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Autore: NonLoSo_18    18/03/2024    3 recensioni
Nel mondo di Vanyan, il Continente, ci sono due categorie di persone: gli Elementali, in grado di comandare le forze della natura e degli elementi a proprio piacimento, e quelli che non lo sono.
E i primi comandano sui secondi, considerandoli alla stregua di oggetti di cui disporre senza rispettarne la volontà. È un mondo duro, dove domina la forza, e se non ce l’hai, devi soccombere. È sempre stato così, da quando gli Elementali hanno conquistato la terra dove gli altri vivevano, e si sono imposti. Ma ora tutto questo sta per cambiare: guidati dal misterioso Borea, un uomo con la maschera bianca, i non Elementali stanno facendo sentire la loro voce, riprendendosi tutto ciò che è stato loro tolto, e mettendo il mondo sull’orlo del collasso. Toccherà proprio a Vanyan, un Fireal, un Elementale del fuoco, cercare di riportare l’equilibrio nel Continente. Ma Vanyan ha un motivo ben più personale per agire: Borea è l’uomo che, dieci anni prima, ha ucciso suo padre davanti ai suoi occhi…
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questo sarà il capitolo più lungo di questa parte, probabilmente. Lo pubblico oggi perché... è il mio compleanno, e questo è il mio "modo" di festeggiare con tutti voi. Grazie, perché senza il vostro supporto non ce l'avrei mai fatta. Questo capitolo è dedicato a voi, che mi avete supportato (e sopportato) finora. 
Spero vi piaccia.



Attacco a Terrarossa
 



Vanyan lasciò la presa su Alys e si guardò intorno, preparandosi a combattere;
Quando erano venuti a prenderlo, aveva riconosciuto il modo di muoversi della ragazza rossa in miniera, e, soprattutto, di quella fottutissima cavalletta che gli aveva sparato alla capitale. Era stato in buona parte istinto, a dire la verità, ma Van era contento di non essersi sbagliato.
 
Peccato che ora si trovavano circondati. I tizi erano piombati all’improvviso nella sala, sfondando le vetrate.
In un certo senso era un bene, quelle vetrate erano davvero orribili da guardare. Magari le avrebbero sostituite con qualcosa di meglio.
 
Poi, erano saltati dentro, al punto che Vanyan si chiese se essere delle mezze cavallette non fosse un requisito fondamentale per entrare a far parte delle fila di Borea.
 
Van guardò attentamente i nuovi arrivati: intorno a loro c’erano uomini e donne, vestiti di stracci, alcuni di questi suddetti stracci li avevano avvolti intorno alla testa, lasciando solo i buchi per gli occhi, accesi d’odio. Alcuni tra di loro avevano armi rudimentali, come i forconi, altri invece reggevano quelle che Lord Shaffer aveva chiamato pistole.
Tutti in cerchio, e nessuna via di fuga. Ottimo. Non chiedeva di meglio che farsi largo a pugni. Anzi, a pensarci in quel momento sentiva una scarica di adrenalina.
 
Guardò di nuovo i due davanti a lui: la ragazzina con i capelli rossi, che a guardarla in quel momento sembrava davvero non più di un’adolescente, aveva ancora addosso la divisa rossa dei Fireal, ma aveva buttato di lato il mantello, mostrando sotto di esso una cintura con un arsenale di coltelli ben assortiti, oltre che una di quelle pistole, solo più elaborata delle altre. Mostrava un sorrisetto di scherno, che a ben pensarci era identico alla faccia che lei esibiva nella miniera.
 
Però l’attenzione di Van era tutta focalizzata sul ragazzo argentato, Nai gli sembrava si chiamasse. Lo stava fissando con quei suoi occhi viola intenso -viola, non neri come gli era sembrato alla capitale- e probabilmente anche con una mezza espressione di rabbia dipinta in viso, nemmeno tutti i problemi del mondo fossero colpa sua.
La pelle abbronzata contrastava con i soffici capelli argento che sparavano in tutte le direzioni. “Umbreal”, comprese Vanyan “mezzosangue, forse, oppure con discendenze Umbreal” Probabilmente. Probabilmente uno dei suoi genitori doveva essere un non elementale, rifletté.
Comunque, non erano cose a cui valesse la pena di pensare in quel momento.
 
«Ti ricordi di me, vero?» Gli domandò l’argentato, di colpo, spezzando il velo di stallo che si era creato tutto intorno a loro.
«Decisamente sì… sei il bastardo che mi ha sparato alla capitale» Rispose Van, senza esitazione.
«E tu il bastardo che ha ammazzato il mio compare» Nemmeno Nai, o come si chiamava, esitò nel rispondergli.
 
Vanyan stava quasi per dirgli che il suo compare si era letteralmente ammazzato da solo, ma non gli sembrava il momento di tirare fuori un argomento del genere.
La tipa rossa intanto seguitava con quel sorriso di scherno.
 
Il capo delle guardie, ripresosi dal momento di stupore, aveva aperto la bocca come se stesse per urlare, però di colpo Nai si era voltato e gli aveva sparato al petto. Quello si portò le mani nel punto in cui compariva il foro, e si accasciò a terra senza emettere più un suono.
 
Vanyan rimase interdetto, guardando quella vita che si spegneva silenziosamente, il sangue che colava macchiando il pavimento, ma cercò di girare lo sguardo e non pensarci.
Tornò a guardare Nai, che dopo aver commesso il gesto, se ne stava di nuovo tranquillo, a fissarlo.
 
Vanyan sapeva che era questione di attimi, prima che il ragazzo facesse la sua mossa contro di lui. Sentì una scarica di adrenalina pervaderlo: il momento che precedeva uno scontro era il più duro di tutti, da sopportare.
 
Il tempo di pensare a questo, e Nai gli puntò contro quello stesso cilindro cavo -la pistola, o piccola balestra, o come cazzo si chiamava- e sparò il colpo, diretto verso loro due.
Vanyan d’istinto si gettò su Alys, finendo per far rotolare tutti e due a terra. Sentì il colpo infrangersi contro uno di quegli orribili busti, sbilanciandolo e facendolo rovinare a terra in una pioggia di frammenti di marmo.
 
E via un altro di quegli orrori. Spero lo sostituiscano con qualcosa di meglio
 
Nel tempo che ci impiegò per sollevarsi dal suolo, il ragazzo era sparito. Era rimasta solo la rossa e quella sua dannata faccia di scherno.
 
Vanyan voltò il capo a destra e a sinistra, rabbioso «Ah, quindi prima attacchi e poi te la fili con la coda tra le gambe. Brutto bastardo, torna qui e affrontami da uomo!» Il ragazzo sentiva di odiarlo.
Nel frattempo, la folla intorno ai due aveva fatto scoppiare il caos, iniziando ad accanirsi contro gli oggetti, gettando al suolo i busti e strappando gli arazzi dalle pareti. Beh, non che a Van dispiacesse, facevano schifo comunque.
Nel frattempo, una guardia Fireal era arrivata nel corridoio, aveva creato una palla di fuoco fra le mani, ma l’istante prima che la lanciasse, e bruciasse tutti quelli a tiro, loro gli avevano gettato addosso una rete, e le sue fiamme si erano spente in un attimo.
Reti in osso di drago, forse? Quello sarebbe stato un grosso problema.
 
Vanyan si lanciò verso la guardia, senza nemmeno sapere quale assurdo istinto lo stesse spingendo a farlo, prima che però potesse fare qualsiasi cosa, quell’uomo fu freddato da un colpo alla testa. “Due morti in un minuto, un vero record” anche se a Vanyan veniva da vomitare, nemmeno lui sapeva bene perché.
 
Uno di loro, vedendo che Vanyan era incapacitato, cercò di prenderlo in testa con una mazza di legno-ferro. Avrebbe fatto veramente male, se solo Vanyan non avesse afferrato la mazza con una presa salda, tirandola per far finire il tipo a terra e pestandogli il piede sul viso. Quello rimase al suolo. Probabilmente era svenuto, anzi, quasi certamente lo era.
 
Di colpo, si girò verso Alys, che era ancora a terra, cercando di rimettere assieme i pezzi e dare un senso a tutta quella follia. Vanyan pregò che fosse abbastanza lucida per fare quello che gli chiedeva.
«ALYS!» Le gridò. Lei sembrò vederlo in quel momento. Fece un’espressione di sorpresa, ma Vanyan non aveva tempo di aspettare che processasse la situazione; le sbattè il polso con la manetta sotto il naso «Fai una chiave e toglimela!» Odiava che nella sua voce si sentisse tutta l’angoscia che provava, ma non poteva farci nulla. Se quelli avevano le pistole, lui doveva come minimo poter usare il fuoco.
 
Questo però solo se l’idea funzionava: l’osso di drago bloccava i poteri degli elementali, ma sugli oggetti creati dagli stessi poteva non avere effetto. O almeno, ci sperava.
Nel frattempo, dovette abbattere con un calcio alla testa uno dei tizi a viso coperto che erano arrivati.
 
L’idea si rivelò fin da subito un fallimento totale: L’osso di drago dissolveva le chiavi di ghiaccio create da Alys, anche quando lei riusciva a creare chiavi di ghiaccio robuste, quelle si spezzavano. Il ragazzo aveva visto Alys usare il ghiaccio per rompere roba ben più robusta, dovevano essere quelle dannate manette. Stavano perdendo tempo nel cercare di togliergli quegli affari dalle mani. E questo continuando nel frattempo a difendersi dai tizi che arrivavano da tutte le direzioni: Van aveva perso il conto di quanti colpi avesse schivato, e quanti pugni avesse tirato.
 
Alla fine, prese una decisione: si girò verso il capo delle guardie, ancora riverso nella pozza di sangue, e, di colpo, si lanciò verso di lui, cercando nelle sue tasche se avesse la chiave.
 
Toccando quella pelle fredda, smorta, sentendo le dita viscide di sangue, Vanyan ebbe come un lampo davanti agli occhi.
Sangue sull’erba… Dita viscide…
 
Scosse la testa: non era il momento, non doveva pensarci.
Sentiva la nausea montarlo a ondate; non doveva pensarci.
Non. Doveva. Pensarci.
 
Ma dove cazzo stava quella stramaledetta chiave? Aveva girato letteralmente tutte le tasche, ma niente. Alla fine, la sentì nella tasca dei pantaloni. Vanyan fece per prenderla, quando sentì arrivare un colpo violentissimo alla mano; la rossa gli aveva tirato un calcio, con quei suoi stivali rinforzati, e la chiave gli rotolò al suolo.
 
«Non provarci, ragazzone» Gli disse, e fece per attaccarlo, brandendo uno dei suoi coltelli. O meglio, era quello che voleva fare, perché Alys si era gettata tra i due, creando degli stiletti con il ghiaccio, e usandoli per bloccare le lame della ragazzina. Almeno quelle non erano in osso di drago, per fortuna.
 
Alys si girò verso di lui: «Apri le manette, di lei mi occupo io!» Gli urlò. Van esitò, guardando Alys. Sapeva che lei era forte, si erano allenati insieme parecchie volte negli ultimi tempi. Ma…
La ragazza sembrò prendersela «Non stare lì impalato, muoviti!» Poi la rossa gli spinse i coltelli contro. Vanyan fu di nuovo sul punto di intervenire, ma poi decise di fidarsi di lei.
 
Così il ragazzo stette fermo solo un altro istante, prima di voltarsi e prendere finalmente la chiave. La infilò nella serratura vicino al polso, e il braccialetto crollò al suolo con un suono secco. Immediatamente lui sentì un’energia scorrergli lungo tutto il corpo, e un forte senso di calore, come una vena che, improvvisamente, viene sbloccata e si trova a far scorrere di nuovo il sangue.
 
Ora sì che si ragiona” Pensò il ragazzo.
 
Si girò a guardare la folla che incombeva verso di lui. Rispetto a prima, però, nessuno voleva attaccarlo. Perspicaci, avevano fiutato il pericolo, e capito chi era la preda, e chi il predatore.
 
E sorrise, perché l’aveva capito anche lui; poi, creò delle fiamme tra le mani, lanciandole contro la folla. Una vampata di fuoco prese il tappeto, e tutte quelle mezze calzette saltarono indietro. Benissimo, proprio quello che ci voleva.
 
Ora che le fiamme avevano attecchito, lui ne aveva il controllo. Mosse la mano, e lingue di fuoco si spezzarono dalle fiamme, e corsero verso il più vicino, che saltò indietro per evitare di farsi bruciare. Beh, meglio così, gli sarebbe dispiaciuto farli saltare in aria. Almeno, credeva.
 
Saltò fuori da quelle vetrate, atterrando direttamente nel giardino fuori quella magione, poi, schivando gente impegnata a combattere all’ultimo sangue, e una miriade di palle di fuoco, uscì dal cancello.
La città era nel più completo caos, molto similmente a quello che era successo alla capitale, ormai qualche mese prima, con la sola differenza che stavolta erano quasi tutte palle di fuoco quelle che volavano a destra e a manca della città.
 
Gli amici di Borea si erano attrezzati bene, però: una buona dose di Fireal provava ad usare i propri poteri, ma veniva catturata dalle reti di osso di drago, atterrata, e poi colpita alla testa. Vanyan dovette distogliere lo sguardo parecchie volte.
 
In compenso, le guardie se la cavavano bene, doveva ammettere: ne vide una lanciare un getto di fiamme dirette alla testa del rivoluzionario che lo stava attaccando, e carbonizzandolo all’istante. Nel dubbio, Van distolse lo sguardo anche da quello.
 
Si concentrò piuttosto sul cercare Testa Argentata: una volta beccato quel bastardo, gli avrebbe spaccato la faccia e si sarebbe fatto dire dove si trovava Borea. Nessuna pietà, del resto aveva cercato di aprirgli un buco in fronte!
 
Solo che non era nella migliore forma fisica: tre giorni al fresco mangiando a malapena un pezzo di pane stantio e bevendo qualche sorso d’acqua, e soprattutto senza vedere il sole, avevano i loro effetti. Ma, ad essere onesti, quando mai era stato abbastanza in forma per combattere? O abbastanza fortunato da essere in forma per combattere?
All’inferno, avrebbe dimostrato di potergli fare il culo anche nel suo stato.
 
Ma dove poteva essere andato?
Vanyan non lo sapeva, ma poteva solo sospettare del posto più logico, ossia la piazza in centro.
 
Il caos lì era totale: Van, come in un flash, vide delle bancarelle rovesciate al suolo, contenenti gioielli, una profusione di sete, ormai imbrattate di sangue, e una miriade di castagne e noci che, finite per terra e poi calpestate, creavano come una sorta di tappeto.
 
Al centro di tutto, svettava, immobile, la statua dell’Ammazzadraghi, enorme come il primo giorno in cui l’aveva vista, e di cattivo gusto come il primo giorno in cui l’aveva vista.
 
Si girò quando sentì un rumore di passi dietro le sue spalle: tre tizi l’avevano circondato.
 
Vanyan imprecò mentalmente, sentendosi schiacciato da loro. Non che lui non fosse alto, ma quei tizi avevano la stessa mostruosa mole di armadi, e lo sovrastavano di tutta la testa, uno anche di parte del petto.
In più, stavano brandendo le stesse mazze in legno-ferro che aveva visto alla guardia di prima. L’umidità della sera si era depositata sulle piastre in pietra bianca, e un sottile strato di rugiada ricopriva l’erba sotto la statua. Vanyan imprecò, mentalmente, pensando che non c’era uno stramaledettissimo posto per far attecchire la fiamma. Lui e la sua solita sfortuna!
 
Gli rimaneva una sola cosa da fare: quando sentì la voce di suo padre nella sua testa, risuonò chiara come se gli stesse parlando in quel momento.
Vanyan, Angel, vi insegno un modo veloce per finire uno scontro, ma promettetemi che non lo userete mai senza motivo” Gli aveva detto, con un’espressione mortalmente seria in viso.
Beh, credo che il motivo qui ci sia eccome” Pensò Vanyan, un attimo prima di concentrare il suo potere tra le mani, in una piccola, calda, densa sfera di fuoco. Non aveva tempo di farla bene, però: uno dei suoi nemici gli fu addosso, brandendo il legno-ferro, e fu sul punto di spaccarglielo sulla testa.
 
Vanyan così lasciò andare la sfera, generando un’esplosione abbastanza forte da scagliarli a distanza e mandarli al tappeto. Effettivamente, suo padre aveva ragione a dire che era rischioso.
Non aveva intenzione di ucciderli, sperò solo che l’onda d’urto fosse sufficiente a metterli al tappeto. Uno di loro, però, si rialzò come se nulla fosse, correndo di nuovo verso di lui.
Il ragazzo se lo aspettava, comunque: era il più grande in mezzo a quei bestioni, logico che fosse anche resistente.
 
Scivolò sotto di lui, agilmente, sferrandogli un pugno sotto il mento, con violenza, e creando un getto di fuoco dietro il gomito per spingere maggiormente il colpo, così da fargli più male. Quello barcollò, ma ritornò in piedi come niente. “Merda, è uno tosto” Si disse il ragazzo, pulendosi la saliva con l’avambraccio. Ma, sotto sotto, provava piacere: finalmente una vera sfida! Dopo tre giorni in immobilità forzata, era un vero toccasana!
 
«D’accordo, bestione, ho finito di giocare» Si mise in posizione da combattimento.
Il tipo lo caricò correndo verso di lui, ma Van fu veloce a schivare, poi gli sferrò un calcio dietro alla gamba, facendolo finire per terra, e cercò di colpirlo con un pugno in testa. Peccato che il tipo fu più veloce, e lo centrò con un pugno allo stomaco, che Van non aveva saputo prevedere. Il ragazzo imprecò mentre tossiva saliva, probabilmente mista a sangue. Poi sentì un pugno sul mento, e la mazza che gli si abbatteva contro la tempia.
Dannazione, quella sì che faceva male, si trovò a considerare il ragazzo, mentre si prendeva una seconda ginocchiata nel mezzo del torace. Gli eroi avrebbero dovuto perdonargli la sfilza di insulti che mentalmente gli rivolse.
Sentì il sapore acre del sangue, che dalla tempia gli era colato sul labbro, riempiendogli la bocca del suo sapore metallico. Ne stava perdendo anche dal naso.
 
Subito dopo arrivò il dolore: sordo e pulsante, ad un lato della tempia. Van si portò una mano dove sentiva più dolore, e una seconda al petto, nel punto in cui aveva preso la ginocchiata.
Merda” Pensò di nuovo “Questa sì che fa male” La vista andava e veniva “Eh, no, stavolta non mi faccio fregare” Fece appello a tutte le forze che aveva per mantenersi in piedi. Se fosse svenuto, sarebbe stata la fine.
 
Doveva sbrigarsi, tra l’altro, o avrebbe rischiato che gli altri due riprendessero i sensi, e allora sì che le cose si sarebbero messe male.
Si alzò, spingendo fuori il sangue dalla narice, e guardando truce il suo avversario: era sulla quarantina, con la pancia gonfia per la birra e la calvizie, non ci stava a farsi spaccare da uno così.
Diamine, al porto aveva fatto a botte con tizi anche più grossi quando gli rompevano le palle, e aveva pure vinto!
 
Decise di chiudere le cose in fretta: sfruttando un attacco del bestione, riuscì ad afferrargli il polso, salirgli sulle spalle usando un trucchetto che in Accademia aveva imparato, poi, mettendogli le mani sul petto, alzò la temperatura fino a quando non sentì la carne di lui sfrigolare. Cosa piuttosto difficile da sentire, però, contando che iniziò ad urlare in modo orribile.
 
D’accordo, forse aveva esagerato, pensò, mentre l’uomo crollava sulle ginocchia tenendosi il torace gemendo. Vanyan a quella vista provò una strana morsa alla bocca dello stomaco, ma forse era stato per i colpi.
 
Ma non aveva tempo per pensarci: l’uomo si era rialzato di colpo, e, raccogliendo la spranga in legno-ferro del suo compagno caduto, aveva cercato di colpirlo.
Vanyan vide, fugacemente, l’ombra di una rete. Se era come quelle che aveva visto prima, era spacciato.
Poco prima di farsi prendere in pieno, Van scivolò sotto l’uomo, lanciandogli un getto di fuoco diretto alla testa. Quello immediatamente schivò, ma Van era pronto: lo afferrò per la maglia e lo tirò a terra. In un lampo, finirono a rotolare sul selciato.
 
Di colpo, si rese conto di quanto fosse una pessima idea: quel bestione era troppo grosso, perfino per uno come lui, se fosse riuscito a metterglisi sopra, per Vanyan sarebbe stata la fine: avrebbe potuto bruciarlo, ma aveva usato il suo potere già troppe volte, nessuna fiamma teneva a lungo, e lui stesso iniziava a sentirsi parecchio stanco.
Mentre pensava queste cose, si sentì arrivare un pugno in pieno viso. Di nuovo. Van sputò sangue, e si rese conto di non avere molta scelta, anche se sapeva di essere sleale: lanciò un getto di fuoco contro la sua testa, sapendo che lui avrebbe schivato. E così fece, ma Vanyan era preparato.
Usando un piccolo trucco imparato in Accademia, e in anni di esperienza, fece tornare indietro la fiamma, prendendolo alla schiena.
Per fortuna quello che indossava era ignifugo, perché drizzò la schiena, urlando.
 
Proprio il momento che Vanyan aspettava: scivolò sotto di lui, colpendolo sotto il mento per fargli perdere l’equilibrio, poi afferrò il bastone di legno-ferro, che l’uomo nella colluttazione aveva fatto cadere, e lo colpì in pieno dietro la nuca, con tutte le sue forze. Stavolta il bestione crollò di faccia al suolo e non si mosse più.
 
Anche Vanyan però era esausto: crollò sulle ginocchia, ansimando. Decisamente un bello scontro, per quanto ne fosse rimasto spossato. La maglia quantomeno aveva retto, pensò.
 
In quel momento però non aveva tempo per certe cose. Doveva trovare quella maledetta Testa Argentata, e farsi dire dove poteva essere Borea. Sperò solo di essere abbastanza in forze per farlo.
 
Quando provò a rialzarsi, si piegò in due dalle fitte: le botte dovevano aver fatto molto più male di quello che credeva, se era ridotto in quello stato.
Sputò un grumo di sangue sul selciato, maledicendo la sua solita sfortuna. Come avrebbe fatto a trovare Testa Argentata, e poi Borea, se nemmeno riusciva a reggersi sulle gambe?
 
Si aggrappò ad una delle colonnine di marmo che vedeva spuntare da terra, preda dei conati. Alzò lo sguardo, trovando, insieme all’equilibrio, anche una nuova determinazione: non gli importava il dolore, tutto quello che contava era trovare Borea e ucciderlo, e l’avrebbe fatto, anche a costo di sputare tutto il sangue che aveva in corpo nel mentre.
 
Sangue sul tappeto rosso, come quello nell’erba dieci anni fa… Risponderai anche di questo, bastardo” Pensò, tirandosi su ed iniziando a camminare, barcollando.
 
Aveva lasciato da poco la piazza, inoltrandosi in un vicolo colmo di piccole fiammelle che ardevano in un bocce di vetro colorato, appese con corde ai balconi delle case. Molte di quelle palle di vetro si erano rotte, e i pezzi giacevano al suolo.
Sentì un capogiro: aveva usato troppo fuoco, e per uno che non mangiava bene da tre giorni, era tanto. Fu sono per un colpo di fortuna che trovò una bancarella rovesciata, dove si trovavano dolci in pasta di zucchero. Vanyan si gettò su di essi, riempiendosi la bocca e per poco non rischiando di soffocare, quando sentì dietro di lui una voce.
 
«E così batti la fiacca e pensi a mangiare, eh?» Vanyan inghiottì di colpo e si girò verso Leon, il suo avversario, preparandosi a combattere, ancora una volta.
 
§§§
 
 
Alys cambiò la lama di ghiaccio in uno scudo, rompendo i cristalli e ricreandoli, mentre il coltello di lei dava l’affondo, schiantandosi contro di esso con uno scricchiolio. Alys però sapeva che non si sarebbe rotto: stava mettendo tutta sé stessa nel mantenere quell’attacco. E i suoi addestramenti avevano tenori di gran lunga peggiori di quello.
 
La ragazza dai capelli rossi si staccò da lei, poi tentò un altro affondo, che Alys parò immediatamente «Che carina che sei, batterti con me per far fuggire il tuo fidanzato»
«Non è il mio fidanzato» Ribatté Alys, piccata: per un fidanzamento ci voleva qualcosa di ufficiale, e Vanyan poteva essere tranquillamente considerato solo un compagno di avventure.
E poi, non era quello il momento per tirare fuori un argomento del genere. Tra non molto, non lo avrebbe nemmeno più rivisto.
 
Anche se le aveva salvato la vita, di nuovo…
Scosse la testa con rabbia: davvero, come le venivano in mente certe stupidaggini?
 
La rossa -Xela, le aveva detto di chiamarsi- ridacchiò di nuovo; Alys trovava fastidioso il suo modo di fare: come se ritenesse divertente ogni cosa che stesse accadendo lì.
O come se provasse gusto a infastidire gli altri. Molto probabilmente, quella era l’ipotesi corretta.
 
«Un vero peccato, è davvero un ragazzo carino; magari, se tu non vuoi, me lo prendo io» Alys sapeva che la stava deridendo.
«Prenditelo pure» Le rispose «Ma ti avverto: non è un granché come acquisto. E poi, a me non interessa»
La rossa rise ancora, ma che diamine ci trovava, da ridere? «Nah, il mio cuore è occupato. E poi, sarete carini insieme, tutti e due pallidi e freddi» Improvvisamente, tuttavia, cambiò tono di voce «Ora però mi sono stancata di giocare» Disse Xela di colpo, per poi caricarla con colpi sempre più veloci. Alys fu rapida a cambiare gli scudi di ghiaccio in stiletti.
Lei era brava, fu costretta ad ammettere, dannatamente brava per essere solo una sedicenne, ma sfortunatamente per lei -e fortunatamente per Alys- aveva pane per i suoi denti; non aveva fatto tutto quell’addestramento per nulla.
 
Rispose parando ogni colpo, più velocemente di prima. «E questo lo chiami “fare sul serio”» Alys le fece il verso, e sorrise sorniona, nel mentre, «Il mio insegnante mi metteva più in difficoltà»
Di solito lei non provava piacere in cose simili, ma davvero non sopportava quella maledetta rossa.
 
Suddetta rossa sibilò di rabbia, parando l’affondo, ma nel farlo mise un piede in fallo. “Fantastico!” Esultò internamente Alys, poi creò una striscia di ghiaccio sul pavimento, facendo perdere equilibrio alla rossa.
«E sarebbe molto disappuntito nel vedere cosa stai facendo» Aggiunse, torreggiando sopra di lei con un ghigno di trionfo.
Xela schiumava di rabbia «Brutta stronza!» Le urlò, alzandosi di scatto e correndo via.
 
Alys per un istante rimase indecisa sul da farsi, se seguire la ragazza o lasciarla andare. Aveva amato la sensazione di potere provata con lei, ma sapeva anche che farsi prendere dall’euforia della battaglia era solo controproducente.
Creò delle scie di ghiaccio appena sotto i suoi piedi, ed iniziò a scivolare lungo i corridoi, elegantemente. Non sembrava, ma quella dannata ragazzina era davvero veloce, per l’età che aveva. Ma erano davvero solamente sedici anni?
 
Le sembrò di riconoscere i busti che la fissavano, arcigni, mettendola sempre più a disagio, quando si ritrovò di colpo davanti alla porta intarsiata, lavorata a motivi di fiamme, della sala del trono. O, per meglio dire, davanti a quello che rimaneva della porta, visto che i rivoluzionari avevano sfondato il legno, ed erano penetrati di forza nella stanza.
 
Entrando, vide alcune guardie, prese in ostaggio, che la guardavano con un misto tra sorpresa e disgusto. Sentì anche mormorare “Iceal” così come sentì il disprezzo nelle loro voci, ma decise di ignorarli.
Non era quello, il momento.
 
Sembrava che in quella stanza ci fosse appena passato un tornado: i busti rovesciati, gli arazzi strappati, la statua dell’Ammazzadraghi gettata malamente a terra, e rotta in mille pezzi.
E la famiglia reale in un angolo, legata con delle corde.
 
Alys guardò le variegate risposte emotive che passavano per i visi degli ostaggi: la giovane ragazza piangeva, il sacerdote tremava, terrorizzato ed incapace di dire qualsiasi cosa -forse se l’era addirittura fatta addosso, ma Alys non ne era sicura, e non voleva saperlo- ed infine, il primogenito ed erede al trono imprecava di rabbia e urlava che venissero liberati. Visto che nessuno stava usando i propri poteri, quelle corde dovevano essere in osso di drago, si disse Alys. Era la prima volta che le vedeva dal vivo, rifletté.
 
Poi, quasi senza rendersene conto, il suo occhio vagò verso sinistra, dove vedeva una sagoma riversa sul pavimento. Non le ci volle molto prima di rendersi conto che quella sagoma era il lord di Fireal… morto.
E che la Lady giaceva non molto lontana da lui, e Alys era abbastanza certa che anche lei non respirasse.
 
Forse avrebbe dovuto provare qualcosa, orrore magari, ma dentro di lei non sentiva nulla. Però, dopo quello che aveva visto nella vita, non era così strana come cosa.
 
Xela si ergeva in piedi, nella pozza di sangue data dal Lord.
«Sei scappata come una codarda. Che c’è, hai paura di affrontarmi?» La provocò Alys. Per quanto non fosse una che amava lo scontro, in quel momento provocarla le sembrò la cosa più logica per chiuderla lì. L’espressione di scherno della ragazza si era tramutata in rabbia. Le lentiggini apparivano deformate.
«Voi elementali siete tutti uguali, dite che siamo dei codardi perché scappiamo, ma voi invece siete davvero coraggiosi ad usare i vostri poteri contro qualcuno disarmato»
Alys non poteva darle torto «Disarmata non direi» Le rispose, alludendo ai coltelli che la ragazza aveva addosso.
«Bella risposta da una che ha usato la sua sporca stregoneria per farmi cadere a tradimento, non trovi?» Quasi le sputò in faccia. Di colpo, attraversò la stanza, annullando lo spazio che le separava. Ad Alys non piaceva quanto la sua faccia fosse vicina a quella di lei.
«Oh, e non provarci nemmeno a negare, tu prendi sempre quello che spetta a me» Continuò, la voce che diventava roca per la rabbia.
Alys rimase interdetta «Non capisco di cosa tu stia parlando…» Tentò di dire, ma lei la interruppe «Bugiarda! Sapevi benissimo che io lo amavo, eppure te lo sei presa lo stesso!» Le rispose Xela, afferrandole la maglia tra i pugni, con rabbia.
«Io non mi sono presa nessuno, ma che ti dice la testa?!» Alys aveva il respiro affannoso, mentre afferrava saldamente la rossa per i polsi.
«Maledetta stronza, io ti ammazzo!» Rispose, cercando di fare forza, liberarsi, ma Alys la teneva, e non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.
 
«E se anche avesse scelto me, l’ha fatto perché tu sei solo… una stupida mocciosa!» Gridò Alys alla fine, creando una seconda lastra di ghiaccio, e scaraventandola per terra, con un tonfo.
Xela imprecò, sbattendo i pugni per terra, con rabbia «Non è giusto, voi vi prendete sempre tutto, tutto. E a me cosa resta…?» Si alzò in piedi a fatica «COSA RESTA?!» Si voltò verso il lord, anche se non poteva risponderle. «Dimmi cosa resta, padre?»
Alys ebbe una specie di singhiozzo, poi trattenne il fiato.
Xela aveva ormai le lacrime che le scendevano dagli occhi «Dicevi che se fossi stata Elementale mi avresti riconosciuta, ma guarda, ti ho deluso. E io e mia madre abbiamo dovuto cavarcela da sole. Perché un non Elementale non era degno dell’attenzione del Lord, vero? VERO?!»
 
Alys si disse che probabilmente quella ragazzina era pazza, ma, al tempo stesso, non poté fare a meno di pensare a suo padre, a suo nonno, e alla loro situazione.
Pensieri non molto felici, e cercò di scacciarli dalla sua testa, ma quelli continuavano a tornare.
 
Poi Xela continuò, girandosi verso il sacerdote, che pareva ad un passo dal morire sul colpo «Ah, già, i non elementali non sono benedetti dagli eroi, la terra che voi ci avete portato via era vostra di diritto, del resto, è scritto nei vostri stupidi libri del cazzo, vero?» Gli puntò la pistola quasi all’altezza della faccia. Lui non disse nulla, si limitò a piangere, implorando di farsi lasciare andare.
 
L’erede al trono aveva ricominciato a sbraitare, decisamente meno intimidito del fratello «Non so di cosa tu stia parlando, ma liberatemi subito, bastardi non elementali, oppure avrò le vostre tes-» Xela non lo lasciò finire: in un batter d’occhio decise di imitare il suo compagno con i capelli argento -lui si chiamava Nai, invece- e aveva estratto l’arma, centrandolo in pieno alla testa. Alys vide immobile l’uomo reclinare il capo sul petto, mentre il sangue gocciolava al suolo.
Di nuovo, non provò nulla.
 
Il sacerdote tentò di dire qualcosa, ma lo spavento fu tale che perse i sensi, schiumando dalla bocca. La ragazzina -la sorellastra di Xela?- iniziò a strillare, al che la rossa puntò l’arma anche contro di lei, ma Alys fu rapida: corse davanti agli ostaggi, ed eresse una barriera di ghiaccio muovendo le mani verso l’alto, barriera contro cui i proiettili si infransero.
 
La ragazzina poteva anche essere solo una mezzosangue Fireal, ma di sicuro in quel momento il suo sguardo faceva fuoco.
«Ma guardati, proteggi gente che ti disprezza e ti disprezzerà sempre. Il tuo desiderio di farti accettare è così… patetico.»
Sospirò, fingendo un’aria tragica che certamente non aveva: «Anche quel Fireal. Credi tanto che per lui tu valga qualcosa, forse è vero, ma in verità ti abbandonerà non appena scoprirà chi sei realmente, e cosa hai fatto… Beh, ovviamente, ammesso che Leon ne lasci qualcosa, quando avrà finito»
 Sorprendentemente, rimise l’arma nella cintura «Beh, il mio lavoro qui è finito. Eliminare la discendenza al trono. Vorrei giocare ancora un po’ con te, ma… Un giorno farai un passo falso, Alys Kance, e quel giorno sarò lì ad aspettarti» Fischiò di nuovo, e tutti andarono via, lasciando solo il mucchio di cadaveri per terra.
 
Ciò che però colpì Alys, fu lo sguardo dei vivi.
Le guardie che non erano incoscienti la stavano guardando come di solito si guarda uno a cui sia spuntata una seconda testa.
 
Fu solo una di loro a rompere il silenzio, urlando e puntandole contro il dito «Strega Iceal, va’ via da qui!» Alys sussultò. Di colpo, tutte le altre parvero seguire l’esempio della prima, urlandole di andarsene, urlando che gli Iceal avevano ucciso e distrutto tutte quelle famiglie.
Alys avrebbe solo voluto dire che lei non c’entrava, che non era nemmeno nata, ma sarebbe stato inutile.
Persino la ragazzina, quella che aveva salvato, la guardava quasi con orrore, con disgusto.
Le gridavano di andarsene, e questo nonostante avesse salvato gli ultimi due membri rimasti della famiglia reale da una pazza, ma poi si rese conto che quella pazza aveva ragione.
 
Nessuno l’avrebbe mai amata.
 
Alla fine, sconfitta, non ebbe altra scelta se non andarsene, sperando di trovare in fretta Vanyan.



Angolo Autrice
Ragazzi, 5237 parole, non so come mi sia venuta in mente questa follia. E pensate che doveva essere tutt'uno con il prossimo, ma alla fine ho deciso di dividere. L'unica cosa che consiglio, NON ascoltate i Metallica per fare scene di combattimenti, ti gasi un botto e viene fuori questo.
Se siete arrivati fino a qui, siete più pazzi di me che l'ho scritto.
Ultima cosa: ringrazio tantissimo Mixxo per tutti i consigli dati nelle scorse recensioni, ho provato ad applicarle e spero che il risultato sia decente.
E voi, che mi dite, troppo lungo, troppo corto?
Spero che il mio Birthday Special in ogni caso sia piaciuto.
Alla prossima <3
   
 
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