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Autore: theGan    06/03/2024    2 recensioni
PARTE 1: Amburgo, 1986.
Genzo Wakabayashi inizia la sua nuova vita in Germania.
Karl Heinz Schneider decide di non farci amicizia, Hermann Kaltz è più pragmatico.
La long-story mai richiesta sulla storia del terzetto amburghese.
[CONCLUSA]
PARTE 2: Giappone ‘45 / Germania ‘87. 
Tatsuo Mikami vuole essere un calciatore, non un padre.
La vita è piena di sorprese.
Genere: Commedia, Drammatico, Hurt/Comfort | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Taro Misaki/Tom, Tatsuo Mikami/Freddy Marshall
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*questa fiction viaggia parallela al canon: ci flirta insieme, ma non se lo sposa.

 


 

14. Le cose belle quando finiscono (pt. 2)

 

Lo shock culturale è un cerotto che strappi piano.

Tatsuo e Genzo arrivano ad Amburgo il 18 febbraio 1986. Piove, un clima che scopriranno essere la norma per la grande città tedesca. Si concedono due giorni per regolare l’orologio interno sul fuso tedesco[1], poi Genzo comincia con l’orientamento a scuola e Tatsuo prende servizio in squadra.

La JFA non ha stanziato molti fondi al progetto di Katagiri e il suo stipendio è un quinto rispetto a quello che aveva coi Wakabayashi, sicuramente non abbastanza per garantirsi più di un letto in dormitorio o una stanza fuori mano. Però ad Amburgo Tatsuo è andato con Genzo e come bonus di buonuscita i Wakabayashi gli permettono di restare nell’appartamento che hanno affittato per il figlio nel bel quartiere di Rotherbaum.

Miss Rosemaier, la responsabile del complesso, accoglie il loro arrivo in un perfetto inglese a cui Tatsuo risponde con un cenno del capo ed un accento pesante che lascia all’entusiasmo di Genzo dirigere il gioco.

- Allora anche i tedeschi tolgono le scarpe all’ingresso!

Esclama stupito quando Miss Rosemaier gli allunga le pattine. Un segno di civiltà che lascia Tatsuo più tranquillo e non lo prepara minimamente al cuoci-uova. Cos’hanno i tedeschi contro i pentolini? O con le prese della corrente?

L’appartamento a Rotherbaum è un quadrilocale più bagno di centocinque metri quadri costruito alle metà del secolo scorso e rinnovato negli anni Settanta. Tatsuo si aggiudica due stanze: una camera da letto e lo studio che Genzo ha libertà d’usare. Lascia al piccoletto la camera padronale più ampia e vicina al bagno, all’UNICO bagno. La cosa, a partire dal secondo giorno di convivenza, inizia a creare problemi:

- Mister Mikami!!! Il suo dopobarba è ANCORA una volta nella MIA metà dell’armadietto!

- Mister Mikami!!! Se FINISCE la carta igienica la deve rimettere!

- Mister Mikami!!! QUANTO le ci vuole ancora?! Non è che a guardarsi allo specchio i capelli grigi se ne vanno!

Forse i Wakabayashi hanno scelto questo appartamento per tormentarlo: Genzo, coi suoi ritmi ed idiosincrasie, è un coinquilino pessimo. Non che Tatsuo sia tanto meglio: almeno sulla carte igienica il piccoletto ha ragione. Però è Genzo quello a lasciare sempre l’asciugamano fradicio e inzozzare lo specchio ogni volta che si lava i denti, quindi sono pari.

No, il problema non è vivere insieme a Genzo, ma l’appartamento di Rotherbaum di per sé. Cioè, sia chiaro, Tatsuo ne è grato, davvero: l’appartamento è ampio, ad un tiro di schioppo dal suo nuovo posto di lavoro e lo condivide con una delle poche persone con cui riesce a stare più di nove ore da solo senza tentare di strangolare o tentare la fuga scappando da una finestra. Il problema dell’appartamento di Rotherbaum alla fine è uno: è troppo tedesco. Prendi la vasca da bagno: quella a villa Wakabayashi aveva l’altezza giusta per rimanere immerso fino alle spalle da seduto. Quella di Rotherbaum, invece, è lunga, poco profonda e scomoda e sul fondo ospita una tenda con doccino installata dai proprietari precedenti che non si può usare da in piedi. Tra un anno e mezzo la rottura di una tubatura costringerà Genzo a rifare il bagno e al posto della vasca installerà una doccia, ma per allora Tatsuo sarà già tornato in Giappone. Glielo farà sapere per lettera.

Miss Rosemaier lascia sul tavolo in cucina i pacchi spediti prima della loro partenza dal personale di villa Wakabayashi: quello più grosso con lo scotch scollato e riattaccato male, aperto e sbirciato dagli agenti della dogana o, forse, dalla nuova impicciona tedesca, contiene la cuociriso che Tatsuo sapeva di non trovare all’estero e per cui dovrà procurarsi un adattore. Il pacco con la salsa di soia, invece, è stato bloccato alla frontiera, arriverà tra quattro settimane e per allora Tatsuo avrà trovato in un market di costosissimi prodotti “etnici”, una variante di pessima qualità del condimento e se la sarà fatta bastare. Dopo anni di pasti preparati da qualcun altro, Tatsuo scoprirà che non gli dispiace cucinare, ma che odia fare la spesa: forse per i cassieri che ti guardano storto se non imbusti a velocità supersonica, per i prezzi da decriptare o per l’assenza di prodotti fondamentali come il miso o il daikon. In compenso i negozi tedeschi sono pieni di pane di ogni forma e consistenza, la carne costa un terzo e le torte sono buone come quelle dei caffè di Tokyo a cui si accede dopo un’ora di attesa. I nomi rimangono, tuttavia, impronunciabili.

La Germania e il suo cibo hanno un che di… interessante, qualcosa a cui abituarsi senza vivercene. Persino il the non ha lo stesso sapore.

- È il calcare.

Dirà Genzo tra tre anni a Parigi, la schiena ingobbita su una rivista di calcio scritta in francese. A quindici anni Genzo lo supererà in altezza di circa dieci centimetri e Tatsuo non avrà alcun più diritto di definirlo “piccoletto”. Lo farà ugualmente, per quella stessa ragione per cui Genzo lo seguirà in corridoio a parlare di calcio e della qualità infima dei the sputati dalla macchinetta: la ricerca di una famigliarità perduta.

– L’acqua è più dura e il sapore ne viene alterato. A casa lo faccio con quella in bottiglia…Kaltz dice che è strano.

Tatsuo annuirà e non gli domanderà se la salsa di soia ed il wasabi Genzo se li procuri ancora a quel mercato turco che gli ha suggerito Yilmaz. Il  loro rapporto dopo l’esperienza Amburghese è alterato quanto il gusto del the tedesco.

***

A marzo Genzo finisce coi recuperi ed inizia ufficialmente la scuola, Tatsuo spende o spreca buona parte della mattina a pulire l’appartamento, annuire come un idiota in Federazione e ad ignorare la dirigenza alla sede del club. Tre i tre team juniores, Tatsuo viene assegnato alla supervisione dell’U13 e cioè ad Emmanuel Friedman più giovane di lui di una buona decina di anni.

- Si ricordi di essere solo una trovata pubblicitaria, non mi stia tra i piedi ed andremo d’accordo.

La franchezza dell’ostilità di Friedman sta tra lo stronzo e l’adorabile ed è più rinfrancante di quella sottile di buona metà del personale, Tatsuo per niente intimidito, la lascia sullo sfondo e finge che non lo ferisca. Però lo logora. Raggiunta una certa età si decide di fingere che certe cose non ci tocchino, un po’ come smettere di usare “crescere” e cominciare con “invecchiare”. Un po’ come dire che dalle ferite si impara sempre qualcosa per ignorare quanto ti facciano male.

L’adesione della squadra al progetto della JFA, non è stata frutto di quell’unanime consenso che l’entusiasmo di Katagiri aveva suggerito. La spaccatura coinvolge diversi piani, ma risulta evidente nel conflittuale atteggiamento della dirigenza: se da una parte i vertici dell’Amburgo SV sono più che lieti di rifugiarsi all’ombra della pubblicità positiva che l’iniziativa garantisce, dall’altra il loro sostegno vacilla fino a scomparire quando Società e tifosi vomitano critiche e vecchi nazionalismi[2]. Frederik Madorf, allenatore storico delle juniores ed ora del team ufficiale, si lascia sfuggire in pausa pranzo:

- Per me hanno detto di sì perché il Giappone è abbastanza esotico da farli sembrare moderni ed abbastanza occidentale da non fare paura.

A smentirlo è il titolo “Prima i turchi, adesso i giapponesi?!” con cui apre la pagina sportiva di un quotidiano locale. Tatsuo se lo ritrova al suo ritorno sopra la giacca, si siede, ignora l’articolo e apre il giornale sulla pagina di cronaca ringraziando a voce alta l’anonimo donatore.

- Oggi non lo avevo ancora letto.

Friedman emette un verso doloroso dal naso, Tatsuo è abbastanza convinto non sia stato lui il colpevole: la guerriglia psicologica è una roba troppo sottile per un tizio così dritto. Forse ha fatto bene ad impedire a Genzo di tirargli un pugno sul naso.

- Fai il bravo.

Si era raccomandato al provino, un po’ per ricordarlo a se stesso.

- Fai il bravo.

La rabbia è il gioco di cui l’avversario ha il libretto delle istruzioni, Genzo si infiamma con un  niente, ma ad Amburgo non sono nelle condizioni di raccogliere le sue braci.

- Non si preoccupi, mister.

Tatsuo lo fa ugualmente per deformazione professionale, ma c’è da dire che Genzo nell’ultimo anno sia notevolmente maturato: per quanto lo spingano, lo pungolino, lo trattino come l’ultimo degli idioti le settimane passano ed il portiere non sfascia la faccia a nessuno. Ancora una volta Tatsuo è ispirato dal suo esempio e non sa come dirglielo, così cerca di trasmetterglielo. Non è certo che ci riesca.

- Che roba è quella?

È marzo e Genzo raggiunge la cucina con un passo da trattore, inala senza guardare la colazione e s’immobilizza di fronte ad una scatola rettangolare grandezza quattordici centimetri per sedici. Tatsuo si sfila gli occhiali e cerca invano un fazzoletto pulito su cui passarli.

- Il bento.

Genzo sbatte le palpebre una, due volte, mentre gli ingranaggi del suo cervello girano rumorosi. Tatsuo aspetta che il computer risolva l’algoritmo, utilizza il tovagliolo per pulire le lenti, le rimette sul naso e storta la bocca: perfetto, ora l’appartamento è immerso nella nebbia. Genzo solleva il coperchio, regala al contenuto un’occhiata distratta e richiude il cestino del pranzo. Davvero, non c’è ragione per essere così perplessi, dopotutto chi crede abbia cucinato nell’ultimo mese e mezzo.

- Perché…- Genzo esita, sbatte le palpebre, prende fiato. - L’orso ha un fiocco sulla testa.

Ah, già. C’è quella cosa in effetti. Il pacco rimasto bloccato alla frontiera è arrivato all’appartamento solo ieri. Tatsuo oltre alla salsa di soia e il mirin, ha trovato al suo interno un portapranzo nuovo con tanto di comparto per tenere il cibo al caldo. Al supermercato aveva registrato distrattamente la presenza sui lati ed il coperchio di una mascotte della Sanrio[3] e solo ora che Genzo gliela indica, Tatsuo si trova a realizzare con un discreto imbarazzo che quel bento sia decisamente più adatto ad una bambina.

- Temo che Miss Asano abbia scambiato il fiocco dell’orsetta per un cappello da baseball. – Corre Tatsuo ai ripari, dopotutto è vero che alla vecchia domestica la vista sia calata, Genzo NON ha bisogno di sapere chi abbia EFFETTIVAMENTE comprato cosa.  – Mi dispiace, cerco un altro contenitore e…

- Nah… - Genzo ficca il bento nella tasca esterna dello zaino e richiude la zip. – Non importa, almeno questo è riscaldato.

E poi è stato un suo regalo. Genzo non lo dice, ma il messaggio passa comunque forte e chiaro. Tatsuo è davvero fiero dell’uomo che sta diventando, così fiero che quando la settimana seguente riceve una telefonata irritata dalla preside della nuova scuola riguardo a compagni di classe appesi agli armadietti e a palline di carta fatte ingoiare a forza, Tatsuo si limita a sorridere e considerare che in fondo sia giusto: ha detto a Genzo di fare il bravo con la squadra non a scuola. E se qualche coglione nella sua classe ora ha un incubo in più, Tatsuo confida che sia per il meglio: Genzo ha sempre avuto un certo tocco nel gestire i bulli.

***

Finito il circo mediatico generato dal loro arrivo, Tatsuo si trova mattine più libere da dedicare ai corsi di lingua inglese e tedesca. Fatica, nonostante l’esposizione diretta, con la seconda, non tanto durante le lezioni, ma nella vita vera quando la gente urla o parla l’una sull’altra. Katagiri sostiene, in vista del futuro soggiorno a Parigi, che dovrebbe studiare anche un po’ di francese, ma Tatsuo è un uomo solo ed ha i suoi limiti.  

I tedeschi sorridono poco in generale, ma specialmente durante le riunioni, sono anche abbastanza silenziosi, se non per ridacchiare quando a parlare è il turno di Tatsuo. Dà una certa soddisfazione essere in grado, ora, di zittirli in un accento quasi perfetto:

- Non avete ancora finito?

Mi avete chiamato voi, forse è il caso di iniziare a ricordarvelo.

Il momento preferito delle sue giornate è il pomeriggio trascorso a supervisionare il lavoro di Friedman con la squadra. Il suo apporto è certamente limitato, oltre che dai limiti linguistici, dall’ingerenza di quest’ultimo, ma l’allenatore tedesco sa quello che fa e Tatsuo scivola agilmente oltre il fastidio che prova dall’essere escluso. Tuttavia Tatsuo Mikami non è nato per stare fermo: nella mancanza di compiti istituzionali assegnati se ne inventa di nuovi. L’U13 dell’Amburgo SV, anche se meglio organizzata, non è diversa dalle giovanili di cui si occupa da una vita e così come un allenatore non può essere dappertutto, è anche vero che in ogni gruppo esistono sempre degli outsider. Tatsuo lo è stato per buona parte della sua infanzia e se c’è una cosa che ha imparato da essa è che i ragazzini più timidi hanno bisogno di essere incoraggiati di più e sgridati di meno per poter brillare.

- Dovete respirare dal naso. – Ripete Tatsuo per la terza settimana di seguito. – È più facile dalla bocca, ma vi dà più resistenza in partita.

Il giovane Yilmaz annuisce serio come a siglare con la testa una nota mentale, arriccia le narici e riprende a correre. Ha una buona coordinazione ed un discreto gioco di gambe, un giorno si farà un nome nel Fortuna Düsseldorf. Sarà uno di quelli a farcela, un altro sarà Bernd Hinmel, lo spauracchio che, vagando senza branco, si parcheggia sempre a portata d’orecchio quando Tatsuo dà istruzioni. Forse perché la voce di Tatsuo è sempre pacata, forse perché trasuda un’aura di calma, forse perché a Bernd Hinmel gli adulti che urlano fanno paura.

- Stai andando bene.

Gli dice Tatsuo, Hinmel finge di non sentire e ci dà ancora più dentro, gli ricorda un altro ragazzino bravo, ma privo di quel talento che contraddistingue i campioni che ha conosciuto una vita fa.

- Mi rubi i giocatori, Mikami?

Chiede Friedman, Tatsuo non si volta neanche: è passato più di un mese da quando ha iniziato ad occuparsi dei giocatori trascurati dall’allenatore tedesco, se Friedman non fosse stato d’accordo con la sua iniziativa avrebbe avuto tutto il tempo per fermarlo, se non se non se ne fosse accorto prima non ne avrebbe il diritto.

- Respirare dal naso, eh? Una cosa vostra orientale tipo zen?

- La respirazione nasale garantisce una migliore ossigenazione alla luce di un minore sforzo cardiaco. Minore battito, meno sforzo, migliore resa in campo. Ci sono diversi studi a riguardo[4].

La padronanza di Tatsuo della lingua lascia ancora a desiderare e non è certo cosa effettivamente sia riuscito a passare, ma è abbastanza perché Friedman si faccia serio e risponda.

- Lo so, li ho letti anche io. Per un calciatore il fiato è tutto.

- Ci vuole anche sinergia di squadra.

Non voleva essere una frecciata sull’atteggiamento del collega, ma il fuoco amico colpisce lo stesso e Friedman accusa il colpo, scuote la testa e storta la bocca in una smorfia penitente. Da giocatore Emmanuel Friedman non ha avuto una vita facile, Tatsuo non ne conosce i retroscena se non per sentito dire, ma da minoranza trapiantata all’estero qualche idea se l’è fatta: è dura rimanere corretti quando senti di avere qualcosa da dimostrare.

- Il piccolo Hinmel si fida di lei. Sta vivendo un periodo difficile a casa dopo il divorzio e quello che è successo a suo fratello. Ci butti un occhio se può.

Tatsuo annuisce, i cambiamenti si costruiscono piano e ti travolgono in una volta.

***

Genzo, come e più di lui, ha difficoltà ad integrarsi. La vicepreside dell’istituto che frequenta telefona a casa una volta ogni due settimane e, al contrario del suo diretto superiore, non lo fa tanto per lamentarsi dell’atteggiamento di Genzo, ma piuttosto per esprimere una certa preoccupazione. Più che per la scuola, Tatsuo è preoccupato per la squadra: in Giappone Genzo si è sempre trovato male coi ragazzi più grandi, ma non ha mai avuto grosse difficoltà coi coetanei. Tatsuo immaginava che dopo qualche settimana le difficoltà scemassero, non che andassero a peggiorare e risulta sempre più evidente che non è solo il carattere diciamo “deciso” del portiere che alla squadra non vada a genio. Non sapendo bene cosa fare, Tatsuo cucina piatti che riportino in mezzo alla tensione un po’ di aria di casa e tenta, senza successo, di mantenere un canale aperto.

L’inversione a U di Friedman nei suoi confronti sommerge Tatsuo di impegni, il coach tedesco ora, con la scusa che il tempo che ha in Germania è limitato, pare volerlo coinvolgere in ogni cosa e le occasioni per confrontarsi con Genzo si diradano.

A cena Genzo parla poco, trangugia il cibo con la voracità di un buco nero, consegna rumorosamente piatti e stoviglie al centro del lavandino nella convinzione che si lavino da soli e si abbandona sul divano a studiare la collezione giornaliera dei lividi. In Giappone durante gli allentamenti non si faceva male così spesso, non così… deliberatamente. Qui è tutto diverso, Tatsuo sente che è tutto diverso. Una sera, mentre ritira pomata e disinfettante, prova a parlargliene, Genzo risponde con un grugnito e una porta sbattuta in faccia. Dal giorno successivo Genzo smette di passare del tempo in salotto dopo cena e le ferite passa a curarsele direttamente in camera.

Quando un adulto si mette in mezzo alle faccende dei bambini deve muoversi in modo intelligente. Le buone intenzioni servono a poco se fretta e arroganza fanno precipitare il castello di carte su chi cerchi di aiutare e Genzo è forte, ma non indistruttibile.

La pubblicità positiva che l’Amburgo SV ha guadagnato dalla collaborazione con la JFA ha portato altri club stranieri a mostrare un tardivo interesse nell’iniziativa, persino alcuni nomi prestigiosi come la giovanile del Werder Brema. Meno di un’ora di treno da Amburgo. Tatsuo chiama Katagiri e gli chiede di iniziare ad informarsi per un possibile trasferimento.

Genzo fa amicizia con Hermann Kaltz ed improvvisamente diventa introvabile.

- È il primo martedì del mese. – Mastica con tre quarti di mela in bocca. – Dormo fuori ‘sta notte.

È come se qualcosa nel portiere sia scattato, Tatsuo rientra tardi per cenare con un post-it che lo avvisa che Genzo è di nuovo dai Kaltz. Poi c’è il gruppo di studio con la Kuster e il figlio della vicepreside:

- Io li aiuto con matematica, loro col tedesco.

Gli allenamenti extra serali, il club del libro… Tatsuo si è ritagliato uno spazio proprio all’Amburgo SV, con Friedman e Madorf è pure nata un’intesa che comincia a puzzare d’amicizia. Decide di credere alla bugia. Informa Katagiri di sospendere le telefonate, lui e Genzo restano ad Amburgo.

***

L’U13 dell’Amburgo SV di quest’anno è un progetto portato avanti dal club in modo sistematico. Per garantire continuità ai ragazzi è stato stabilito che coach Friedman li traghetterà oltre l’U16 e solo allora lascerà i sopravvissuti alle mani di Jochem Dreher. Una manciata di loro finirà per giocare un giorno nella squadra ufficiale di Frederik Madorf o di chi, per allora, l’avrà sostituito. Diversi giocatori in futuro passeranno ad altri club, specialmente in circuiti minori, un po’ meno della metà smetterà di giocare del tutto.

Friedman allena questi ragazzi da più di un anno, alcuni di loro li conosce da sempre. Per la buona pace di Shiroyama, non è affamato di titoli: non ha bisogno di buone figure superficiali per garantirsi il rinnovo del contratto. Quello che il club ha chiesto a Friedman è d’investire sul lungo periodo: di creare una squadra. Non sarà un caso che il venticinque per cento dei suoi ragazzi riuscirà un giorno ad avere la meglio sulle statistiche e garantirsi un futuro da professionista.

Al momento l’Amburgo di Friedman è sbilanciato in attacco e lascia scoperti centrocampo e difesa. Il surplus di centroavanti si riversa un po’ a sorpresa sulla vita privata di Tatsuo nel momento in cui Genzo sviluppa una nuova ossessione alta un metro e quaranta, bionda e che fa di nome Karl Heinz Schneider, altrimenti noto come il GRANDE ASSENTE. Tatsuo conosce da Friedman una sintesi della storia: padre brillante ed in disgrazia, figlio talentuoso e problematico.

Da marzo Schneider si presenta agli allenamenti dopo una lunga assenza attribuita ad un malanno di stagione. Arriva sempre in ritardo, Friedman, invece di lamentarsene, ne pare sollevato e non gli assegna giri di campo extra. Durante il riscaldamento Schneider orbita saldamente attorno a Jara Strauss ed Hermann Kaltz. Verso la fine del mese Strauss svanisce sullo sfondo ed il suo posto nel gruppo lo prende Genzo che dopo gli allenamenti persegue con le sparizioni.

– C’è un campetto non tanto distante…. Non si preoccupi signor Mikami: se facciamo tardi ci fermiamo fuori a cena.

Era stato lui il primo ad augurarsi che Genzo si facesse degli amici in squadra, ma sperava in qualcuno di un po’ più tranquillo come Yilmaz o Krüger. Dopo un paio di giorni di esitazione Tatsuo si convince che sia comunque una cosa buona: il talento di Schneider come calciatore è di quelli che compaiono una volta per generazione, confrontarsi con una montagna non può che nutrire la crescita di Genzo. Inoltre fornisce un ottimo argomento di conversazione durante i pasti.

- E poi Schneider ha detto che vuole chiamare il suo tiro dalla distanza fire shot, che è davvero una cosa cretina se ci pensa, però nel contesto…

Tatsuo mescola l’insalata, zittisce un pensiero fatto di melma alimentato da pettegolezzi sciocchi sentiti in panchina dagli altri ragazzi su Schneider. Ragiona che l’atteggiamento di Genzo per il giocatore tedesco non sia tanto diverso da quello mostrato verso Hyuga o con Tsubasa e che se ne parla con tanto entusiasmo è solo per il fascino della novità.

- E a quando la grande sfida col nuovo rivale?

- Ma di che accidenti… Schneider è… -  Genzo arruffa le sopracciglia come le piume di un gufo ed affonda il cucchiaio nella zuppa spargendo un po’ dappertutto gocce di brodo. – È più un amico, credo.

Tatsuo sorride, perché Karl Heinz Schneider sarà volatile come una fiamma lasciata bruciare senza controllo, ma se accende l’espressione di  Genzo di questa felicità imbarazzata allora per Tatsuo è a posto. Ed è bello che Genzo si sia fatto un amico in squadra al di fuori di Hermann-teppista-Kaltz! La settimana scorsa Tatsuo ha beccato il mediano accordarsi coi ragazzi grandi per contrabbandare alcolici fuori dagli spogliatoi.

- È solo birra, Mikami. – Aveva commentato Madorf, l’altro testimone involontario. – Finché le trasgressioni sono queste chiudiamo un occhio.

Tatsuo ne chiude anche due, allena adolescenti da sempre, però questa cosa gli dà fastidio. Forse perché Kaltz passa troppo tempo cucito su Genzo. Forse perché il suo ghigno sornione gli ricorda quello di un altro ragazzino basso e chiassoso che ha galleggiato attraverso la vita finché quella non l’ha trascinato a fondo. Tatsuo aveva scosso la testa, preso dell’acqua ghiacciata dalla macchinetta e stabilito di non lasciare che il ricordo di Kozo Kira interferisse sul suo posto di lavoro.

È un bene, però, pensa mentre aprile si allunga pigramente verso maggio, è un bene che Genzo passi più tempo con Schneider e meno con Hermann Kaltz. Lo pensa anche Friedman.

-  Wakabayashi ha un’influenza positiva su di lui. – Dice il coach tedesco e Tatsuo non sa se si riferisca all’improvvisa capacità di Schneider di manifestarsi agli allenamenti in orario o alla fine del suo lanciare pallonate contro i compagni. - Non so come facessimo prima che arrivasse.

Tatsuo non commenta. Le scritte sull’armadietto di Genzo sono peggiorate. Ragazzate. Inutile intervenire, lui o Friedman finirebbero per esacerbare la situazione proprio adesso che il portiere sta trovando il proprio posto in squadra.

Dopo aver consolidato il centrocampo, Friedman stabilisce sia tempo per l’Amburgo SV di piantarla di fare schifo in difesa. L’allenatore tedesco, promotore del contropiede rapido e profeta dell’attacco ad oltranza, non disponendo di giocatori adatti alla sua visione, tenta di plasmare a sua immagine quelli che gli capitano a tiro. Gli esseri umani non sono fatti di argilla ed Hans Krüger è più simile ad un blocco di marmo.    

- È bravo, ma così rigido… Se solo riuscissi a farlo sbloccare.

Genzo passa dalla fascia alla tre quarti, ogni settimana copre in campo una posizione diversa, solo raramente Friedman lo mette in porta per qualche partitella sei contro sei. Quando capita il coach tedesco si piazza sempre vicino a Tatsuo a spiare sul suo volto una prima impressione dei risultati, perché i risultati ci sono: Genzo è incredibile.

La resistenza, il suo tallone d’Achille, è tornata ai livelli precedenti l’infortunio, se non persino migliorata, la sua visione di gioco si è fatta più completa e il nuovo regime d’allenamento imposto da Friedman e da Ludwig Henze, il preparatore atletico, ha portato a notevoli progressi anche sul piano fisico. Tatsuo è fiero di lui, ma anche di se stesso: portarlo in Germania è stata la scelta giusta.

- Suo figl… Wakabayashi ha un intuito eccezionale, giocare in altri ruoli gli ha permesso di affinarlo. Sarebbe davvero un’ottima aggiunta alla squadra.

In campo qualche ragazzo protesta dopo un azione combattuta, è davvero un peccato che Hinmel e Genzo non vadano d’accordo perché come giocatori sono piuttosto compatibili. Il portiere dice qualcosa e Hinmel s’infiamma, fortunatamente le parole non degenerano in una scazzottata. Le prestazioni di Genzo in campo sono migliorate tanto quanto il suo autocontrollo, così che quando le voci dei ragazzi si alzano Tatsuo non vi presta che un’attenzione marginale. Sa di potersi fidare.

- Perché insiste con Krüger? – Chiede Tatsuo al collega. – Perché non prova a mettere Genzo dentro nella prossima partita?

Friedman contrae le labbra, guarda fisso in avanti e Tatsuo si domanda se non abbia sbagliato ad affrontare in modo così diretto la questione. Chiude gli occhi, li riapre, al diavolo. Se Genzo fosse un giocatore qualunque da collega avrebbe chiesto la stessa cosa. Friedman rimane in silenzio a lungo, tanto che Tatsuo pensa che l’argomento sia chiuso, poi l’allenatore tedesco attacca.

- Signor Mikami… questa squadra deve funzionare a lungo termine. Suo figlio è un giocatore eccellente, ma non mi va di causare dissapori tra i miei ragazzi per qualcuno che tra un po’ sbaracca e se ne torna in Giappone.

Oh. Qui c’è stato un fraintendimento serio.

- Genzo non è mio figlio.

Friedman si irrigidisce, ma davvero, perché tutti continuano a pensare che siano parenti? Lui e Genzo non si somigliano neanche! Di aspetto, almeno, perché a sentire Gamo di carattere sono sputati… e poi non è questo il punto! Hanno anche cognomi diversi.

- È vero che il mio tempo qui all’Amburgo è limitato, ma l’ingresso di Genzo in squadra non è mediato dal mio contratto con la Federazione. Alla mia partenza Genzo rimarrà qui in Germania.

Ah. Dirlo ad alta voce lo rende un po’ più vero. Tatsuo non ama riflettere su questo futuro. Qualche mese fa era stato intenzionato ad insistere per fare rientrare il portiere in Giappone insieme a lui alla fine del suo contratto, ma ora è diverso: i progressi di Genzo in campo sono evidenti e poi, ora, sembra trovarsi davvero bene in squadra e…

Friedman apre la bocca, la chiude. Tatsuo inchioda l’urlo mentale per venire in suo soccorso.

- È comprensibile che abbia frainteso. – Concede. – Infondo è stata proprio la mia partenza ad ispirare i genitori di Genzo a farlo partire.

L’altro annuisce distrattamente e non incontra il suo sguardo, Friedman guarda lontano, più o meno nel punto del campo in cui Genzo si sta trattenendo da levare a Gongels i denti uno ad uno. L’allenatore tedesco inclina la testa, le sopracciglia strette in un’espressione meditabonda, i fattori sulla sua lavagna mentale hanno appena cambiato ordine.

Quella sera lui e Genzo tornano a casa assieme, finita la cena Tatsuo prende coraggio e dice per la prima volta a voce alta quanto sia fiero di lui. Genzo, come risposta, gli sbatte la porta in faccia. È consolante che sui livelli di maturità ci siano ancora margini di miglioramento. Forse dovrebbe procurarsi un animale domestico, Genzo dà il suo meglio quando è costretto a prendersi cura di qualcun altro. Magari, visti i ritmi intensi e lo spazio limitato dell’appartamento, potrebbero prendere un gatto invece che un cane. Così Genzo si sentirebbe anche meno solo quando lui…

Tatsuo accende dell’incenso di fronte alla fotografia di Akane, chiude in cassetto la realtà e va a dormire. La prossima estate inizierà le visite ai club francesi e della Germania meridionale per rientrare ad Amburgo a fine agosto e da lì ripartire alla volta del Giappone, senza Genzo: lui ad Amburgo è venuto per restare.

Ma il futuro è vago e distante. Tatsuo chiude gli occhi.

E in un anno tante cose possono cambiare.

 


 

NOTE: 

 

HOLA!

E... ecco svelati i retroscena del perché a Mikami sta antipatico Hermann! Un premio a chi l'aveva indovinato!!! In questo capitolo Mikami equivoca decisamente alcuni atteggiamenti di Genzo come il suo sparire di casa e il suo riempirsi di impegni (in realtà per non farlo preoccupare e non farlo sentire in obbligo di cambiare squadra e città) o le ragioni per cui il portiere si arrabbia quando Mikami gli dice per la prima volta di essere fiero di lui. 

Adoro riscrivere alcuni di questi momenti invertendo il punto di vista, è simile a prendere la testa dei personaggi e sbatterla l'una contro l'altra. 

 

Uff.. puff... ci siamo quasi, ancora un capitolo (davvero, giurin giuretto) e la parte di questa storia dedicata a Mikami sarà finita. Forse è per questo che sto facendo un sacco fatica a scriverla! 

Davvero! Non sono riuscita a buttare giù una parola in due mesi! Tranne che iniziare ad impostare il capitolo di Schneider. Sicuramente non aiuta il carosello di medicine e il dover progettare a partire da zero il torneo Regionale/Nazionale dell'U15 a cui parteciperanno Genzo & CO (UGH ho bisogno di una guida telefonica per i nomi tedeschi)

Spero vivamente di non mancare il prossimo aggiornamento mercoledì 5 giugno

Un abbraccio fortissimo a voi che commentate! 

 

 

 

 

>>> 14. Le cose belle quando finiscono (p.3).

Tatsuo Mikami stabilisce le sue priorità.

[1] Germania e Giappone hanno una differenza di fuso orario di circa sette ore.

[2] Negli anni ’80 gruppi di estrema destra hanno iniziato a militare nella tifoseria dell’Amburgo SV, sporcando l’immagine della squadra e polarizzando la rivalità con l’altro team cittadino più progressista, il St. Pauli FC.

[3] La Sanrio è la compagnia giapponese famosa per “Hello Kitty”. In “Il nuovo compagno”, Genzo porta a scuola un bento decorato con una delle tante famose mascotte della ditta. Il mio riferimento era l’orsetto “Rilakkuma”, ma dopo ulteriori ricerche, ho scoperto che il personaggio ha esordito per il brand solo nel 2003. Fatto un rapido controllo sulle altre mascotte basate su orsi ed orsetti ho pensato di inserire Koro-Chan (1973), per optare alla fine per Tiny Chum (1984) in quanto il successo del personaggio debuttato proprio in questi anni rende più probabile la presenza sul mercato di numerosi gadget. Tiny Chum, tuttavia, è un’orsetta con un simpatico fiocco rosso in testa, ragione per cui Genzo è ovviamente perplesso.

[4] Nei momenti di maggiore sforzo gli atleti ovviamente respirano dalla bocca, ma vi sono diversi studi (soprattutto spagnoli) di medicina dello sport che trattano i benefici della respirazione nasale su sforzi lunghi come maratone, corse e partite di calcio.

  
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