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Autore: Serpentina    22/12/2023    2 recensioni
Il Natale si avvicina e Frida Weil deve affrettarsi a trovare il regalo perfetto per il suo ragazzo, William; è il loro primo Natale insieme, desidera sia indimenticabile. Complice una banda di vecchi amici un po' sopra le righe, il risultato sarà più che originale, unico!
Speciale natalizio con protagonisti i personaggi di "Locked-in" (ma è tranquillamente leggibile anche senza conoscere la storia principale).
Un piccolo estratto:
"–Tra parentesi: come ti viene di passare le feste qui, con tuo padre come unica compagnia, quando hai la possibilità di folleggiare su una spiaggia australiana in compagnia dei tuoi amici inglesi del cuore, che sono sicura avresti generosamente invitato?
–Se sei così tanto desiderosa di metterti in bikini a dicembre, Cartridge, vai a farti una lampada- rispose William in tono monocorde, stiracchiando le labbra nella pallida imitazione di un sorriso. –Personalmente, sono dell'idea che bisogna indossare un maglione orrendo e rompersi un dente con la moneta d'argento nel pudding almeno una volta nella vita".
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Ho, ho, ho! BUON NATALE!

Bentrovati, miei fedeli lettori (e, spero, nuovi lettori)! Vi auguro di cuore di abbuffarvi allegramente in compagnia e trascorrere splendide giornate come più vi piace!

Per chi è già addentro l’Irvingverse molti dei personaggi che compaiono in questa seconda e ultima parte saranno familiari; per gli altri, spero vi piacciano tanto da volerli conoscere meglio nelle altre storie. ;-)

Prima di lasciarvi alla lettura, linko il sottofondo musicale consigliato (ormai è una tradizione): 1, 2 e 3.

 

Nankurunaisa

Parte 2 - Tidings of comfort and joy

 

Quello che più mi piace, mi sa, è che nel tempo tutto si risolve, si aggiusta, si cicatrizza, indipendentemente da quel che penso o faccio”.

Charles Bukowski

 

Lo sferragliare del treno della metropolitana, che attutiva il chiacchiericcio dei passeggeri, suonava come dolce musica alle orecchie di William, angosciato al pensiero di un confronto con Frida, seduta accanto a lui in rancoroso silenzio, sebbene fosse consapevole che, prima o poi, avrebbero dovuto affrontare il proverbiale elefante che, grazie alla lingua lunga di suo padre, troneggiava nella stanza.

"Dannazione, pa'! Dovevi proprio lasciarti "sfuggire" che dopo le feste lascerò per sempre questo Paese?"

Era palese che la Weil fosse furibonda ("E con ragione: ha appena saputo che tra meno di un mese te ne andrai agli antipodi!", osservò la voce della coscienza di William): non si degnò di parlargli neppure quando venne il momento di scendere alla loro fermata; si limitò a strattonare una manica del cappotto e rivolgergli un eloquente cenno del capo. Le reiterate richieste dell'australiano sul perché fossero scesi a King's Cross si dissolsero nell'aria senza ricevere risposta, così come il suo commento sul brano che aleggiava nella stazione gremita di gente, mescolandosi con i vari annunci su partenze, arrivi, ritardi e cancellazioni (questi ultimi accompagnati da esternazioni piuttosto "colorite") in un cacofonico connubio.

–Certo che Alex&co hanno fatto il botto: da quando hanno suonato all'inaugurazione del villaggio di Natale a Mayfair, i Wings Of Freedom sono diventati i Micheal Bublé del rock! Fortuna che le loro, di cover natalizie, sono una meglio dell'altra, e non mi fanno venire voglia di infilarmi un punteruolo su per i condotti uditivi fino al cervello!

Frida, sebbene tentata di rispondere che, dopo quello che aveva passato a causa di Aisling Carter, Alex meritava ogni bene, scrollò le spalle e proseguì nella sua folle marcia; in barba alle suppliche di William, procedeva ad un'andatura da competizione, tale da rendere una sfida starle dietro, specialmente se, come nel caso di William, si intercalavano scuse a profusione alla corsa, e ci si era dovuti fermare due volte a raccogliere il cappello spazzato via da occasionali folate sferzanti di vento gelido.

Superati i tornelli che separavano la stazione metropolitana da quella ferroviaria, lo colse in contropiede arrestandosi di colpo. Si percepiva chiaramente che faticava a contenere la rabbia, tanto che l'australiano si chiese se avesse con sè il coltello a serramanico regalatole dal cugino Hans, perché rischiava seriamente di ritrovarselo conficcato nella carotide al primo passo falso.

–Toglimi una curiosità- ringhiò, scoprendo i canini come un predatore in procinto di azzannare la preda. –Avevi intenzione di dirmelo?

–Ecco, in tutta sincerità... no. Avrei lasciato che la mia assenza parlasse da sé- ammise lui, boccheggiante per la fame d'aria e l'ansia crescente. –Non pensare subito male, l'ho tenuto nascosto a tutti - tranne Kev, ma l'ho pregato di mantenere il segreto, non avercela con lui per essere stato un amico leale - perché desideravo vivere queste ultime settimane serenamente, senza lo spettro della partenza.

–Io non sono "tutti", sono la tua ragazza- ribatté Frida, in procinto di esplodere. –Significa qualcosa per te, o hai voluto darmi il contentino prima di sparire tra i canguri, magari nella speranza che nel frattempo ti dessi in cambio qualcos'altro?

"Mi ha sgamato! Dannati lei e il suo cervello sopraffino!"

–Ehi, sono fatto di carne e sangue! Non avrei disdegnato di trovarti sul mio letto nuda, con un fiocchetto intorno al collo o una coccarda sulla testa, per immortalarti come una demoiselle d'Avignon!

Esterrefatta, Frida impiegò qualche minuto buono a metabolizzare la replica - e stabilire se venire paragonata al soggetto di una delle più celebri opere cubiste potesse essere catalogato come offesa, dato che: A, le (con grande sforzo di fantasia, a parer suo) sensuali donne ritratte nel dipinto erano prostitute; e B, le loro forme e proporzioni erano state distorte dall'artista ai limiti del grottesco - infine mormorò, più a se stessa che a William –A volte penso che la tua anima gemella in realtà sia meine Mutter.

–Cosa?

Nichts1- rispose, dopodiché lo arpionò per un braccio, trascinandolo verso il tabellone degli arrivi. –Also, dein Vater vuole rispedirti nella terra dove tutto tenta di ucciderti. Motivo, se posso chiedere?

–Tu- ammise William, senza inutili giri di parole, incurante, o forse cieco, dell'evidente delusione sul volto della sua ragazza. –Probabilmente anche per via del microscopico, assolutamente insignificante - prego, notare il sarcasmo - dettaglio che sei la progenie della sua... quasi moglie, papà non ti vede di buon occhio. Ritiene che eserciti una pessima influenza su di me e, se continuerò a seguirti nelle tue "insensate scorribande", finirò col nuocere a me stesso o, peggio, al mio futuro.

–Senza offesa, quell'uomo ha seriamente bisogno di rivedere le sue priorità!- ironizzò Frida, mordendosi la lingua per moderare i toni: dopotutto, non era una mossa saggia inondare di insulti, per quanto meritati, il padre del suo ragazzo. –Comunque, conoscendoti, mi sorprende non ti sia ribellato.

–L'ho fatto!- si difese William. –Ma mio padre ha smontato qualsiasi velleità con argomentazioni molto convicenti, come la minaccia di tagliarmi i viveri, e la vita del clochard non fa per me; inoltre, francamente, aver rischiato la morte per mano di un maniaco omicida mi ha indotto a riconsiderare il suo punto di vista.

Frida, che si aspettava tutt'altra risposta, sbottò –Cioè ti sei arreso senza combattere? Ich traue meinen Ohren kaum2!

–Prova tu a vivere senza i soldi di mamma e papà! Allora potrai farmi la morale.

Frida fu costretta a dargli ragione, o quantomeno mordersi la lingua, in mancanza di validi elementi per contraddirlo.

Na ja- concesse, a denti stretti. –Non capisco, però, il perché di tutta questa fretta. Non poteva aspettare la fine dell'anno scolastico?

William emise un lungo e sonoro sospiro.

–Idem come sopra: il mio coinvolgimento nel caso Carter lo ha persuaso ad accelerare le tempistiche; ma ti giuro che sto perseverando nell'impresa di fargli cambiare idea. Solo, a differenza tua, credo che uno stillicidio quotidiano sia più efficace di una guerra aperta. La goccia scava la roccia; e quando non riesce a forarla, riesce comunque a plasmarla.

"Quando mi dà lezioni di vita atteggiandosi a filosofo, lo strozzerei con le mie stesse mani!"

–Lo spero per te- replicò Frida. –Tornando a noi: sei stato poco furbo, Liam; se mi avessi detto la verità, avresti aumentato le tue chance di portarmi a letto giocando la carta del "carpe diem".

L'australiano boccheggiò nuovamente; stavolta, però, non perché gli mancava il fiato: i voli pindarici mentali e verbali della Weil non cessavano mai di stupirlo (e confonderlo).

–Nulla mi vieta di giocarla adesso- propose, ammiccante. –Frida, il nostro amore è costretto a bruciare, anziché spegnersi lentamente. Concedimi il tuo fiore per serbare il mio ricordo nelle fredde, nebbiose notti inglesi.

Was meinst du mit3 "spegnersi lentamente"?

Colto in fallo, balbettò –E-ehm... c-carpe diem?

–Primo strike- sibilò Frida, prima di avviarsi lungo la piattaforma tra i binari nove e dieci. –E scordati le mie grazie finché non avrò sbollito la rabbia per essere rimasta all'oscuro auf einem Klacks4 del calibro dell'imminente partenza del mio ragazzo!

–Sopravvivrò. Finora la mano amica non mi ha mai deluso!- ignorò l'espressione disgustata della Weil e aggiunse –A questo punto, considerato dove siamo, sorge spontanea la domanda: mi hai trascinato fin qui per scattarci una misera foto sotto la targa del binario nove e tre quarti? Dimmi di no, ti prego! Sei tu la fanatica di Harry Potter, non io.

–Harry Potter è un intramontabile classico della letteratura. Non capisci proprio niente!- obiettò Frida, punta sul vivo. –Comunque, no, siamo qui perché sta per arrivare un pacco piuttosto... corposo da Scarborough con il Transpennine Express. Ringrazia che il tuo teatrino è saltato fuori troppo tardi per annullare tutto, o potevi scordarti il tuo regalo!

–Il mio cosa?

–Regalo, Liam. Sicuro di sentirci bene? Urge un controllino dall'otorino!

William si passò una mano sulla faccia, respirando a fondo, prima di rispondere, con voce tremante di rabbia malamente repressa –La mia è incredulità, Weil, non sordità. Ci - sottolineo, "ci", plurale - ho espressamente, reciprocamente dispensati dalla dispendiosa e ansiogena convenzione sociale dei doni natalizi; perché hai deciso di sbattertene della mia volontà e agire di testa tua? Ho piene le palle di questo tuo atteggiamento!

–Secondo strike. Ancora uno, e sei fuori. Non chiederò scusa per aver provato a renderti felice, nonostante io non lo sia affatto; anzi: forse proprio perché io mi sento uno schifo desidero che tutti intorno a me siano felici- contrattaccò Frida. –Il mio è un presente, Dummkopf, non un dono: non mi apporta alcun vantaggio, materiale o di altro genere, nè mi aspetto che ricambi. È soltanto il mio modo per dirti "ti amo".

William, incapace di sostenere il suo sguardo, illuminato dalla fervente determinazione di chi fa corazza della forza dei propri convincimenti, abbassò gli occhi sui propri piedi e prese a grattarsi la nuca nervosamente, invidioso di cotanta sicurezza. Mai avrebbe pensato che qualcuno così pudico e schivo potesse aprire il proprio cuore con tanta leggerezza, ma lei era riuscita a stupirlo, ancora una volta. Avrebbe potuto prevederlo: da che la conosceva, Frida si era dimostrata più sveglia, più coraggiosa, più risoluta, più energica... semplicemente "più"; migliore di lui, sempre, sotto ogni aspetto. La cosa lo spaventava - e gli dava sui nervi - non poco, perché lui, invece, non aveva idea di cosa albergava nel suo, di cuore: era attratto da Frida, gli piaceva come persona e teneva a lei, senza ombra di dubbio, però... amarla? Su questo, l'ombra del dubbio c'era, eccome. La sola idea di "ingabbiarsi" gli faceva tremare la terra sotto i piedi.

–Oh, ehm, wow. Io... non so cosa dire.

–Sentirti reciprocare i miei sentimenti sarebbe stato gradito- pigolò lei, amareggiata. –Ma preferisco un silenzio sincero a una fiumana di melensaggini finte, o, peggio ancora, Scheiß wie5 "grazie" o "lo so"; stento a sopportarle nei film, figurarsi nella vita vera! E non mi importa della tua disapprovazione: adesso che so di non avere altre occasioni, sono ancora più contenta di aver trasgredito alla tua assurda regola del "niente doni". Che poi, tecnicamente, non sto trasgredendo un bel niente: per una fortuita quanto fortunata coincidenza, Natale e il tuo compleanno cadono lo stesso giorno.

William prese a boccheggiare una terza volta. Non aveva rivelato a nessuno la data del suo compleanno perché le poche volte in cui aveva provato a festeggiarlo come si deve erano state talmente deludenti da fargli detestare la ricorrenza.

"Mia madre avrebbe potuto spicciarsi prima, oppure trattenersi almeno fino al ventisette, e che cazzo!"

Tuttavia, non si chiese come avesse fatto la Weil a scoprirlo; aveva avuto abbastanza dimostrazioni delle sue doti investigative, roba da far impallidire gli agenti del KGB, da non sprecare materia cerebrale - e la scarsa pazienza della ragazza - in domande stupide.

–Provo a indovinare: hai fatto hackerare la rete informatica della scuola a tuo cugino Ernst perché non sopportavi di non sapere quando fosse il mio compleanno?

–No, l'ho dedotto dalle continue battute di tuo padre sul non sapere se prepararti un pudding o una torta e il riferimento di tua madre al "miglior regalo che abbia mai ricevuto"- lo corresse lei, arricciando il naso con fare altezzoso. –Hackerare il computer del vecchio pisquano è servito solo per conferma... e per togliermi lo sfizio di violare la sua privacy. Così impara a mettermi in punizione per una baggianata!

–La "baggianata" sarebbe aver recidivato a spacciare compiti già fatti agli altri studenti per denaro?- ridacchiò lui, per poi tornare serio, sul piede di guerra. –Comunque, potevi risparmiarti il disturbo- ringhiò lui. –Mi piace andare al compleanno di chiunque altro, e se vengo invitato sono un buon ospite. Ma non festeggio mai i miei compleanni. Odio il mio compleanno!

Schwachsinn6!- sentenziò Frida. –I compleanni vanno festeggiati, punto e basta! È un modo per dire a se stessi: “Grazie di esistere”. Non si può odiare il proprio giorno speciale.

–Si può, se lo si condivide con nientepopodimeno che Gesù Cristo!

Entschuldigung7, non riesci a muovermi a compassione: secondo fonti storiche Gesù è nato in estate, la sua nascita è stata spostata al mese di dicembre per farla coincidere con i riti pagani per celebrare il solstizio d'inverno. Inoltre, sei in buona compagnia: condividono il tuo dolore, nonché la data di nascita, personalità del calibro di Isaac Newton, Humphrey Bogart, Cad Calloway, Sissy Spacek, Annie Lennox, und so weiter8. Avessi io questa fortuna!

Entschuldigung, non riesci a muovermi compassione- la scimmiottò lui. –A te la gente ricorda sempre di augurare buon compleanno, ricevi due distinti regali e annessi biglietti di auguri...

–Come sei materialista! Non eri il paladino della lotta ai doni?

–Come ogni predicatore che si rispetti, non metto in pratica i miei precetti. E poi ho detto regali, non doni, per me c'è differenza, se ben ricordi. La verità è che sono talmente abituato a veder passare in secondo piano il mio compleanno da preferire fingere che non esista, piuttosto che restare deluso perché nessuno se ne ricorda. Quanto a te, Weil, hai poco da lamentarti: sei nata il giorno di San Giorgio, condividi il compleanno con personalità del calibro di William Shakespeare, Max Planck e Shirley Temple. L'unico neo della tua data di nascita è il rischio che coincida con la Pasqua; ma, diciamocelo, quante probabilità ci sono?

–Meno di quante immagini- spiegò Frida, ergendosi a maestrina. –La prossima Pasqua coincidente con il mio compleanno sarà nel 2079, quando compirò la bellezza di... cinquantanove anni. Chissà dove sarò, dove sarai tu, chi mi starà accanto mentre soffio sulle candeline... lo scopriremo solo vivendo! Ah, in caso te lo stessi chiedendo, la data più frequente per la Pasqua è il 19 aprile, la meno frequente il 22 marzo.

–Non me lo stavo chiedendo- bofonchiò William.

Was?

–Niente, niente. Dicevi?

–Che la Pasqua è una festività mobile, la cui data viene calcolata in relazione al ciclo lunare, secondo un principio-regola risalente al Concilio di Nicea del 325 d.C.: la Pasqua cade la domenica successiva alla prima luna piena di primavera. Di conseguenza, è sempre compresa nel periodo dal 22 marzo al 25 aprile: supponendo, infatti, che il primo plenilunio di primavera si verifichi il giorno dell'equinozio stesso, il 21 marzo, e sia un sabato, allora Pasqua si avrà il giorno immediatamente successivo, ovvero il 22 marzo; qualora invece il plenilunio si verificasse il 20 marzo, bisognerà aspettare il plenilunio successivo, arrivando quindi al 18 aprile o, qualora questo giorno fosse una domenica, alla domenica ancora successiva, ovvero il 25 aprile. In realtà, Aidan mi ha spiegato che, poiché l'osservazione diretta della luna piena poteva dar luogo a errori, specie in caso di maltempo, e non si poteva prevedere in anticipo, si decise di fissare la Pasqua secondo una regola matematica prestabilita, basata sul calcolo dell'epatta, definita come l'età della Luna al primo gennaio, vale a dire il numero di giorni trascorsi dall'ultima Luna nuova, e questo numero può andare da 1 a 30. Per non passare da scema, mi sono limitata ad annuire mentre scriveva una sfilza di numeri e simboli matematici su un foglio di carta, convinto di starsi spiegando; confesso, però, di non averci capito molto.

–Nemmeno io- bisbigliò William.

Was?

–Niente, niente. Allora, questo regalo?

 

***

 

William si sentiva molto stupido: proprio non riusciva a comprendere cosa c'entrassero le sei persone - due adulti e quattro ragazzini - appena scese dal treno con il suo regalo.

Era evidente che Frida li conoscesse bene perché la donna, dai capelli di un rosso fiammante che sbucavano in ciocche disordinate da sotto il cappello di lana lilla, sormontato da un vistoso pom-pon, al vederla emise uno strilletto gioioso e le corse incontro, stritolandola in un abbraccio spezza-costole - ai quali la Weil era notoriamente allergica - senza incontrare resistenza.

L'uomo che la seguiva, con in braccio quella che, a giudicare dalle dimensioni ridotte e l'elevato grado di somiglianza, doveva essere l'ultima aggiunta alla sua prole, sbuffò –Molla la presa, Nicky, o dovrò tirare su da solo quattro figli mentre sconti una condanna per omicidio!

William rimase a bocca aperta, strabuzzando gli occhi.

"Quattro figli? Quella marmaglia è tutta roba loro? Porco cazzo! Non ce l'hanno Netflix, 'sti qua?"

Ulteriori riflessioni in merito vennero interrotte dalla sagace replica di Nicky, la quale, senza allentare la morsa affettuosa in cui aveva avvinto Frida, rispose –Il che mi garantirà la migliore difesa possibile di un avvocato molto, ma molto, motivato!

–Oppure, semplicemente, potresti evitare di farla fuori- intervenne la figlia maggiore, l'unica ad aver ereditato la fulva chioma della madre, suscitando l’ilarità di William, che si pentì all’istante dei aver riso, perché in cambio ricevette un’occhiata lasciva in maniera disturbante, considerato che la ragazzina dimostrava tredici, massimo quattordici anni. Tutto a un tratto, si sentì denudato, e per l'imbarazzo si nascose dietro Frida, pregando che l'altra non possedesse la vista a raggi X.

Dal canto suo, Frida non poté fare a meno di pensare “Mein Gott! Hans hatte recht: er hat keine Eier! Es ist gut dass er hübsch ist!9”, ma non proferì parola, lasciandosi stritolare affettuosamente dal boa umano dalla rossa chioma.

Quando Nicky ebbe deciso che l’aveva monopolizzata a sufficienza, la lasciò andare e prese sotto braccio il marito, chiocciando, orgogliosa come se stesse parlando di una figlia sua –Adamino, hai visto quant’è cresciuta Frida? Truppa, salutate Frida!

La truppa, alias i quattro figli della coppia, intonò in coro un caloroso –Ciao, Frida!- e la più piccola le soffiò pure un bacino, lasciando William di stucco: contrariamente all’atteso, la Weil aveva presa sui pargoli. Non l’avrebbe mai detto.

Hallo, Kinder! Contenti di essere venuti a Londra in anticipo?- rispose lei, per poi rivolgersi nuovamente a Nicky. –Mein Gott! Sono loro ad essere cresciuti un sacco! Prendi Willow: come direbbe meine Oma10, ormai è una signorina!

–Sì, sì, crescono a vista d’occhio- rispose l’altra in tono spiccio, agitando una mano come a sminuire la cosa, per poi sogghignare e dare di gomito al marito, che da quasi trent’anni sottostava alle sue stramberie (e angherie). –Come i tuoi airbag! Ti sono lievitate le tette dall’ultima volta; adesso rivaleggiano con la terrazza vista Tamigi di Faith. Non trovi, Adamino?

Sconcertato dal tenore che stava prendendo la conversazione, specialmente data la presenza di diversi minori, William lanciò un’occhiata ad Adam - o meglio, “Adamino” - dal cui viso, pensò con sollievo, traspariva un livello di sconcerto pari al suo.

“Perlomeno uno in quella famiglia è normale!”

Adam si scostò quel tanto che bastava a salvarsi dalle incessanti gomitate della moglie e, indignato, sbottò –Ti pare normale chiedermi di fare apprezzamenti sulle, ehm, curve della figlia minorenne di due nostri amici?

La risposta della donna lasciò William letteralmente a bocca aperta.

–Proprio perché è figlia di amici e l’abbiamo vista nascere mi permetto, Adamino caro; altrimenti, non oserei… in pubblico.

L’uomo eruppe in una risata, e ribatté –Proprio perché ti conosco, non credo a una parola. Ora, se per favore puoi tornare adulta per un minuto, aiutami a impartire un minimo di buone maniere alla truppa- tolse il guanto destro e tese la mano a William, presentandosi (finalmente). –Lieto di conoscerti, William. Adam Cartridge. Lei è mia moglie Monica...

–Chiamami pure Nicky- intervenne la rossa, arpionandogli la mano libera, che strinse con entusiasmo travolgente.

–E la torma qui presente, come presumo avrai intuito, sono i nostri figli: Willow, George, Max e Tamsin.

Di tutte quelle informazioni, William ne ritenne una, e una soltanto.

–Cartridge, ha detto? Per caso è parente di Kevin e Kimberly Cartridge?

–Potrei offendermi: davvero non ti hanno mai parlato del mitico zio Adam?- scherzò l’uomo. –Scherzo, naturalmente. Sì, siamo parenti. Non si vede? Ben, loro padre, e Brian sono miei cugini; i nostri padri sono fratelli. E, per favore, dammi del tu.

William fu costretto ad ammettere, col senno di poi, che avrebbe dovuto accorgersi di alcuni tratti di somiglianza coi gemelli, specialmente Kevin.

Frida, infastidita per essere stata eclissata troppo a lungo per i suoi standard di protagonismo, si riappropriò dei riflettori ridacchiando, mentre scuoteva il capo divertita –Oh, Liam, se non esistessi dovrebbero inventarti! Come sempre, ti sei concentrato sul particolare sbagliato: non ti ha nemmeno sfiorato l’anticamera del cervello l’idea di domandare ad Adam come fa a sapere chi sei?

L’australiano, piccato, pur di non darle soddisfazione, mentì spudoratamente, asserendo –Non ce n’è bisogno: suppongo ci sia di mezzo il tuo zampino.

–Indovinato- annuì Adam. –Inoltre, basta guardarti per capire che sei il nipote di Vyvyan. Sei il suo ritratto.

–Copia sputata- rincarò Monica.

Era abituato a sentirsi paragonare al padre, per cui l’inaspettato riferimento al defunto zio lo stranì, facendolo sentire ancora una volta molto stupido, perché proprio non gli riusciva di unire i puntini e comprendere il cosa avesse in mente la Weil; perciò, preferì essere diretto, e chiedere.

–In quale delle tue diaboliche macchinazioni siamo coinvolti?

–Una che ti piacerà- rispose la ragazza con un’enigmatica alzata di sopracciglia.

Non fece in tempo a chiedere spiegazioni che Monica, dopo una rapida occhiata al cellulare, esclamò –Ciambellina e consorte ci aspettano all’Elan Cafe. Truppa, in marcia!- trascinandoli verso quello che, a mani basse, era il posto più stomachevole nel quale l’australiano avesse mai messo piede: tutto, dai pavimenti, alle pareti, al mobilio, persino l’albero di Natale che troneggiava al centro del locale, era colorato di rosa, declinato nelle sue varie tonalità. Ovunque posasse lo sguardo c’erano fiori - per la maggior parte rose - cuori e luci rosa. Dubitava che sarebbe sopravvissuto a un tale tripudio del colore che più detestava. Come se non bastasse l’attentato alle retine, neppure il suo povero apparato uditivo venne risparmiato, subendo la tortura di ascoltare uno dei brani, secondo lui, più nauseanti della storia della musica, almeno quanto il dolciume da cui prendeva il titolo: “Lollipop”.

A distrarlo, prima che gli venisse la tentazione di accecarsi e tapparsi le orecchie con due cucchiaini da tè, provvide il gaio quartetto seduto a un tavolo, composto da due adulti, all’apparenza coetanei di Adam e Monica, e, non bisognava essere dei geni per capirlo, i loro figli, un maschio e una femmina. La femmina, di cinque o sei anni al massimo, sembrava la reincarnazione di Shirley Temple, con tanto di adorabili fossette e boccoli da principessa delle fiabe; mancava solo che si mettesse a ballare il tip tap in mezzo alla sala. Il maschio, totalmente assorbito dallo smartwatch, doveva avere all’incirca l’età di Willow - la primogenita del “ramo nordico” dei Cartridge - a giudicare dall’accenno di acne, l’aria sprezzantemente annoiata, tipica dei teenager snob della Londra bene, e il taglio di capelli - cortissimi dietro, poco più lunghi davanti, con un ciuffo arricciato che ricadeva sulla fronte - di tendenza tra gli adolescenti britannici.

Salvo una fugace panoramica sulla famigliola da pubblicità di biscotti al completo, l’attenzione di William venne catalizzata dalla madre, un elfo di Babbo Natale troppo cresciuto, con tanto di fermaglio a forma di bastoncino di zucchero tra i capelli color champagne, avvolta nell’abito - rosso, ad eccezione di collo alto e polsini, candidi come neve appena caduta - simbolo della collezione autunno-inverno di Chanel (non che fosse un esperto di moda; lo aveva riconosciuto semplicemente perché Kimberly aveva tartassato chiunque a portata d’orecchi con un’analisi approfondita del perché quello che lui considerava un ammasso di tessuto fosse in realtà un’opera d’arte). Un elfo celebre, per giunta, che mai avrebbe immaginato di incontrare in un caffè l’antivigilia di Natale.

–Non posso crederci- esalò. –Lei… lei è… Connie Bishop! La giallista! Io… non so cosa dire. È un tale onore, signora…

–Connie. E dammi del tu.

–Oppure, se vuoi farla infuriare, Cornelia- ridacchiò il marito, suscitando le grasse risate di Monica, la quale, suppose William, non doveva essere cambiata molto con la crescita, mantenendo la chiassosità e spavalderia che, ci avrebbe scommesso, l’avevano caratterizzata sin da (più) giovane.

–Uuh! Qualcuno qui vuole ritrovarsi single prima di sera! Connie è come Voldemort: nessuno osa pronunciare il suo nome!

–Chiudi il becco, Nicky!

William si schiarì la voce, interrompendo sul nascere una promettente battaglia verbale.

–O-Ok, Connie. Wow! Se qualcuno mi avesse detto che un giorno la… ti avrei incontrato dal vivo, gli avrei riso in faccia. Ho… ho letto tutti i suoi, ehm, tuoi libri, dal primo all’ultimo. Vorrei averli con me per farli autografare, ma servirebbe un trolley per trasportarli.

–Stupefacente!- tuonò l’uomo al suo fianco, cingendole protettivamente le spalle. –Sei il nipote di Vyv, o la sua reincarnazione?

Connie sconvolse tutti trasformandosi in una fontana nel giro di un millisecondo. Suo marito, palesemente a disagio per quell’improvvisa esplosione di emotività, le offrì un fazzoletto, che lei rifiutò; si alzò in piedi e raggiunse un sempre più perplesso William, per poi chiedergli –Posso abbracciarti?

–Visto che roba?- intervenne Monica, scompigliando i ricci dell’australiano, ancora sconcertato per la piega surreale che stava prendendo la situazione. –Ce l’ha stampato in faccia. Non serve nemmeno il test del DNA!- dopodiché si sporse ad abbracciare l’amica, trillando –Awww, la mia BFF! Quanto tempo!

–Ma se ci siamo visti a Pasqua!- obiettò Adam.

–E ieri sera avete passato due ore in videochiamata- sbuffò l’altro, che William apprese essere nientepopodimeno che Keith Allen, marito ed editore di Connie, che aveva mantenuto il proprio cognome per ragioni di marketing: l’alfiere sul dorso delle copertine cartacee dei suoi libri era diventato iconico.

–Non basta- protestò Monica, staccando l’altra da William per poterla stritolare meglio. –Io e la mia Ciambellina glassata di rosa dovremmo poter stare sempre insieme, come ai bei vecchi tempi! Stando lontane mi perdo un sacco di cose: per esempio, guarda David quant’è cresciuto; se fossimo a Westeros, a quest’ora gli avremmo già dato in sposa Willow per unire le casate!

Risero tutti, ad eccezione di Connie, che continuava a fissare William con occhi lucidi e ammantati di malinconia, e dei diretti interessati, che si scambiarono due identici sguardi di pura esasperazione filiale.

Rischiò di strozzarsi con la sua stessa saliva nell’udire la giovane Willow Cartridge bisbigliare a David Allen –Mia madre è pazza, tu che scusa hai?

–Per cosa?

–Pessimi voti, tatuaggi e/o piercing dove non batte il sole, promiscuità sessuale, delinquenza minorile… scegli tu il tuo veleno. In qualche modo dobbiamo farli dannare, per convincerli che è tutta colpa loro se stiamo venendo su così.

Il ragazzino scrollò le spalle, e riprese a giochicchiare con lo smartwatch.

–No, grazie, troppo sbatti.

Nel frattempo, le “contrattazioni matrimoniali” tra le due coppie di genitori andavano avanti, scivolando man mano nel vortice della follia.

–Vacci piano, Nicky. Cosa ti fa pensare che Connie e io vorremmo imparentarci con voi?- ribatté Keith, sorridendo sornione.

–Stai scherzando, vero?- intervenne, con grande sorpresa dell’australiano, Adam, più fuori di senno di quanto sembrasse, dato che assecondava le astruserie della moglie (per non parlare del fatto di averla sposata). –Chiunque aspirerebbe a imparentarsi con noi: siamo i Lannister di questo mondo!

–Stronzaggine e tendenza all’incesto escluse, voglio sperare!- fu la pungente replica di Keith, che vinse la guerriglia verbale, commemorando la vittoria mimando l’atto di soffiare su una pistola fumante, seguito da una lauta ordinazione di tè e pasticcini.

Suo figlio, non contento, sibilò –Puoi tornare a fare l’adulto, per favore?

–Toh! Miracolo! Siamo riusciti a farti staccare gli occhi da quell’affare.

–Se l’alternativa è vedervi regredire all’infanzia, lascia che mi annoi in pace, genitore uno- gnaulò.

Frida, ancora una volta irritata per non essere stata presa in considerazione, tentò di tornare alla ribalta proponendo un’attività alternativa per i ragazzi più grandicelli, ma una voce familiare alle sue spalle le rubò la scena.

–Se permettete, avrei, o meglio, sarei io la soluzione.

William chiuse gli occhi e serrò i pugni: lo avrebbe riconosciuto tra mille, e dovette trattenersi dal cedere agli istinti violenti quando Frida esclamò, con il consueto ardore, il suo nome.

–Aidan! Was für eine Überraschung11!

–La piccola Frida! Che bello rivederti!

Si tranquillizzò, però, nel momento in cui la sentì protestare –Tra quattro mesi sarò maggiorenne. Non ti sembra ora di cambiare aggettivo?- salvo poi addolcirsi e domandargli quando fosse arrivato.

–Da quando in qua hai ricominciato a parlare?

–È il suo regalo di Natale per l’umanità, troppo a lungo privata di cotanto genio- spiegò William, guadagnandosi un’occhiataccia. Contro ogni aspettativa, però, Frida lasciò correre, limitandosi a reiterare la domanda sulla data e ora di arrivo su suolo inglese.

–Questa mattina- rispose Aidan. –Sono partito ieri. Ho bisogno di disintossicarmi da Boston.

Wirklich? Ma se ne parlavi come del paradiso in terra! MIT di qua, MIT di là; professor Gimpsky di qua, professor Gimpsky di là… was passiert? Sei andato in bianco col tuo noiosissimamente perfetto angelo Jodie?- chiese la Weil, che dalla madre aveva ereditato anche la sindrome da Cupido, e per il ruolo di fidanzata di Aidan - superata la sua decennale cotta per lui - caldeggiava un’altra (inconsapevole) candidata.

–È ben lontana dalla perfezione, te lo posso assicurare- esalò mestamente Aidan. –Senti questa, e prova a non ridere: ho raccolto il coraggio per chiederle di uscire, ha accettato, siamo andati al cinema - grazie a Dio Boston è una delle poche città americane ad averne uno - e già qui il primo problema; sarà che mi sono espresso male, sarà che lei non aveva cuore di rifiutarmi, ma in realtà mi schifa e non voleva restare sola con me, fatto sta che quello che io consideravo un appuntamento si è rivelato un’uscita di gruppo con alcuni amici suoi e sua sorella.

–La bombarola! Che a me sta un sacco simpatica ma tu, se non erro, odi.

–Odiare, che parolone!- replicò lui, attivando il radar Cupido di Frida, che subodorava sentimenti romantici latenti con la perizia del maiale con i tartufi. –E non è una bombarola: semplicemente, le piacciono le esplosioni. È un chimico! Comunque, per fartela breve: a fine film, “Oppenheimer”, capolavoro assoluto, uno dei suoi amici ha commentato dicendo che andava riclassificato come di fantascienza, perché è più probabile volino i maiali che un fisico sco…- si ricordò che erano presenti dei minori, e corresse il tiro. –Vabbè, ci siamo capiti.

–Ouch!- esclamò William, cogliendo l’entità dell’oltraggio: Aidan era dottorando in Fisica al MIT. –Questa fa male!

–Appunto. E sai Jodie cos’ha fatto? Ha riso, la stro.. mbolina. Io ero senza parole; fortuna che a Mariposa si è chiusa la vena acida e ha messo a posto quel deficiente con una risposta da premio Nobel: indicando il cielo stellato sopra di noi, ha sibilato “Toh, guarda, un maiale volante! Peccato che le probabilità di vederne uno siano superiori a quelle che ti cresca un cervello, cabrón”! Insomma, alla fine avevi ragione tu, e ancora una volta sono vittima del mio brutto vizio di credere le persone migliori di come sono in realtà. O, forse, sto pagando la vendetta karmica per la vita fin troppo “attiva” di mio padre. Non ho uno straccio di fortuna con le ragazze!

Alla sua destra, David Allen sbuffò una risatina di scherno.

–Mi prendi in giro!- disse. –Se tu non hai fortuna con le ragazze, a noialtri comuni mortali resta solamente il suicidio!

–Non demordere, Aidan, la tua anima gemella esiste; e, chissà, magari è più vicino di quanto credi. Comunque, nel caso decidessi di cambiare sponda, avresti il suo culo, garantito!- celiò Frida in tono falsamente innocente, puntando l’indice verso William, al quale rivolse un sorriso degno del Joker per ampiezza e diabolicità. Non aveva affatto lasciato correre la battutaccia di poco prima; semplicemente, aveva atteso il momento giusto per la dolce vendetta.

In parte per stemperare l’imbarazzo reciproco - testimoniato dalla tonalità di rosso delle loro guance - in parte per dirottare l’attenzione su qualcos’altro, in parte per sfogare la frustrazione, l’australiano ringhiò, in tono più aggressivo del voluto (e del necessario) –Non hai ancora spiegato cosa ci fai qui, Cartridge.

–Zio Adam temeva che i vostri piani potessero risultare noiosi per la truppa- spiegò. –Perciò mi ha chiesto di fare da babysitter.

I più piccoli esultarono, al contrario di David e Willow, i quali, invece, manifestarono accoratamente il loro dissenso, riuscendo, dopo un incessante litania di suppliche, anche grazie all’intercessione di Frida, ad ottenere il permesso di girare liberamente nei dintorni, con la promessa di farsi trovare a casa di Brian per le otto in punto.

Appena la “truppa” li ebbe sollevati della loro ingombrante - quantitativamente e qualitativamente - presenza, William pose la fatidica domanda che gli frullava in testa da King’s Cross.

–Sarò stupido, io, ma fatico a comprendere: quali sarebbero, esattamente, i vostri piani?

Fu Frida a rispondere. Ci avrebbe scommesso.

–Elementare, Wollestonecraft: farti conoscere tuo zio! È innegabilmente il regalo perfetto: qualcosa che desideri ardentemente, che ti manca, letteralmente senza prezzo e che non puoi restituire neanche volendo.

Il primo pensiero di William fu che, se era uno scherzo, non faceva ridere; tuttavia, anziché arrabbiarsi, decise di rispondere con sarcasmo.

–Innegabilmente un’ottima pensata… tranne per il minuscolo, microscopico, insignificante dettaglio che mio zio è morto. Cosa vorresti fare, dissotterrarlo?

Frida assunse un’espressione ferita e prese a tremare, sul punto di scoppiare in lacrime, come Connie poco prima. Fu proprio quest’ultima a trarla d’impaccio.

–Non so dove vanno le persone che scompaiono, William, ma so dove restano- disse, con la voce soffice - non c’era altro modo per definirla - che aveva fatto la fortuna degli audiolibri della sua produzione letteraria. –Qui dentro- aggiunse, posando la mano destra sul cuore.

–Concordo. Non possiamo dissotterrarlo fisicamente - sarebbe disgustoso, oltre che illegale - però possiamo scavare nei ricordi, e “presentarti” il Vyvyan che abbiamo conosciuto. Sono questi i nostri piani- asserì Adam, subito contraddetto dalla moglie.

–Veramente, questi sarebbero i piani di Frida- precisò, curvando le labbra sottili in un sorriso malizioso, che da solo bastò a sedare qualsiasi lamentela, presente e futura, della Weil per lo stravolgimento di quello che, secondo il suo autorevole parere, era un piano perfetto. –Ma se la vita insegna qualcosa, è che i piani sono fatti per essere scombinati; e io, modestamente, sono maestra in questo. Perciò, d’accordo con Keithino e signora – su, non fate quella faccia, Adamino e Fridina, sapete benissimo che: A, se ve ne avessi parlato, avreste tentato di scoraggiarmi o, peggio, ostacolarmi; e B, convincere Connie “Seguo le regole che manco Hermione Granger” Bishop ha richiesto una buona dose di persuasione - al posto di un barboso viaggio nei ricordi sorseggiando tè, ti regaleremo - anzi, ci regaleremo - un viaggio vero - più una gitarella, a dire il vero - alla scoperta delle tradizioni natalizie di questo allegro gruppo di amici. Lasciati trasportare indietro nel tempo, a quando noi non più baldi giovani eravamo effettivamente baldi giovani di belle speranze, e tu nemmeno uno spermatozoo nelle palle di tuo padre. Che l’avventura abbia inizio!

 

***

 

Il ricordo delle cose passate non corrisponde necessariamente a come siano state veramente. Eppure, mentre ascoltava dalla viva voce dei vecchi - non per età, ci mancherebbe - amici dello zio Vyvyan l’epopea delle loro “gesta” da adolescenti, William sperò fosse vera ogni parola, perché il ritratto che ne emergeva era di una persona solare e spiritosa, senza però scadere nella superficialità; il genere di persona con cui avrebbe volentieri spartito una pinta al pub. Provò una fitta di invidia, mista a nostalgia: invidia per la possibilità, che a lui era stata negata, di condividere momenti, felici o tristi che fossero, insieme a suo zio; nostalgia per ciò che avrebbe potuto, o meno, essere. Riflettendo, infatti, era giunto alla conclusione che la sua stessa esistenza era frutto della prematura dipartita di Vyvyan: se fosse vissuto, con ogni probabilità Cyril non avrebbe lasciato Faith a un passo dalle nozze, adducendo la scusa ridicola di un presunto tradimento (mai avvenuto); si sarebbero sposati e, quasi certamente, avrebbe rifiutato l’offerta di lavoro in Australia. Ergo, non si sarebbe realizzata la sequenza di coincidenze che aveva portato alla sua nascita. D’altro canto, il se stesso dell’universo alternativo avrebbe potuto godere di uno zio disposto a viziarlo e concedergli tutti gli sfizi - e vizi - vietati dai genitori.

–No, dai, mi prendi in giro: gli ha tirato addosso il gatto?

–Giuro! Tuo padre l’aveva infastidito, e lui, per metterlo a tacere, gli ha lanciato in faccia il gatto di Connie. Quando Vyv me l’ha raccontato, non sapevo se rimproverarlo per aver maltrattato un animale, o piegarmi in due dalle risate: Cyril è vivo per miracolo, quella bestia era obesa!

Dopo un classico tè delle cinque all’Elan Cafe, la prima delle loro tradizioni natalizie, in ordine cronologico, si erano recati - a piedi, in onore dei vecchi tempi - verso Somerset House, dove li attendeva una gremita pista di pattinaggio. William, alla prima esperienza, aveva provato a defilarsi, ma era stato scortato di peso sulla pista ghiacciata e obbligato a cimentarsi col pattinaggio. Innumerevoli ruzzoloni dopo, aveva imparato a scivolare lentamente sul ghiaccio, con poca grazia, ma riuscendo a tenersi in equilibrio.

–Ehi!- intervenne Connie ansante, sfrecciando in difesa del compianto animale, barbaramente usato come corpo contundente. –Non offendere il povero Squall, riposi in pace. Era un gattone coccolone!

–Squall?

–Il nome glielo diede mia sorella. Ad oggi, non so chi accidenti sia!

–Il personaggio di un videogioco, credo.

Monica schizzò accanto a loro al grido di “Yahoo!”, trascinandosi dietro Frida, che li salutò con la mano, per poi esibirsi in una serie di mirabolanti virtuosismi sui pattini, degni di Kaori Sakamoto, che le fecero guadagnare diverse occhiate di ammirazione e applausi dai presenti. Adam, che la seguiva a ruota, sbuffò, imbronciato –Esibizionista!

Era incredibile come una trovata apparentemente balzana, quale quella della Weil, si stesse rivelando azzeccata: rotto il ghiaccio, gli autoproclamatisi “Fantastici quattro” erano rapidamente regrediti all’adolescenza, rivelandosi molto espansivi e altrettanto folli. Mentre li ascoltava e osservava chiacchierare e gesticolare, eccitati come gli scolaretti che erano stati circa un quarto di secolo prima, pensò che non era affatto difficile figurarseli girovagare per la città infagottati in tenuta invernale, con lo zaino sulle spalle, ridendo a crepapelle per l’ennesima bravata - tallonati da Connie, voce della ragione, che sprecava fiato tentando di rimproverarli - mentre divoravano caldarroste guardando con fiducia al futuro, un futuro che purtroppo uno di loro non avrebbe vissuto.

–Ehi, voi!- ululò la rossa, fiondandosi verso di loro. –Gli avete raccontato di come siamo diventati amiconi?

–No, Nicky- rispose Adam. –Nessuno di noi esce bene da quella storia.

–Tanto meglio! Non vogliamo certo che Will s’illuda che siamo persone esemplari!- ribatté lei. –E poi è troppo spassosa per non raccontarla, perciò zitti tutti e ascoltate mamma castoro. Avevamo da poco iniziato le superiori, e io, nonostante il carattere amabile- Adam e Keith si tapparono la bocca per non ridere –Non avevo un solo amico all’infuori della Ciambellina, che però non fa testo, perché con la sua dolcezza farebbe amicizia persino con le pietre. Un bel giorno, andai alle macchinette per rifocillarmi, ma, tragedia: l’Aero, la mia droga cioccolatosa preferita, il solo cibo che il mio stomaco bramava in quel momento… era finito! L’ultima confezione se l’era accaparrata tuo zio, il quale, gongolando, la aprì davanti a me, godendo sadicamente del mio dolore. Naturalmente, reagii nell’unico modo sensato- “Dal poco che la conosco, direi che gli ha dato un pugno sul naso”, tirò a indovinare William. –Gli sparai un diretto dritto sul naso- “Cazzo!”, pensò allora, “Perché non ci ho scommesso dei soldi?” –Vyvyan, fautore della parità tra i sessi, me lo restituì con gli interessi.

–Lui cosa?- esclamò, esterrefatto.

–Tranquillo, non mi fece troppo male. Sicuramente meno di quanto gliene feci io colpendolo nelle parti basse subito dopo.

–Gli hai dato un calcio nelle palle per un fottuto Aero?

–Nicky è fatta così- la difese suo marito. –È un tipo fisico, un po’ come Vyv. Infatti, li beccai mentre si azzuffavano e, dall’alto della mia immensa magnanimità, divisi con loro il mio ricco bottino dolciario, che guarda caso includeva due Aero, prima che si ammazzassero a vicenda.

–Naturalmente, il fatto che andassimo pazzi per lo stesso dolce non poteva essere casuale, quindi decidemmo che era destinato diventassimo amici. Poi Vyv ci presentò Keithino, io tirai dentro il gruppo la Ciambellina, e il resto è storia. Una storia dalla quale, effettivamente, nessuno di noi esce bene; a parte, forse, la Ciambellina.

–Ecco, a questo punto devo sapere: perché Ciambellina?

–Perché è dolce, appetitosa e glassata di rosa- cantilenarono in coro Keith, Adam e Monica.

–Non diresti mai che questo bel faccino si guadagna da vivere scrivendo di omicidi cruenti- aggiunse Keith, col quale William ebbe un’accesa discussione su Kari Herschel, la sua scrittrice fantasy preferita, da molti dipinta come “la nuova Tolkien” - a parere dell’editore, invece, sopravvalutatissima - lungo la strada che li separava dalla tappa successiva del tour natalizio: Trafalgar Square.

–Scusa, eh, ma non posso sentirla definire “sopravvalutatissima”, che credo manco esista nel vocabolario, da chi ha lanciato uno - spettacolare, devo ammetterlo - cofanetto con la nuova traduzione della sua opera omnia!

–In vista delle festività. Perché, udite udite, vende, e io mando avanti un’azienda, non una ONLUS. Che poi, personalmente, abbia un’etica che mi impone di non pubblicare spazzatura e libri di ricette o, Dio ci scampi, auto-aiuto, è un altro discorso. La Herschel, mia modesta opinione, è una pallona gonfiata, indegna di leccare il fango dalle scarpe di Tolkien, ma ormai è un’autrice talmente di grido che persino chi non l’apprezza compra i suoi libri. Sai perché? Perché, come tutti i fenomeni di massa, possedere un pezzo della sua anima, in formato cartaceo o e-book, è uno status symbol. Poi, magari, nemmeno li leggono. Hai idea di quanti citano frasi a caso da “Il grande Gatsby” e non l’hanno mai aperto? Ecco! Però, intanto, io ci guadagno, e chi li acquista può acquistare anche credito presso la società, dove vige la regola non scritta che mettendo in mostra gli accessori giusti - e ormai, purtroppo, il libro è un accessorio, al pari degli occhiali - chiunque ti guardi penserà lo sia pure tu.

–Che barba, che noia, che noia, che barba!- si lagnò Monica, materializzatasi dietro di loro. –Se avete finito con la lezione di economia, ho appena convinto la Ciambellina a riesumare la nostra tradizione, ehm, cantorea.

–Oh, Dio, no! Ti prego, Nicky, no!

–Spiacente, Keithino, abbiamo rimandato troppo a lungo: certe canzoni noiose devono essere pepate.

–In che senso “pepate”?

–Dipende- spiegò Keith, passandosi una mano sulla faccia. –Per me, Connie e Adam significava semplicemente cantare fuori dal coro, vale a dire un brano diverso rispetto agli altri - che so, “Bianco Natale” contro “Astro del ciel” - mentre Nicky e Vyv, beh… si sbizzarrivano con testi da premio Nobel per la letteratura del calibro di “Jingle bey, Batman gay, Robin scemo sei! La batmobile schifo fa, Joker che ci sta a fa’?”

William, confermando di essere sangue del sangue di Vyvyan, si illuminò d’immenso.

–Sembra divertente, voglio provare!- disse. –Certo, però, che eravate creativi: a me una strofa del genere non sarebbe mai venuta in mente!

–Tenero lui!- chiocciò Monica, sospingendolo con decisione verso i cantori. –Troppo giovane per conoscere i Simpson! Forza, Vyvyan redivivo, andiamo a profanare “Oh holy night”!

 

***

 

Dulcis in fundo: la più sorprendente sorpresa della giornata arrivò nell’ultima tappa del tour sul viale dei ricordi. Al momento di salire sulla ruota panoramica di Winter Wonderland, il parco divertimenti che ravvivava Hyde Park nei mesi invernali, Connie interruppe il silenzio che perdurava dalla pista di Somerset House, e chiese a Frida di cederle il posto nella cabina. Sebbene perplessa, la Weil, che stava tenendo un basso profilo per permettere al suo ragazzo di godersi il regalo, acconsentì.

William ne fu infastidito, non tanto perché non apprezzasse la compagnia di una delle sue autrici preferite, quanto piuttosto perché quell’atto denotava un’intraprendenza che cozzava con il profilo psicologico che aveva tratteggiato nella sua mente: gli era parso, infatti, di cogliere una sconfinata timidezza, dietro la facciata disinvolta da scrittrice di successo; al prezzo di una insinuazione oscena di Monica sui suoi gusti in fatto di donne, l’aveva osservata a lungo nelle ore precedenti, notando che evitava il più possibile il contatto visivo con gli sconosciuti, e quando credeva che nessuno la guardasse si tormentava le mani e mordicchiava le labbra nervosamente, come se si sentisse costantemente sotto un’impietosa lente d’ingrandimento. Eppure, aveva raccolto sufficiente coraggio da chiedere esplicitamente di restare da sola con lui, fatto increscioso, intollerabile, per chi aveva il difetto di sovrastimare il proprio talento nel soppesare gli altri e mal sopportava di sbagliare.

Gli toccò penare, roso dalla curiosità, per l’intero primo giro, prima che Connie si decidesse a parlare, ma non poteva né voleva forzarla; sarebbe stato indelicato, oltre che controproducente.

–Fu tuo zio a spronarmi a scrivere, sai? Un giorno spuntò dal nulla mentre stavo leggendo - “Il nome della rosa”, lo ricordo come fosse ieri - e, frustrato perché non lo calcolavo, buttò per aria il libro sbuffando “Sul serio preferisci questo a uscire con me?”; senza scompormi, ripresi il tomo e tornai a leggere, e risposi che aveva due alternative: andarsene, oppure prendere lui stesso un libro e farmi compagnia, al che si allontanò sbottando “Sei proprio una secchiona noiosa, Bishop, sempre con la testa sui libri! A questo punto, scrivine uno!”. Come puoi vedere, lo presi in parola. Le mie prime opere, in realtà, furono romanzi “rosa acceso”, diciamo così, autopubblicati dietro pseudonimo.

–Come Agatha Christie- puntualizzò William.

–Alias Mary Westmacott- fece eco Connie. –All’epoca, ero davvero una “Ciambellina”, che guardava il mondo attraverso due lenti rosa a forma di cuore. Con la sua morte, però, tutto è cambiato, e l’espressione della mia creatività ha assunto tinte sempre più scure. Qualcosa in me si è spezzato e, senza nulla togliere alla mia carriera e alla splendida famiglia che ho costruito con Keith, non potrà mai essere riparato.

–Capisco perfettamente- ammise William, abbandonandosi all’istinto di dar voce alle prorie angosce, aprendosi come mai in vita sua, neppure con Frida. –Anch’io mi sento così. Faccio di tutto, pur di silenziare il mio cervello, perché odio i pensieri che partorisce. Ho visto morire una persona davanti ai miei occhi, e lo stesso giorno ne ho trovata un’altra morta suicida. Persone a cui nemmeno ero affezionato - in tutta onestà, uno di loro mi stava amichevolmente antipatico - ma che mi mancano più di quanto riesca a esprimere. Vorrei piangere, urlare, prendere a calci e pugni qualsiasi cosa o persona mi capiti a tiro, strapparmi i capelli; tutto, pur di alleviare il senso di vuoto per la loro morte. Ma non posso. Non posso piangere, né urlare, né prendere a calci e pugni qualsiasi cosa o persona mi capiti a tiro, né tantomeno strapparmi i capelli, perché devo essere forte per gli altri. Tutti hanno il diritto di crollare, tranne me: Frida ha indetto lo sciopero della parola e Kev è uno straccio, non posso concedermi il lusso di crollare anche io; finiremmo tutti e tre nell’abisso- resosi conto dello sproloquio autocommiserativo, si scusò. –Mi spiace, non volevo inondarti dei miei problemi. Non so perché l’ho fatto.

–Io sì: la corda si sta spezzando. Porti sulle spalle un peso enorme, per un ragazzo della tua età. Avevi bisogno di alleggerirti un pochino. Parlo per esperienza, purtroppo- chiocciò Connie in tono materno, dopodiché protese il busto in avanti, poggiando il mento sui palmi delle mani, e aggiunse –Avrei voluto farlo prima, ma non trovavo le parole. Ti chiedo scusa per la mia, ehm, esplosione di emotività al caffè. Probabilmente, mi hai presa per pazza. È solo che, vederti lì, sorridente… in me lo hai ricordato tantissimo So che, probabilmente, sta cominciando a seccarti sentirtelo ripetere, ma somigli a Vyvy in maniera impressionante. Anche a tuo padre, certo, però…

–Quando voialtri guardate me, vi sembra di rivedere lui?- concluse per lei William. –È questa la ragione per cui ci tenevate tanto a incontrarmi?

–Confesso che, almeno per me, era una delle ragioni. L’altra, la principale, era rimediare al grave torto che ti ha inflitto tuo padre, tacendoti l’esistenza di Vyvy. Al netto dei suoi difetti, merita di meglio che finire nel dimenticatoio.

“Avrebbe meritato di essere qui con noi”, pensò, ma non ebbe cuore di tramutare quel pensiero in parole: temeva che Connie si sarebbe ritrasformata in una fontana.

–Ora che ne so di più, non posso che concordare. So che, probabilmente, suonerà strano, ma il confronto non mi dà fastidio. Anzi. Papà non mi ha mai parlato di lui; a dirla tutta, fino a due mesi fa nemmeno sapevo della sua esistenza. Sono felice di aver avuto modo di conoscerlo un po’ meglio. Mi fa sentire… completo. Non so spiegarlo, è come se un pezzo mancante si fosse finalmente incastrato nel puzzle.

–Mi fa piacere sentirlo, anche se immagino che la tua felicità sia tinta di tristezza per non averlo potuto conoscere davvero- asserì Connie, evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo. –Sai, vorrei provare rabbia, o almeno irritazione, nei confronti di tuo padre per averti taciuto l’esistenza di Vyvy - ma non riesco a biasimarlo: deve aver sofferto immensamente. Perdere un fratello - in quel modo, poi - ti segna indelebilmente. Per la vita.

William ridacchiò.

–Forse, nel profondo, sei rimasta la “Ciambellina” di un tempo.

–Oppure posso empatizzare perché sono stata segnata indelebilmente anch’io- replicò la donna, scoprendo l’avambraccio sinistro, martoriato da vistose cicatrici arborescenti, non dissimili da quelle che si osservano nei soggetti colpiti da un fulmine (se Frida fosse stata presente, avrebbe sfoggiato la sua vasta cultura precisando che quel tipo di lesione andava sotto l’eponimo di figure di Lichtenberg). –Orrende, vero?- proseguì, intercettando il preciso istante in cui il ragazzo non era riuscito a nascondere la ripugnanza. –Il risultato di un pezzo di portiera piantato nel braccio. Avevo pensato di sottopormi a un intervento di plastica, ma poi ho desistito: eliminarle significherebbe cencellare un costante promemoria che, rispetto a Vyvy, ho pagato un prezzo scontato. Perché, vedi… ero con lui in quella macchina. È colpa mia se Vyvyan è morto.

Sbigottito, William balbettò –N-Non capisco.

–Eravamo a una festa, avevamo bevuto, Vyvyan più di tutti. Ci fu una lite tremenda con Keith e corse via inferocito. Sapevo che, lasciato a se stesso, avrebbe fatto qualcosa di stupido, perciò lo seguii e, quando lo vidi tentare di mettere in moto la macchina, cercai di sottrargli le chiavi e guidare io. Nonostante nessuno dei due fosse sobrio, restavo quella messa meglio, quanto ad alcolemia. Naturalmente, non ne volle sapere, perché sia mai lo vedesse qualcuno che si faceva scarrozzare da una ragazza! Alla fine, tediata dalla discussione, cedetti; però non me la sentivo di lasciarlo solo, così finsi di voler tornare anch’io a casa. Per strada, tentò un sorpasso molto azzardato… troppo azzardato. Non ho ricordi dell’impatto, ricordo soltanto di essermi svegliata in ospedale ingolfata da tubicini, con la maschera per l’ossigeno in faccia, il braccio avvolto nelle bende, la gamba destra ingessata e tutti intorno a me che piangevano sorridendo, gridando al miracolo.

Sotto shock per la notizia, William perse il poco colore sulle guance sopravvissuto al clima rigido e respirò affannosamente: sapeva com’era morto il fratello di suo padre, tuttavia la conoscenza non aveva attutito il duro colpo inferto dalla desolante scoperta che non era stato vittima innocente di qualche pirata della strada: era lui il pirata. Si rese conto di stare piangendo quando le lacrime arrivarono a inumidirgli la sciarpa. Non poteva credere che una persona apparentemente dotata di più di un neurone potesse perdere la vita in modo tanto stupido. Rimase fermo, zitto, perso nel suo flusso di coscienza, finché non sentì Connie pigolare, affranta –Sei libero di odiarmi. Io mi odio ogni giorno. La verità è che desideravo conoscerti per chiederti scusa: è colpa mia se Vyvyan è morto. È tutta colpa mia!

La cabina oscillò pericolosamente; la ruota panoramica stava rallentando: erano a fine corsa.

–Non posso odiarti, né perdonarti- disse, con la certezza di parlare anche a nome di chi non c’era più. –Perché non c’è niente da perdonare: lo zio se l’è cercata; hai provato a fermarlo, non ha voluto ascoltarti. Fine. Anzi, sono sicuro che, ovunque sia, è felice sia sopravvissuta, e spera che smetterai di odiarti, perché è un inaccettabile spreco di tempo e materia grigia, che potresti spendere meglio scrivendo- attese che la cabina fosse completamente ferma, scese per primo, aiutò Connie a scendere, infine la abbracciò e disse, dal profondo del cuore –Buon Natale. Non perdiamoci di vista.

 

***

 

Si salutarono con la promessa di rinnovare la tradizione l’anno seguente. Frida, rimasta in disparte fino a quel momento, lo prese sottobraccio e chiese –Allora?

–Spero proprio che riusciremo a mantenere la promessa di rivederci il prossimo anno. Gli amici dello zio sono simpaticissimi!

–Non dovrai attendere un anno intero per rivederli… perlomeno, alcuni: Nicky e la sua truppa festeggiano da Brian, ricordi?

“Cazzo, l’avevo dimenticato! Memoria da pesce rosso, la mia!”

–Ah, già, è vero! Beh, mi fa piacere… anche se quella Willow mi fa un po’ paura. Troppo gattamorta per la sua età e, soprattutto, per i miei gusti. Spero si concentri su Nate e mi lasci in pace.

–In caso contrario, fammelo sapere- sibilò la Weil con un’espressione che non prometteva nulla di buono, e che fortunatamente durò pochi secondi, subito sostituita da una più lieta (e meno minacciosa). –La tua avversione per i regali di Natale alias compleanno?

–Resta lì dov’è. Questo mi è piaciuto, però- ammise l’australiano.

–Davvero?- lo incalzò la Weil, diffidente. –Non si direbbe. Hai l’aria triste.

–Cosa ti aspettavi, che avrei sparato i fuochi di artificio?- replicò, seccato. –È stato… strano, malinconico, forse, ma bello. Non so spiegarlo.

Frida lo abbracciò di slancio, sorprendendolo con un bacio mozzafiato.

–Non serve- rispose. –Ho capito.

–È comunque il miglior regalo di Natale che abbia mai ricevuto. Grazie.

Bitte- celiò la ragazza, prima di sganciare la bomba emotiva che spazzò via definitivamente ogni velleità di William di confidarle il proprio disagio interiore. –Te lo dovevo: sei la mia roccia in questo periodo difficile, il filo che mi tiene appesa alla sanità mentale. Non so cosa farei senza di te. Ti amo. Spero di scoprire presto che provi lo stesso. Buon Natale e buon compleanno in anticipo, Liam.

Privato ancora una volta del lusso di crollare, William si fece forza e, giunto a casa, dove si annunciò sbattendo violentemente la porta, ruggì –Ok, vecchio, stammi a sentire.

–Vecchio a chi?- ribatté Cyril, punto sul vivo (l’età stava diventando un argomento sensibile, per lui).

William lo ignorò.

–Se davvero credi di fare il mio bene rispedendomi in Australia, perché temi che ficcanasando insieme a Frida metta a repentaglio la mia incolumità... Beh, ti sbagli. Frida ha chiuso con le investigazioni: il caso Carter ha lasciato ferite troppo profonde per potersi rimarginare del tutto. Se invece il tuo è un becero tentativo di separarci per la sola, assurda ragione che non sopporti che stia con la figlia di una che ti sei scopato, allora sappi non riuscirai a separarci. Lei ha bisogno di me. Io devo starle accanto, lo capisci?

Suo padre lo osservò con uno sguardo talmente penetrante da poterlo radiografare, quasi a soppesare la serietà delle sue parole.

–Interessante scelta di parole-commentò, infine. –Non ti sei sbilanciato ad affermare che la ami.

William avvampò.

–Si, beh- replicò, in un patetico tentativo di arrampicarsi sugli specchi. –Il succo resta comunque che non posso e non voglio tornare a Canberra. Spero vorrai riconsiderare la tua decisione.

Cyril finse di ponderare la questione, infine chiese –La Weil ha smesso i panni della signora in giallo? Definitivamente?

–Si.

Cyril lo tenne sulle spine per un po’, beandosi della sua ansia, prima di concedergli quello che, forse, era il più bel regalo di Natale (o compleanno) che avesse mai ricevuto.

–Raramente ti ho visto tanto determinato. Devi tenerci molto.

–Moltissimo.

–Allora vedrò di accontentarti: domani stesso, col pretesto di farle gli auguri, accennerò la questione a tua madre… ma non garantisco.

Anche senza garanzie di sorta, William provò un improvviso moto di gratitudine per suo padre, il quale, sebbene non lo esprimesse spesso a parole, gli voleva un bene dell’anima. Corse ad abbracciarlo con tale entusiastico affetto da rischiare di travolgerlo.

–Grazie, papà!

 

***


Il dono, pardon, presente di Frida arrivò diversi giorno dopo, al rientro dalla Germania, dove aveva trascorso le feste insieme ai genitori, al nonno paterno Hans, alla sua seconda moglie Paula e ai di lei figli e nipoti. 
Stanca per i bagordi festaioli, mentre saliva i gradini che la separavano dall'ingresso della scuola, notò Kevin Cartridge in cima alle scale. Istintivamente, lo salutò, augurandogli buon inizio d'anno, e lui, inaspettatamente, il quale, anziché fuggirla manco fosse una lebbrosa, ricambiò il saluto e si fece da parte per lasciarla passare. 
Non aveva fatto tre passi, tuttavia, che Frida si sentì afferrare per un braccio; era Kevin, che, rosso in viso, mormorò 
–Riuscirò a perdonarti... un giorno- prima di scappare via.
Frida sorrise, e affrontò la tediosa giornata di lezione al settimo cielo. Kevin le aveva donato la speranza che la loro amicizia si sarebbe ricucita. Non c'era regalo più bello.


 

Note dell'autrice

Allora, che ve ne pare di questo scorcio di futuro?

Dopo avervi depressi con la prima parte, ho voluto regalarvi uno spiraglio di speranza. Per quanto profondo possa essere l’abisso in cui è precipitata, Frida riuscirà a risalire la china. Resta da vedere se il suo rapporto con William sopravviverà, e se Mr. Koala Dundee riuscirà a convincere suo padre a non rimandarlo in Australia...

Per scoprirlo, non vi resta che pazientare per il finale + epilogo di "Locked-in"!

Alla prossima (spero presto), e, come direbbero i Weil: Frohe Weihnachten und ein glückliches Neues Jahr! (Buon Natale e felice anno nuovo!)

Serpentina

 

PS: nel caso non fosse chiaro, Frida è nata il 23 aprile (Nate il 19 settembre e i gemelli Cartridge il 29 ottobre, per la cronaca).

PPS: se non sapete chi siano/volete rinfrescarvi la memoria, Mariposa Reyes e sua sorella Jodie Gimpsky compaiono (indirettamente) nel decimo capitolo di “Locked-in”.

PPPS: bishop è il corrispettivo inglese dell’alfiere, creando un gioco di parole col cognome di Connie.

PPPPS (giuro, la smetto): la canzoncina cantata da Monica è la versione “creativa” di Bart Simpson nel primo episodio della serie.

 

*citazioni di Sherlock Holmes

 

1Niente

2Non credo alle mie orecchie!

3Cosa intendi con...

4Una bazzecola

5Stronzate come

6Sciocchezze!

7Spiacente

8E così via

9Mio Dio! Hans aveva ragione: non ha le palle! Fortuna che almeno è bello!”

10Mia nonna

11Che sorpresa!


 


 


 

   
 
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