poco in disparte. Probabilmente un terzo o quarto anno.
 «Durmstrang… signore.» Borbottò arrossendo, la voce tinta di un forte accento russo.
Enoch annuì soddisfatto, regalandogli un sorriso incoraggiante, quasi simile ad uno sincero.
 «Molto bene allora, da questa parte. Se volete prendere appunti fate pure, ma non chiedetemi di ripetere. Dopo lo smistamente riceverete, assieme all’orario, una mappa.» Sentenziò con praticità e, senza chiedere se ci fossero domande, si voltò imboccando un corridoio sulla destra e dando così inizio al tour.

 

♢♢♢♢

 

  Lo smistamento quell’anno era stato molto curioso, c’era un nuovo ragazzino mezzo centauro, il terzo dall’apertura della scuola. Era stato smistato in Bronze Fang e ora sedeva qualche posto più in là di Maelys, parlando tutto concitato con l’altro mezzo centauro del quinto anno.
 «Secondo te le due ragazze provenienti da Hogwarts come mai sono qui?» Domandò davanti a lei Aaren, riscuotendola dai suoi pensieri. La guardava con un sorriso curioso dipinto sul volto delicato, un po’ troppo malandrino per i suoi tratti efebici.
 «Non saprei, vampirizzate?» Si strinse nelle spalle. Poteva trattarsi di davvero qualsiasi cosa, più d'uno di loro inizialmente aveva semplicemente ignorato il volantino della SMIGI e si era iscritto direttamente ad Hogwarts, solo per poi cambiare dopo qualche anno. Per quanto ne sapevano potevano essere delle mezze-qualsiasi-cosa.
 «Il ragazzino finito in Golden Scale è palesemente un licantropo, sembra l’abbiano picchiato.» Si intromise Venus al suo fianco, prima di tornare a dedicare la sua completa attenzione alla sua bistecca. La conosceva abbastanza bene da sapere che si stava impegnando davvero tanto per non buttare le posate ed azzannarla direttamente.
 «Sembrava un po’ abbacchiato, sì.» Acconsentì il ragazzo, spostando lo sguardo alle loro spalle, probabilmente per spiare il povero ragazzino. «Ma magari è solo timido…» Rifletté, tornando finalmente a posare lo sguardo verde sulle compagne.
 «O anemico.» Rincarò la dose Venus, lo sguardo fisso sul suo piatto e la lingua che faceva capolino tra le labbra mentre tagliava la bistecca con foga.
 «Sta zitta e impegnati su quella bistecca che qui stiamo tutti passando al dolce.» La rimproverò bonariamente Maelys. Venus alzò lo sguardo di scatto ma quando vide che, effettivamente, i loro piatti tendevano più al vuoto che al pieno, abbassò il capo tornando ad occuparsi del suo lavoro. Maelys si chiedeva come mai, ogni primo giorno, ordinasse alle cucine incantate una bistecca cruda, conscia che non avrebbe avuto le posate adatte per tagliarla.
 «E’ finito in una buona casata però, sono certo che avrà molto supporto da parte di tutti.» Sorrise Aaren, servendosi da bere. Quando Maelys spinse il proprio bicchiere nella sua direzione versò un po’ d’acqua anche a lei.
 «Non generalizzare, anche noi lo avremmo supportato!» Lamentò, anche se non c’era vero rimprovero nella sua voce.
Proprio quando si portò il bicchiere alle labbra per bere un tintinnio risuonò per la sala, catturando l’attenzione dei ragazzi, le voci che lentamente andarono a scemare man mano che la Preside si avvicinava al leggio posto di fronte il tavolo degli insegnanti.
 «Studenti! Spero che le vostre cene siano state soddisfacenti.» Iniziò. Al suo fianco Venus, che come ogni anno si era arresa e aveva richiesto che la bistecca fosse cotta, bisbigliò una piccola imprecazione. Maelys le rifilò una gomitata nelle costole, reprimendo un risolino.
 «Non ho intenzione di rubare troppo tempo al vostro dolce, non temete, ma il Corpo Docenti avrebbe un piccolo annuncio che pensiamo potrebbe interessarvi.» La donna, seppur di mezz’età, conservava ancora negli occhi scuri un luccichio di giovinezza e divertimento che la rendeva piuttosto ben voluta tra gli studenti. «Chi c’era, ma soprattutto, chi ha prestato attenzione lo scorso anno, sa che questo è un anno molto speciale per noi: trent’anni fa, infatti, la Scuola di Magia Internazionale per Giovani Ibridi apriva per le sue porte.» Un bisbiglio eccitato aveva iniziato a diffondersi per la sala, tanto che la preside dovette richiamare alla calma un paio di volte prima di avere nuovamente l’attenzione dei ragazzi.
 «Dopo anni di preparativi, esattamente tre decadi fa, in questo giorno i primi studenti sedevano a questi tavoli e il nostro corpo docenti si trovava ad affrontare la realtà che sì, ce l’avevamo fatta, avevamo creato una luogo dove poter garantire un'educazione adeguata ad ogni mezzo ibrido, un'educazione come noi non l’avevamo avuta.» Maelys avrebbe giurato che gli occhi della donna fossero un po’ lucidi mentre si girava per sorridere ai colleghi. Alcuni di loro ricambiarono con simili espressioni commosse, altri, probabilmente i più vecchi, con tirati sorrisi di circostanza.
 «Vi prego, guardate Elkady, sta palesemente pensando solo a quando se ne andrà da lì.» Bisbigliò, sopprimendo una risata.
 «Non c’era bisogno me lo indicassi.» Fu la pronta risposta di Venus, che probabilmente era più concentrata sul suo docente preferito che non al discorso della preside.
«Peggiora ogni anno di più…» Commentò Aaren, indicando la compagna a Maelys, che scosse la testa ridacchiando, prima di tornare ad ascoltare la donna che stava decisamente rubando tempo al suo dolce.
 «ed è per questo che abbiamo voluto organizzare un modo per celebrare questo traguardo, augurandoci di poter continuare per molti anni a venire! E’ con immenso piacere che ho l’onore di annunciarvi che quest’anno si terrà il primo Prom!»
 Un boato di grida di gioia si sparse per la sala. La preside, un sorriso compiaciuto in volto, tornò al suo posto, non badando nemmeno a richiamare il silenzio.
 «Che figata!» Esclamò Maelys, un ampio sorriso dipinto sul volto.
 «Lo sapevo, ne ero certo!» Le fece eco Aaren, sporgendosi verso di lei attraverso il tavolo per poterla sentire meglio nel chiacchiericcio. In fondo al tavolo delle urla un po’ più alte iniziavano a reclamare i soldi delle scommesse dell’anno precedente.
 «Spero ci sia un comitato organizzativo o qualcosa di simile!» Aggiunse. I tre ragazzi erano ormai quasi testa contro testa, Venus, che aveva finito la sua bistecca, con in mano una coppetta colma di gelato.
 «Tranquillo, non ce li vedo particolarmente i professori ad appendere palloncini e scegliere la palette della serata.» Lo rincuorò Maelys, recuperando un cucchiaino per rubare del gelato alla compagna.
 «Voglio a tutti i costi occuparmi della musica.» Aaren, che di feste se ne intendeva, aveva già iniziato a fantasticare di tutte le cose che avrebbero potuto fare, ora che avevano effettivamente i permessi di una festa. Tuttavia vedeva fin troppo bene tutto quello che sarebbe potuto andare storto; non avrebbe concesso a quella festa di fallire, al costo di doverla organizzare del tutto da solo.
 «Ti prego sì, l’ultima volta che hai lasciato farlo a qualcun altro abbiamo ascoltato reggaeton per due ore. Che non sarebbe stato un problema se la premessa non fosse stata “festa anni ottanta”.» Ricordò mestamente Maelys.
 La SMIGI era, fortunatamente, meno rigida rispetto ad Hogwarts. Non aveva le vecchie regole dell’altra scuola, stagnanti e inutili lì solo perché “si è sempre fatto così”. Di certo non potevano organizzare dei grossi party, ma tra un “incontro del club di teatro” e una “festa di compleanno a tema” erano riusciti negli anni ad organizzare più di una piccola festicciola. I professori, poi, sembravano ignorare del tutto i rischi di insegnare a dei ragazzini cose come l’incantesimo di espansione irriconoscibile, e quanto alcool questi fossero in grado di accumulare durante l’estate in un innocente sacca della palestra.
 «Non temete signore, dovranno passare sul mio cadavere.»

 

♢♢♢♢

 

  Mèabh non era mai stata più grata ai suoi tappi per le orecchie come in quel momento. Se un normale pasto nella Sala Grande era già sufficientemente fastidioso per il suo udito sensibile, il caos scaturito dall’annuncio della preside le aveva fatto premere i palmi sulle orecchie, nel tentativo di bloccare gli schiamazzi ancora di più.
 «Ti senti bene?»
 Non sentì davvero Aster quando le posò la mano sulla spalla richiamando la sua attenzione. Il ragazzo parlava con tono troppo basso perché potesse udirlo sopra gli schiamazzi, con i tappi e ancora le mani sulle orecchie. Fortunatamente aveva intercettato la domanda in tempo da leggergli il labbiale, facendosi aiutare non poco dalla logica.
 «Abbastanza, grazie, solo un po’ troppo casino.» Fece una piccola smorfia.
 «Okay, se hai bisogno chiedi.» La rassicurò gentilmente. Solo dopo aver ricevuto un cenno d’assenso da parte sua tornò a chiacchierare con la ragazza che sedeva di fronte a lui, Jelena.
 Mèabh non era né la prima né l'ultima degli studenti con un udito superiore alla norma, eppure sembrava che nessun’altro avesse avuto una reazione così forte come la sua; forse quello la irritava ancora più che il baccano stesso.
 Infastidita dal sentirsi tagliata fuori dalle conversazioni, piantò i gomiti sul tavolo, mantenendo i palmi sulle orecchie, e iniziò a fissare la ragazza con cui Aster stava parlando, nel tentativo di evincerne le parole. Jelena le scoccò un paio di occhiate confuse di rimando, probabilmente chiedendosi cosa diavolo questa avesse da fissarla. Non era così abituata a leggere il labbiale quindi non riuscì a capire che un paio di parole, di cui comunque non era particolarmente sicura.
 Passati alcuni minuti, cautamente, provò a levare le mani. Il volume nella sala si era notevolmente ridimensionato, complici anche i dolci che avevano finalmente catturato l’attenzione dei più, rallentando significativamente il volume e la frequenza delle chiacchiere.
 «Eccomi.» Sorrise finalmente, sporgendosi verso l’amico, del tutto intenzionata ad essere aggiornata sull’ultimo argomento di discussione.
 «Jelena, raccontava di come vorrebbe provare a cucirsi lei il vestito per il prom.» La informò con un sorriso Aster.
 «Sai che ci stavo pensando anche io!» Le fece cenno Mèabh, che era con lei membro del club di cucito. In realtà la sua mente non era volata solo agli abiti, ma anche a tutte le decorazioni che avrebbe potuto fare, le scenografie e oggettini con cui avrebbe potuto decorare gli ambienti. La sua mente creativa vibrava e sentiva le mani quasi pruderle dall’eccitazione di creare qualcosa. Sapeva già che quella sera si sarebbe trovata a buttare giù delle idee e bozzetti preliminari, o era certa sarebbe esplosa.
 «E’ un'idea davvero fantastica, ragazze!» Commentò Aster, un largo sorriso in volto e la voce pacata. Non era una persona particolarmente esplosiva, per quanto non lo si potesse affatto definire un introverso.
 «Ma spero anche che con questa scusa ci lascino andare più spesso in paese per fare compere!» Aggiunse con un sorrisetto divertito. «Non tutti abbiamo la vostra dote, e dubito vogliate lavorare per un altro centinaio di studenti.» Già non vedeva l’ora di sapere il tema per poter comprare un completo adatto: magari qualcosa di verde per un tema boschivo o accenni argentati per simulare la brina per un tema più invernale? Non stava già più nella pelle, inoltre non poteva certo dire di disprezzare un po’ di attenzione per sè, di certo avrebbe fatto in modo di sfruttare al meglio l'opportunità. Sapeva anche tuttavia, conoscendo i suoi compagni, che la competizione sarebbe stata alta; non era l’unico alla quale piacevano le luci dei riflettori, prima tra tutte la ragazza che gli sedeva di fronte.
 «Pensate che ci saranno quelle cose americane tipo il re e la reginetta del ballo?» Chiese sovrappensiero Mèabh, quasi leggendogli nella mente.
 «Oh me lo auguro, non ho intenzione di spaccarmi la schiena per poi non ricevere nessun riconoscimento!» Rispose prontamente Jelena, che già si vedeva con la tiara in testa.
 «Sicuramente renderebbe le cose più interessanti, almeno per noi.» Ridacchiò la rossa; dopotutto erano Platinum Horn, un po’ di sana competizione non era per loro che la ciliegina sulla torta di un anno che già si prospettava eccitante.
 «Sicuramente a breve si farà in modo di creare un comitato organizzativo.» Riflettè sovrappensiero Aster, rigirandosi l’anello d’argento attorno al dito. Probabilmente i professori avrebbero usato loro Prefetti come tramite verso il resto dei ragazzi per diffondere la comunicazione. «Immagino spetterà a loro decidere questi dettagli, ma possiamo sempre pensare ad una specie di casella di posta per i suggerimenti.» Aggiunse, mostrando ancora una volta quel suo lato più logico e pianificatore.
 «E’ un’ottima idea, signor Prefetto, dovrebbe consigliarla ai professori!» Lo prese bonariamente in giro Mèabh.
Dal tavolo dei docenti giunse in quel momento di nuovo il leggero richiamo delle posate che battevano contro i calici di cristallo e dopo un altro, questa volta breve per davvero, discorso, la preside li invitò a dirigersi verso le proprie camere.
 «Bene signorine, è giunto il momento del signor Prefetto.» Si alzò Aster sospirando, facendo eco alla battuta che la compagna aveva appena fatto e, dopo averle salutate, si diresse verso il piccolo gruppo di primini per accompagnarli verso i dormitori.



 

¹ Rui è non-binary. In inglese dovrebbe utilizzare il neutro they/them, che purtroppo non è traducibile in italiano. L’autrice mi ha dato il consenso di utilizzare il maschile, tuttavia mi dispiaceva perdere del tutto questa sua caratteristica molto importante. Ho deciso di utilizzare quindi il segno neutro schwa solo nei discorsi diretti
² Éire vuol dire Irlanda in Irlandese
³ treno ad alta velocità giapponese
⁴ Pronunciato Miv



 

♢♢♢♢

Rurik Isaev
SilverFeather | 19 | Vampiro | Infirmière -Fauve
Se niente importa, non c’è niente da salvare


♢♢♢♢
 

 

A.A.

Eccomi finalmente qui, buone feste e buon natale!
Avrei voluto mantenere una cadenza di un capitolo al mese, ma penso che ogni due sia comunque un buon ritmo, spero solo che il risultato sia valso l'attesa.
Come vedete si tratta di un capitolino bello sossolo e consistente, poco meno di 7000 parole, spero sia stato sopratutto piacevole.
Ho un po' di cose da dire quindi cercherò di snocciolarle con ordine e non rubarvi ulteriormente tempo.
Come vedete abbiamo un nuovo bimbo unitosi alla ciurma. Come avevo accennato la scadenza non avrebbe comportato una chiusura ermetica delle iscrizioni, quindi non è stato un problema accogliere il piccolo Rui in questa banda di squinternati. Arriverà anche il suo piccolo edit su instagram, non temete.
Tuttavia da oggi direi che non accetterò altri personaggi. Il cast, come detto in precedenza, è perfettamente amalgamato e mi ci sto trovando molto bene, sono pienamente soddisfatta.
Ho cercato in questo capitolo di dare più spazio a chi nello scorso aveva avuto meno modo di brillare. Non credo di essere riuscita a creare un perfetto equilibrio e far apparire tutti allo stesso modo, ma credo di essere riuscita a questo punto a dipingere tutti un po' meglio, mi saprete dire voi.
A questo proposito voglio ringraziarvi tutti, i feedbeck che ho ricevuto mi han fatto davvero molto piacere. Tutti sono riusciti a farmi sapere la loro in un modo nell'altro e sono davvero felice di ciò. Spero di riuscire a mantenere aggiornamenti regolari in modo da non farvi perdere le speranze e perdervi.
Come avrete notato c'è stato un piccolo paragrafo su un professore, ci ho pensato molto e ho deciso di inserirlo principalmente per motivi di world-building e contestualizzare e spiegare i tempi. Per quanto Enoch sia un figlio amatissimo non ho intenzione di dedicargli capitoli. Apparirà di certo in futuro ma solo in funzione di alcuni personaggi e vi assicuro che i protagonisti rimarranno i vostri oc.
Da qui in poi è possibile, non certo, che ci potrebbero essere aggiornamenti più frequenti, di giusto uno o due paragrafi che non presenteranno tutti gli oc. Ovviamente a rotazioni tutti appariranno bene o male lo stesso. L'idea è per me di avere una storia leggera, su cui scrivere momenti molto slice of life quando più mi coglie l'ispirazione. Potrei aspettare di accumulare qualche paragrafo o buttare la singola one-shot in un capitolo, magari fatemi sapere cosa ne pensate. Ovviamente in ogni caso ogni tot ci sarebbero capitoli lunghi e con tutti come questo.
Penso di aver detto a questo punto tutto, vi lascio quindi con una piccola domandina:

Il vostro oc farebbe parte del comitato organizzativo? Di cosa vorrebbe occuparsi?
Ha proposte di temi o suggerimenti di attività et. simili?

Se non ha proposte non sentitevi in dovere di inventarvene, potete anche dirmi un banale "no" di principio. Ho già le mie supposizioni su chi sia più incline a partecipare e chi meno, ma volevo una piccola conferma da parte vostra.
Detto ciò io mi eclisso, ora non ho più scuse e mi tocca studiare, sigghete.
Non vedo l'ora di sapere che ne pensate!

Peace out

Ebe

 

   
 
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