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Autore: Milly_Sunshine    22/01/2024    2 recensioni
Oliver Fischer, professione giornalista divenuto ghost writer, si è rifugiato in un piccolo paesino dove non succede mai nulla, per stare lontano dal caos che in passato ha fatto parte della sua vita professionale. Subito dopo avergli fatto una proposta di lavoro, tuttavia, un suo passato collega viene assassinato. Il delitto è circondato da un alone di mistero più totale, gli unici elementi su cui indagare sono una canzone trap cantata da un'artista sconosciuta, il risultato di una gara automobilistica e un caso di pornografia non consensuale. Oliver si vede costretto a investigare in proposito, affiancato da due donne ugualmente affascinanti: Dalila Colombari, fotografa con la quale ha collaborato in passato, e Tina Menezes, stella dell'automobilismo a ruote scoperte. // I PERSONAGGI DI OLIVER E TINA SONO COMPARSI IN ALTRI MIEI LAVORI, MA "MISS VEGAS" È UNA VICENDA A SÉ STANTE.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Lo spazio circostante aveva perso i propri colori, Tina si sentiva fluttuare in mezzo al nulla. Ricordava l'incidente, anche se non aveva idea di come fosse iniziato. Ricordava di avere perso il controllo della vettura e, a quel punto, ormai non c'era più nulla da fare.
Era seguito il vuoto e al vuoto seguiva una penombra con tanti toni di grigio, in cui c'era un'unica luce.
Manuel era di fronte a lei, come erano stati per l'ultima volta uno di fronte all'altra quando Tina gli aveva augurato di morire presto, venendo accontentata appena il giorno dopo.
Non c'era nulla, tra di loro, tranne un muro di silenzio, lo stesso muro che li aveva separati quando Manuel era ancora in vita. Sembrava tutto così lontano, ma al tempo stesso il passato sembrava fluttuare insieme a loro.
Il suo primo amore e vecchio rivale la fissava, Tina non riusciva a decifrare il suo sguardo. Forse lo stesso Manuel non riusciva a decifrare il suo, la contemplava senza capacitarsi di cosa vedesse.
Infine fu proprio lui il primo a parlare: «Non dovresti essere qui.»
«Sei tu che non dovresti essere qui» replicò Tina. «Perché sei venuto? Cosa vuoi fare?»
Manuel fece un mezzo sorriso.
«Hai paura di me, Menezes?»
Tina cercò di arretrare, ma i passi indietro non furono sufficienti: Serrano manteneva la stessa distanza da lei, senza nemmeno avere bisogno di muoversi.
«Che cazzo è, questo? Un film horror?»
Il sorriso di Manuel rimase immutato, ma il suo tono era tagliente, mentre affermava: «Non mi sembra affatto un complimento, Tina. Davvero ti sembro un personaggio uscito da un film dell'orrore? L'ultima volta che mi sono guardato allo specchio non mi sembrava di essere così brutto. Forse la tua vista è peggiorata?»
«Oh, no, ti vedo benissimo.» Tina si portò una mano al volto, realizzando di non indossare gli occhiali. Eppure l'immagine di Serrano, seppure fluttuante come si sentiva lei stessa in quel momento, era nitida come non mai. «Perché sei qui? Io sono viva e tu sei...»
Si interruppe. Non aveva il coraggio di pronunciare quella parola.
«Morto?» suggerì Manuel.
Tina fece un altro passo indietro, con il solo risultato di trovarsi ancora più vicina a lui.
«Sei venuto a vendicarti?»
Manuel rise.
«E di cosa?»
«Di quello che è successo tra di noi.»
«Io volevo il titolo, tu pensavi che ne saresti uscita meglio se non avessi vinto il titolo. Era semplice routine.»
«Non tutti la pensano così.»
«C'eravamo noi, e poi c'erano altri che sputavano giudizi non richiesti. Hai fatto ciò che era in tuo potere per fermarmi, qualunque cosa ne pensino gli altri.»
Tina gli ricordò: «Tu, però, sei morto.»
Manuel osservò: «Adesso sei capace di dirlo.»
«L'hai detto tu, prima di me.»
«Ho pronunciato la parola magica, dici?»
«Non scherzare, Serrano. Io ho rifiutato di lasciarti prendere il mio posto e tu sei morto.»
«Una storia triste, vero?» ribatté Manuel. «Sì, hai ragione, e forse mi meritavo un film su di me, però ero solo un pilota della Formula 3 Brasiliana e a nessuno importava nulla di me.»
«A me sì» replicò Tina, «A me importava di te.»
«Quello che è stato è stato» concluse Manuel. «Adesso devi tornare dall'altra parte, la tua vita è di là.»
«Non ho modo di tornare, non conosco la strada.»
«Chiudi gli occhi, la troverai.»
Tina esitò: «Io non...»
Manuel ridacchiò.
«Hai ancora paura di me? Non c'è niente che io possa farti, quando chiuderai gli occhi, posso solo cercare di accompagnarti di là.»
«Mi ricorderò di te?»
«Non credo.»
«E allora perché sono qui? Perché sei qui tu? Perché siamo uno di fronte all'altra, se poi si perderà tutto?»
Manuel non rispose alla domanda di Tina. Si limitò a osservare: «È un peccato che i tuoi capelli non ci siano più. Lasciali crescere, quando tornerai dall'altra parte.»

***

Faceva ancora caldo, ma a Oliver bastò affacciarsi alla finestra per notare quanto fosse penetrante l'umidità. Finì l'ultimo sorso di limonata, schiacciò la lattina e andò in bagno a farsi una doccia. Tina doveva avere avuto la stessa idea, quando si era addormentato, dato che si intravedevano le tracce: gocce sulle pareti.
Mentre l'acqua gli scrosciava addosso, Oliver non poté fare a meno di rievocare gli eventi di quella serata. Quando Tina era arrivata, tutto aveva preso a poco a poco una svolta inaspettata. Era stato addirittura tentato di raccontarle quale fosse il suo legame con Patrick Herrmann, ma per fortuna aveva desistito.
Alla fine, l'inevitabile era successo: Oliver sorrise, ripensando al calore del corpo nudo di Tina contro il suo. Sperava solo di avere retto il confronto con Axel, o almeno quello con Shin Jung.
Si asciugò in fretta, già pensando al momento in cui si sarebbe lavato i denti e si sarebbe tolto dalla bocca lo zucchero della bibita. Quando finì, in bagno, quasi con puntualità, il suo telefono si mise a squillare.
Era quello standard, ma a chiamarlo era la Colombari. Era tardissimo e non c'era ragione per cui la fotografa avrebbe dovuto mettersi in contatto con lui. Chissà, forse aveva le stesse mire della Menezes, ma arrivava troppo tardi, non solo per questioni di orario, ma perché, dopo avere fatto sesso con Tina, difficilmente Oliver avrebbe potuto provare desiderio per altre donne.
Le rispose ugualmente: «Dalila, cosa c'è?»
Ciò che udì andava ben oltre la sua immaginazione.
«Fischer, accendi l'app, dimmi dove si trova adesso la tua amica Menezes.»
Quando Dalila gli aveva spiegato il funzionamento dell'applicazione, il primo pensiero di Oliver era stato quanto fosse orripilante. Trovava assolutamente fuori dal mondo il tracciare i movimenti di un'altra persona. Soltanto quando aveva ricevuto una spiegazione valida, aveva compreso: il telefono che Dalila aveva dato a Tina era stato di un vecchio zio che soffriva di demenza senile. Quella app era servita più volte a rintracciarlo quando non trovava la strada di casa.
Farne uso per sorvegliare i movimenti di Tina non lo allettava, ma da come Dalila parlava ebbe l'impressione che la Menezes potesse essere in pericolo. Gli bastò, tuttavia, guardare meglio nella stanza per rendersi conto che era andata via senza telefono.
«L'app mi direbbe che si trova qui insieme a me» rispose, quindi, «Ma mentirebbe, perché Tina è andata via.»
Dalila non gli chiese che cosa stesse facendo Tina nella sua camera quella sera. Si limitò ad affermare: «L'ho vista salire in macchina con Donato.»
«Cazzo!» esclamò Oliver. «Perché l'ha fatto?»
«Perché stravede per quell'uomo e crede che, a sua volta, Donato straveda per lei. Vorrei pensare che sia una cretina, ma non riesco a darle torto.»
«Dove sei ora? Ti raggiungo.»
«A piedi?»
«Sei lontana?»
Dalila gli rivelò: «Ho seguito l'auto. Poi ha spento i fari. È tutto buio qui. Non ho idea di cosa voglia farle, ma non so dove trovarla.»
Oliver la rassicurò: «Vengo da te, faccio il prima possibile.»
«E come?»
«Cercherò qualcuno che mi accompagni. Poi mi devi spiegare perché stavi seguendo Donato.»
«Non lo stavo seguendo, l'ho incontrato per caso» rispose Dalila. «Abbiamo parlato di Tina. La ritiene responsabile del proprio mancato progresso professionale. Pensa che Serrano sia morto per colpa della Menezes e che, se invece Manuel non fosse morto, avrebbe vinto il campionato e forse Tina l'avrebbe emulato l'anno seguente. Pensa che, se la Menezes si fosse comportata diversamente, alla fine lui stesso ci avrebbe guadagnato, dato che la Hernandez gli avrebbe affidato un ruolo di maggiore prestigio.»
«Quindi» realizzò Oliver, «Non ha mai voluto vendicare Serrano, vuole soltanto fargliela pagare perché pensa di averci rimesso per colpa sua.»
«Proprio così» confermò Dalila. «Mi è venuto quel sospetto, dopo avergli parlato. Poi l'ho visto salire in macchina e restare fermo. Aspettava qualcuno... ed è arrivata la Menezes. Sembrava piuttosto trafelata, come se avesse fatto tardi. Immagino che sia stato tu a farle perdere tempo.»
«Mandami la tua posizione» la pregò Oliver, «E non fare cazzate. Donato non sa che l'hai seguito, vero?»
«Penso di no.»
«Non ne sei sicura, però.»
«Non posso essere sicura di nulla» chiarì Dalila, «Posso solo riferirti quello che ho visto. E comunque avresti potuto chiedere a Tina che intenzioni avesse! Sono certa che avesse già pianificato di incontrarsi con quel tizio!»
Oliver puntualizzò: «Se aveva quell'intenzione, di certo non mi avrebbe detto niente.»
«Tu, invece, che intenzioni hai?» volle sapere Dalila. «Come pensi di fare per raggiungermi?»
«In primo luogo aspetto che mi mandi la posizione.»
«E poi?»
Oliver ribadì: «Qualcuno che mi accompagni lo trovo. Probabilmente mi insulterà, ma alla fine, quando gli dirò che potrebbe esserci di mezzo la vita di Tina, non si tirerà indietro.»
«Va bene» accettò Dalila. «Ti lascio e ti mando la posizione. Se c'è qualche novità o qualche problema, chiamami subito.»
Oliver non fece in tempo a replicare, Dalila aveva già riattaccato. Veniva la parte più difficile, ma era sicuro di riuscire a superare l'ostacolo.
Cercò uno specifico numero, attese una risposta e fu molto diretto:
«Devo vederti subito.»
«Cosa succede, Fischer?»
«È una questione di vita o di morte.»
«Da te non potrei aspettarmi altro» disse Edward Roberts, con voce tagliente. «Cos'hai combinato stavolta?»
«Io non ho fatto niente» si difese Oliver. «È Tina che ha fatto il danno... ed è un danno bello grosso.»
Passò qualche istante, in cui Oliver pensò al peggio, ovvero che il telefono stesse per essergli sbattuto in faccia. Infine Edward volle sapere: «Dove sei? Ti raggiungo, così mi spieghi cosa sta succedendo.»

***

Dalila sapeva che scendere dall’automobile non sarebbe stata una saggia azione. Non era stato saggio, tuttavia, nemmeno mettersi a seguire Donato, dopo avere ascoltato le sue parole e avere compreso ciò che Oliver già sospettava. Quell’uomo doveva averla seguita, quando era stata a parlare con Baby Dumbaby, e poi averla seguita ancora, a casa e nelle vicinanze. Non gli aveva ma chiesto dove abitasse, quindi anche la versione dei fatti secondo cui il loro incontro al supermercato era stato quasi casuale poteva essere falsa.
Sapeva che scendere non sarebbe stato saggio, ma non poteva tirarsi indietro, ormai era troppo tardi per essere saggia. Aveva scelto di impegnarsi in un’indagine parallela per scoprire chi avesse ucciso Mirko e aveva unito le proprie forze con quelle di Oliver, ormai non aveva più vie di fuga pronte ad accoglierla.
Chiuse a chiave la portiera e controllò il livello di carica del telefono: cinquantadue percento, la batteria non era molto nuova, doveva sperare che non si scaricasse in fretta. Attivò la torcia, non c’era altro modo per vedere intorno a sé, a parte le fioche luci di una strada lontana, decisamente più imponente di quella in cui aveva seguito Donato, prima di perdere le sue tracce.
Vide dei fari, in lontananza, fari che si muovevano in direzione di una delle strade illuminate. Che fosse Donato? Che stesse portando Tina da qualche parte con sé? Se così fosse stato, non doveva essere animato da cattive intenzioni.
«Maledetta Menezes, dove sei?» borbottò Dalila.
Era improbabile che fosse ancora in macchina con l’uomo che le era stato accanto e che l’aveva sostenuta in passato.
Con un sospiro, Dalila provò a salire nuovamente a bordo. Voleva scoprire cosa ci fosse, là dove aveva visto quei fari poco prima. Non aveva la presunzione di potere trovare Tina, ma sapeva di non potere desistere: da un lato c’era un potenziale assassino, dall’altro una potenziale vittima, che già aveva subito a lungo le angherie di persone che, nella vita, le erano vicine. Non aveva dubbi su quale fosse la parte dalla quale schierarsi.

***

«Fischer, lo sai che è una pazzia?»
La voce di Edward era ancora secca e tagliente, ma Oliver non si aspettava altro. L’aveva appena supplicato di accompagnarlo a raggiungere Dalila, che in quel momento stava dando la caccia a un probabile assassino.
«Lo so che è una pazzia» ci tenne a specificare, «Ma non è certo colpa mia se Tina ha deciso di fidarsi di Donato.»
«Avresti dovuto trattenerla, metterla in guardia» replicò Edward. «Come hai potuto non dirle niente?»
«Tina sapeva bene quanto me che solo Donato poteva avere riferito a Claudia le clausole del testamento» rispose Oliver. «Sapeva anche che Claudia provava un’intensa avversione per le donne con i capelli decolorati, che derivava dall’aspetto di Luz Franzoni, la defunta moglie di Donato. Come ho fatto due più due io, anche Tina è arrivata alla stessa conclusione, ma non ha voluto accettarla. E come darle torto? Quell’uomo si comportava quasi da padre, con lei, come poteva crederci? Come poteva pensare che fosse lui il complice di Claudia? Cerca di capirla, aveva già dovuto affrontare un grosso trauma, scoprendo che la sua preparatrice atletica tramava contro di lei. Tutto quello che mi viene in mente è che sperasse che almeno Donato non facesse parte di quel complotto, che avesse rivelato a Claudia del testamento senza malizia, magari credendo che già lo sapesse. Deve essersi detta che Donato non poteva essere l’amante di Claudia, che non poteva avere agito insieme a lei. Magari sperava ancora che la Leonardo avesse fatto tutto da sola e che tra i due ci fosse solo un’attrazione da parte di lei, o comunque, se anche avessero avuto una storia, che Donato non fosse coinvolto nei suoi affari.»
Edward sbuffò.
«Ho capito, Fischer. L’ho sempre saputo che, prima o poi, saresti andato a farti ammazzare. Quello che non potevo sapere, era che ti ci avrei accompagnato io stesso, rischiando di fare la stessa fine.»
«Puoi ancora tirarti indietro, se vuoi.»
«Non quanto Tina rischia di morire a sua volta.»
«Ci tieni a lei?»
«Non l’ho mai nascosto, abbiamo sempre avuto un buon rapporto, quando eravamo compagni di squadra, e posso dire di considerarla un’amica. Ovviamente, se potessi salvare la vita a qualcuno, lo farei in ogni caso, ma non mi esporrei personalmente per uno qualsiasi. Per Tina sono pronto a questo e ad altro.» Edward lo invitò a seguirlo. «Abbiamo la macchina da quella parte. Spero almeno che tu conosca la strada.»
«La strada non la conosco, ma dovrei riuscire a trovarla» ribatté Oliver. «Almeno in questo, posso cavarmela.»
Erano arrivati. Salirono a bordo. Allacciandosi la cintura di sicurezza, Edward volle sapere: «Da che parte dobbiamo andare?»
Oliver prese il cellulare e iniziò a cercare il percorso sull’apposita applicazione. Ci volle un po’ di tempo, prima che si caricasse. Ne approfittò per allacciarsi la cintura a propria volta e per chiedere a Edward: «Cos’hai raccontato a Selena e alle bambine?»
«Una scusa.»
«Quindi Selena non saprebbe dove cercarti.»
«No, per fortuna. Così, almeno, se moriamo non sarà lei a trovare i nostri cadaveri.»
Oliver raggelò.
«Temo che Tina sia sul punto di fare quella fine.»
«Dimmi da che parte dobbiamo andare» gli ordinò Edward, «E, per cortesia, mentre andiamo in là non stare a lamentarti che Tina potrebbe essere morta.»
«Ma potrebbe davvero esserlo.»
«In ogni caso, non c’è bisogno che tu lo ripeta ad alta voce, deconcentrandomi. Mi dispiace per te, che non sei ancora riuscito a concludere niente con lei, quando eravate una coppia perfetta, ma...»
Oliver lo interruppe: «Non ne sai niente di quello che ho fatto con lei. Eravamo insieme fino a un’ora fa.»
«Oh, allora devi essere stato proprio deludente, se ha preferito andare via e andare a consegnarsi spontaneamente nelle mani di un uomo che potrebbe ucciderla.»
Oliver non replicò. Erano giunti a un bivio, non aveva tempo per preoccuparsi delle battute di cattivo gusto di Roberts - humour inglese, sempre una garanzia.
«A sinistra.»
«Ne sei sicuro?»
«Certo che ne sono sicuro, a meno che questa mappa non sia stata fatta al contrario.»
«Hai la destinazione giusta?»
«Ho quella che mi ha passato Dalila.»
Imboccando la giusta diramazione, Edward osservò: «Non ho ancora capito cosa ci sia tra te e Dalila. Un attimo ti vedo vicino alla Menezes, un attimo dopo arriva la fotografa e Tina passa in secondo piano...»
«Forse, invece di sforzarti di capire, dovresti badare ai fatti tuoi» puntualizzò Oliver. «So che mi shippi con la Menezes, ma ho avuto una vita privata, prima di lei.»
«È la prima volta che sento usare il termine “shippare” in una frase pronunciata ad alta voce» notò Edward. «O quantomeno, è la prima volta che lo sento dire da una persona adulta.»
«Un’ultima emozione prima di morire.»
«Fottiti, Fischer. Da che parte dobbiamo andare? Là in fondo vedo un altro incrocio.»
Oliver abbassò gli occhi sullo smartphone.
«A destra, stavolta.»
«Ne sei sicuro?»
«Te lo ripeto di nuovo, se la mappa non è al contrario, dovrei esserne sicuro.»
Proseguirono in silenzio e, per fortuna, Edward evitò di fare ulteriori commenti o battute che non facevano ridere.
Guidò senza parlare, se non per chiedere delucidazioni sul percorso, per quasi mezz’ora, andando a finire in un luogo sperduto che sembrava essere stato dimenticato dall’umanità.
«Siamo a duecento metri dal punto che mi ha segnalato Dalila» dichiarò finalmente Oliver. «Ci siamo quasi.»
«Bene... o almeno, potrebbe andare meglio, ma l’abbiamo trovata» rispose Edward. «Duecento metri sempre avanti?»
«Ormai sono cento» replicò Oliver. «E non vedo altre strade. Ottanta. Settanta. Ci stiamo avvicinando. Siamo a cinquanta metri, adesso. Quaranta, trenta...»
«Trenta metri e non c’è anima viva» puntualizzò Edward. «Sei proprio sicuro che la tua amica fotografa non si sia inventata tutto per fare colpo su di te?»
Oliver obiettò: «Fingere di essere andata a stanare un potenziale assassino che potrebbe avere rapito Tina non è il modo migliore per fare colpo.»
Edward azzardò, fermandosi a dieci metri di distanza dal punto segnalato dalla Colombari: «Hai controllato che Tina non fosse andata semplicemente in camera sua a dormire?»
«Sono andato a bussare alla sua porta, mentre ti aspettavo» chiarì Oliver, «E sono anche andato a informarmi. Il portiere notturno, mentre si trovava sul retro a fumare una sigaretta invece di essere nella sua postazione, ha visto passare una donna che potrebbe corrispondere alla descrizione di Tina.»
«Ha visto dove andava?»
«Non se ne è preoccupato. Era là per fumare, non per stare informato su quello che succedeva intorno a lui.»
«Comunque sia» tagliò corto Edward, «Qui non c’è nessuno. Ovunque fosse Dalila Colombari, sembra sia andata via.»
«Sarebbe interessante capire il perché» ammise Oliver. «Provo a chiamarla.»
«Se pensi che ti risponda.»
«Se non provo nemmeno, non mi risponderà. Fidati, Roberts, questo non è uno scherzo. Magari Dalila ha visto qualcosa e ha preferito spostarsi.»
Pronunciando quelle parole, cercò il suo numero nel registro delle chiamate. Era il secondo nome, subito al di sotto di quello di Edward.
Dalila rispose subito, anche se la sua voce arrivava piuttosto confusa: «Fischer, sei arrivato?»
«Sì, sono qui, esattamente dove mi hai chiamato tu» confermò Oliver. «Tu, però, non ci sei. Che fine hai fatto?»
«L’ho appena trovata. Non...»
Il resto della frase fu incomprensibile.
«Non capisco, Dalila. Riesci a mandarmi la posizione?»
«Ti sento male anch’io» rispose la Colombari, o quantomeno pronunciò parole che potevano avere un suono simile. «Non riesco a...» Ancora qualcosa di inudibile, probabilmente intendeva comunicargli che non poteva mandargli la posizione, perché non c’era campo. «Accendo i fari. Forse puoi...»
Forse poteva vederlo? Doveva intendere qualcosa del genere. Passò qualche istante, prima di vedere le luci di un’automobile illuminarsi, in lontanza.
«Eccola» osservò Oliver. «Andiamo da lei.»

***

Manuel cercava di liberarsi dalla stretta, ma Tina non voleva sciogliere il loro abbraccio. L’aveva appena ritrovato, a quasi cinque anni di distanza dalla sua morte, non intendeva lasciarlo scappare, non dopo che proprio lui si era schierato dalla sua parte, invece di lanciarle le accuse che spesso sentiva da altri.
«Tina, lasciami» la supplicò Manuel.
«Perché?» chiese Tina. «Devi già andare via?»
«Non sono io che devo andarmene» rispose Manuel. «Sei tu che devi tornare dall’altra parte.»
«Dall’altra parte non c’è niente che mi aspetti davvero» replicò Tina. «Ormai è finita, lo so.»
«Non è finito nulla» insisté Manuel. «Hai ancora tutta la vita davanti. Non puoi finire come me, non tu. Puoi ancora cambiare il mondo.» Sgusciò fuori dalle sue braccia e la guardò negli occhi. «Non so cosa diventerai, non posso conoscere il futuro, ma sono certo che tu abbia un grande futuro davanti.»
In quel momento Tina non poteva saperlo, ma Manuel aveva ragione. Se le avesse detto che, nove anni più tardi, avrebbe vinto il Gran Premio di Las Vegas nel campionato dalla fusione tra le due massime categorie, gli avrebbe chiesto se era totalmente impazzito. Manuel, tuttavia, non fece alcun pronostico del genere e, se l’avesse fatto, nove anni più tardi Tina avrebbe scoperto che sarebbe accaduto davvero.
Non poteva nemmeno sapere che un giorno avrebbe incontrato Oliver Fischer, che insieme a lui avrebbe risolto un caso di omicidio, ma che, a meno che non fosse arrivato qualcuno e non l’avesse trovata, sarebbe stata lasciata a morire in un capannone abbandonato, mentre l’assassino di Mirko De Rossi era in fuga con la sua complice. Non poteva saperlo, ma se avesse fatto un simile pronostico avrebbe avuto ragione.
«Adesso ti sembra tutto negativo e credi di non avere speranze» disse Manuel, invece, «Ma sono sicuro che tu abbia ancora tanto da fare. Avrai una carriera fantastica e una vita fantastica. Forse un giorno ci rivedremo, ma succederà tra moltissimi anni.»
Tina si lasciò andare a una risata.
«Sembra il discorso di Leonardo Di Caprio in “Titanic”, quando per lui non c’è posto sulla tavola di legno.»
«Qui non ci sono tavole di legno» replicò Manuel, «E ormai sono già morto. Tu invece sei viva e devi rimanerlo. Cosa credi, che tua madre e tuo fratello vogliano perderti? Che Shin voglia perderti?»
«Cosa sai di Shin?»
«Che siete amici, o forse qualcosa di più.»
«Tu mi hai vista con lui?»
«Quando ti vedevo con lui, attendevo pazientemente fuori dalla stanza.»
Tina azzardò: «Da quanto tempo mi tieni d’occhio?»
Manuel rispose: «Non ti tengo d’occhio. Mi limito a controllare che tu non finisca nei casini.»
«Come un angelo custode?»
«Già. E, lasciatelo dire, non è così facile assicurarsi che non ti succeda mai niente.»
Tina sorrise.
«Grazie per quello che hai fatto per me.»
«Quello che ho fatto e che farò finché vivrai» chiarì Manuel. «Non mi devi ringraziare. È per questo che ci sono io, accanto a te. Ma adesso vai, e spero di non vederti più finché avrai vita.»
Quella previsione non si sarebbe avverata: dieci anni più tardi, Manuel sarebbe tornato da lei affermando di averla già salvata una volta e di non essere certo di poterci riuscire di nuovo. Non sarebbe stato lui, comunque, a salvarla, ma una fotografa che aveva seguito lei e Donato mentre si allontanavano.

***

Veronica sbuffò.
«Chi cazzo chiama a quest’ora?»
Si era appena sdraiata a letto, più tardi di quanto avrebbe desiderato, dopo una lunga conversazione con Ryan Harvey, che metteva in chiaro la propria volontà di riprendere il proprio posto pubblico al fianco di Amber Thompson. Non c’erano ragioni per cui avrebbe dovuto impedirglielo, ormai la sua reputazione sembrava essere tornata quella di un tempo, dopo il video pubblicato insieme alla Menezes. Per una volta l’italo-brasiliana aveva avuto un’intuizione sensata, quindi le venne spontaneo pensare che, per compensare, avesse fatto anche un’immane cazzata. Non voleva essere prevenuta, ma Tina non le lasciava molte alternative.
Si chiese se fosse lei, a cercarla, al telefono. Si alzò, sbuffando, per andare verso la presa della corrente alla quale il cellulare era collegato con il caricabatterie.
Non era Tina, era Selena Bernard.
Veronica si chinò e rispose: «Sì? Cosa succede?»
«Edward è con te?» chiese Selena.
«Perché dovrebbe essere con me?» obiettò Veronica.
«È uscito da parecchio tempo, dicendomi che c’era un problema che riguardava Tina» le spiegò Selena. «Ho pensato che fossero entrambi con te.»
«Ero con Ryan, invece.»
«Sempre per qualcosa che riguardava Tina.»
«Per qualcosa che riguardava Tina, ma dubito che fosse per lo stesso motivo per cui mi stai chiamando.» Veronica staccò il telefono dalla presa e si alzò in piedi. «Non so cosa ti abbia detto tuo marito, ma ti assicuro che non è venuto da me.»
Selena precisò: «Non mi ha mai detto che sarebbe venuto da te. Pensavo...»
Veronica la interruppe: «Pensavi male. Comunque, se tu chiamassi lui, avresti sicuramente la risposta che cerchi.»
«Non risponde.»
«Ha il telefono acceso?»
«Sì.»
«L’avrà dimenticato in macchina.»
«Sì, è possibile» valutò Selena, «Ma lui dov’è?»
«Non so come aiutarti» replicò Veronica. «Sono assolutamente convinta che Edward non ti stia nascondendo niente di sconveniente, ma sei tu che devi vedertela con lui. Per quanto mi riguarda, ho già abbastanza cose di cui preoccuparmi.»
«No, certo, non lo metto in dubbio» rispose Selena. «Chiedevo solo se avessi avuto sue notizie, tutto qui. Vorrà dire che aspetterò ancora un po’.»
«Chiama Fischer» le suggerì Veronica.
«Perché dovrei chiamare lui?»
«Perché, se c’entra Tina, deve c’entrare anche quel rompicazzo. Sai cosa ti dico, Selena? Che non vedo l’ora di togliermelo di torno! È ammirevole come voglia la verità a tutti i costi, però gli sarei grata se la cercasse lontano da me. Ogni volta che c’è un delitto, invece, me lo ritrovo attaccato al culo. Per fortuna la gente che conosco non viene uccisa tanto spesso, così almeno ho qualche anno di respiro, di tanto in tanto.»
«Aspetto altri dieci minuti, poi chiamo Oliver» convenne Selena, senza commentare la sua esternazione.
“Chi tace acconsente” si disse Veronica. “Deve pensare anche lei che Fischer sia una grandissima rottura. Anche perché, se l’ha lasciato per mettersi con Edward, doveva avere ottime ragioni.”
Il fatto che Selena volesse attendere, prima di mettersi il contatto con il giornalista, aveva i suoi lati positivi. Veronica lo cercò nella rubrica, poi fece partire una telefonata.
Diversamente da Roberts, Oliver teneva il telefono in tasca, piuttosto che abbandonato da qualche parte.
Le rispose subito, anche se solo per dirle: «Veronica, non è il momento e il telefono non prende molto bene, qui. A meno che non sia successo niente di grave, è meglio se ci sentiamo più tardi.»
«Più tardi?!» sbottò Veronica. «Hai idea di che ora sia?»
Oliver azzardò: «Domani mattina, allora?»
Veronica volle sapere: «Che cosa stai facendo? Per caso c’è la Menezes con te?»
«Perché la stai cercando?»
«Non la sto cercando.»
«Allora perché mi hai chiesto di lei?»
«Non sto cercando la Menezes, ma Selena Roberts sta cercando suo marito, che se n’è andato sostenendo che doveva uscire a causa di una faccenda che la riguarda. Hai idea di dove sia?»
Oliver la rassicurò: «Edward è con me. Puoi riferire a Selena che è tutto a posto.»
«Non le riferisco un cazzo» replicò Veronica. «Non sono la tua segretaria, Fischer. Non so che casini stiate combinando tu e Tina, né che cosa c’entri Edward, ma ti assicuro che questa faccenda non mi piace nemmeno un po’.»
«A me, piace di meno di quanto possa piacere a te» ribatté Oliver, «Ma ho intenzione di fare qualcosa di utile, invece di stare qui ad ascoltare le tue chiacchiere. Quindi, mi dispiace tanto, ma ti devo salutare.»
«Mi devi salutare?! Te lo scordi. Spiegami per filo e per segno che cosa sta succedendo.»
«E va bene: il tuo caro ospite Donato Franzoni, che tanto ha fatto per aiutarti con gli sponsor, ha portato Tina in un magazzino in disuso, l’ha ferita e si è dato alla fuga, probabilmente in compagnia di Claudia Leonardo. Se Dalila non avesse visto Tina salire sulla sua macchina, non l’avrebbe seguito e adesso la Menezes sarebbe qui da sola a morire.»
Veronica si mise a sedere sul bordo del letto.
«È uno scherzo, Fischer?»
«Perché dovrebbe esserlo?»
«Come sta Tina adesso?»
«Non lo so, stiamo aspettando che arrivi un’ambulanza. L’ha chiamata Dalila, quando ha trovato Tina.»
«Ma Edward?»
«Edward è con noi.»
«Selena ti chiamerà per chiederti spiegazioni» lo informò Veronica. «Preparati a raccontare tutto anche a lei.»
«Ti prego, chiamala tu e dille che Edward sta bene e tornerà da lei appena possibile» le chiese Oliver. «Non avrei voluto coinvolgerti, ma ormai mi hai chiamato, quindi tanto vale che sia tu a spiegarle come stanno le cose.»
Veronica esclamò: «Ma io non so come stiano le cose! È una storia assurda. Cos’è successo con Donato? Perché avrebbe fatto una cosa simile?»
«Ti farei volentieri un disegno per spiegarti bene la situazione» replicò Oliver, «Ma non ho il tempo materiale per farlo. Mi dispiace che Selena si sia spaventata. Chiedile scusa da parte mia e dille che sono io il responsabile, se Edward non è ancora tornato. Le parlerò di persona, quando sarà il momento. Adesso, però, devo salutarti.»
Veronica borbottò: «Sei sempre il solito rompicoglioni, Fischer.»
Oliver, tuttavia, non udì quelle parole, perché aveva già riattaccato, lasciandola da sola con il gravoso compito di telefonare a Selena Roberts. Decise che le avrebbe raccontato solo il minimo sindacale. Il resto gliel’avrebbero spiegato suo marito Edward, quella piattola di Oliver Fischer e, una volta che si fosse ripresa, la Menezes - perché Veronica ne era certa, Tina si sarebbe ripresa e tutto quello che era davvero accaduto sarebbe venuto alla luce.

***

Erano trascorsi ormai dieci giorni dalla spiacevole avventura notturna, ma Dalila prestava ancora attenzione ai dettagli. Seduta sul bordo del tavolo, mentre Oliver cercava di scrivere al computer, era un’inesauribile fonte di distrazioni.
«Secondo me dovresti pretendere di firmare l’articolo con il tuo nome» fu l’ennesima esternazione non richiesta della fotografa.
Oliver si limitò ad affermare: «Non è una buona idea.»
«Rifletti, sei coinvolto personalmente...»
«Appunto perché sono coinvolto personalmente, è molto meglio evitare di firmare con il mio nome.»
Ormai i fatti erano stati delineati in maniera sufficientemente esaustiva: Donato Franzoni e Claudia Leonardo avevano iniziato una relazione segreta dopo essersi conosciuti molti anni prima in Brasile. La Leonardo aveva continuato a lavorare per Tina Menezes, instaurando con lei un rapporto di fiducia che sarebbe perdurato nel tempo, se Franzoni, che nutriva vecchi risentimenti nei confronti di Tina, non le avesse rivelato del testamento della Menezes e, a poco a poco, non l’avesse convinta che l’italo-brasiliana dovesse essere eliminata.
Inizialmente il loro piano prevedeva far accadere eventi che potessero sconvolgere Tina, al punto che questa si mostrasse pubblicamente come provata e impotente di fronte alla vita. Non tutto aveva funzionato e non c’era mai stata la possibilità di inscenare un finto suicidio per sbarazzarsi di lei una volta per tutte. Il resto della ricostruzione di Oliver si era rivelato alquanto accurato: Mirko De Rossi era stato coinvolto da Claudia, che era riuscita a farselo amico, ma l’aveva convinto a non utilizzare i loro telefoni per comunicare tra di loro, in quanto utile per mettere in atto altre azioni contro Tina, il tutto all’insaputa del giornalista. Quando aveva iniziato a sollevare obiezioni, la coppia non si era posta troppi problemi: Donato aveva avuto cura di manomettere le telecamere della via in cui abitava De Rossi e poi si era recato insieme a Claudia a casa di Mirko. Era stata la Leonardo a suonare al campanello e, quando il giornalista aveva distolto l’attenzione, era stato assassinato a sangue freddo da Donato. I due avevano inscenato una rapina e Claudia aveva avuto cura di portare via il telefono che Mirko usava per i loro contatti.
«A che punto sei?» volle sapere Dalila.
«Sto cercando di passare alla giornata di sabato a Imola, cercando una scusa valida per cui Franzoni dovesse essere proprio là» rispose Oliver. «Non posso scrivere “Donato si trovava sul posto in quanto un giornalista rompicoglioni aveva letteralmente costretto Veronica Young a chiamarlo, mettendo in chiaro che non poteva mancare”.»
Dalila azzardò: «Potresti dire che era presente per ragioni non ben chiarite.»
«Qualcuno finirebbe per fare domande a Veronica.»
«Gliene farebbero lo stesso, indipendentemente dal tuo articolo.»
Oliver annuì.
«Sì, certo, questo lo so, ma non voglio scrivere nulla che possa metterla in cattiva luce.»
Dalila suggerì: «Cosa ne dici di “Donato Franzoni, legato alla Pink Venus da vicende relative a passate sponsorizzazioni”?»
«Le sponsorizzazioni in questione non sono passate.»
«Non fa niente.»
«Fino a un certo punto. Certi patrocinatori potrebbero tirarsi indietro, per effetto di questa storia. Per la Pink Venus sarebbe molto dura andare avanti.»
«Per la Pink Venus, appunto, non per te. Non puoi perdere tempo a pensare al fatto che Veronica abbia l’abitudine di circondarsi di gente che si rivela tutt’altro che raccomandabile. È pur vero che le hai già combinato un gran casino e che questa è stata probabilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso...»
«Il vaso non è ancora traboccato» replicò Oliver, «Però traboccherà. Quello che ho ricevuto per Imola potrebbe essere l’ultimo invito che mi viene rivolto da Veronica Young, anche adesso che io e Tina stiamo davvero insieme.»
Dalila sospirò.
«Alla fine, almeno, stai vivendo la tua storia d’amore. Pazienza che non sia con me.»
Oliver chiarì: «Tra me e te non avrebbe funzionato.»
«Ti sbagli» ribatté Dalila. «Secondo me anche Suor Giuliana ci avrebbe dato la sua benedizione.»
«Credo che Suor Giuliana ti avrebbe cacciata via a calci nel culo, se ti fossi presentata per avere la sua benedizione, ma non sono nessuno per poterlo affermare con certezza.»
«Ecco, se non puoi affermarlo con certezza, non affermarlo e basta. Torniamo a noi - anche se, lo ammetto, non riesco a credere che tra un paio di giorni partirai per andare da Tina e non ci vedremo più.»
«Non esagerare, Dalila. Ci vedremo ancora tante volte, sempre ammesso che non ci facciamo ammazzare come ha pronosticato Roberts.»
«Roberts ha detto che tu, prima o poi, ti farai ammazzare. Non credo abbia mai detto la stessa cosa di me.»
«Solo perché non avete confidenza.»
«Ricordagli che c’era anche lui, quella notte, e che anche voi siete stati fondamentali. Non sarei mai riuscita a chiamare i soccorsi, il mio cellulare non prendeva, là nel magazzino. Il tuo, invece, faceva il minimo sindacale.»
Oliver le ricordò: «I numeri di emergenza si possono chiamare anche quando non c’è campo.»
Dalila sbuffò.
«Scrivi, invece di stroncare le mie considerazioni sul nascere!»
«Lo ritieni sufficientemente credibile?» chiese Oliver. «Donato si trova a Imola per una questione legata a delle sponsorizzazioni, incontra Tina per caso e, temendo che lei sospetti di lui e di Claudia, dopo che quest’ultima si è licenziata all’improvviso, la invita a salire in macchina con una scusa, la stordisce e, mentre è svenuta, la porta in un vecchio capannone dove la sua complice lo aspetta. I due legano e immobilizzano Tina che, quando rinviene, viene colpita alla testa. Il colpo non è letale, se verrà soccorsa in tempo, ma i due contano sul fatto che a nessuno venga in mente di cercare lì la Menezes, che non ha neanche con sé un telefono con il quale si possa provare a rintracciarla.»
«Direi di sì» rispose Dalila. «Si leggono cose ben più incredibili di questa, che vengono tacciate di essere vere. La gente ci crede, quindi non vedo che problema dovrebbe esserci nel credere alla tua versione dei fatti. Dopotutto è la verità.»
«Su di te, invece, cosa devo scrivere?»
«Che una conoscente di Tina Menezes - che preferisce restare anonima e che il fatto di cronaca di cui lei stessa è stata vittima non sia collegato a questa storia anche se, di fatto, lo è - insospettita dal fatto che si fosse allontanata insieme a quell’uomo in tarda serata, ha pensato di seguirli e, quando ha visto che l’automobile su cui si trovavano spegneva i fari, si è insospettita. Allora, nonostante il buio, ha chiamato degli amici della Menezes - altrettanto anonimi - e ha chiesto loro di aiutarla a cercare Tina. Il ritrovamento è riuscito, i tre sono riusciti a chiamare un’ambulanza che soccorresse la Menezes e a rivolgersi alle autorità, denunciando il ruolo di Donato Franzoni e Claudia Leonardo nel sequestro e nel ferimento di Tina. I due, che intendevano espatriare con dei documenti falsi, sono stati fermati l’indomani in aeroporto, mentre cercavano di partire per il Brasile. Claudia Leonardo, per cercare di pararsi il fondoschiena, dato che lei, di fatto, non ha ammazzato nessuno, sta tentando di scaricare tutte le responsabilità sul suo compagno. Tina Menezes, nel frattempo, si è ripresa, è stata dimessa dall’ospedale e ha deciso di proseguire la propria convalescenza in una località anonima, per evitare di essere rintracciata da giornalisti e impiccioni vari. Ciò nonostante, un giornalista piuttosto impiccione è stato invitato a raggiungerla, perché al cuore non si comanda e ci sono giornalisti impiccioni che preferiscono il fascino della Menezes a quello di una certa fotografa che è stata fondamentale per salvare la vita della Menezes stessa.»
«Ottima ricostruzione, è proprio quello che scriverò.»
«Magari cambia qualcosa nell’ultima frase che ti ho suggerito.»
«Quella non la metterò.»
«Sì, lo ammetto, forse è meglio evitare.»
«Bene» concluse Oliver, «Adesso che mi sei stata d’aiuto, puoi anche scendere da quel tavolo e levarti di torno. La seconda parte dell’articolo esiste soltanto nella mia testa e devo scriverlo entro le diciotto.»
«Mancano ancora due ore» ribatté Dalila. «Se tu non fossi ormai impegnato con la Menezes, potremmo divertirci a modo nostro.»
«Mi dispiace deluderti, ma quel genere di divertimento non fa più per noi. È stato bello, ma sapevamo entrambi che non sarebbe durato.»
«Sì, l’ho sempre saputo, e devo ammettere che, almeno all’inizio, venivo a letto con te per sentirmi meno sola.»
Oliver si alzò in piedi e le si parò di fronte, per guardarla negli occhi.
«Ti manca Mirko, non è vero?»
Dalila abbassò lo sguardo.
«Sì, eravamo una coppia che funzionava.»
«Sul lavoro o nella vita?»
«Nella vita non eravamo niente, così come non siamo stati niente io e te, ma a volte anche il niente può riempire. Non credo che riuscirò a dimenticarlo.»
Oliver replicò: «Non devi dimenticarlo. Solo perché certi ricordi fanno male, non significa che li dobbiamo cancellare. Fanno parte di noi e, se un giorno svanissero, ci aggrapperemmo alle nostre ultime memorie per non perderli.»
Dalila alzò gli occhi.
«Perché devi rovinare tutto facendo il poeta?» Ridacchiò. «Tu sei un impiccione attira guai, non certo un poeta.»
Oliver le strizzò un occhio.
«Chi ti dice che non sappia fare entrambe le cose?»
La risata di Dalila si trasformò in un sorriso.
«Ti lascio solo, Fischer. Buona fortuna per il futuro, e cerca di non fare danni, se ti è possibile.»
Senza aggiungere altro, si diresse verso la porta. Oliver tornò a sedersi, pronto per terminare l’articolo.

***

«Mi ha scritto Tina» annunciò Edward, entrando in soggiorno. «È tornata a casa e presto Fischer la raggiungerà.»
Selena alzò lo sguardo.
«Cercheranno di nuovo di farsi uccidere o staranno tranquilli, almeno per un po’?»
Edward temeva che la moglie lo rimproverasse ancora una volta per il suo ruolo attivo nella vicenda, ma Selena non disse nulla. Doveva avere realizzato di essersi esposta anche lei al pericolo, quando era stata in Italia a cercare informazioni su Claudia Leonardo, Donato Franzoni, Mirko De Rossi e gli autori di “Miss Vegas”, ma di essere semplicemente stata fortunata abbastanza da non ritrovarsi coinvolta direttamente in una situazione rischiosa.
Si sistemò accanto alla consorte e rispose: «Mi auguro che, almeno adesso, possano godersi un po’ di serenità.»
Selena non parve molto convinta.
«Difficile essere sereni, dopo un fatto del genere.»
«Già. Non deve essere facile per Tina accettare che quei due volessero ucciderla. Si è sempre fidata di loro, erano una parte importante della sua vita. Spero che possa trovare presto un nuovo equilibrio.»
«Ti ha scritto altro? Ha sentito qualcuno?»
Edward la informò: «So che di recente Ryan e Amber sono stati a trovarla in ospedale. Non deve essere stato facile per lei trovarseli davanti, sapendo di avere accusato Harvey ingiustamente, ma penso se la sia cavata. In fondo avevano già registrato quel video insieme, in cui spiegavano l’equivoco.»
«Harvey è stato fortunato» osservò Selena. «La versione comune che hanno proposto lui e Tina è stata accettata facilmente, nessuno ha insinuato che fosse un’invenzione o che Tina fosse stata costretta a dire che non aveva fatto niente di male per paura.»
«Non hai detto tu stessa, tempo fa, che dovremmo fregarcene di quello che pensa la gente comune e, nello specifico, quella fetta di gente comune che non ha altro da fare che impicciarsi nei nostri affari pensando di sapere tutto di noi?»
«Sì, l’ho detto e lo penso ancora, ma non puoi negare che ci siano comunque delle conseguenze da affrontare, quando le convinzioni della gente comune vanno in una certa direzione. Ryan Harvey ha rischiato che la sua carriera professionale fosse stroncata per sempre.»
Edward annuì.
«Già. E Claudia Leonardo, che sapeva come fossero andate le cose, ha cercato di convincere Tina a fare quelle dichiarazioni.»
«Tutto parte di un piano mirato» borbottò Selena. «Voleva che, al contempo, Harvey si prendesse colpe che non aveva e Tina rischiasse di essere considerata non credibile.»
«Un piano mirato e anche diabolico» concluse Edward. «Non riesco ancora a capacitarmi di come quei due bastardi abbiano potuto fare una cosa del genere a Tina. Non sarà una santa, ma non meritava niente di tutto questo. Spero almeno che possa essere felice con Oliver, se lo merita.»
Selena rise.
«Ti piacciono proprio, quei due, come coppia.»
«L’alternativa era avere Fischer con la fotografa e sperare che Tina avesse un ritorno di fiamma con Shin Jung» ribatté Edward. «Mi sembra piuttosto improbabile, tuttavia, che Jung possa rientrare nella vita di Tina, quindi è meglio che sia andata così. L’ho sempre detto, fin da quando facevano ancora finta di stare insieme, che erano una bella coppia. Olina? Fischezes? Quale ship name preferisci?»
«Edward, per pietà, non mettertici pure tu!» lo rimproverò Selena. «Lo sai, vero, che Margaret non fa altro che elencarmi ship name inventati da lei stessa di presunte coppie di libri e telefilm? Cerchiamo almeno di non aggiungervi quelli di persone reali!»

***

La casa di Tina - la sua vera casa, non il domicilio provvisorio nel palazzo di fronte a quello in cui abitava Fischer - era una villetta situata alla periferia di una grande città. Informata dell’orario del suo arrivo, la Menezes lo aspettava in giardino e, quando Oliver scese dal taxi, si sbracciò per salutarlo. Era fantastico rivederla, con il top e i pantaloni da tuta da runner e i capelli, non più lunghi, acconciati in un grazioso caschetto.
Il cancello era aperto e, una volta oltrepassata la soglia, Oliver abbandonò le proprie valigie per correre ad abbracciarla.
«Finalmente sei arrivato!» esclamò Tina. «Avevo voglia di rivederti.»
Oliver la strinse a sé, ammettendo: «Avevo voglia di rivederti anch’io.»
Si staccò da lei quel tanto che bastava per guardarla negli occhi, prima di baciarla. Tina ricambiò con passione e, quando le loro labbra si staccarono, lo invitò: «Vieni in casa, ti aiuto a portare dentro le tue cose.»
Oliver cercò di protestare, affermando che poteva farlo da solo, ma Tina aveva già afferrato il manico di un trolley e si stava avviando verso la porta d’entrata. La seguì portando con sé il resto e, una volta giunto, la seguì all’interno.
Doveva guardarsi intorno più di quanto Tina avrebbe desiderato, dato che la sentì lamentarsi: «Ti farò vedere tutto dopo. Adesso ho qualcosa di importante di cui parlarti.»
Oliver si preparò al peggio.
«Hai ricevuto un’offerta da un team di Indycar e te ne andrai dall’altra parte dell’oceano?»
Tina si girò a guardarlo.
«Perché proprio da un team di Indycar?»
«Tiravo a indovinare.»
«Non ho ricevuto offerte» mise in chiaro Tina, «E le mie attuali condizioni non mi permetterebbero certo di mettermi al volante di una Indycar.»
«Quindi starai con me almeno per un po’.»
«Hai paura che me ne vada, eh? Sappi che, tra pochi minuti, spererai con tutte le tue forze che accada.»
«Perché?»
Tina gli indicò una stanza. Oliver la seguì in un piccolo soggiorno, nel quale trovò due poltroncine gemelle. Tina si accomodò su una di esse e Oliver prese posto in quella rimasta libera.
«Mi è venuta un’idea.»
«Un’idea di che tipo?»
«Ricordi la sera in cui ci siamo conosciuti?» gli chiese Tina. «Quello che ti ho detto?»
«Mi hai detto tante cose, la maggior parte delle quali che sarebbe meglio rimuovere» ribatté Oliver. «Credo dovresti essere un po’ più specifica.»
«Avevo cercato di farti credere di volere scrivere una mia autobiografia e di avere bisogno di un ghost writer.»
«Ah, già.»
Tina gli confidò: «Vorrei farlo. Vorrei che tu fossi il mio ghost writer.»
Oliver spalancò gli occhi.
«Vorresti parlare di questa storia?!»
«No, vorrei parlare della mia storia» rispose Tina. «Vorrei raccontare di me e Manuel Serrano, fornire finalmente la mia versione dei fatti. Naturalmente intendo parlarne di persona anche con i suoi familiari, sentire da loro che cosa ne pensano. Sarebbe un’occasione per chiarire finalmente tante questioni rimaste in sospeso troppo a lungo.»
«Pensi che vorranno incontrarti?»
«Non hanno mai rifiutato di farlo. Sono stata io che ho preferito evitare questo incontro.»
«Come mai hai cambiato idea?»
«Vedi, quando ero incosciente ho ricordato qualcosa. O meglio, me ne sono ricordata quando sono tornata in me. Mi hai detto tu stesso che c’è di più, rispetto a quello che vediamo. È così. Non mi interessa se ti sentirai mai pronto per raccontarmi quello che è successo a te, quando sei stato in coma, ma ho ricordato quello che è successo a me dieci anni fa. Non posso dire per certo che non sia stata solo una mia fantasia, ma sento di avere incontrato Manuel, che sia accaduto davvero. È stato il suo intervento a salvarmi la vita, dopo il mio incidente nel test. È stato lui a suggerirmi di non tagliarmi più i capelli.» Tina si passò una mano alle punte. «Purtroppo non ho potuto accontentarlo, ma non è stata colpa mia. Claudia ha voluto umiliarmi ancora una volta, come se tutto quello che aveva già fatto non le fosse bastato.»
«Non pensarci più» le suggerì Oliver, «O almeno non pensarci adesso. Sono contento che tu sia riuscita a ricordare, che tu sappia che, in fondo, Manuel è sempre stato accanto a te. Vuoi che la tua biografia sia solo su quel periodo?»
Tina scosse la testa.
«No, ci deve essere anche altro: la Pink Venus, la mia vittoria... la mia vittoria non può mancare, è stata, di fatto, il momento più alto della mia carriera. E poi, se non parlassi di quella, non saprei in che modo possa essere giustificato il titolo che mi è venuto in mente. È fantastico, anche se non è una novità assoluta.»
«Di solito gli editori vogliono avere voce in capitolo, per quanto riguarda il titolo» puntualizzò Oliver. «Non credo che tu possa fare di testa tua.»
«Possiamo autopubblicarlo» propose Tina. «Il titolo deve essere “Miss Vegas”, su questo non voglio sentire discussioni.»
«“Miss Vegas”, bella idea!» ribatté Oliver. «Credo che ci tocchi sentire da Piazzi, se possiamo usare lo stesso titolo della canzone di Baby Dumbaby oppure se dobbiamo pagarlo per avere questa opportunità.»
Tina affermò: «Se c’è da pagare, pagherò quello che c’è da pagare. L’importante è che il titolo sia quello. È molto importante, per me. È stato anche grazie a quella canzone, se ti ho conosciuto, quindi non dimentico. E sai cosa ti dico? Voglio anche incontrarla, Baby Dumbaby, e magari scattarmi un selfie insieme a lei.»
«Non dici sul serio, vero?»
«Eccome, se dico sul serio! Chissà, magari la ragazza sarà felice di incontrarmi.»
Oliver la corresse: «La sis.»
Tina si alzò in piedi.
«Vieni, Fischer, ti faccio vedere la casa.»
La seguì, sentendola canticchiare sottovoce alcuni versi della canzone: «Poi spegni la luce, switch, un giorno sarò la tua bad bitch...»
Quel giorno, realizzò Oliver, almeno per lui, era finalmente arrivato: «Sei già la mia bad bitch e devo ringraziare Baby Dumbaby per averti conosciuta.»


*** FINE ***
24 Novembre 2023 - 6 Gennaio 2024





NOTE: per prima cosa ci tengo a porgere un sentito ringraziamento ai miei due recensori, Swan Song, che c'è stata fin dall'inizio, e Nerve, che si è aggiunto poco dopo. Vi ringrazio davvero tanto e sono felice che questo mio progetto abbia funzionato. Non avrei mai pensato, quando ho iniziato questo racconto, che sarebbe stato lungo oltre 137'000 parole, ma è stato un percorso in salita e sono felice di avere fatto questa salita.
Spero che anche chi ha letto nel silenzio e chi leggerà in un secondo momento possa apprezzare questo racconto e sarò grata a chiunque dovesse leggere e recensire in futuro. Davvero, sarebbe stupendo per me se anche altri si palesassero, anche solo alla fine del racconto e anche solo per dirmi se vi è piaciuto o no, se vi ho intrattenuti o se vi ho fatti addormentare.

Il personaggio di Tina Menezes l'ho inserito per la prima volta nel 2011 in una (terribile) fan fiction che avevo pubblicato a suo tempo su un forum dedicato alla Formula 1. Successivamente l'ho inserita in altri racconti e fan fiction e qui su EFP la trovate nel racconto "Il Paradosso del 27" che ho scritto e pubblicato lo scorso anno (ambientato in un universo totalmente diverso da questo). Diversamente da questo, quello è molto più uno spokon. Non escludo di inserirla in altre vicende in futuro, magari totalmente slegate da questa (il mio obiettivo, molti anni fa, era scrivere diverse vicende che la riguardassero, ma che potessero essere considerati degli alternate universe gli uni degli altri.

Oliver Fischer, invece, l'ho inserito per la prima volta nel 2012 in una versione molto preliminare di quello che è divenuto "Il Sussurro della Farfalla", scritto nel 2021 e pubblicato in seguito su EFP. Inizialmente l'avevo inserito nella sezione Romantico, ma ho deciso di spostarlo nella sezione Giallo in quanto, di fatto, è molto più un giallo che una love story. In esso compaiono per la prima volta anche Selena Bernard, Edward Roberts, Veronica Young e suo marito Scott. Alcune allusioni trovate in questo racconto, si riferiscono a vicende trattate in SDF: consiglio la lettura di quel racconto a chiunque volesse scoprire l'argomento del libro pubblicato da Oliver e il relativo mistero (in cui si ritrovano coinvolti anche Selena, Edward e Veronica), nonché il suo contatto con il mondo del paranormale (in cui è coinvolta, a livello minore, anche Selena).

Ne "Il Sussurro della Farfalla" le vicende legate all'automobilismo si svolgevano in un campionato denominato Formula Diamond, totalmente fittizio e che immaginavo nato da una separazione con il campionato di Formula 1 circa una ventina d'anni prima dell'epoca di ambientazione. In "Miss Vegas", mi sono basata indicativamente sul calendario del campionato di Formula 1 2023, in cui immagino essere confluita la Diamond Formula. I gran premi citati d'Austria, Gran Bretagna, Ungheria e Belgio si sono effettivamente svolti tra giugno e luglio. Tuttavia nella realtà non si è svolto alcun gran premio a Imola in questa stagione: doveva svolgersi in maggio, ma è stato cancellato a causa dell'alluvione in Emilia Romagna; originariamente era stato ipotizzato che potesse essere rinviato ad agosto e nel mio racconto si svolge effettivamente ad agosto (la denominazione Gran Premio di San Marino è totalmente vintage, dato che era utilizzata tra gli anni '80 e il 2006, ma mi piaceva quindi ho usato quella).

Ho iniziato la stesura di questa versione di "Miss Vegas" (dopo avere provato a iniziare qualcosa di analogo la scorsa estate, per poi essermi fermata) verso la fine di novembre e per le prime tre settimane sono andata avanti abbastanza a rilento. Ho dovuto interrompermi per qualche giorno quando il 18 dicembre mi sono infortunata a un occhio riportando un'abrasione alla cornea. Ammetto tuttavia, un paio di giorni dopo, di avere provato a scrivere un pezzetto di un capitolo sul cellulare, dovendo fermarmi dopo ogni singolo paragrafo. Da quando ho potuto ricominciare a usare il computer intorno al 21/22 dicembre ho approfittato dei giorni di malattia e del weekend lungo per darmi da fare. Essendo tornata a lavorare l'ultima settimana di dicembre ho rallentato nuovamente, per poi riprendere in grande stile nell'ultimo fine settimana di dicembre e durante la prima settimana di gennaio quando ero in ferie.

Se dovessi parlare di come è nata questa idea, sinceramente non lo so, diciamo che si sono accavallate molte cose, ma tutto è partito da due considerazioni: 1) gli Olina mi piacevano insieme anche se facevano parte di due filoni narrativi che fino a quel momento erano stati totalmente diversi e mi auguravo che potessero piacere come coppia, 2) io sono una grandissima appassionata di Formula 1 e letteralmente la seguo fin da quando ero molto piccola, ma i miei lettori magari no, quindi dovevo mettere gli Olina all'interno di una vicenda in cui le corse automobilistiche potevano essere al massimo sullo sfondo, 3) scrivere racconti romantici non fa per me, anche se un po' di romanticismo mi piace mettercelo, quindi dovevo inventarmi un giallo. E niente, a poco a poco l'ho fatto.
È stato un lavoro lungo, ho dovuto mettere da parte altri interessi e ho potuto completare questo racconto grazie all'esistenza delle ferie, quindi non progetto, nell'immediato, di dedicarmi nuovamente a qualcosa di così lungo. Qualcosa lo scriverò e lo pubblicherò sicuramente, prossimamente, ma ammetto che per il momento non progetto di dedicarmi a racconti lunghi.

Un saluto a tutti i bro e a tutte le sis!
   
 
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